PRIMO CAPITOLO

POV HANI

Hani si sedette accanto al letto d'ospedale del nonno, cercando di mantenere un'espressione serena, anche se dentro di lei si sentiva come se una tempesta le stesse squassando il cuore. Il nonno sembrava molto più fragile di come lo ricordava, ma i suoi occhi, anche se stanchi, non avevano perso quell'intensità che le aveva sempre incusso un misto di rispetto e timore.

Lui la guardò, accennando a un sorriso. Hani gli prese la mano, cercando conforto nel calore di quella pelle consumata dagli anni e dal lavoro.

"Nonno, come ti senti?" chiese, la voce appena un sussurro.

Il vecchio annuì, come per rassicurarla, ma la sua risposta fu tutt'altro che tranquillizzante.

"Hani, voglio parlarti di una cosa importante." La sua voce, nonostante la debolezza, portava con sé un'inflessione di serietà, e Hani sentì il petto stringersi. Sapeva che quelle parole non erano frutto di un momento di debolezza o deliri dovuti alla malattia. Erano parole che portavano il peso di una decisione.

"Hani, so che hai un sogno. So che vuoi aprire il tuo atelier, e so che ti sei fatta strada da sola, senza mai chiedere nulla alla famiglia. Sei sempre stata indipendente... proprio come tuo padre alla tua età."

A quelle parole, Hani cercò di abbozzare un sorriso, ma dentro di lei si sentiva come bloccata. Non sapeva se essere fiera per il riconoscimento o preoccupata per quello che sarebbe venuto dopo.

"Ma ora," continuò lui, con un lungo sospiro, "sto arrivando alla fine del mio viaggio, e la nostra famiglia ha bisogno di una nuova guida, di qualcuno che mantenga il nostro nome saldo e rispettato." Fece una pausa, quasi per raccogliere le forze, e poi disse: "Il mio ultimo desiderio, Hani, è vederti sposata. Sposata con qualcuno che possa prendersi cura della famiglia."

Quelle parole colpirono Hani come un pugno allo stomaco. Aveva sempre immaginato che il nonno, l'uomo che l'aveva vista crescere, l'avrebbe sostenuta nel suo cammino, indipendentemente dalle sue scelte. Ma ora, improvvisamente, quella richiesta la faceva sentire intrappolata, come se la sua indipendenza fosse messa in discussione da chi meno se l'aspettava.

Respirò a fondo e si chinò verso di lui, parlando con voce ferma, anche se il cuore le batteva in gola. "Nonno, io ti voglio bene, e farei di tutto per renderti felice, lo sai. Ma ho anche un sogno, qualcosa che ho costruito pezzo per pezzo. Non posso lasciarlo andare."

Lui la guardò in silenzio per un lungo momento, e Hani si sentì come se fosse stata esaminata. Poi, il nonno annuì lentamente, ma con uno sguardo che non accettava replica.

"Lo capisco, Hani," disse, con un tono che sembrava rassegnato. "Ma pensi che il tuo sogno possa sopravvivere senza l'appoggio della famiglia? Pensi che valga la pena sacrificare il nostro onore?"

Quella domanda la lasciò senza parole, e Hani si rese conto che in fondo non era solo il sogno dell'atelier a essere in gioco, ma la sua stessa libertà. Provò un senso di ribellione, un desiderio di gridare che lei era più del nome della famiglia Kim, più delle aspettative del nonno. Ma non voleva ferirlo, non ora, non in quel letto d'ospedale.

Uscì dalla stanza dopo averlo salutato e trovò i suoi genitori ad aspettarla fuori. Sua madre aveva uno sguardo comprensivo, mentre suo padre era più teso, le mani incrociate sul petto, quasi a volersi proteggere.

"Hani," iniziò sua madre con dolcezza, "so quanto tutto questo ti faccia soffrire. Ma tuo nonno... è tutto ciò che ha sempre voluto."

Hani scosse la testa, sentendo la rabbia crescere dentro di sé. "Ma non è ciò che voglio io, mamma. Ho lavorato così duramente per costruire qualcosa di mio. Non posso abbandonare tutto per un matrimonio che nemmeno desidero."

"Non è solo una questione di desiderio, Hani," intervenne suo padre, con un tono fermo. "È una questione di rispetto per la famiglia, per ciò che tuo nonno ha costruito. Non capisci che senza un erede, tutto quello che abbiamo fatto andrà perduto?"

