Parte 4

"Ho viaggiato per mesi interi alla ricerca di un consorte, ogni anno da quando sono diventato imperatore. Alcuni non hanno voluto saperne, altri si sono rivelati inadatti, e tutti quanti erano accomunati da una cosa: avevano paura di me. Quando ti ho trovato, avevo ormai perso le speranze..." detto questo, avanzò verso la porta con l'intenzione di andarsene, ma si fermò. "Sei l'unica possibilità che mi è rimasta. Un tuo rifiuto mi distruggerebbe... ma sarebbe accettabile, al contrario di scoprire che sei fuggito."

Detto ciò uscì senza più ripensarci, sbattendo la porta alle sue spalle.


Yanhvar, che non era riuscito a calmarsi neanche un po', non sapeva come prendere le sue parole né come avrebbe dovuto sentirsi.

La rabbia che gli era andata alla testa si placò lentamente, man mano che ripercorreva la loro discussione nella mente. Non capiva come mai avesse reagito così male. Avrebbe potuto affrontare l'argomento diversamente. Allo stesso tempo, pensava che anche Lang non si era risparmiato.

Andò a letto agitato e sconvolto dalle parole con cui l'imperatore si era congedato.

Non riusciva a calmarsi del tutto, le mani gli tremavano mentre stringeva un lembo di coperta, tentando disperatamente di sopprimere le lacrime che gli pungevano gli occhi.

Si sarebbe scusato l'indomani, decise questo. Sperò che Lang gli desse l'opportunità di farlo.

Il mondo gli sembrava così grigio e senza senso in quel momento...


Lang Ah Rinn si svegliò presto come al solito, fece colazione nelle sue stanze mentre leggeva gli ultimi rapporti ricevuti da Bosan e poi uscì dalla camera, il tutto di cattivo umore.

Aveva parlato troppo la sera prima, con Yanhvar. Il ragazzo non stava bene, gli era chiaro, eppure lui non era stato paziente nei suoi confronti. Si era arrabbiato subito e adesso se ne pentiva: l'ultima cosa che voleva era fargli paura.

Si diresse a grandi falcate verso lo studio del medico di corte, che lo stava aspettando.

L'anziano gli aveva accennato qualcosa riguardo alle ultime visite di Yanhvar, ma non avevano avuto tempo di parlarne nei dettagli. Finalmente il momento era arrivato.

In realtà, ora che era oberato di impegni, l'occasione di parlargli consisteva nella sua visita periodica.

Il medico lo fece spogliare e condusse i suoi esami, il tutto rispondendo alle domande dell'imperatore riguardo la salute di Yanhvar.

"La sua ripresa sarà ancora lunga, temo," dichiarò l'anziano, terminando il discorso.

Dopo averlo fatto, però, alzò lo sguardo su Lang che era più corrucciato del solito.

"Vostra Altezza, rispetto la decisione che avete preso, ma vi renderete conto anche voi di aver scelto un consorte inadatto. Viene da un villaggio sperduto dove non gli hanno insegnato nulla del mondo, né lo hanno nutrito a dovere. I suoi figli non somiglieranno per niente a voi, e come se ciò non bastasse il suo corpo sta combattendo per disintossicarsi da sostanze allucinogene," sottolineò, senza risparmiarsi.

"Hai molto da ridire per essere qualcuno che rispetta la mia decisione," ribatté Lang Ah Rinn, posando gli occhi su di lui che stava finendo di visitarlo.

"Sto solo dicendo che la situazione non è delle migliori. Non sappiamo nemmeno se sia fertile..."

"Basta così, io non intendo tornare sui miei passi," tuonò Lang, senza però intimorire davvero il vecchio dottore. "I motivi della mia scelta sono personali e non sono questionabili. Sono convinto, ormai, che non esista nessun altro di adatto in tutto l'impero, e francamente non mi interessa cosa avete da ridire," sbottò alzandosi e iniziando a rivestirsi.

Era stanco, tremendamente stanco, ma non poteva fare niente per alleviare quella sensazione.
Si congedò dall'uomo impedendogli di dire altro.

