17.
Nora rimase sorpresa, non capiva cosa stesse succedendo tra me e lui e ad essere sincera nemmeno io lo capivo.
Aiutai Nora ad alzarsi, la abbracciai.
«Giuro che se lo rifai un'altra volta sotto la macchina ci finirà il tuo telefono»
Ed il mio tono era più che serio.
Con la mente ancora scombussolata arrivai al lavoro, mi allontanai da loro senza dire nulla, avevo bisogno di starmene un po' da sola.
Sentii sul petto un gran macigno ed un'infinita stanchezza.
La paura che avevo sentito in quel attimo era stata distruttiva...
La paura di perdere nuovamente qualcuno, non ce l'avrei fatta a sopportare un'altra perdita, un altro dolore così grande.
L'amore ed il dolore sono due medaglie della stessa faccia e dovevo assumermi questo rischio.
«Ne vale la pena?»
Chiesi a me stessa guardandomi allo specchio che c'era nel bagno della biblioteca.
Avevo delle occhiaie visibili e gli occhi lucidi, stavo per risentire la mancanza.
La voglia di fare qualsiasi cosa, anche semplicemente respirare, svanii.
Dovevo andare a casa prima di arrivare al limite.
Cercai Juan, non riuscii a trovarlo e dissi a Nora di avvisarlo che avevo un'emergenza, lei volle seguirmi ma Mark attirò la sua attenzione e riuscii a sviniarmela.
Mi gettai sul letto, faccia schiacciata contro il cuscino ed un grande desiderio di dormire, ci volle un po' ma ci riuscii.
Improvvisamente una luce bianca mi abbagliò, era fastidiosa all'inizio, ma al contempo trasmetteva calore.
La luce si affievolì e notai che c'era qualcuno..
Non capivo cosa stesse succedendo fin quando la luce svanì e davanti ai miei occhi rimase lui.
Il cuore iniziò a battere all'impazzata.
«Questo non può essere vero»
Dissi facendo cenno di no con la testa.
«Mio piccolo girasole»
Una lacrima cadde sul mio volto sentendo quelle parole.
La sua voce.
Il mio rifugio.
«Papà, io... Io... Mi dispiace tanto papà, mi dispiace di non aver capito, mi dispiace tanto, non potrò mai perdonarmi per non averti salvato»
Caddi in ginocchio, ma sentii la sua carezza sul viso.
Dio quanto mi erano mancate!
«Non è colpa tua piccola mia, tu sei stato il motivo per cui ho resistito così tanto, tu mi hai salvato»
Sentii il mio cuore spezzarsi ancora e ancora, piansi, piansi tanto.
«Questo non è reale vero?»
Chiesi rassegnata
«Sta a te deciderlo mio bel girasole»
«Papà ti giuro è troppo difficile senza di te, io non ce la faccio più a volte»
«Lo so, ma tu tieni duro, tu sei la parte migliore di me, tu sei la mia parte più forte»
«Papà ti prego torna»
Chiesi implorante
«Vorrei amore, vorrei tanto»
«Papà... Mi manchi, mi manchi immensamente»
«Lo so, ma io sono in ogni parte di te sempre e per sempre.
E ti prego non rinunciare a vivere, vivi anche per me, vivi la vita che meriti di vivere e ti assicuro che è una meravigliosa»
La luce bianca mi accecò nuovamente, me lo stava portando via.
«Ti scongiuro non te ne andare, ho bisogno di te»
«Io credo di te, tu sei la mia piccola guerriera.
Perdonati.
Ti amo, per sempre»
«Papà resta... Per favore...»
Un urlo di dolore uscì dal pieno dei miei polmoni.
«Ti amo anche io papà, per sempre»
E l'avevo perso un'altra volta.
Aprii gli occhi, il cuscino era bagnato dalle lacrime.
Quel sogno mi era sembrato così reale, ma l'unica cosa di concreto che avevo era la sua mancanza.
“Perdonati”
Quella parola mi rimombava in testa.
Come avrei potuto perdonarmi?
Io avrei dovuto fare di più, avrei dovuto notarlo che qualcosa che non andava.
Io avrei dovuto farlo ridere a crepapelle, avrei dovuto ricordargli ogni giorno quanto la vita fosse incredibile.
Io l'avevo abbandonato.
Io potevo salvarlo.
Era mia doverlo farlo, ma io non c'ero stata.
Non potevo perdonarmi, non lo meritavo.
Passai l'intera giornata a letto, fissai il soffitto a lungo e addirittura tentai di riaddormentarmi per riaverlo almeno per un altro po' vicino, inutile dire che i miei tentavi erano stati inutili.
Sentii bussare alla porta più volte, Nora mi telefonò più volte ed anche Amalia provò a cercarmi, ignorai tutti.
Certe volte sentivo semplicemente il bisogno di staccare, di chiudermi dentro me stessa e aspettare che la luce tornasse.
Pensavo alla mia vita, alle decisioni prese a ciò che avevo creato fino a quel momento o forse mi ero semplicemente convinta di aver creato qualcosa pur di consolarmi?
Erano le 6 di sera ed io decisi di uscire finalmente da quelle quattro mura.
Dovevo camminare un po'.
Per qualche strana ragione quando mi ritrovai davanti ad una chiesa decisi di entrare: non ero mai stata molto religiosa, ma molto probabilmente in quel momento avevo bisogno di qualsiasi cosa che mi potesse dare un po' di sicurezza e di speranza.
Mi sedetti, non c'era nessuno a parte me.
Il prete si avvicinò a me con cautela per non spaventarmi.
«Posso sedermi?»
Chiese ed io feci un cenno con la testa.
Non parlai, non dissi niente e passammo qualche minuto in silenzio.
«Non so perché io sia qui, avevo bisogno di un incoraggiamento credo»
Dissi finalmente.
«Hai perso qualcuno?»
Chiese.
Sospirai.
«Sì ed assieme a quel qualcuno tutto il resto.
E mi creda sono così arrabbiata a volte, ma sa qual è il problema? Io non so con chi esserlo.
Non so a chi dare la colpa, a volte incolpo anche Dio pur di potermi dare una spiegazione»
Dissi con le lacrime pronte a cadermi sul viso.
«Non ti dirò che Dio ha un piano per tutti figliola, perché anche se fosse così, a volte, questi piani non hanno minimamente senso per noi.
Ma ti dirò che devi perdonare te stessa, sei arrabbiata e cerchi un colpevole negli altri, ma fai ciò solo perché tu ti senti in colpa e sei stanca di sentirti così. Vero?»
Era vero.
«Perdonarsi, la fate facile.
Come dovrei fare?»
«Io non posso dirti come, devi trovare la tua strada, a volte può volerci più tempo.
Ma ricordati che perdonarsi è fondamentale per andare avanti e andare avanti non significa dimenticare.»
Mi alzai in piedi, ringraziai e me ne andai verso casa.
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