Quelle parole la ferirono più di quanto avesse immaginato. Sentiva che la sua famiglia stava chiedendo un sacrificio che non sapeva se fosse in grado di fare. Avrebbe voluto che loro capissero, che potessero vedere quanto per lei fosse importante il sogno dell'atelier.

"Mamma, papà," rispose infine, con la voce che tremava appena, "io vi amo, e amo il nonno. Ma non posso rinunciare alla mia indipendenza. Non posso rinunciare a quello che sono."

Ci fu un lungo silenzio, in cui nessuno sembrò trovare le parole per rispondere. Sua madre la guardò con una tristezza infinita, mentre suo padre si voltò, cercando di mascherare la sua delusione.

______

Hani tornò a casa quella sera con un peso insopportabile sul cuore. Le parole del nonno continuavano a risuonarle nella testa, quasi fossero un eco che rimbombava in ogni angolo della sua mente. Si sedette sul bordo del letto e chiuse gli occhi, provando a fare chiarezza. La sua stanza, il suo rifugio, le pareva all'improvviso fredda, distante, come se riflettesse l'incertezza che ora la divorava.

Non avrebbe mai pensato di trovarsi in quella situazione. Era sempre stata certa che la sua strada fosse quella dell'atelier, dell'indipendenza, di una vita che rispecchiasse i suoi sogni. Eppure, ora sentiva che quella scelta non riguardava solo lei, ma un'intera famiglia, un legame antico che la univa al nonno e a ciò che lui rappresentava. Si domandò se forse, nella sua determinazione, non fosse stata cieca a qualcosa di più grande, qualcosa che aveva sempre rifiutato di vedere.

Alla fine, decise di lasciar scivolare ogni pensiero, anche solo per una notte. Si rannicchiò sotto le coperte, e si concesse la libertà di non decidere, di rimandare, di cercare pace nella notte. Forse, con il riposo, avrebbe trovato le risposte che cercava.

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La mattina seguente, la luce che filtrava dalla finestra sembrava più chiara, come se portasse con sé un nuovo inizio. Hani si alzò con una determinazione che non si aspettava di provare. Aveva riflettuto su cosa significasse onorare il nonno e la famiglia, e anche se l'idea di rinunciare al suo atelier le bruciava ancora, cominciava a vedere una possibile via di mezzo. Forse avrebbe potuto accettare il matrimonio, ma alle sue condizioni. Avrebbe protetto il suo sogno e onorato la famiglia, senza rinunciare a sé stessa.

Decise così di parlarne con i suoi genitori. Li trovò in cucina, e suo padre sembrava già più sereno rispetto al giorno prima, forse perché sperava che lei avesse riflettuto a fondo.

"Mamma, papà," iniziò Hani, prendendo un respiro profondo, "ho pensato a ciò che mi avete detto... e anche alle parole del nonno."

Sua madre la guardò con apprensione, mentre suo padre si fece subito attento. "E...?" chiese lui, cercando di nascondere un accenno di speranza.

"Ho deciso di accettare il matrimonio," disse infine, sentendo le parole uscire con una strana calma. "Ma solo se potrò continuare a lavorare al mio atelier. Voglio portare avanti il mio sogno e rispettare il desiderio del nonno. Penso di poter fare entrambe le cose."

I suoi genitori si scambiarono uno sguardo, e fu sua madre a prendere la parola per prima. "Sei sicura di poter affrontare entrambe le cose, Hani? Non sarà facile."

"So che non sarà facile, mamma," rispose con fermezza. "Ma ho bisogno di provarci. Per me stessa, e anche per il nonno."

Suo padre rimase in silenzio per qualche istante, poi annuì, come se accettasse la sua determinazione. "Se questa è la tua decisione, Hani, allora ti sosterremo."

Hani sentì un senso di sollievo inondarla, anche se sapeva che quella era solo la prima parte del viaggio. Sorrise ai suoi genitori, grata per il loro supporto, e poi decise di condividere questa scelta con le persone che più le stavano vicine: le sue amiche.

---

Più tardi, quel pomeriggio, si ritrovò al solito caffè con le sue amiche, le sue "principesse" come amava chiamarle, le compagne di una vita che l'avevano sostenuta in ogni momento. Non appena arrivò, loro notarono subito che c'era qualcosa di diverso in lei, un cambiamento che non riuscivano ancora a spiegarsi.

