2.
Mancavano solo tre giorni alla mia partenza e non vedevo mia madre da una settimana: ero andata dalla polizia per farla cercare, anche se ero certa si trovasse in qualche bar distrutta dall'alcol e non cosciente nemmeno della proprio identità.
E come sempre avevo ragione, tuttavia non mi sorprendeva più, l'unica cosa che continuava a fare male era lo sguardo con cui tornava ogni singola volta: Chiedeva scusa senza dire una parola, si sentiva in colpa me ne rendevo conto, era delusa da sé stessa, vedevo vergogna nei suoi occhi che un tempo erano di un meraviglioso azzurro pieno di vita.
È così strano come la presenza di qualcuno possa valere ben poco se qualcun altro ci manca.
La polizia l'aveva riportata a casa, la aiutai ad andare in bagno a farsi una doccia e sapevo come sarebbe andata: dopo aver finito avrebbe mangiato qualcosa e poi si sarebbe chiusa in camera sua, dove da qualche parte aveva nascosto una bottiglia di vino, nonostante io cercassi sempre attentamente e, buttassi ogni bottiglia d'alcol che trovavo.
L'uomo è proprio creativo se si tratta di nascondere.
Anche io andai in camera mia e mi distesi sul letto a pensare...
Era buffo il fatto che in quello stesso istante c'erano così tante persone che stavano facendo tante cose diverse: c'era di certo chi stava ridendo, chi invece piangeva, c'era chi stava litigando pesantemente e chi invece faceva l'amore forte, chi guardava il tramonto ammaliato e chi guardava il cielo solo per trattenere le lacrime, in quel momento c'era una vita che si spegneva ed una che nasceva.
Probabilmente c'era anche qualcuno che si sentiva proprio come me, qualcuno che stava disteso sul letto a fissare il soffitto come facevo io, qualcuno che aspettava un cambiamento, un nuovo inizio e speravo che ciò che aspettava arrivasse.
Per la prima volta dopo mesi presi il telefono in mano, controllai Whatsapp, tanti messaggi di condoglianze da gente che prima di allora non mi aveva mai rivolto uno sguardo o da persone che mi avevano sempre scartata, tuttavia apprezzai che avessero sprecato qualche secondo del loro tempo per me, perlomeno loro non facevano finta di capirmi, come in fondo faceva la mia "famiglia", se si potesse chiamare tale.
Erano tutti così comprensivi all'inizio, mi guardavano con quello sguardo compassionevole, poi però col passare dei mesi quella compassione si tramutò in sdegno e delusione, avevo deluso le loro aspettative perché non ero ancora riuscita ad andare avanti.
Ma cosa si aspettavano che io riuscissi a superare la morte della persona che più amavo?
Che fosse facile accettare che non l'avrei più visto ballare per casa, con quella sua energia riusciva a coinvolgere persino me e mamma, si aspettavano che accettassi che non l'avrei più abbracciato, che non avrei più sentito le sue parole di conforto o le sue sgridate?
Pensavano che avrei potuto accettare il rischio di dimenticarmi la sua voce?
Avevo così paura di dimenticare la sua voce.
Come potevo accettare di averlo perso per sempre, che lui non ci sarebbe stato alla maturità, alla mia laurea, quando avrei pianto per un ragazzo o a causa delle amicizie false, lui non ci sarebbe stato al mio matrimonio, alla nascita dei miei figli, sarebbe stata un nonno così meraviglioso.
Non potevo accettarlo, perlomeno non ancora, mi sarei presa tutto il mio tempo, se necessario una vita intera, era una decisione che spettava solo ed esclusivamente a me.
Non permettete a nessuno di dirvi come dovete sentirvi, assaporate le vostre emozioni, negative o positive che siano, perché questo significa vivere.
Quando vi sentirete pronti affrontale le emozioni, ma solo per voi stessi.
Dovete pensare: È questo ciò che voglio? Sono ciò che voglio essere?
Siate egoisti a volte che fa bene.
