Capitolo 17
Marco, nonostante il breve svantaggio, in poco tempo riuscì a stare dietro al fratello che gli lanciò uno sguardo arrogante. «Allora la vita di campagna non ti ha rammollito del tutto.»
«Io non sto tutto il giorno col culo su una sedia, dietro una scrivania» anche Marco adesso non trattenne le sue frecciatine.
In pochi minuti, raggiunsero il paese e lì fu tutt'altra storia.
Oltre la stanchezza, c'erano da evitare diversi ostacoli. Tra cui la gente!
«Oh mi scusi!» Gridò Filippo, svincolando una coppia di anziane signore, che dal canto l'oro lo fissarono con occhi sgranati, e lo furono ancora di più notando poi comparire Marco alla stessa velocità. «Signor Rossini!» lo richiamò una, riconoscendolo.
«Scusate... devo inseguire un pazzo!» le urlò, non fermandosi.
«Hahaha! Pazzo a chi?» rise Filippo, avendo sentito ciò che il fratello aveva detto, voltando il viso verso di lui.
«Chi potrebbe mai fare una sfida del genere? Di sicuro non uno con un cervello!» lo accusò Marco, sentendo i muscoli infuocarsi per lo sforzo fisico. «E poi io qui ci vivo, dannato imbecille!»
«Bene! Almeno i paesani vedranno che sai muoverti...»
«Cosa che non potrai fare tu se non guardi di fronte a te!» L'avvisò Marco, notando un piccolo camioncino dove alcuni stavano trasportando casse di verdura e frutta.
«Cazzo!» emise sorpreso Filippo, riuscendo a saltare in fretta diverse casse che bloccavano il suo passaggio, seguito subito dopo da Marco.
«Idioti!» gli urlò uno dei fattorini, scatenando l'ilarità di entrambi.
«Okay, ho ufficialmente condannato il mio lavoro!» commentò, Marco.
«Fratello non pensarci, ho perderai qualcos'altro» lo provocò Filippo, che stava ancora in vantaggio quando da un vicolo comparve un signore che pasteggiava con un barboncino.
L'animale, colto di sorpresa gli ringhiò e abbagliandogli contro Filippo e, colto alla sprovvista, emise un urlo di sgomento inciampando sui suoi passi per non scontrasi.
Marco assistette a tutta la scena a occhi sgranati e, notandolo anche cadere e rotolare per un po' ebbe quasi un infarto. «Filippo!»
Corse verso di lui, con il padrone del cane che fissava la scena allibito, e quest'ultimo che continuava ad abbagliare.
«Hey» lo richiamò Marco, mettendolo per disteso di schiena. «Come stai, Filippo?» gli chiese dandogli dei buffetti sulla guancia, terrorizzato che avesse battuto la testa.
Dopo qualche secondo però, Filippo aprì gli occhi gemendo dal dolore. «Mmhh... Dannato rotolo di lana» bisbigliò, per poi lanciare un'occhiataccia al cane in questione che continuava ad abbaiare
contro. «Si, dico proprio a te!»
Marco fece un gesto al signore per star tranquillo, così che potesse allontanarsi con il suo barboncino, facendo un respiro di sollievo.
«Oh, che dolore» mormorò Filippo, massaggiandosi la spalla, per poi lanciare un'occhiata al fratello che era rimasto chino con la testa, nascondendo il volto. «Marco?»
Quest'ultimo cominciò a scuotere le spalle e Filippo ebbe un senso di disagio pensando che stesse piangendo a causa sua. «Fratello... è tutto a posto... io...» ma si fermò, notando che i suoi singhiozzi non erano proprio causati da lacrime di tristezza.
«Gran bastardo... tu stai ridendo!» l'accusò, dandogli un colpo alla spalla facendo sì che l'altro mostrasse il viso con gli occhi ridenti fino alle lacrime.
Marco, non riuscendo a resistere all'ilarità del momento, si distese a terra ignorando i passanti che avrebbero potuto vederlo. Era troppo divertito dalla scena appena assistita, ora che sapeva illeso il fratello.