"Allora, Hani, che succede?" chiese Minseo, con il solito tono scherzoso, ma stavolta con un fondo di apprensione.

Hani prese un respiro profondo e iniziò a spiegare tutto, dal colloquio con il nonno alla notte insonne e alla decisione di accettare il matrimonio, pur mantenendo il suo atelier. Quando finì, le sue amiche erano immobili, sorprese e quasi incredule.

"So che è una scelta difficile," disse Hani, quasi scusandosi. "Ma credo che sia il modo migliore per mantenere la mia indipendenza e, al tempo stesso, rispettare il desiderio del nonno."

Sunhee fu la prima a rompere il silenzio. "Hani... sei davvero sicura di volerlo fare? È un passo enorme. E se poi ti ritrovassi infelice?"

Hani le prese la mano, grata per la sua sincerità. "Non posso saperlo finché non ci provo. Ma credo che questa sia la strada giusta per me."

Le altre annuirono lentamente, rispettando la sua scelta anche se con un pizzico di preoccupazione. Ma Hani sentiva che il loro appoggio era sincero, che, qualunque cosa accadesse, loro sarebbero state lì per sostenerla.

Le sue amiche brindarono con lei, augurandole il meglio per il futuro che l'aspettava.

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Nell'altra parte di Seoul, Kang Jun-seo era seduto in silenzio, mentre suo padre, un uomo imponente dagli occhi severi, parlava con voce ferma di onore, doveri e dell'importanza del futuro della famiglia. Jun-seo ascoltava senza interrompere, ma dentro di sé sentiva crescere un senso di soffocamento, una tensione che gli serrava il petto. L'idea di legarsi a qualcuno senza amore, in un matrimonio deciso da altri, lo riempiva di una repulsione profonda. Aveva sempre cercato di vivere secondo le proprie regole, di trovare la sua strada fuori dai confini imposti dal prestigio della famiglia Kang. Ma ora, apparentemente, non aveva altra scelta.

"Jun-seo," disse suo padre con voce autoritaria, "non è solo una questione di te e dei tuoi desideri. Questo matrimonio è per la famiglia. È il modo per rafforzare il nostro nome, per preservare la nostra eredità. Non puoi continuare a vivere come hai fatto finora. La nostra famiglia ha bisogno di una nuova alleanza, e questa è l'occasione perfetta."

Sua madre, seduta accanto al padre con le mani elegantemente intrecciate in grembo, annuì con uno sguardo di approvazione. "Figlio mio, capisco che sia difficile, ma tua sorella ha accettato il suo ruolo, e ora è felice, anche con i sacrifici che ha fatto. Anche tu troverai la pace, se abbracci questa decisione con il cuore aperto."

Jun-seo abbassò lo sguardo, cercando di trattenere l'amarezza che montava dentro di lui. Aveva sempre amato la libertà, la possibilità di scegliere, di scoprire il mondo e di vivere relazioni sincere, basate su un sentimento vero. La ferita della sua ultima relazione, finita pochi mesi prima, era ancora aperta e dolorosa, e la prospettiva di legarsi ora a una donna scelta solo per il beneficio della famiglia lo faceva sentire intrappolato.

"E se non ci fosse amore?" domandò infine, rompendo il silenzio con un filo di voce. "E se... fosse solo un sacrificio senza significato? Non posso semplicemente accettare qualcosa che non sento."

A quelle parole, i suoi genitori si scambiarono uno sguardo, e fu sua madre a parlare, cercando di mantenere un tono comprensivo. "Jun-seo, l'amore può nascere col tempo. Anch'io ho avuto i miei dubbi, ma alla fine, ho trovato una felicità che non mi aspettavo. Non devi vedere questo matrimonio come una gabbia, ma come una possibilità. La ragazza che ti è stata proposta viene da una famiglia rispettabile, una famiglia che condivide i nostri valori. È una persona degna, e con il tempo imparerete a conoscervi."

Suo padre, però, non era altrettanto paziente. "L'amore è una cosa di poco conto quando si tratta di preservare il nome della famiglia. Tuo nonno e tua nonna hanno costruito tutto questo con il loro sudore e sacrificio. Ogni singolo Kang ha fatto la sua parte, e ora tocca a te."

