Parte 2
"È per questo che volete portarmi con voi?"
Ancora una volta, Lang Ah Rinn non rispose.
Ormai erano arrivati a destinazione e il giovane temette che si sarebbero separati prima che potesse essergli chiara la situazione.
"Se mi permetti di seguirti all'interno, potrò rispondere alle tue domande." [...] "Bosan, tu aspetta qui," ordinò l'imperatore, rivolgendosi al capitano delle guardie.
"Sì, vostra altezza," rispose questi, mentre loro entravano insieme in casa.
"Posso offrirvi un tè?" chiese Yanhvar, dopo aver chiuso la porta.
Lang Ah Rinn, che si era già seduto, annuì.
Il giovane riscaldò l'acqua che aveva preparato in precedenza e, poco dopo, portò in tavola due tazze fumanti della bevanda profumata.
Era felice, si sentiva energico: il fatto che l'imperatore avesse voluto continuare la loro conversazione aveva spazzato via la stanchezza che iniziava ad avvertire.
L'ospite si tolse la maschera e l'appoggiò sul tavolo rivelando un'espressione ancora leggermente corrucciata, ma diversa da prima.
Yanhvar lo osservò a lungo mentre sorseggiava la sua bevanda, studiando quel viso che faticava a decifrare.
Lang Ah Rinn era stanco, infastidito, ma soprattutto combattuto per ciò che avrebbe dovuto dire al ragazzo.
Tenne tra le mani la tazza per un po', il che lo scaldò donandogli un piacevole conforto.
Quando alzò lo sguardo sul giovane lo scoprì a osservarlo intensamente.
Si fece avanti e posò una mano calda sul suo avambraccio sinistro, sorprendendolo.
"Devo dirti una cosa e non sarà facile, ma ti prego di ascoltarmi."
Yanhvar annuì con decisione, incuriosito.
"La magia... non esiste. Qui sta succedendo qualcosa che non è normale."
Lo studente si ritrasse senza però spostare il braccio dal tavolo, permettendo al sovrano di continuare a tenere lì la sua mano.
Yanhvar capiva che lui fosse scettico, ma ora che aveva saputo l'argomento del discorso ne era deluso.
"Hai mai visto quel vecchio fare magie?" gli domandò l'imperatore, avendo intuito il suo stato d'animo.
"Certo," rispose, con voce flebile. "Lui e i maestri aiutano i campi a prosperare, il cielo a farsi sereno,..."
"Niente di concreto, come immaginavo," lo interruppe il nobile, poi sospirò.
"E proteggono il villaggio," aggiunse il giovane, sorpreso dalla sua insistenza.
"Come questa sera?"
Yanhvar attese qualche istante prima di rispondere, ritrovandosi con la mente vuota.
"Il Gran Maestro stava aiutando un altro villaggio..." ribatté, improvvisamente insicuro delle sue argomentazioni.
"Ma era al tempio quando ci siamo recati lì," sottolineò il sovrano.
Yanhvar spostò lo sguardo sul tavolo e si prese la testa tra le mani. Aveva avuto dei dubbi in passato e li aveva repressi, anzi dimenticati, ma gli avvenimenti di quella sera e le parole dell'imperatore li avevano riportati a galla tutti.
Eppure lui aveva visto la magia, l'aveva sentita. Anche in quel momento essa era presente, fluttuava attorno a loro.
Se, come diceva lui, non esisteva, allora perché si trovava lì? Viveva al villaggio da quando ne aveva memoria, erano stati i maestri a crescerlo e a insegnargli tutto ciò che sapeva.
Non era mai uscito dai confini per rispettare le regole della comunità.
"Cosa fate di preciso qui?" gli chiese Lang Ah Rinn, intenzionato ad andare a fondo nella questione.
"Alleniamo la mente al tempio e il corpo lavorando nel campo o dove occorre," rispose, combattendo il magone che stava iniziando ad avvertire. "Dobbiamo... essere pronti a tutto ciò che verrà, qualsiasi cosa il destino sceglierà per noi. Così dice il Gran Maestro."