«Certo che sei proprio... » Filippo abbassò la voce per non farsi sentire. «Sei proprio un figlio di puttana! E' impossibile che tu sia nato da nostra madre. Io mi faccio male e lui ride!»
Marco, dopo aver sfogato, lo fissò ancora leggermente singhiozzante. «Cosa ti aspettavi? Cadere come una mela dall'albero, per un... barboncino!» disse causando altra ilarità e ottenendo lo sguardo infastidito del fratello. «Hai finito?» mormorò, sotto il suono delle sue risate. «Hai finito?!»
Marco sospirò profondamente, rimanendo ancora disteso. «Credo di sì.»
«Bene» detto ciò, anche Filippo si distese, poggiando la testa fianco a quella di Marco. Poco importava che la gente li vedesse distesi lì. Ormai avevano fatto trenta...
«Erano da molti anni che non ti sentivo ridere» mormorò Filippo, facendo sorridere Marco. «Non sono sempre con un viso scuro, ho riso anche con te spesso. Per non parlare di Anna...»
«Parlavo di un altro tipo di riso» tagliò corto Filippo, alzando gli occhi al cielo. «Sì abbiamo scambiato qualche risata, ogni tanto, e per quanto riguarda Anna i tuoi sono più sorrisi dolci di un padre fiero della propria figlia» constatò.
«Cos'è, adesso analizzi anche le mie risate?» commentò ironicamente Marco.
«Faccio diverse cose» rispose con tono neutro, suscitando l'ilarità dell'altro, per poi farsi serio.
«Non ho avuto molte occasioni di ridere di cuore, in questi anni...» poi gli vennero in mente i vari episodi capitati con Sofia da quando la conosceva e si ricredette. «Oh almeno, non prima di conoscere Sofia. Con lei non sai mai cosa aspettarti» bisbigliò, parlando più a se stesso.
«Credo di averne avuto un idea» mormorò Filippo, sospirando mentre si sollevava. «Ciò mi ricorda che siamo ancora in sfida» gli ricordò, massaggiandosi la spalla dolorante.
Anche Marco a quel punto si alzò, spolverandosi la terra dagli abiti. «Hai ragione» convenne. «Filippo, alle tue spalle! Il barboncino!» urlò, facendo scattare il fratello e girandosi pronto ad affrontare il cane demoniaco.
«Ma no c'è nessuno!» commentò perplesso, per poi voltarsi e vedere Marco correre via.
«Ma guarda te!» commentò, sorridendo suo malgrado. «Alla fine anche un incorruttibile può cadere.»
«Grazie ancora Biagio, per avermi prestato la tua cucina.»
«Stai scherzando? La mia gentilezza è abbastanza commentabile, dato che voglio assolutamente assaggiare ogni cosa» scherzò Biagio, mentre sistemava i tavolo del Ritrovo, dove in poche ore avrebbero aperto.
«Io non voglio vedere altre torte» obbiettò Lena, che stava pulendo il bancone. «Questa è già la terza, finirò col rotolare da qui!».
Biagio si avvicinò, prendendone una fetta, l'ennesima. «Trovo che sia deliziosa» si complimentò.
«Grazie, ma non si avvicina per niente ai sapori che ho in mente» sospirò, delusa Sofia.
«Secondo me pretendi troppo da te stessa» obbiettò Biagio.
«Secondo me rischierai il diabete di questo passo» commentò Lena, causando l'ilarità generale.
«Ho commesso un errore ad assumerti, sapendo che in futuro mi avresti rovinato» fece in modo teatrale l'uomo, agitando lo strofinaccio, divertendo le donne.
La porta d'ingresso si aprì di scatto, facendo voltare le tre teste nella stessa direzione.
Sofia sgranò gli occhi allorché riconobbe il padre di Crist.
Cosa ci faceva lì? Da quando lavorava al Ritrovo non lo aveva mai visto e adesso veniva in orario di chiusura.
L'uomo, con uno sguardo per niente amichevole si avvicino a Biagio, anche lui per niente contento della visita.