Jun-seo sentiva il peso di quelle parole. Suo nonno e sua nonna, che erano ancora vivi, rappresentavano per lui l'incarnazione dell'onore e della tradizione. Erano figure che incutevano rispetto e, al contempo, una certa soggezione. Conosceva i sacrifici che avevano fatto per garantire prosperità e stabilità alla famiglia, e sapeva che rifiutare la loro volontà avrebbe significato perdere tutto ciò che avevano costruito.

Fu in quel momento che sua sorella maggiore, Hae-won, entrò nella stanza. Era già sposata da anni, e aveva tre figli, simbolo perfetto della continuità della famiglia Kang. Con la sua eleganza naturale e l'aura di regina che sembrava circondarla, era l'orgoglio della famiglia, il modello che tutti avrebbero dovuto seguire. Guardò Jun-seo e gli rivolse un sorriso gentile, poi si sedette accanto a lui, posandogli una mano sulla spalla.

"Jun-seo," iniziò con voce calma, "capisco cosa provi. Anch'io ho avuto le tue stesse paure. Anche io sentivo il desiderio di scegliere il mio percorso, di vivere liberamente. Ma ho imparato che il nostro ruolo è qualcosa di più grande di noi stessi. E, col tempo, ho trovato una serenità che non avrei mai immaginato."

Lui la guardò, cercando di cogliere la sincerità nelle sue parole. Hae-won era sempre stata una sorella affettuosa e leale, ma anche lei aveva dovuto piegarsi al volere della famiglia, accettando un matrimonio combinato, costruendo una famiglia e accettando il peso di una vita fatta di doveri e apparenze.

"Hae-won, sei davvero felice?" le chiese, con un tono quasi supplichevole. Aveva bisogno di sapere se esisteva una speranza di poter trovare qualcosa di vero in quel percorso che sembrava già deciso per lui.

Sua sorella annuì, con uno sguardo che sembrava riflettere una comprensione profonda. "La felicità non è sempre quello che ci immaginiamo, Jun-seo. Ho trovato gioia nel vedere crescere i miei figli, nel sapere che sto facendo la mia parte per la nostra famiglia. Certo, ci sono stati momenti difficili, ma ho imparato ad amare la vita che ho scelto di accettare. E tu potresti scoprire lo stesso."

Jun-seo restò in silenzio, cercando di processare tutto. Aveva sempre creduto che la felicità fosse qualcosa da conquistare secondo le proprie regole, senza compromessi. Ma forse, come suggeriva Hae-won, quella felicità poteva assumere forme diverse, e forse non tutto doveva essere una lotta contro il destino.

Suo padre annuì, soddisfatto dell'intervento di Hae-won, e con voce grave disse: "Pensa al futuro della famiglia, Jun-seo. Non chiediamo tanto. Solo di fare la tua parte, come ognuno di noi ha fatto. Tuo nonno e tua nonna si sono sacrificati per noi. È giusto che anche tu dia il tuo contributo."

Con un nodo alla gola, Jun-seo annuì lentamente, senza dire nulla. Sapeva che rifiutare non era un'opzione. Non gli restava che accettare quel destino, anche se il prezzo da pagare sarebbe stato alto.

Il giorno seguente, le due famiglie si incontrarono in un elegante ristorante tradizionale nel cuore di Seoul, riservato esclusivamente per l'occasione. I genitori di Kang Jun-seo erano arrivati per primi, accompagnati dalla sorella maggiore di lui, Hae-won, che aveva voluto essere presente per dare sostegno al fratello. Poco dopo arrivarono i genitori di Kim Hani, accolti con inchini e sorrisi rispettosi. L'atmosfera era formale ma cordiale, eppure si percepiva una tensione sottile che attraversava la stanza.

Mentre gli adulti scambiavano i saluti iniziali e qualche convenevole, Hani e Jun-seo si tenevano in disparte, seduti agli estremi opposti del tavolo, entrambi silenziosi, incerti su cosa aspettarsi. Era la prima volta che si vedevano di persona, ed entrambi si limitarono a un leggero cenno del capo. Nessuno dei due sembrava sapere come comportarsi. Jun-seo notò subito la compostezza di Hani, la determinazione nel suo sguardo, ma dietro a quella calma scorse un accenno di apprensione, forse riflesso della sua stessa esitazione. Anche Hani osservava Jun-seo con curiosità e cautela: l'uomo che le era stato promesso aveva un'aura di eleganza, ma nei suoi occhi scuri vedeva una certa malinconia, quasi un desiderio di libertà imprigionato.