Deciso a parlare con Yanhvar si diresse verso le sue stanze, ma prima si premurò di passare in un altro posto.

Yanhvar era ancora in abiti da notte quando sentì qualcuno bussare alla sua porta.

Andò ad aprire aspettandosi di trovarsi davanti la governante, invece sgranò gli occhi vedendo che si trattava di Lang.

Schiuse le labbra per la sorpresa e tentennò sul posto per qualche secondo.

Voleva scusarsi con lui, certo, ma non pensava di incontrarlo in quel momento, all'improvviso. Inoltre doveva avere un aspetto terribile, dato che aveva dormito poco e male.

"Posso entrare?" gli domandò Lang, facendolo tornare alla realtà.

Il giovane annuì e si scostò dalla porta. Solo in quel momento si accorse che al seguito dell'imperatore c'era un cameriere che spingeva un carrellino. Su di esso erano state posate una teiera e due tazze.

Un profumo invitante invase subito la piccola stanza, occupando i pensieri di Yanhvar mentre si sedeva e osservava Lang fare lo stesso.

Il cameriere servì loro la bevanda, fece un profondo inchino e si congedò, lasciandoli soli.

"Voglio scusarmi per il mio comportamento di ieri sera."
La voce dell'imperatore ruppe improvvisamente il silenzio che si era creato.

Il più giovane strabuzzò gli occhi, confuso.

"No, sono io che devo scusarmi..." ribatté. "Non so cosa mi sia preso," ammise, abbassando lo sguardo in preda alla vergogna.

Prese tra le mani la tazza contenente quel liquido caldo molto invitante, mentre si prendeva del tempo per trovare qualcos'altro da dire.

Ancora una volta, fu Lang a rompere il silenzio.

"Questo tè è opera dello speziale di corte. Lo ha realizzato basandosi sulla miscela del tuo villaggio, omettendo il fungo che inganna i sensi. Spero che sarà di tuo gradimento."

Yanhvar, spiazzato dalla piacevole rivelazione, non aspettò altro tempo e lo assaggiò.

Il sapore della bevanda gli riportò alla mente tanti ricordi, oltre a soddisfare immediatamente il desiderio opprimente che aveva provato nel corso degli ultimi giorni.

"È perfetto," disse, avvertendo un nodo alla gola. "Potrò berlo ogni volta che vorrò, vero?" domandò.

L'imperatore annuì, sciogliendo del tutto la tensione che Yanhvar stava sentendo.

"Grazie... Ammetto che non riuscivo a smettere di pensare al tè del mio villaggio... Forse è per questo che mi sono arrabbiato ieri," abbassò lo sguardo, fissandolo sul liquido ambrato.

Era cambiato in quei giorni, se ne rendeva conto da solo. Non provava più la sicurezza di un tempo, che lo faceva sentire capace di parlare liberamente, e anche la sua serenità era svanita.

"Yanhvar," lo chiamò l'imperatore, attirando su di sé la sua attenzione. "Io sono sempre molto impegnato, è per questo che non passo abbastanza tempo con te. Anche quando potrei, la stanchezza e i pensieri relativi alla giornata hanno sempre la meglio. Ho piacere a stare con te e desidero averti al mio fianco, ma devi capire la mia situazione."

Il giovane si sentì ancora più in imbarazzo.

"Lo capisco, non volevo darti altre preoccupazioni," rispose subito, anche se non comprendeva del tutto l'intenzione dell'imperatore di stare con lui.

"Tu ti senti a tuo agio qui? Lo sei, quando siamo insieme?" si sentì chiedere.

Quelle parole lo spiazzarono.

"Io sono l'imperatore, ma per te sono, prima di tutto, il tuo futuro consorte," continuò, riempiendo il silenzio. "Voglio che tu ti senta libero di parlare con me, di qualsiasi cosa si tratti."

"Va bene..." rispose incerto Yahnvar, rigirandosi la tazza calda tra le mani. "Sì, io sono a mio agio," ammise senza difficoltà.

Gli parve di sentire un sospiro da parte di Lang, forse di sollievo, ma quando tornò a guardarlo lo trovò corrucciato, come al solito.