«Non siamo ancora aperti, signore» cercò di essere cordiale Biagio, mentre l'altro non sembrava per niente interessato.
«Non m'importa di questo posto, ma ho bisogno di parlare con Crist.»
«Spiacente è andato a fare una commissione per me» commentò in tono apatico Biagio.
Sofia ebbe modo di guardarlo con attenzione e notò che il suo aspetto era robusto con capelli e occhi scuri, quest'ultimo era l'unica cosa identica al figlio.
L'uomo sbuffò, parecchio irritato a giudicare dalle labbra strette in una linea dura.
«Ovviamente quello scansa fatiche di mio figlio, preferisce perdere tempo qui, piuttosto che aiutare suo padre.»
«Mi spiace contraddirla, signore, ma Crist lavora e s'impegna molto qui al Ritrovo.»
Sofia si diede mille volte dell'idiota per non aver trattenuto la lingua, notando l'occhiata che Lena e Biagio gli lanciarono. Per non parlare di quella dell'uomo che in quel momento la stava linciando con lo sguardo.
«Bè, credo sia giusto valorizzare il lavoro di suo figlio» mormorò Sofia. Ormai aveva parlato, tanto valeva concludere.
L'altro inarcò un sopracciglio scuro, osservandola come se la stesse giudicando.
«E lei sarebbe?»
Sofia deglutì a fatica, sotto lo sguardo minaccioso dell'uomo. Forza Sofia, hai affrontato uomini molto più feroci in ufficio, cercò di darsi coraggio. «Sono Sofia Vitali la...»
«Sofia Vitali?» la interruppe l'uomo, per un attimo perplesso, prima che un pensiero lo illuminasse. «Ma certo, sei la nuova arrivata.» Poi si rivolse a Biagio «Quindi l'hai assunta davvero.»
«Chi assumo è di competenza mia e sono molto soddisfatto della mia scelta.» La voce di Biagio non era mai stata, alle orecchie di Sofia, così fredda e ferma mentre si rivolgeva al'uomo.
Il padre di Crist annuì solamente. «Ovviamente, ma dovresti insegnare alla tua nuova dipendete, o meglio alla nuova arrivata, quali sono le nostre abitudini in paese.»
«E sarebbero?» domandò Sofia, più che mai infastidita da quel'atteggiamento arrogante.
L'uomo le si avvicinò. «Per prima cosa stare a suo posto» iniziò, «seconda, non immischiarsi in cose che non la riguardano.»
Sofia se lo ritrovò così vicino che ringraziò il bancone che le dava quel divisore, rassicurandola non poco, mentre non mollava lo sguardo dell'uomo.
«Terzo, impara presto a stare alle regole di questo paese, se non vuoi avere problemi.»
Sofia strinse gli occhi, percependo una sottile minaccia alle sue parole. «Sono abbastanza adulta da sapere stare al mio posto» commentò la donna «e quando intervenire.»
«Forse non le è chiaro che non siamo a Milano, signorina. Qui la vita gira in modo diverso. Noi abbiamo dei principi e seguiamo dei valori che voi, di mente discutibilmente aperta, non potete comprendere...»
«Trovo difficile comprendere la violenza domestica, perché il figlio ha opinioni diverse, dalle sue!»
Ancora una volta avrebbe voluto tagliarsi la lingua, ma non era riuscita a trattenersi. Cazzo!
Poté percepire la tensione aumentare in quella stanza, da sentire a mal'appena la porta aprirsi mentre l'uomo sgranava gli occhi a quella affermazione.
Sofia chiuse in un istante gli occhi, mentre la mano dell'uomo colpiva il bancone con forza tale da far un rumore tonfo.
«Come ti permetti di dire questo? Mio figlio è perfettamente normale e non permetto che una tizia qualsiasi, venuta da un luogo dove la perversione è all'ordine del giorno, mi faccia la morale!»
La sua collera fu frenata da una mano posata sul braccio dell'uomo e entrambi, voltandosi, incrociarono lo sguardo di Marco che in quel momento sembrava emettere fuoco dalla rabbia.
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