"Qui sta chiaramente succedendo qualcos'altro," insistette l'imperatore.
"Ma... non è possibile..." ribatté, mestamente, il giovane. "Il contratto? Non... conferma tutto?" chiese, aggrappandosi a ciò che era tangibile per entrambi.
"No. È scritto in modo criptico, quasi come se implicasse altro, e non sono sicuro che il timbro imperiale fosse autentico," rivelò.
Yanhvar sentì il mondo crollargli addosso. Avrebbe potuto dare a Lang Ah Rinn del paranoico se le sue parole non gli avessero fatto suonare un campanello di allarme.
Lo conosceva da poco, eppure scoprì che ciò che diceva aveva molto peso per lui.
Il sovrano si avvicinò di più per accarezzargli il viso e il più giovane alzò lo sguardo, sorpreso.
Non si aspettava quel gesto, come non si aspettava che la sua mano, a contatto con la propria guancia, fosse così calda.
Non rifletté sulla cosa perché stava lottando disperatamente per non piangere. Non era da lui e non voleva cedere alle lacrime in sua presenza.
"Ti offro una via d'uscita e spero che vorrai accettarla," dichiarò, quasi in un sussurro.
Yanhvar si perse nei suoi occhi gialli intensi, specchi di emozioni per lui indecifrabili.
"Se non... credete che diventerò un mago, allora... perché volete che parta con voi?" domandò, con la voce rotta dal pianto che stava ancora trattenendo.
Lang Ah Rinn ritrasse il braccio e tornò seduto composto. Si prese un attimo prima di rispondere, durante il quale il più giovane si ritrovò a pensare a quanto fosse fredda adesso la propria guancia.
"Non sono venuto qui in cerca di un mago, ma di un consorte," rivelò, con lo sguardo incatenato alla tazza ancora piena. "Ho viaggiato per lungo tempo nelle regioni dell'impero in cerca di qualcuno degno abbastanza, e stavo per tornare a Roth da solo quando il destino mi ha condotto qui. Quando mi ha portato da te," sottolineò, tornando improvvisamente a guardarlo.
"Un consorte... maschio?" chiese Yanhvar, smarrito. "Io... cosa c'entro con tutto questo?"
"Ti sto chiedendo di sposarmi."
Le sue parole e il tono serio con cui le aveva pronunciate lo confusero ancora di più.
"Davvero la legge lo permette?"
"Non lo vieta," specificò l'imperatore. "Ma anche se fosse, la modificherei in base alle mie necessità."
"Ma... perché un maschio? E perché io?"
"Ho le mie ragioni," tagliò corto e si avvicinò di nuovo, sporgendosi sul tavolino traballante. "In quanto a te... per qualche motivo, sei l'unico che non teme il mio aspetto. Quando mi hai medicato la ferita, ho preso la mia decisione definitiva. Volevo chiedere a chi guida il villaggio la benedizione per portarti a Roth, ma poi mi hai detto della magia... e ho sentito l'impulso di aiutarti a scappare."
"Io... non sono affatto un prigioniero!" sottolineò Yanhvar, sentendosi offeso. "Se la magia esistesse davvero?"
"In tal caso potrai venire a palazzo con me. Farmi... da consigliere. E da consorte."
"E se non volessi farvi da consorte?" domandò, esitante, il giovane.
Lang Ah Rinn si ritrasse, abbassò lo sguardo e la sua espressione si indurì.
"Allora tornerò a Roth... da solo."
Seguì un lungo istante nel quale il giovane non seppe cosa dire. Era stato tutto improvviso, ma vedendolo reagire così si pentì di aver avanzato quell'ipotesi.
L'imperatore si sentiva stanco e sconsolato, anche se la sua espressione corrucciata mascherava il suo reale stato d'animo. Aveva sperato di aver trovato la persona giusta, invece...
"Non... voleva essere un rifiuto," specificò Yanhvar, seppur temendo che fosse troppo tardi. "Però... preferirei aspettare la cerimonia, prima di lasciare il villaggio."
Lang Ah Rinn represse un sospiro.