"Allora sappi che sono pronto a ufficializzare la nostra unione quando vorrai, anche oggi stesso. Faremo un annuncio pubblico e poi procederemo in privato, senza fare tante cerimonie."

Il giovane non colse la seconda frase, perché la prima fu così improvvisa da mandarlo in confusione.

Lang doveva aver notato il suo sguardo assente, perché si avvicinò e appoggiò una mano sul suo braccio destro.

Yanhvar se lo trovò molto vicino, con i suoi occhi gialli incastonati nei propri.

"Io non ho ripensamenti, voglio che tu diventi al più presto il mio consorte. Avrei preferito aspettare che ti fossi ripreso, ma se te la senti possiamo procedere subito."

"S-subito?" balbettò il ragazzo, sorpreso. "Io... sì, se davvero volete me, io non sento il bisogno di farvi aspettare. Non so quando tornerò a stare bene davvero, ma voglio fare ciò per cui mi avete portato qui."

Questa volta fu Lang a restare senza parole, infatti rimase in silenzio per un istante.

Yanhvar vide il suo pomo d'Adamo fare su e giù, mentre deglutiva.

"M-magari non oggi stesso, ma... quando volete," precisò il più giovane, che non riusciva a capire del tutto il motivo della sua reazione.

"Sì," si riscosse Lang, alzando di una nota il tono di voce e tornando seduto composto, senza più toccare Yanhvar né stargli così vicino. "Parlerò con i miei consiglieri e insieme stabiliremo una data, allora."

La loro conversazione terminò presto, perché Lang dichiarò di avere degli impegni urgenti. Poco dopo una cameriera raggiunse Yanhvar con la sua colazione, molto abbondante come al solito.

Il giovane non rivide Lang a pranzo, quindi ne approfittò per verificare con la governante di aver fatto progressi in fatto di galateo.

Quel pomeriggio poi, sapendo che le concubine avrebbero passato del tempo insieme in uno dei salottini privati, decise di rivederle. Sarebbe stato uno sforzo necessario, soprattutto se Lang si era davvero deciso a procedere con le nozze.

Yanhvar si impose di mettere da parte ogni timore e pensiero sconveniente, perché non sarebbero stati d'aiuto.

Bussò alla porta e gli venne concesso di entrare.

Le tre donne non si aspettavano una sua visita, infatti gli rivolsero degli sguardi sorpresi.

Stavano prendendo un tè sedute a un tavolo, mentre le loro cameriere personali erano in piedi accanto a loro.

"Perdonate il disturbo... Mi chiedevo se potessi unirmi a voi," trovò la forza di dire.

"Certamente, Altezza," gli rispose subito una delle tre, quella che aveva i capelli castani.

La ragazza dai capelli neri invece annuì rivolgendogli un sorriso compiaciuto, quindi lui si chiuse la porta alle spalle.

Si accomodò a un posto vuoto che gli avevano indicato, proprio accanto alla terza concubina che aveva i capelli rossi. Lei era l'unica che gli aveva rivolto uno sguardo confuso, senza rispondere in alcun modo alle sue parole. Dopotutto, non conosceva la loro lingua.

"Vi siete ambientato a palazzo?" gli chiese la prima donna, della quale lui non ricordava il nome.

Non ricordava quello di nessuna in verità, perché durante il loro incontro si era sentito schiacciare dall'ansia.
Adesso però aveva deciso che era il momento di guardare in faccia la realtà e di ricominciare dall'inizio.

Rispose in modo coinciso e discreto alle loro domande, tra un sorso e l'altro del tè che gli era appena stato servito. Evitò di entrare nei dettagli del suo passato e del suo luogo di origine, argomenti ai quali le due giovani sembravano molto interessate.

Comunque dovette ammettere a se stesso di essersele immaginate molto peggio. Erano donne sicure e più grandi di lui, ma non sembravano in competizione per le sue attenzioni.

Forse con Lang Ah Rinn si comportavano diversamente, ma era difficile da immaginare visto che tra loro non sembravano esserci attriti.

