36.

Ripensai alle parole della dottoressa Linda, io ero l'unica artefice del mio destino, le mie scelte creavano il mio futuro ed ero certa di non voler vivere una vita nel dolore.

Passarono un paio di giorni, due giorni spensierati e con le persone a cui volevo bene, nonostante i problemi di ognuno sembrava che la presenza degli altri aiutasse a dimenticare il resto.

Mi venne in mente più volte di chiamare mia madre, ma mi fermai: per tanto avevo provato ad aggiustare il rapporto con lei, entrambe vivevamo lo stesso dolore ma io avevo messo da parte il mio per provare a farle capire che sapevo che almeno lei mi era rimasta, tuttavia lei non ci aveva mai provato.

Egoisticamente pensavo che essendo lei la madre, l'adulto, lei aveva il dovere di salvare il nostro rapporto più di me.

Avevo fatto tanti sforzi, ma non ha senso provarci se non si è in due a farlo.

Provavo anche a capirla, mi dicevo che il dolore cambia le persone, che in quel momento cambia tutto, ma anche per me era cambiato tutto e nonostante ciò io non avevo rinunciato a lei.

Tenermi dentro quella rabbia non mi era utile e non riuscivo nemmeno a gestirla, sapevo che fino a quando non avrei parlato con lei me la sarei portata dietro.

Ma come spieghi dei sentimenti così complicati a qualcuno che non è mai stato disposto ad ascoltarli?

Decisi di andare fare una passeggiata da sola, niente Nora, niente Hero, solo io.

Passare del tempo con se stessi è fondamentale, bisogna saper affrontare i propri mostri anche quando si è soli con la propria mente.

Andai a sedermi in un bar, presi un tè e guardai fisso il telefono ed il suo numero.

Mi ci vollero dei minuti per decidermi.
Pagai il tè ed uscii dal bar, finalmente telefonai.

«Non so nemmeno perché ti stia chiamando...
Sei mia madre e mi manchi così tanto, ma sei stata una così grande delusione.
Io avevo perso mio padre, il primo uomo che io abbia mai amato, ero spaesata, le mie certezze erano svanite, ma una cosa era rimasta: tu.
Io sapevo di aver perso un genitore, ma sapevo anche di averne un altro e ho messo da parte il mio dolore per poterti stare vicino, ma tu avevi dimenticato di avere me.
Io giuro che provo a capirti, so che non tutti reagiamo allo stesso modo, ma ciò non toglie tutto il dolore che ho provato anche per colpa tua e sai cosa c'è che mi fa rabbia? Che tu non mi abbia avvertito che qualcosa non andava, perché io so che tu ne sapevi di più e ho avuto così paura di chiederti perché mio padre si fosse suicidato perché temevo che fosse stata colpa mia.
Ma adesso, se desideri un rapporto con me devi dirmi la verità.
Voglio sapere perché papà sì è ucciso, perché so per certo che non mi avrebbe mai lasciata da sola in questo mondo crudele, cosa gli ha provocato un dolore più grande persino dell'amore che provava per me?»

Lei rimase in silenzio, la sentivo singhiozzare.

«Tuo padre ti ha scritto una lettera»
Il mio cuore si fermò sentendo quelle parole.

«Non te l'ho mai consegnata perché non volevo che provassi ancora più dolore, pensavo che non avendo nulla di materiale che ti legasse a quel momento sarebbe stato più facile andare avanti per te.
Mi sbagliavo lo so e sei stata così forte, molto più forte di me»

«Voglio quella lettera mamma»
"Mamma" da quanto non pronunciavo quella parola.

«Te la spedirò, promesso»

Sapevo che lo avrebbe affatto, per qualche strana ragione sentivo che avrebbe fatto di tutto pur di rimediare ai suoi sbagli e questo mi dava in un certo senso sollievo.

Ero fiera di lei, aveva capito di avere un problema e l'aveva affrontato, forse un po' tardi per noi, ma mai tardi per lei ed il suo futuro.

Affrontare un problema come l'alcolismo e la depressione non è semplice, per nulla, la depressione è un mostro che ti divora dall'interno, ti fa diventare chi non sei, ti fa odiare te stesso e ti provoca così tanto dolore che ad un certo punto ti senti vuoto come se ti fossi abituato a tutta quella sofferenza.
L'alcolismo appare come una salvezza, bevi per poter calmare il dolore o meglio dire per non capirci più nulla, soffri e non sai nemmeno per cosa e forse ciò rende quel dolore meno reale.
Si beve per sopravvivere a tutto quel dolore, perché le conseguenze fisiche magari saranno così orribili da farti dimenticare della tua salute mentale che non è per nulla come dovrebbe essere.

È difficile uscirne, ma lei ce l'aveva fatta e sapere che io ero uno dei motivi per cui aveva lottato così tanto mi rendeva felice.

Perdonare non è un atto semplice, soprattutto quando chi ti ha spezzato il cuore è la stessa persona che te l'ha creato.

Perdonare non significa dimenticare, non significa andare avanti e fingere che nulla sia successo, non perdonate per fare un favore agli altri, fatelo per voi stessi.

Sentirete una pace interiore che la rabbia non vi darà mai, perdonate voi stessi.

La lettera arrivò prima del previsto, quando me la ritrovai tra le mani iniziai a tremare, il cuore batteva forte.
Annusai la carta come se potessi sentire il suo profumo.

La guardai a lungo prima di trovare il coraggio di aprirla.

Era il primo contatto che avevo con lui dopo un anno e pensare che di lui mi restava solo questo mi spezzava il cuore, ma finalmente avevo qualcosa che potevo toccare, sentire, qualcosa di reale che era stato realmente a contatto con lui.

Ero seduta sul letto in camera mia, Hero era accanto a me, volevo che fosse accanto a me in quel momento.
Forse anche questo significa amare: permettere a qualcun altro di entrare a far parte del nostro buio per poter cercare insieme la luce.

Hero mi accarezzò la schiena come per farmi sapere che lui era lì ed io questo lo sapevo bene.

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