Non avrebbe voluto accordarglielo perché, ne era convinto, quella cerimonia segnava il passaggio a qualcos'altro, qualcosa di peggiore. D'altra parte, implicava una partenza dopo la quale nessuno faceva ritorno.
Nella speranza che Yanhvar accettasse la sua proposta, non poteva esporlo al rischio.
"E se riuscissi a farti cambiare idea?"
Il più giovane strabuzzò gli occhi, sorpreso.
"Potete provarci," gli accordò.
Soddisfatto, ma senza accennare un minimo cambio di espressione, Lang Ah Rinn si decise a bere un primo sorso del tè ormai tiepido, trovandolo insolitamente aspro e quasi pungente.
"Cosa c'è in questa bevanda?" domandò.
"Una miscela di erbe prodotta dal tempio," rivelò il più giovane, alzandosi e recuperando dal mobile la busta con cui preparava l'infuso. "Vi piace? La sera, grazie ai raggi benefici della Nutrice, concilia il sonno. Di giorno invece, per la presenza dei Fratelli, dona energia," spiegò, entusiasta.
Di tanto in tanto erano gli studenti a far esiccare le erbe per preparare la miscela, il che gli diede l'impressione di aver offerto all'imperatore qualcosa che aveva fatto lui stesso.
"Posso?" domandò questi, facendo per prendere la busta.
"Certo."
L'imperatore terminò la sua tazza e si alzò, assicurandogli che si sarebbero visti l'indomani.
Finire la bevanda rimasta nella tazza si rivelò una pessima idea.
Mentre le emozioni intense provate da Yanhvar si quietavano e lui veniva cullato fino ad addormentarsi, Lang passò una notte decisamente peggiore.
Si ritrovò confuso, sopraffatto dalle sensazioni che gli arrivavano dai sensi ora ampliati.
Sdraiato sull'erba per dormire all'aperto con i suoi sottoposti in mancanza di un alloggio adatto, non riuscì a calmarsi e a prendere sonno.
Ogni minimo fruscio o alito di vento lo faceva scattare, mettendo in allerta i pochi soldati che non si erano ancora addormentati.
L'indomani consegnò la busta di erbe a Bosan ordinandogli che l'analizzasse.
Per via della tremenda nottata si era alzato sul piede di guerra e con una strategia perfetta in mente.
Yanhvar, al contrario, si svegliò di buonumore. Dopo la sua solita tazza di tè mattutina, si cambiò e uscì per andare a studiare al tempio.
Una volta arrivato a destinazione si trovò davanti a una scena senza precedenti.
I soldati di Lang Ah Rinn avevano preso il controllo dell'edificio per perquisirlo, esaminare i documenti e mettere alla prova i maestri. Alcuni di essi stavano venendo interrogati in quel momento ed erano visibilmente agitati.
Nessuno tentò di liberarsi attingendo alla magia, anche se essa era visibile intorno a loro.
Gli altri studenti, rimasti fuori dal tempio, erano sconvolti proprio come Yanhvar.
Non ci volle molto perché l'imperatore e il soldato chiamato Bosan uscissero dall'edificio. Con loro c'era il Gran Maestro, ora con le mani legate, e il capitano reggeva dei documenti che stava sfogliando con fare disgustato.
Consegnarono il vecchio ai loro uomini, ordinando di portarlo via insieme agli altri.
Seppur intimorito dalla situazione, Yanhvar si fece avanti. Doveva scoprire cos'era successo, e subito.
Quando il sovrano lo vide si voltò verso di lui ma non disse nulla. Smise di camminare e questo diede al giovane l'impressione di potersi avvicinare di più, quindi lo fece.
"Lo avete reso un crimine, eppure hanno continuato impuniti," stava dicendo il capitano Bosan, e il ragazzo lo sentì.
Vedendolo arrivare anche lui si zittì.
"Perché avete arrestato i maestri?" domandò, temendo la risposta.
"La cerimonia era una farsa, come tutto questo villaggio. Abbiamo trovato i documenti che lo attestano," rispose il sovrano. "Quando diventate maggiorenni, vi conducono al porto dove venite condotti fuori dall'impero e venduti come schiavi."