Ciò che saltò all'occhio di Yanhvar, però, fu soprattutto il fatto che la terza donna rimaneva in disparte. Non aveva modo di conversare con loro e le due ragazze non provavano a parlare con lei.

Forse era stato diverso in passato, però ormai si erano arrese.

Chissà da quanto tempo erano diventate concubine di Lang... In effetti, lui si rese conto solo in quel momento di non conoscerlo affatto.

"Da quanto tempo vivete a palazzo?" osò domandare loro, sperando di non sembrare indiscreto.

"Oh, da sei anni ormai," rispose la donna dai capelli neri, pensandoci su.

"Sì, da quando Lang Ah Rinn è diventato imperatore," aggiunse l'altra.

Se erano arrivate lì sei anni prima significava che erano le concubine di Lang già quando lui aveva vent'anni. Erano delle belle donne, allora perché lui aveva cercato un consorte altrove?

Il suo sguardo corse istintivamente alla ragazza dai capelli rossi e le altre sembrarono notarlo.

"Lei è arrivata poco dopo di noi," gli disse una delle due.

Non era a questo, però, che Yanhvar stava pensando. Aveva visto che la ragazza era concentrata nella lettura di un libro e, scorgendone il titolo, aveva capito che si trattava di un manuale per lo studio della loro lingua.

Le si avvicinò con circospezione e si accorse che era pieno di annotazioni fatte in un carattere a lui sconosciuto.

Inoltre la ragazza si stava appuntando delle cose su una pergamena. Sembravano le basi di una conversazione, da quanto poté vedere.

La giovane alzò il viso e gli rivolse uno sguardo curioso.

Sembrava davvero intenzionata a imparare, perciò Yanhvar decise di provare a interagire con lei. Si sarebbe reso utile, inoltre sembrava la più calma delle tre, perciò credeva fosse un ottimo inizio per rapportarsi con le concubine.

Le fece capire a gesti che avrebbe voluto sedersi accanto a lei e, nello stesso modo, lei glielo accordò.

Yanhvar prese posto sulla sedia più vicina e sottolineò con un dito la prima frase trascritta dalla ragazza, che era una presentazione base.

La loro lingua era molto difficile, lo aveva sempre sentito dire al tempio. Sembrava che lei stesse imparando a scriverla e a leggerla, ma non a parlarla.

"Io mi chiamo... Yanhvar," disse, per poi portare la mano sul petto come per indicare se stesso.

La donna lo guardò con curiosità, ma quando lui ripeté nuovamente la frase sembrò comprendere.

"I-io... michiamo... Havra," dichiarò, faticosamente e con un forte accento straniero.

Il giovane le rivolse un sorriso e le altre due concubine sgranarono gli occhi per la sorpresa.

In quello stesso momento, Lang Ah Rinn stava mettendo via le carte appena esaminate per fare una breve pausa. Nella biblioteca del palazzo aveva trovato un vecchio libro e lo aprì, decidendo di leggerne qualche riga.

Lo trovò inaspettatamente ricco di rappresentazioni molto esplicite.

"Se mi è concesso chiedere, cosa state leggendo?" gli domandò Bosan, comparendo al suo fianco.

"Non vi è concesso," rispose subito Lang.

Notò comunque lo sguardo del soldato che cadeva su quelle pagine e si faceva sorpreso.

"Non credevo che vi piacesse indugiare in questo tipo di letture, Altezza..."

"Infatti non è così," ribatté e sospirò, quindi chiuse il libro con un tonfo sonoro. "Mi sto solo istruendo."

"Ne deduco che avete stabilito una data per le vostre nozze."

"Non ancora, ma lo farò a breve."

Abbassò lo sguardo sul tomo che aveva ancora tra le mani. Aveva detto a Yanhvar che avrebbe giaciuto con lui perché questo prevedeva il matrimonio, ma faticava a immaginarsi insieme al ragazzo in quella situazione.

Ormai si era affezionato a lui, ma l'affetto da solo non sarebbe bastato in un'occasione del genere.

"Vi siete fatto più impertinente da quando siamo tornati a Roth, comandante Bosan. Ne siete consapevole?" domandò a quell'uomo che non era solo un sottoposto, ma anche un amico.