Una volta seduti tutti attorno al tavolo, i genitori di Jun-seo presero la parola per primi. Suo padre, il signor Kang, sistemò il colletto della giacca con un gesto di precisione e poi, con voce ferma e rispettosa, iniziò: "Siamo qui oggi per discutere del futuro dei nostri figli. Crediamo fermamente che questa unione sia un passo importante per entrambe le famiglie, una fusione di valori e rispetto reciproco."

Il padre di Hani annuì, con un sorriso affabile. "Siamo d'accordo. Hani e Jun-seo sono entrambi giovani con grandi ambizioni, ma anche una profonda sensibilità verso i legami familiari. È per questo che crediamo che possano costruire una vita insieme, fondata sul rispetto e sulla comprensione."

La madre di Hani intervenne poi con delicatezza, rivolgendosi alla famiglia Kang. "Pensavamo che fosse importante dare ai ragazzi un'occasione per conoscersi prima di fissare una data ufficiale. Vorremmo che, pur essendo un matrimonio organizzato dalle famiglie, loro possano entrare in questo impegno con consapevolezza e serenità."

La madre di Jun-seo annuì, appoggiando il ventaglio che aveva in mano con un gesto calmo. "Concordo. Sarebbe opportuno dare loro del tempo per conoscersi. Forse potrebbero fare qualche uscita insieme, magari un incontro informale, qualcosa di semplice. Potrebbe essere un tè tradizionale o una visita a un tempio, in modo che possano parlare liberamente."

A quel punto, fu Hae-won, la sorella di Jun-seo, a prendere la parola, guardando Hani con un sorriso gentile. "Hani, sarebbe un piacere per me accompagnarti la prima volta. Posso anche aiutarti a conoscere meglio Jun-seo. So che lui sembra riservato, ma è una persona leale e rispettosa."

Hani annuì, sollevata dalle parole di Hae-won, che le sembrava una figura calma e rassicurante. "Grazie, sarebbe un onore. Vorrei davvero capire chi è Jun-seo e trovare un modo per costruire qualcosa insieme."

Jun-seo la guardò brevemente, e anche lui accennò un piccolo sorriso, quasi di gratitudine. "Sì, penso che potrebbe aiutarci... partire da piccoli incontri, senza fretta."

Gli adulti osservarono i due giovani scambiarsi queste poche parole, e fu evidente a tutti che, seppur con esitazione, stavano cercando di trovare una loro strada in quella decisione. Il signor Kim, padre di Hani, fece quindi una proposta pratica. "Allora, se siete d'accordo, potremmo fissare una data orientativa tra tre mesi, così da permettere a Hani e Jun-seo di conoscersi meglio."

La madre di Jun-seo approvò con un sorriso. "Sì, tre mesi potrebbero essere l'ideale. Possiamo iniziare a pensare al tipo di cerimonia, al luogo... ci piacerebbe una cerimonia tradizionale, qualcosa che renda onore alla nostra storia."

La madre di Hani si illuminò. "Anche noi avevamo pensato a una cerimonia tradizionale. Magari potremmo organizzarla in un giardino, in primavera, quando i ciliegi saranno in fiore. Potrebbe essere l'inizio perfetto."

I genitori delle due famiglie iniziarono a discutere dei dettagli: il tempio più adatto, i vestiti tradizionali, gli invitati, mentre Hani e Jun-seo si perdevano nei loro pensieri, ognuno immaginando cosa li aspettasse. Tuttavia, in quel momento, entrambi iniziarono a percepire una piccola fiamma di speranza. Forse, con pazienza e con la comprensione dell'altro, avrebbero potuto trovare un equilibrio tra i loro desideri e le aspettative delle loro famiglie.

Ore :14:30

Dopo la lunga conversazione tra le famiglie, mentre i genitori si perdevano nei dettagli organizzativi, Jun-seo si rese conto che era giunto il momento di fare il primo passo verso Hani. Nonostante fosse sempre stato una persona riservata e non gli piacesse l'idea di trovarsi in quella situazione, sentiva che un minimo di cortesia fosse necessario per dare inizio a ciò che avrebbe potuto essere una lunga conoscenza.

