12.

Per un'intera settimana non mi svegliò più la luce del sole, ma il suono dei tuoni, fuori vi era un forte temporale, le foglie volavano, i lampi illuminavo il cielo.

Mi alzavo ogni giorno ed andavo vicino alla finestra, mi piaceva quell'atmosfera:
Da bambina odiavo la pioggia, ma mia madre mi ricordava sempre che anche il cielo, a volte, ha bisogno di sfogarsi ed io crescendo pensavo
che se anche esso, il mondo poteva permettersi di crollare, forse potevo farlo anche io.

Se anche il mondo può crollare, distruggere tutto, piangere ininterrottamente, forse potete anche voi, non credete?

Ogni giorno di quella settimana sentivo suonare alla porta, scendevo e mi ritrovavo la signora Amalia con un cesto da cui proveniva sempre un odore delizioso.
Lo fece anche quel giorno.

«Ti ho portato una torta tesoro, con questo tempo ci vuole»
Anche lei aveva un sorriso così raggiante e dolce.

Nora ci raggiunse poco, non era contenta del brutto tempo, ma non appena sentì della torta divenne felice come una bambina.
Era adorabile, l'avrei guardata all'infinito: la sua semplicità, il suo sorriso sempre presente, la ammiravo e avrei voluto avere anche io una minima parte della sua spontaneità e della sua esuberanza.

Amalia ci raccontò che faceva sempre quella torta ai suoi figli durante le giornate di pioggia, per riportare il buon'umore, ma poi loro sono cresciuti, poi suo marito se ne andò e la casa era rimasta vuota e non c'erano neanche più i motivi per fare la torta "della felicità" così la chiamava lei.

«Quindi vi ringrazio ragazze mie, per avermi dato la possibilità, dopo anni, di rifarla per qualcuno»
Aveva gli occhi lucidi.

«Beh, adesso dovrai farla anche troppo spesso perché è squisita»
Dissi sorridendo e riuscii, fortunatamente, a farla ridere.

Non avevo più parlato con Hero nei giorni successivi a ciò che era successo, Nora e Mark erano buoni amici, anche se guardando Nora non mi sembrava che desiderasse solo ciò.

La pioggia aveva causato vari danni e non sembrava avere intenzione di fermarsi, ciò non mi fermò dall'andare al lavoro neanche quel giorno.
Juan era sorpreso di vedermi, quasi tutti i dipendenti avevano deciso di stare a casa quel giorno, Nora compresa, ed era anche la cosa più sicura e sensata da fare.

«Chi altro c'è?»
Chiesi a Juan
«Gli ultimi due ragazzi arrivati, Marco...Mattias?»
Aveva poca memoria per quanto riguardava i nomi dei dipendenti nuovi.
«Mark e Hero»
Completai al posto suo
«Ecco, come ho detto»
Accennai una risata.

Mark venne a salutarmi, ci rivolgemmo le solite domande di cortesie e ci ritrovammo a parlare di Nora, della sua energia e di come fosse gentile con tutti, di quanto fosse fragile e che avrei fatto di tutto per proteggerla.
Mi chiedevo che intenzioni avesse con lei, ma non spettava a me scoprirlo.

Cose da fare ve ne erano ben poche, a causa del temporale le persone si erano barricate in casa e Juan propose di chiudere la biblioteca e di andare anche noi.

«Voi andate, io resto un altro po'»
Dissi e rimani sola, quella volta sul serio, vidi Hero andarsene, salutò Juan e Mark, ma a me non accennò neanche uno sguardo: non mi infastidiva ciò, però sapevo come fosse sentirsi sempre fuori luogo e non volevo che nessun altro si sentisse così.

Le luci iniziarono a spegnersi e a riaccendersi, il vento divenne sempre più forte e decisi di andare anche io.
Superata l'entrata della biblioteca il freddo mi travolse, l'ombrello si ruppe a causa del forte vento, lo chiusi, era ben poco utile.

La pioggia era incessante, i miei vestiti divennero immediatamente fradici, ma per una ragione sconosciuta scoppiai a ridere, feci una giravolta su me stessa e sorrisi.
«Oggi hai tanto dolore signor cielo, fai bene a non trattenerti»
Forse parlavo con me stessa più che altro.

Vedere dinanzi a me era difficile, sarebbe stato opportuno aspettare che il tempo si calmasse, gelare dal freddo era inevitabile però.

Decisi di rientrare in biblioteca, appena mi girai una macchina si fermò dietro di me e sentii una voce chiamarmi per nome, mi voltai.

«Sali, ti ammalerai»
Mi disse Hero aprendo la portiera dell'auto, esitai per un secondo a causa della confusione, ma salii.

«Grazie»
Dissi tremando, forse era tardi, mi stavo già ammalando.

Si tolse la felpa e me la porse.
«Se terrai quella maglietta a lungo rischi davvero di stare male, non mi interessa guardarti, mi giro dall'altro lato tranquilla»

Acconsentii con la testa, lui si voltò ed io misi la sua felpa, era morbida e fortunatamente calda.
Lo ringraziai nuovamente, ma lui non rispose.

«Quasi dimenticavo: dove abiti?»
Chiese, sorprendentemente, ridendo.
La sua risata era contagioso, mi venne spontaneo sorridere.

Ci dirigemmo verso casa mia, la pioggia peggiorava.

«Tutte le strade per casa tua sono bloccate e a piedi andarci è una pazzia»
Mi disse dopo aver girato a lungo.

«Hai più opzioni: scendi e rischi di farti investire o ammalarti, o parcheggio e resti in macchina con me, oppure vieni a casa mia fino a quando non si calma tutto»

"È uno sconosciuto, potrebbe ucciderti"
Pensai.
"Ma in fondo che me ne importa?"
Pensai di nuovo.

«Necessito di qualcosa di caldo per cui l'ultima opzione forse è la migliore, se non è un disturbo ovviamente e se non vuoi uccidermi»
Risposi ridendo.

«Beh, un assassino non svela mai i propri segreti»
Rispose con un'espressione seria, corrugai la fronte e lui scoppiò a ridere.
«Dovresti vedere la tua faccia»
«Non sei affatto divertente»
Ribadii ma non riuscii a trattenermi dal ridere.

«Se non lo fossi non staresti sorridendo»
E non potevo dargli torto.

Per il resto del tragitto restammo in silenzio.
"Quindi non sembra sempre incazzato col mondo"
Riflettei.

Parcheggiò davanti ad una casa molto grande, ma al contempo semplice.
Prese un ombrello dai sedili posteriori e mi disse di aspettare: scese e mi aprii la portiera, mi disse di correre e ci dirigemmo verso la casa.

Appena entrata mi sorprese quanto ordinata fosse quella casa, era tutto perfetto, ma sembrava alquanto vuota.

Lui mi sorpassò ed io d'istinto lo seguì, entrò nella cucina: una stanza molto moderna, con ripiani in marmo, mobili bianchi ed un grande tavolo al centro.

«Ti preparò una camomilla, devi riscaldarti»
Era premuroso, gliene ero grata, non era obbligato ad essere gentile con una sconosciuta.

La tazza di camomilla calda dopo tutto il freddo preso era din gran aiuto.

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