Si rivolgevano l'un l'altro in modo formale, ma si conoscevano da tanti anni.

"Perdonate il mio comportamento, Altezza... Sono solo felice per voi."

"Quindi non avete da ridire su Yanhvar? Il guaritore di corte lo ha criticato aspramente questa mattina sostenendo che non è adatto. Addirittura... che potrebbe non essere fertile," aggiunse, ancora a sguardo basso.

"Se così fosse, significherebbe che esiste davvero una maledizione," dichiarò Bosa, al che Lang si voltò subito verso di lui. "Ma voi non avete mai creduto in queste cose e io la penso allo stesso modo," continuò il soldato, in tono calmo. "In quanto al vostro consorte, conosco i motivi della vostra scelta e non intendo criticarla. Al posto vostro, probabilmente avrei fatto lo stesso."

L'imperatore annuì. Non aveva bisogno del parere degli altri per prendere le sue decisioni, ma era grato che qualcuno lo appoggiasse apertamente. Poi si trattava di Bosan, che non aveva mai parlato a sproposito solo per compiacerlo.

"Che ne dite di mettere da parte quel libro e andare a fare una visita alle concubine? È da molto che non vi vedono ed è chiaro che voi vogliate fare una pausa."

Lang sospirò e si decise a posare il volume sulla scrivania.

Era vero, le tre concubine rimaste a palazzo non lo vedevano da prima della sua partenza, ma c'era un motivo ben preciso. Certo, adesso avrebbe potuto parlare con loro e scoprire cosa ne pensavano di Yanhvar.

Indossò la maschera e si avviò verso la porta con Bosan al seguito.

Quando Lang raggiunse il salottino solitamente occupato dalle concubine si ritrovò davanti una scena insolita.

Havra stava parlando, anche se a fatica, mentre Elsin e Marveritt gioivano dei suoi progressi. Con loro c'era Yanhvar e tutte e tre le donne si erano raccolte intorno a lui, molto vicino a lui.

Di certo non si aspettava di vederlo così a suo agio in compagnia di quelle donne.

Solo in un secondo momento notò che la sua espressione era tirata e la mano con cui teneva la pergamena gli tremava.

Si schiarì la gola per attirare la loro attenzione. Le concubine e il ragazzo si voltarono nella sua direzione e finalmente lo notarono.

Erano talmente concentrati in ciò che stavano facendo che non lo avevano sentito né bussare né entrare, il che per lui era uno scenario senza precedenti.

"Vostra Altezza!" esclamò Marveritt, alzandosi per prima per fargli un profondo inchino.

Le altre, ugualmente turbate dalla sua presenza e mortificate perché non lo avevano notato, fecero lo stesso.

Solo Yanhvar reagì in modo diverso. Si era voltato verso di lui con un'espressione di genuina sorpresa, ma niente faceva intuire che fosse spaventato. Anzi, Lang riconobbe sul suo viso un accenno di sorriso.

In quel momento si dimenticò della riverenza che gli stavano rivolgendo le tre donne. Ignorandole in modo istintivo, si avvicinò al suo futuro sposo.

"Yanhvar, è una vera sorpresa trovarti qui... ma mai quanto scoprire cosa sei riuscito a fare," aggiunse, spostando lo sguardo sulla ragazza dai capelli rossi.

Il giovane scosse la testa.

"Stava imparando da sola a leggere e a scrivere, le serviva solo qualcuno che l'aiutasse a parlare," specificò il ragazzo, facendola sembrare una cosa da poco.

Lang sapeva che non era così, perché per anni Havra era rimasta nel silenzio dando l'impressione di non poter parlare affatto, o di non voler imparare. Lui l'aveva completamente fraintesa e non aveva fatto niente per aiutarla. Questo, ora lo riconosceva, era una sua mancanza.

Accorgendosi che adesso lei lo guardava con fare confuso, Lang chinò brevemente il capo nella sua direzione.

"Altezza, cosa vi prende?" gli domandò Elsin, allarmata.