Yanhvar sgranò gli occhi, sconvolto, e sentì il respiro che gli veniva portato via.
Altri studenti udirono le sue parole e iniziarono immediatamente a disperarsi e a mormorare.
Questa volta l'imperatore si rivolse a loro:
"Il villaggio vicino sarà disposto ad aiutarvi, da questo momento in avanti. Siete liberi di eleggere un capo e iniziare una vita diversa. Potete anche lasciare questo posto, andare da soli verso ciò che il destino ha in serbo per voi. Siete liberi."
Yanhvar non comprese le sue parole. Tutti i pensieri che gli affollavano la mente glielo impedirono.
Tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento non aveva avuto senso. Il modo in cui aveva vissuto era una presa in giro.
Mancavano sei giorni al raggiungimento dei suoi diciotto anni di vita, ancora poco e sarebbe stato... venduto come schiavo. Il pensiero lo terrorizzò al punto che ora gli tremavano le gambe.
L'imperatore gli mise una mano sulla spalla sinistra, riportandolo alla realtà.
"Yanhvar... mi dispiace che tu abbia dovuto passare tutto questo," dichiarò con voce delicata, da sotto la maschera. "Verrai con me a Roth?"
"Sì, vostra altezza," rispose lui, parlando a fatica.
Dopo poche ore dall'ultima volta, il magone gli stava chiudendo di nuovo la gola.
"Prendi le tue cose e saluta chi devi. Io ti aspetterò alla porta del villaggio, partiremo immediatamente."
Il giovane annuì e non ebbe altro da aggiungere.
Non aveva poi molto da prendere e quasi nessuno da salutare perché al villaggio non incoraggiavano i rapporti di amicizia tra gli studenti.
Inoltre gli era sempre stato detto che lui non aveva molto potenziale magico, perciò gli altri non lo vedevano di buon occhio.
Perché lo avevano fatto, se la magia non esisteva affatto?
Perché lui era convinto di averla percepita ogni volta che i maestri avevano agito sugli elementi, o sul campo per rendere il raccolto rigoglioso?
Se non si trattava di magia, cos'erano le particelle che aleggiavano costantemente nell'aria?
Raggiunse Lang con la mente piena di domande che si confondevano tra loro, ma non era tutto. C'era anche la consapevolezza di essere stato salvato, di essere scampato al destino peggiore possibile.
Consegnò la sacca con i suoi effetti personali perché la caricassero su un cavallo insieme alle altre cose, mentre lui si avvicinava a un altro, quello dell'imperatore.
Non aveva mai visto un cavallo così da vicino prima di quel momento. La sua altezza e imponenza lo misero in soggezione per un istante, ma Lang Ah Rinn era tranquillo in sua presenza, cosa che lo rassicurò. Inoltre ebbe la premura di aiutarlo a salirci.
Andare al galoppo aggrappandosi alla criniera dell'animale mentre il sovrano, seduto dietro di lui, teneva le redini, fu qualcosa di incredibile. Il vento sul viso e sui capelli, lo spostamento a velocità elevata, erano esperienze che non aveva mai vissuto e che gli scatenarono emozioni nuove.
In una situazione differente magari avrebbe avuto paura di cadere dall'animale, ma le braccia dell'imperatore lo circondavano facendolo sentire al sicuro.
Rivolgendo lo sguardo a destra, il giovane riusciva a vedere i Fratelli fare capolino da dietro gli alberi alti. I loro raggi delicati gli scaldavano leggermente la pelle sferzata dal vento.
Ammirando il paesaggio con il susseguirsi di sensazioni nuove che stava provando, non si accorse del tempo che passava.
Attraversarono campagne e villaggi, per fermarsi in uno di essi solo quando i soli erano alti in cielo.
Si recarono a mangiare in una taverna, a un tavolo appartato. Lì nessuno riconobbe l'imperatore e lui non rese palese la sua identità.
Si era seduto in un posto orientato verso la parete, così da potersi togliere la maschera senza dare troppo nell'occhio. Davanti a lui c'era Yanhvar, che attendeva il pranzo nella speranza di scaldarsi mangiando.