Amatevi un po'.
Amatevi perché ve lo meritate come qualsiasi altra persona che vi circonda.
Pensate a voi stessi da un punto di vista esterno, come se il vostro aspetto ed il vostro carattere lo avesse una persona che amate, cosa gli direste?
Di certo non ciò che dite a voi stessi ogni santo giorno.
Riflettete.
Il giorno tanto atteso arrivò, alla festa per il mio compleanno io non sarei mai arrivata, a quell'ora sarei già stata a Madrid e tutti se ne sarebbero accorti troppo tardi, nessuno sapeva dove ero andata, avevo solo lasciato una lettera a mia madre:
"Ciao mamma, come probabilmente sai o forse l'alcol te lo avrà fatto dimenticare, oggi compio 18 anni, molto strano vero?
Sono cresciuta...
Da piccola mi dicevi sempre che qualsiasi cosa fosse successa sarei sempre rimasta la tua bambina, spero che almeno questo non sia cambiato.
Io non ti incolpo mamma, ognuno affronta il dolore come meglio crede, ma ciò che provavi tu lo provavo anche io e avremmo potuto affrontarlo insieme.
Sei stata un po' egoista forse, probabilmente perlopiù spaventata, so che un dolore così può farti credere che ne verrai divorato e mi piacerebbe dirti che non è così ma mentirei, tuttavia le paure si affrontano, bisogna reagire per fare un passo avanti e chiedere aiuto non ti farà sembrare più debole, ma solo forte, ci vuole coraggio per ammettere di aver bisogno di qualcuno ed io ti chiedo proprio questo come regalo di compleanno mamma: fatti aiutare.
Sii coraggiosa e forte, com'eri quando io cadevo e facevi finta di esserti fatta male nello stesso punto per dimostrarmi che subito dopo passava, io ero una gran fifona e tu mi hai insegnato ad essere coraggiosa e che un livido ogni tanto non è niente.
Torna ad essere la donna che papà amava, che io amavo.
Sono già distante ormai...
Ci rivedremo un giorno probabilmente.
Mi dispiace di essere io l'egoista adesso ma ne ho bisogno.
Ce la farai mamma, io ci credo."
Stare al disopra delle nuvole era magnifico, lì il tempo sembrava fermarsi, sembrava tutto così magico.
Arrivata a destinazione guardai il cielo forse per mandare un saluto a mia madre, ma anche perché quel giorno il cielo era incredibile.
"Oggi il cielo ha proprio un bellissimo dolore"
Pensai a questa frase, letta da non so quale parte e mi resi conto solo in quel momento di quanto fosse vera.
Avevo organizzato tutto perfettamente, avrei alloggiato una settimana in un hotel e la settimana dopo avrei iniziato a lavorare in una biblioteca e sarei riuscita a permettermi una casa mia.
Sarebbe andata bene...
Prima o poi.
Il taxi mi portò alla mia destinazione, era iniziata la mia nuova avventura, chissà se me ne sarei pentita.
Posai la valigia all'interno della stanza e scesi alla reception per chiedere una mappa della città, nonostante l'estrema stanchezza non sarei mai riuscita a dormire, una passeggiata mi avrebbe aiutata sia a rilassarmi ma anche a orientarmi un po'.
La città era piena di luci, di persone sorridenti, felici, che si divertivano con le cose più semplici, trasmettevano una bella sensazione, desideravo tanto essere anche io come loro.
Dopo un'ora decisi di tornare, non avevo fame tuttavia obbligai me stessa a mangiare qualcosa: il rapporto con il cibo dopo la perdita di papà divenne complicato, il mio stomaco rifiutava ogni alimento e ciò di certo non mi aiutava, volevo un nuovo inizio però e ciò implicava anche il mangiare, necessitavo di forze.
A poco a poco sarei riuscita a mangiare normalmente, non avevo alcuna fretta, a poco a poco sarei tornata ad essere la Meryem che tanto desideravo.
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