"È solo colpa mia se non ha potuto imparare prima. Ero troppo impegnato con le mie preoccupazioni per pensare di farle avere un precettore... Me ne scuso."

Yanhvar trascrisse le sue parole per Havra e lei rispose allo stesso modo, pregandolo di non scusarsi.

Ai suoi occhi, il giovane aveva fatto una cosa prodigiosa.

Lang si avvicinò a Bosan, rimasto sulla porta, per raccomandarsi che indagasse lui sull'opinione che le tre donne avessero di Yanhvar. Doveva accertarsene, anche se credeva di avere già la risposta sotto ai suoi occhi.

Il soldato annuì, quindi lui tornò dal suo consorte.

"Ti dispiace venire con me? Vorrei parlarti per un momento in privato," gli disse.

Curioso di sapere cosa intendeva dirgli, Yanhvar seguì Lang Ah Rinn in corridoio e poi fino alla sua stanza. Era la terza volta che entravano lì insieme, il che gli diede l'impressione che stesse diventando quasi un'abitudine.

Lang prese tra le mani uno dei rompicapi che lui aveva lasciato sul tavolo, rigirandoselo curiosamente tra le mani.

"Di cosa si tratta?" gli domandò.

"È un rompicapo costruito al mio villaggio. Bisogna riuscire a spostare tutti i tasselli scuri da un lato," gli spiegò, avvicinandosi per vedere cosa stesse facendo.

Lang lo maneggiò per un po' nel tentativo di riuscire in quell'intento.

Sembrava semplice a dirsi, constatò, ma molto complicato a farsi.

"Poco fa... sono stato felice di vederti andare d'accordo con le concubine," gli disse dopo qualche secondo di silenzio, gli occhi ancora posati su quell'aggeggio insolito. "Ma devo ammettere che non credevo sarebbe successo così presto... e che vederti in così buoni rapporti con loro mi avrebbe fatto sentire un po' solo."

"E perché mai?" gli chiese Yanhvar, sorpreso.

"Perché conosco quelle donne da molti anni eppure mi temono ancora. Non fraintendermi, sono anche le tue concubine adesso perciò è giusto che andiate d'accordo."

Il giovane scosse la testa.

"Non voglio avere delle concubine, io sono qui per te," disse e subito si sentì arrossire.

Nelle sue parole non era implicato alcun sentimento nascosto, eppure gli sembrò di avergli fatto una dichiarazione. Probabilmente ebbe questa impressione perché presto si sarebbero sposati.

"Non hai motivo di sentirti solo, dico davvero. Ora potresti toglierti la maschera, se non ti dispiace? Trovo difficile capire cosa provi solamente ascoltando la tua voce."

Senza ribattere Lang fece come gli aveva chiesto, rivelando il suo viso perennemente corrucciato. Non si era accorto di avere ancora indosso la maschera, tanto era abituato a portarla.

Yanhvar lo osservò in silenzio per qualche istante. Studiò i suoi lineamenti fini e i suoi lunghi capelli neri. Si soffermò su una ciocca che era stata raccolta in una treccia sottile.

Infine lo guardò negli occhi, quei suoi occhi così particolari che agli altri incutevano timore.

Lui non ne capiva proprio il perché.

Trovava che avesse un aspetto regale, degno del più nobile dei sovrani. Inoltre il suo sguardo era severo, ma non distoglieva completamente dalla bellezza del suo viso.

Non riusciva proprio a comprendere perché quelle donne avessero paura di lui.

"Non credevo che ti piacessero queste cose," disse l'imperatore, al che Yanhvar si sentì nuovamente arrossire.

Quando gli guardò le mani, però, si accorse che si stava riferendo al rompicapo. Non era ancora riuscito a risolverlo, sebbene lo avesse maneggiato per qualche minuto.

"Perché non mi conosci bene... e io non conosco te," trovò la forza di rispondere, abbassando di più lo sguardo. "So che non mi hai ancora detto tante cose, e anche che abbiamo tutta la vita per recuperare, però... non mi piace essere lasciato all'oscuro di tutto."