Con un respiro profondo, si alzò dal suo posto e si avvicinò a lei. Hani lo guardò sorpresa, ma mantenne un'espressione composta. Sembrava altrettanto impacciata, eppure rispettosa, come se comprendesse la delicatezza del momento.

Quando si trovò a pochi passi da lei, Jun-seo si inchinò leggermente, osservandola con un'espressione seria ma gentile.

"Piacere di conoscerti, Hani. Io sono Kang Jun-seo," disse con tono pacato. "Ho 30 anni, e come sai, ho un ruolo... di rappresentanza nella mia famiglia." Cercava di mantenere la formalità, senza forzare una confidenza che ancora non esisteva tra loro. "Il mio compito principale, al momento, è portare avanti le tradizioni di famiglia e rispettare i valori che ci sono stati trasmessi."

Hani annuì con attenzione, apprezzando il gesto di presentarsi così formalmente. Anche lei non era una persona che si apriva facilmente, soprattutto in situazioni tanto formali, ma decise di rispondere con la stessa serietà. Inclinò leggermente la testa, come in un segno di rispetto.

"Il piacere è mio, Jun-seo," rispose. "Io sono Kim Hani. Ho 28 anni, e... il mio ruolo principale è gestire un atelier, il mio sogno. È qualcosa a cui tengo molto, e anche se la mia famiglia è altrettanto importante, il mio obiettivo è mantenere un equilibrio tra entrambe le cose."

Dopo queste brevi parole, entrambi rimasero in silenzio, guardandosi negli occhi per qualche secondo. Non c'era bisogno di aggiungere altro: si trattava solo di un inizio, e sia Jun-seo che Hani, con il loro carattere riservato, sapevano che forzare una conversazione non li avrebbe portati a conoscersi meglio.

Dopo qualche secondo, Jun-seo fece un piccolo inchino, quasi accennando un saluto. "Spero che avremo modo di conoscerci meglio, senza fretta."

Hani annuì, restituendo il lieve inchino. "Lo spero anch'io. Prendiamoci il tempo che ci serve."

E così, senza ulteriori parole, entrambi tornarono ai rispettivi posti, consapevoli di aver fatto il primo passo verso una conoscenza reciproca, ma senza fretta, senza pressioni. Era un inizio pacato e rispettoso, esattamente come erano loro due.

....

Alle nove di sera, in una delle sale più eleganti della casa dei Kang, era tutto pronto per la cena. I genitori di Jun-seo avevano scelto una disposizione intima, arricchita di lanterne soffuse e tavole imbandite con fiori di stagione. La cena era stata pensata per favorire un'atmosfera rilassata e permettere a Jun-seo e Hani di conoscersi senza la presenza opprimente di troppi ospiti. C'erano solo loro, le loro famiglie e qualche servitore che si occupava delle portate con discrezione.

Nel frattempo, nella sua camera, Hani si preparava con l'aiuto della madre e delle sue serve di fiducia. Era un momento delicato, ed era fondamentale che Hani apparisse al meglio. Sua madre, una donna dall'eleganza naturale e dallo sguardo deciso, osservava la figlia con occhi attenti, riflettendo su ogni dettaglio del suo aspetto. Sapeva che quella serata era importante, non solo per le famiglie, ma soprattutto per Hani, che avrebbe avuto l'occasione di fare una prima vera impressione su Jun-seo.

"Ho pensato che questo vestito sarebbe perfetto per te, Hani," disse sua madre, indicando un abito di seta color avorio, leggero e raffinato, che scendeva morbido, accarezzando le linee della figura di Hani senza esagerare. "Non troppo formale, ma elegante. Dovrai essere te stessa, senza sembrare troppo distante."

Hani annuì, apprezzando il consiglio della madre. L'abito avorio le dava un'aria eterea, semplice ma regale. Indossò il vestito e lo guardò riflesso nello specchio, percependo la delicatezza del tessuto che la avvolgeva e pensando a quanto volesse apparire sincera e naturale, senza nascondere chi fosse davvero.

"Sì, mamma, è perfetto," disse Hani, cercando di trasmettere con il sorriso una gratitudine che raramente esprimeva a parole. Sua madre le accarezzò la spalla, con un sorriso comprensivo.

"Ricorda, figlia mia, che questa cena non è solo una formalità. Voglio che tu ti senta a tuo agio. Jun-seo è, da quello che abbiamo visto, un uomo rispettabile, ma è importante che lui veda chi sei davvero. Non devi cercare di piacere per forza."

