7.

Da quel giorno Nora ed io pranzammo sempre insieme, era diventata la quotidianità: lei parlava e mi raccontava tutto ciò che scopriva, era una persona molto curiosa e che adorava condividere ciò che sapeva con gli altri, avrebbe voluto continuare l'università per ampliare le sue conoscenze però la madre non poteva permettersi le spese, così cercò lavoro in biblioteca sperando di raccimolare abbastanza per permettersi gli studi.
Ammiravo la sua determinazione.

Io la ascoltavo sempre  attentamente accennavo dei sorrisi e delle risate ed ogni volta che ciò accadeva per lei era una vittoria.
Col passare del tempo nacque una forte amicizia tra di noi, eravamo molto diverse ma ci completavamo e credo sia una sensazione meravigliosa quando incontri finalmente qualcuno che tra le tue crepe tenta di vedere il sole.

Dai pranzi passammo al tornare a casa insieme, al cenare insieme, lei veniva spesso a casa mia e così fece amicizia anche con Amalia.
Eravamo un trio buffo, ma mi sentivo bene con loro, portavano il buonumore ovunque andassero, persino in me.

Alla fine si sa, quando si costringe il proprio cuore a non amare farà proprio l'opposto, non possiamo impedirgli di affezionarsi: quando due cuori, nel mio caso tre, si trovano e combaciano è difficile allontanarli.

Mi adattai, riuscii ad ambientarmi a quella nuova vita, mi sentivo come se avessi nuovamente una famiglia, ed un motivo per andare avanti.
I momenti bui erano presenti, a volte oscuravano tutto e la luce sembrava non tornare più, ma poi pensavo che la luce non potrebbe mai esistere senza l'oscurità così mi consolavo e andavo avanti, ma sapevo che qualcosa mancava, che una parte di me mancava.

Erano passati due mesi dall'inizio della mia nuova vita, nel mio corpo ormai c'era una strana pace, una sensazione strana:
Era una sensazione di quiete e di delusione verso la vita...
ero delusa perché non era mai stata tanto generosa con me, perché non aveva permesso a papà di godersela fino alla fine, delusa e basta.
Tentare di non pensarci era l'unica soluzione che mi veniva in mente, tentavo di ingannare la mia mente ed i miei pensieri, ma la notte, nei momenti in cui ero sola a confronto con me stessa diventava una vera lotta, come un incontro di boxe ed anche se alla fine il round lo vincevo io di pugni ne incassavo parecchi.

Il lavoro procedeva bene, Juan aveva pienamente fiducia in me, grazie a ciò mi diede le chiavi della biblioteca in modo tale da andarci quando ne avessi bisogno, non lo facevo mai tranne se sotto sua richiesta, ma quella mattina non riuscivo più a stare a casa.
Andai in biblioteca un'ora e mezza prima dell'apertura, sistemai dei libri che erano stati lasciati in disordine il giorno prima, ne spolverai altri e nel fare tutto ciò arrivò il momento di aprire, i miei colleghi arrivarono poco dopo.
La giornata poteva iniziare: quella mattinata sarebbero venuti in visita degli alunni delle scuole medie con i loro insegnanti, quest'ultimi volevano far conoscere ai loro giovani studenti la bellezza dei libri ed a me sembrava un'ottima iniziativa.
Juan mi diede il compito di consigliare i libri agli studenti, ti raccontare loro le trame di essi e ai loro insegnamenti, pensava che ne sarei stata più che capace.

Arrivarono verso le 10:00, Nora e gli altri accolsero tutti, ognuno di loro andò a scegliere un libro e successivamente vennero da me.
«Avete ottimi gusti direi»
dissi loro sorridendo.
Presi alcuni dei libri scelti da loro ed iniziai a raccontare la trama di ognuno, parlai di come i libri potessero capirci persino meglio delle persone e che spesso possono essere una salvezza, che aiutano a conoscere noi stessi e consigliai loro di provare a leggerne almeno un paio.

Erano stati tutti attenti, qualche battutina era scappata, le insegnanti erano state subito pronte a zittarli ma dissi loro di non preoccuparsi ed accennai anche io un sorriso.
«Adesso potete andare a registrare i libri che avete scelto, è stato un piacere conoscervi»

Salutai tutti con un cenno di mano, loro ringraziarono e andarono verso la cassa, solo un ragazzo si fermò per un attimo e venne da me:
«Se i libri salvano le persone, perché non hanno salvato mia madre? Hai detto una cazzata»
Rimasi per un attimo senza parole, conoscevo quella rabbia.
Mi abbassai e presi la sua mano:
«I libri a volte non bastano tesoro e mi duole dirlo, ma è così.
Anche nei libri le cose tristi succedono, ma sai perché spesso ci salvano? Perché quando accadono le cose brutte essi ci insegnano ad andare avanti e a crearci il nostro futuro, ci spingono a scegliere di reagire, e sei tu a decidere se cogliere questo insegnamento oppure no.
A volte però non si ha semplicemente scelta, ed anche se non si vuole bisogna andarsene, ma ti posso assicurare che lei non ha mai desiderato lasciarti e che ha fatto il possibile...
Adesso però tocca a te, tu reagisci, tu vivi, anche per lei»

Aveva soli 11 anni, ma ero certa che avrebbe capito persino meglio di un adulto ciò che volevo dire.
Non rispose, mi abbracciò solamente ed io lo strinsi forte, un abbraccio può riparare molto più di quanto si pensi.

Acarezzai il suo visto e sorrisi, un sorriso di quelli sinceri però.
Una maestra lo chiamò per dirgli che era il momento di andare, lui si staccò ed io lo salutai...
Non appena uscirono dalla porta, senza rendermene conto, come se potesse ancora sentirmi, sussurai di essere forte e forse lo stavo dicendo anche a me stessa.

La giornata mi sembrò infinita, Nora aveva notato che ero molto distratta, ma nemmeno io sapevo dove avessi la testa, lei si comportò come aveva sempre fatto però e lo apprezzai.
Dimenticai persino di pranzare e lei, pur essendo una persona che ama mangiare, non mi disse nulla e rimase con me in biblioteca fino a tardi, non era abituata e si appisolò sulla sedia.
La svegliai dolcemente e le dissi di venire da me a mangiare e poteva fermarsi lì considerando l'orario, avevo mandato un messaggio ad Amalia per dirle se poteva preparare lei la cena e ne era più che contenta.

Camminammo fino a casa, la feci accomodare e subito ci innondò un profumo di buono, lei non poté resistere e corse subito in cucina.

«Amalia sei un bene di Dio»
Le disse Nora ed era inevitabile sorridere.
Io andai a farmi una doccia e lasciai loro due a tavola.

Il calore dell'acqua mi aiutava a rilassarmi, mi acovacciai sul pavimento della doccia, sentivo il battito del cuore accelerare, strinsi i pugni, tentai di concentrarmi su ciò che mi circondava: ogni volta che perdevo il controllo tentavo di osservare e nominare gli oggetti che vedevo, per gli attacchi di panico più lievi era utile.
Man mano il mio battito si calmò, uscii dalla doccia e presi l'accappatoio, mi guardi allo specchio e notai di essere pallida, gli attacchi di panico stavano ricominciando.

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