Lang Ah Rinn soppesò le sue parole mentre spostava i tasselli di legno che componevano il rompicapo. Prima che potesse ribattere, Yanhvar parlò di nuovo.

"Io non conosco davvero nessuno qui, ma ho scelto di fidarmi di te e vorrei che almeno tu mi fossi amico."

"Yanhvar, noi siamo molto più che amici. Stiamo per sposarci," sottolineò assottigliando lo sguardo, confuso.

"Me ne rendo conto, ma non sono ancora diventato il tuo consorte. Nell'attesa preferirei averti come amico, piuttosto che essere uno sconosciuto."

Il più giovane non lo vide strabuzzare gli occhi né farsi pensieroso, ma solo perché aveva ancora lo sguardo abbassato sulle proprie mani.

"Ho compreso il tuo punto di vista. Se vuoi mettere le cose in questo modo, allora possiamo considerarci amici. Anche io mi fido di te... Non temo più che scapperai da quando ne abbiamo parlato."

"Ecco perché dovremmo parlare più spesso," dichiarò il più giovane, decidendo finalmente di rialzare lo sguardo su di lui.

Lang venne colto alla sprovvista dalla determinazione che poté leggere nei suoi occhi scuri. Annuì semplicemente, trovando che fosse il modo più giusto per rispondere in quel momento.

"Volevi dirmi solo questo?" gli chiese poi Yanhvar, riportandolo alla realtà.

"No. Volevo informarti che non ho stabilito ancora la data del nostro matrimonio perché sto aspettando il parere dei consiglieri. In compenso devo chiederti con chi vorresti passare la prima notte."

Il più giovane si sentì mancare l'aria all'improvviso.

"I-in che senso?" gli domandò, confuso.

"Nella nostra prima notte di nozze una delle concubine si unirà a noi. È così che deve succedere, al fine di concepire al più presto un erede. Vista la tua avversione per le donne, puoi scegliere liberamente quale delle concubine sarà la prima."

Yanhvar si morse il labbro inferiore.

"I-io non... Non ne avevo idea... Ma per me non fa alcuna differenza," rispose, non riuscendo a guardarlo negli occhi.

"Allora ci penserò io," dichiarò con freddezza Lang.

"Magari però... non Havra," gli chiese. "Non parla ancora molto, quindi non so quanto sarebbe consapevole... Anche se tu avrai già... Con tutte loro avrai..."

Le parole gli morirono in gola.

Era agitato, le mani gli tremavano e stava sudando freddo, ma non certo per l'astinenza.

Quello per lui era un territorio del tutto inesplorato, inoltre il suo timore per le donne non gli era d'aiuto. Certo, andava già molto meglio rispetto a qualche settimana prima, ma non così meglio.

Lang si alzò per sedersi accanto a lui sul divanetto e questo lo fece sobbalzare. Per un attimo il più giovane incontrò il suo sguardo profondo e sempre severo, ma fu solo un attimo perché poi tornò con il viso rivolto verso il tavolino.

"Sì, è come dici, ma anche io sono teso e preoccupato. Non ci crederai, ma è così. Sarà la nostra prima notte di nozze," sottolineò, e Yanhvar avvertì un brivido percorrergli la schiena.

Un attimo dopo la mano sinistra di Lang Ah Rinn era posata sul suo viso. Lo fece voltare lentamente verso di lui, con un gesto delicato.

Il pollice dell'imperatore era praticamente sulle sue labbra e gliele accarezzò in un gesto che al giovane parve tutto fuorché non intenzionale.

"Come credi di farcela se, parlando di questo argomento, non riesci nemmeno a guardarmi in faccia?" gli domandò con un tono calmo nel quale Yanhvar udì una sfumatura di preoccupazione.

"Io... non credo di farcela," confessò, sforzandosi di parlare. "Ma ce la farò comunque. Ormai ho accettato tutto questo."

La mano di Lang gli lasciò libero il mento in un gesto fluido. I suoi occhi gialli, incorniciati da un'espressione corrucciata ma non davvero severa, tradirono qualcos'altro. Qualcosa di triste che il più giovane poté notare appena, perché l'imperatore si voltò.