Poi si rivolse alle serve principali, che si occupavano dei dettagli finali. "Per l'acconciatura, ho pensato a qualcosa di raccolto, magari con qualche fiore che richiami il colore dell'abito. Non troppo elaborato, solo un tocco di eleganza naturale."

Le serve seguirono il suggerimento con cura e destrezza, intrecciando i capelli di Hani in un raccolto basso, con delicate ciocche lasciate libere ai lati del viso, che davano al look un'eleganza raffinata e senza sforzo. Sistemarono un paio di piccoli fiori bianchi tra i capelli, aggiungendo un tocco di freschezza e semplicità.

"Per il trucco, qualcosa di leggero, mi raccomando," aggiunse sua madre. "Qualcosa che esalti la sua naturale bellezza, senza appesantirla. Solo un po' di colore sugli occhi e un tocco di rossetto chiaro. Deve apparire radiosa, ma delicata."

Le serve iniziarono a lavorare rapidamente, applicando un leggero velo di trucco che esaltava gli occhi di Hani e un rossetto tenue color pesca, che aggiungeva freschezza al suo viso. Hani si guardò allo specchio: la sua immagine riflessa era composta e regale, ma manteneva la sua autenticità.

Dopo qualche minuto, la madre la osservò con soddisfazione e disse, "Sei perfetta, Hani. Ricorda: non devi essere altro che te stessa. Mostra rispetto, ma lascia che anche lui sappia chi sei."

Hani annuì, respirando profondamente, e insieme alla madre lasciò la stanza, dirigendosi verso la sala della cena.

---

Dall'altra parte della sala, Jun-seo, già pronto, attendeva insieme ai suoi genitori. Indossava un abito formale, scuro, semplice ma perfettamente adatto al suo ruolo, e anche lui era visibilmente teso, ma cercava di mantenere un aspetto composto.

Quando Hani fece il suo ingresso, la sala sembrò illuminarsi. Jun-seo la osservò attentamente: la sua eleganza, seppur discreta, era evidente, e notò il modo in cui lei si muoveva, con passo leggero e sicuro, trasmettendo una certa serenità.

Dopo i saluti iniziali, si sedettero a tavola, con Jun-seo e Hani uno di fronte all'altra. I genitori, notando la loro iniziale timidezza, cercarono di favorire la conversazione, iniziando con domande leggere sui rispettivi interessi e percorsi.

"Hani," disse la madre di Jun-seo con un sorriso, "Jun-seo ci ha detto che ami l'arte e che gestisci un atelier. È un progetto davvero affascinante. Cosa ti ha ispirato a intraprendere questo percorso?"

Hani rispose con un leggero sorriso, sentendo un po' di timore ma cercando di rispondere con sincerità. "Sì, è sempre stato il mio sogno, sin da bambina. L'arte mi permette di esprimere ciò che sento e creare qualcosa di bello. Aprire un atelier è stato un modo per rendere reale questa mia passione."

Jun-seo ascoltava in silenzio, affascinato dalla determinazione che percepiva nelle parole di Hani. Era evidente che lei ci tenesse davvero al suo lavoro, e questo, in qualche modo, lo incuriosiva.

A un certo punto, per rompere la formalità, la madre di Hani si rivolse a Jun-seo. "E tu, Jun-seo? So che anche tu hai molte responsabilità, ma cosa ti piace fare nel tempo libero, quando riesci a ritagliarti un momento per te stesso?"

Jun-seo esitò un attimo, poi rispose con calma. "Amo la lettura, mi aiuta a riflettere. E cerco di viaggiare quando posso. Mi piace scoprire nuovi posti, vedere cose diverse... è un modo per sentirmi libero, anche se per poco."

Hani annuì, comprendendo subito il significato di quelle parole. Anche lei, nel suo piccolo mondo artistico, cercava spesso quella stessa libertà che Jun-seo sembrava ricercare nei suoi viaggi.

La cena continuò con un'atmosfera pacata. I due parlavano con riserbo, scambiandosi brevi parole, ma ogni piccolo gesto e ogni breve sguardo sembravano bastare. Entrambi capivano che sarebbe stato un percorso lento, ma forse, in quel silenzio condiviso, stavano iniziando a costruire una prima forma di rispetto reciproco, il primo passo verso una comprensione più profonda.

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