Il clima era mite quel giorno, ma aveva fatto il pieno di freddo stando a cavallo.
Lang Ah Rinn si accorse che il giovane si stringeva nelle spalle e si tolse il mantello per darglielo, scoprendo i suoi lunghi capelli neri.
Yanhvar accettò silenziosamente la sua gentilezza rivolgendogli uno sguardo carico di gratitudine.
Non si aspettava che qualcuno si sarebbe accorto di come stava e non intendeva farlo presente lui stesso, ma doveva ammettere di sentirsi molto meglio adesso, avvolto nell'ampio tessuto prestatogli dall'imperatore.
A differenza sua non indossò il cappuccio lasciando liberi il viso e la testa.
Anche lui aveva i capelli neri e lisci, gli arrivavano quasi alle spalle in un taglio disordinato. La fronte era scoperta, se non si considerava un ciuffo ribelle più corto degli altri che gli ricadeva in avanti. I suoi occhi erano castani e il suo corpo, all'apparenza esile, era temprato dal lavoro fisico nel villaggio e nei campi. In ogni caso, l'indumento appena ricevuto era decisamente troppo grande per lui, ma non gli importò poi molto.
Loro sedevano allo stesso tavolo dei soldati, che iniziarono a parlare e si acquietarono solo quando fu arrivato il cibo.
Lang Ah Rinn aveva l'aria tranquilla, ma non aveva smesso di tenere corrugata la fronte.
Yanhvar si ritrovò a osservarlo senza farci caso mentre gustava lo stufato portato in tavola dalla cameriera.
A fine pasto fu Bosan a distrarlo dai suoi pensieri posando sul tavolo la busta di erbe che aveva consegnato all'imperatore la sera prima.
"Il tè..." disse, sorpreso che ce lo avesse lui.
Il capitano gli rivolse lo sguardo per un istante, poi si voltò verso l'imperatore.
"L'ho analizzato, come avete richiesto."
Yanhvar rivolse al sovrano un'occhiata confusa e si accorse che anche lui adesso lo stava guardando.
"C'è qualcosa di insolito in questa miscela, dovevo scoprire cosa," puntualizzò l'imperatore.
Insolito? Il ragazzo non capiva a cosa si riferisse.
"Avete avuto la giusta intuizione, Altezza," dichiarò Bosan. "Contiene un fungo che altera le percezioni dei sensi. È stato essiccato, per questo era meno riconoscibile, ma ha mantenuto le sue proprietà."
Il più giovane sgranò gli occhi.
"N-non ne avevo idea..." dichiarò, per poi coprirsi la bocca. "Io... non volevo..." continuò, mortificato per averlo fatto bere all'imperatore.
"So che non ne eri consapevole," rispose lui, intenzionato a tranquillizzarlo. "Sto bene, se è questo che ti preoccupa. Lo bevevi spesso?"
"Tutti i giorni," confessò.
Più volte al giorno in realtà, ma lo lasciò sottinteso.
Era un'usanza del villaggio che aveva fatto sua sin da bambino, per via dell'insistenza degli adulti.
Capì che era per colpa di quel fungo se aveva creduto, più volte, di aver assistito a una magia. Ecco perché la vedeva anche in quel momento aleggiare nell'aria della locanda.
Lo avevano drogato, e in seguito lui aveva continuato ad assumere la stessa sostanza inconsapevole di cosa ciò comportasse.
"Non temere, quando arriveremo a palazzo verrai visitato dal medico di corte. Dato che lo bevi da tanto, credo sia opportuno assicurarci che tu stia bene."
Yanhvar annuì più volte, preoccupato. Credeva di stare bene, si sentiva bene, ma forse ciò che provava era alterato dal fungo, e ciò accadeva... da sempre.
Il fatto che l'intero villaggio avesse subìto anche quello, oltre alla farsa che avevano portato avanti i maestri, fu l'ultima conferma di cui aveva bisogno per decidere di voler dimenticare tutto ciò che era successo fino a quel momento. Tutto ciò che lui era stato, credendo fermamente in loro e in quello che gli avevano insegnato.