"Quindi non era il caso di affrettare i tempi, come temevo..."

"No, ti prego non fraintendermi!" gli chiese Yanhvar, alzando leggermente la voce. "Tu mi hai salvato dalla menzogna in cui vivevo e dalla vita di schiavitù che mi attendeva. So che ciò che mi hai offerto è molto più di quanto avrei mai potuto sognare... e farò ciò che desideri da me..."

"Ma io non speravo in questo," rispose l'imperatore, tornando a rivolgergli lo sguardo. "Non sei come le concubine, tu sei la persona che ho scelto come mio consorte! Verrai incoronato come tale... E so che questo ruolo è un fardello, io stesso sento il peso del mio... Ma ho scelto te, tra tutti, perché sei il solo che voglio al mio fianco."

Ascoltandolo, Yanhvar si sentì tremare di un sentimento diverso. Avvertì gli occhi che gli pizzicavano perché nella voce di Lang aveva colto del dolore. Dolore provocato da lui.

"Non pensavo che per te l'idea di passare una notte insieme fosse tanto angosciante..." aggiunse, e il più giovane lo vide stringere la mascella.

"Mi hai frainteso, Lang. Io... non sono abituato al contatto fisico di nessun tipo, soprattutto con le donne. Il solo pensiero mi spaventa," iniziò senza avere il coraggio di guardarlo in faccia. "Con te, invece, non è la stessa cosa. Non mi dispiace la tua compagnia, né il tuo tocco. Immagino che dovrò solo farci l'abitudine."

L'imperatore non rispose, così lui si decise ad alzare il viso nella sua direzione.

Lo stava guardando intensamente, come se avesse tante cose da dire ma non sapesse da dove cominciare. Però, almeno, non sembrava più offeso. Forse aveva capito.

"Credo che trascorrendo del tempo con le concubine mi abituerò a loro. Intanto anche tu potresti aiutarmi a fare l'abitudine al contatto con te," continuò.

Lang lo guardò negli occhi per una manciata di secondi domandandosi se avesse capito bene. Un istante dopo posò nuovamente la mano sinistra sul volto Yanhvar perché non potesse scappare via.

Si avvicinò a lui e lo vide fare un piccolo sobbalzo per la sorpresa.

L'imperatore appoggiò la fronte alla sua e Yanhvar sentì il suo respiro infrangersi sulle proprie labbra.

"Che proposta sfacciata," gli sentì dire, in un tono di malcelato divertimento.

"Non lo è affatto," si difese, ma non trovò le parole giuste per continuare.

"Posso darti un bacio, se credi che possa essere d'aiuto," continuò il più grande e, ancora una volta, Yanhvar rabbrividì.

"V-visto che siamo promessi sposi... E che ci baceremo al matrimonio... Immagino che sarà d'aiuto," disse, sentendosi estremamente confuso.

Non era mai stato così vicino a Lang, perciò il cuore gli batteva all'impazzata.

La mano destra dell'imperatore si posò sulla sua, stretta al tessuto che copriva il divano.

"Non accadrà durante la cerimonia, non è usanza nella famiglia reale... Inoltre indosserò la maschera per tutto il tempo."

Yanhvar avrebbe voluto mordersi un labbro ma non osò muovere un muscolo perché era troppo vicino a lui. Temeva che lo avrebbe sfiorato inavvertitamente e il solo pensiero bastava a fargli sentire caldo ovunque.

Malgrado ciò che aveva detto, Lang annullò la distanza che separava le loro labbra posando le sue su quelle del più giovane.



Note di quella che scrive

Wooooooooooooooooooooooo!!!!!

Ditelo con me: Woooooooooooooooooh!!!

Okay, a parte questo, nel capitolo compaiono dei piccoli piccolissimi dettagli che fanno trapelare qualcosa sul conto dell'imperatore, ma la verità completa non è ancora venuta a galla. 

Secondo voi cosa nasconde? Cos'è che non ha ancora detto a Yanhvar?

Non manca poi molto alla fine e spero che per ora la storia vi stia piacendo. Come sempre, potete farmelo sapere stellinando e lasciando commenti.

A presto!


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