6.
Iniziai a cercare casa nelle vicinanze della biblioteca, non volevo qualcosa di farzoso, mi bastava una casa semplice e confortevole.
La scelta era molto vasta, prezzi esorbitanti, però con un po' di impegno avrei racimolato il denaro sufficiente.
Una casa mi colpii particolarmente: era una casetta in stile americano, con un bel giardino, mi sembrava adatta a me perciò chiamai la proprietaria e le dissi che ero interessata, mi invitò ad andare a vedere la casa e mi rassicurò dicendomi che il pagamento non era un problema.
«Ho questa casa da tanto, mi ha dato tante gioie, è il momento che le dia a qualcun'altro.
Non appena potrai pagare lo farai, si vede che sei una ragazza responsabile»
disse con una voce calda e al contempo stanca.
La ringraziai infinitamente ed il giorno stesso, alla pausa pranzo, andai a vedere la casa: incantevole a dir poco.
Necessitava di piccole ristrutturazioni, le quali non mi avrebbero portato via troppo tempo, era perfetta, per me.
La proprietaria, Amalia, mi disse che avrei già potuto portare le mie cose nella casa e le ero tanto grata.
Amalia era una signora di 60 anni, con un'energia immensa, aveva un sorriso gentile che riservava a chiunque incrociasse il suo sguardo, faceva beneficenza ogni fine settimana, aveva dedicato la sua vita ad aiutare gli altri...
Mi raccontò tutto ciò davanti ad una buona tazza di tè ed io ero più che contenta di ascoltare, la ammiravo, in un mondo così egoista è sempre bello trovare qualcuno di buono.
Dopo aver finito la giornata di lavoro andai in hotel a prendere la valigia e la portai in quella che finalmente potevo chiamare "casa".
La signora Amalia sarebbe passata ogni mattina a farmi visita per chiacchierare un po' e senza saperlo mi sarei abituata, involontariamente, a tutto ciò.
Dopo poco tempo dal mio arrivo in quella casa riuscii a pagare il primo mese di affitto e mi sentivo abbastanza orgogliosa di me: avevo fatto tutto ciò con le mie forze e questo mi incoraggiò ad andare avanti, potevo fare più di quanto pensassi, ero più forte di quanto pensassi.
Al lavoro tutto procedeva normalmente, i miei colleghi mi invitarono un paio di volte alle loro uscite, ma avevo sempre declinato inventando impegni mai esistiti.
La maggior parte non insistette più, tuttavia una ragazza continuò a tentare di coinvolgermi, ci provava ogni giorno nonostante le mille scuse che inventavo.
Una parte di me apprezzava lo sforzo di questa ragazza, l'altra parte di me era decisa sul non permettersi di affezionarsi.
Quel giorno, come sempre, la ragazza venne da me e mi chiese se volessi andare a pranzo con lei, la guardai qualche secondo.
"Un'uscita non ti costa nulla" dissi a me stessa e dalle mie labbra uscii un sì sussurrato, non ci credeva né lei né io.
Rimasi silenziosa durante il tragitto, lei invece mi raccontava la storia che c'era dietro ogni monumento, edificio, che ci circondava e lo faceva con tanto entusiasmo.
«Sei molto silenziosa»
disse dopo aver ordinato.
«Sono solo un po' riservata e sono nuova di qui per cui mi viene abbastanza difficile adattarmi a così tanti cambiamenti in una volta»
Era la frase più lunga che io avessi detto ad un collega, lei rimase stranamente qualche attimo a fissarmi e sorrise.
«Allora avrò pazienza, sembri una ragazza molto dolce e mi farebbe piacere conoscerti.
Ti lascerò il tuo tempo però.»
Sorrisi anche io e nella mia mente la ringraziai, non capivo perché nonostante il mio essere così distaccata volesse essere mia amica.
Dai suoi modi di fare pensai che molto probabilmente anche lei era stata come me, per motivi diversi molto probabilmente, ma di certo anche lei aveva avuto un periodo in cui voleva stare sola e forse si era resa conto che non serviva a nulla, perché la vita senza emozioni, amicizie, amore, non è nulla se non un grande vuoto.
E forse sapeva come ci si sentiva e non voleva che nessun altro si sentisse così.
Avevo sempre avuto l'abitudine di farmi delle idee sulle persone senza conoscerle, analizzare dai piccoli dettagli i loro comportamenti, a volte ci azzeccavo pure.
Dopo un'oretta dovemmo tornare al lavoro, quel giorno mi venne a parlare spesso, a raccontarmi qualcosa di divertente che le era appena successo con i clienti, o a chiedermi semplicemente come stesse andando la giornata.
Quando venne da me prima della fine della giornata mi resi conto di non sapere il suo nome, era sorpresa che io glielo avessi chiesto, ma era il minimo.
Si chiamava Nora, aveva dei capelli rossi corti e degli occhi verdi molto profondi, era molto bella, ma qualcosa mi diceva che un po' come tutti lei non notava questa bellezza, d'altronde neanche le farfalle lo fanno: esse non possono vedere il colore delle loro ali, non si rendono quindi conto di quanto siano incantevoli, tuttavia lo sono.
Vale anche per le persone, non molti si rendono conto di quanta bellezza ci sia dentro ognuno di noi.
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