Adesso si sentiva a pezzi, quasi nauseato.
Si alzò da tavola per primo, intenzionato a prendere una boccata d'aria.
Lang Ah Rinn lo raggiunse poco dopo.
Trovò Yanhvar appoggiato con la schiena alla parete esterna della locanda, il viso contratto in un'espressione di sofferenza.
"Sicuro di sentirti bene?" domandò l'imperatore, con la voce attutita dalla maschera ma carica di interessamento.
Il giovane sollevò il capo e la sua espressione si distese leggermente.
"Sì... sono solo stanco," dichiarò, sforzandosi di sorridere.
Lang gli posò una mano sulla spalla sinistra accarezzandola delicatamente con il pollice.
"Sei libero di parlarmi di qualsiasi cosa, Yanhvar," sottolineò.
Questa volta il suo tono non suonò preoccupato, ma piuttosto profondo.
"Ti ho strappato al tuo villaggio e alla vita che hai condotto finora, immagino che tu sia confuso," continuò.
Il giovane, con lo sguardo abbassato sulla sua mano, tornò rivolto verso di lui.
"Voi mi avete salvato, Altezza. Lo so e ve ne sono grato. Devo solo... abituarmi a tutti questi cambiamenti," rispose.
Due donne a braccetto passarono lì accanto e Yanhvar si ritrasse, tornando ad appoggiarsi alla parete di legno.
Lang portò lo sguardo su di loro, poi di nuovo sul ragazzo. Aveva notato una reazione simile anche quando la cameriera aveva portato il pranzo al tavolo.
"Le donne ti mettono a disagio?" gli domandò, diretto.
"Un po'..." ammise il più giovane. "Al villaggio non ce n'erano. Mi è capitato di vederne solo da lontano, in rare occasioni..." si giustificò, stringendosi nel mantello.
Si sentiva patetico, ma era più forte di lui.
"Non hai niente da temere," rispose subito Lang Ah Rinn. "Avrai modo di abituarti alla loro presenza. A palazzo... ce ne sono tante."
"Spero che abbiate ragione," rispose e sospirò. "Perché... tanta preoccupazione nei miei confronti, Altezza?"
"Chiamami Lang e sentiti libero di parlarmi in modo informale."
"Ma... nemmeno Bosan lo fa," puntualizzò, confuso, Yanhvar.
"Bosan è il capitano delle mie guardie, tu sei il mio futuro consorte. È per questo che ho riguardo nei tuoi confronti," sottolineò.
Il ragazzo deglutì il nodo che gli si era formato in gola, decidendosi a parlare per chiedergli ciò che voleva sapere di più e che aveva evitato di menzionare fino a quel momento.
"Lang..." iniziò, rifuggendo il suo sguardo. "Cosa ti aspetti... da me, in quanto tuo consorte? Gli imperatori hanno sempre preso in moglie delle donne e, anche se dai maestri non ci veniva esplicitamente insegnato, sono a conoscenza di ciò che accade tra due sposi, tra le mura domestiche... All'impero serve un erede... Ma io, che sono un maschio, quale beneficio posso portarvi?"
Detto ciò si decise ad alzare nuovamente lo sguardo.
Avrebbe tanto voluto sapere che espressione aveva assunto il suo sovrano sotto la maschera dorata, ma non gli era possibile.
Temeva così tanto la domanda che gli aveva posto che non si era accorto di aver smesso subito di parlargli in modo informale, mentre la pronunciava.
Note di quella che scrive
Ed eccoci qui, con Yanhvar che ha perso tutte le sue certezze e decide di seguire l'imperatore. Inoltre adesso sappiamo cosa vuole davvero da lui, ma qualcosa resta ancora avvolto dal mistero.
Perché scegliere un consorte maschio? Perché proprio Yanhvar? E cosa si aspetta da lui?
Quello che aspetto io sono vostri commenti con delle supposizioni 😂 Se vi va, sono qui!
E se il capitolo vi è piaciuto vi invito a farmelo sapere lasciando una stellina 🌟
A presto!
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