Epilogo

Il giorno del parto era sempre più vicino e Yanhvar, per quanto ci provasse, non riusciva a stare tranquillo.

Lang era impegnatissimo, consultava il guaritore continuamente e passava molto del suo tempo libero con la concubina.

Era così stanco a causa degli impegni e delle emozioni che, le volte in cui si erano dati appuntamento per passare la notte insieme, lui era crollato dal sonno.

Yanhvar invece non riusciva più a dormire bene, perciò in quelle occasioni era rimasto sveglio a farsi torturare dai pensieri. Si era alzato per andare in balcone ad ammirare la Nutrice, quasi a chiedere a lei cosa fosse giusto fare. Cosa dovesse aspettarsi.

Trovare un momento per stare davvero con Lang era difficile, ma trovarlo per incontrare la concubina per lui era fuori discussione.

L'aveva vista sempre meno in quei nove mesi perché in cuor suo non ce la faceva. Perché non si era impegnato affatto, mai più, quindi non c'era dubbio su chi fosse il padre del bambino. Quel bambino che avrebbe cambiato tutto per lui e per suo figlio.

Mentre ci pensò per l'ennesima volta, Yanhvar stava passeggiando distrattamente in direzione delle stanze dove Lurang aveva lezione con un precettore.

Erano cambiate molte cose e ormai il giovane si era abituato alla vita a palazzo. Adesso indossava senza fare storie gli abiti che la servitù sceglieva per lui e aveva lasciato crescere i suoi capelli. Una gran parte di essi erano raccolti in una lunga treccia che svettava sul resto della capigliatura, lasciata a ricadergli morbidamente sulla schiena. Il suo ciuffo ribelle però c'era ancora.

Ormai era giunto a destinazione, quindi vide le porte della stanza aprirsi e il precettore uscire con passo sicuro. Si fermò solo per fare un profondo inchino nella sua direzione, dopodiché continuò la sua avanzata.

E dopo di lui uscì dalla stanza anche Lurang, quel bambino così bello, intelligente e portato per la spada che sembrava fosse davvero figlio dell'imperatore Lang Ah Rinn. Nessuno lo avrebbe mai messo in dubbio.

Malgrado ciò, non condivideva con lui una sola goccia del suo sangue.

Aveva preso i capelli neri e gli occhi scuri da entrambi i genitori, mentre la bellezza secondo Yanhvar era chiaramente un'eredità della madre. Solo la sua carnagione, leggermente più scura di quella di Lang, ricordava a chi ne era a conoscenza chi fosse il suo padre biologico.

Il bambino, di soli cinque anni ma già molto sveglio, lo vide e gli corse incontro.

"Padre!" lo chiamò, felice che lo stesse aspettando.

Gli rivolse un sorriso raggiante che Yanhvar ricambiò, dimenticandosi per un istante delle sue preoccupazioni.

Tese una mano perché il piccolo la prendesse.

Aveva già tante responsabilità, tanti impegni, e racchiudeva in sé le speranze del popolo. Le speranze nei confronti di una famiglia imperiale che un tempo si credeva maledetta, ma che chiaramente non lo era affatto.

Malgrado ciò, Yanhvar era certo che si divertisse anche. Che studiare gli piacesse, come era sempre piaciuto a lui. E poi aveva degli amici con cui passava il tempo nella corte interna, figli di nobili, soldati o servitori. Qualche volta si era messo nei guai giocando con loro, come era normale che fosse per un bambino della sua età.

Ora che stringeva delicatamente la sua manina nella propria, ora che camminavano l'uno accanto all'altro verso il giardino, il giovane padre non poté fare a meno di lasciarsi pervadere di nuovo dai pensieri negativi.

La notizia che Marveritt era incinta per lui era stata come un fulmine a ciel sereno. Il figlio non sarebbe stato suo, questo era ovvio, perché lui stava ancora rimandando ciò che Lang gli aveva chiesto.

L'imperatore invece, come gli aveva promesso, si era impegnato perché quel dovere non gravasse soltanto su di lui. Ed evidentemente non era più sterile.

La speranza di Yanhvar che fosse una femmina era stata vana, infatti secondo il guaritore sarebbero stati due gemelli. Un maschio e una femmina.

Una femmina non avrebbe certo potuto governare, non secondo quanto stabilivano le loro leggi, ma un maschio sì... ed era lui il legittimo erede di Lang, non certo Lurang.

Perché Lurang, per quanto fosse figlio di entrambi, in realtà era solo figlio suo.

Perché, per quanto Lang lo amasse come proprio, non aveva davvero il suo sangue, quello della stirpe imperiale.

E l'arrivo di un nuovo figlio maschio, Yanhvar ne era certo, avrebbe cambiato tutto.

Forse Lang stesso avrebbe visto i due bambini sotto una luce diversa, iniziando a preferire apertamente il suo erede biologico.

Sospirò.

Ormai erano giunti a uno dei giardini, perciò lasciò la mano di Lurang che fremeva dalla voglia di correre e giocare.

Si impegnava sempre nello studio e più volte si era dimostrato fiero dei propri risultati, ma stare sui libri lo stancava sempre molto.

Quando i suoi compiti glielo permettevano, Yanhvar lo portava a giocare o passava del tempo con lui in altri modi che lo aiutassero a ricaricare le energie.

Lo osservò mentre saltellava spensierato da una roccia ornamentale all'altra, sotto lo sguardo attento e freddo delle loro guardie personali e dei soldati stanziati in quell'area del palazzo imperiale.

Se il futuro di suo figlio era in pericolo... e se magari anche la vita di suo figlio lo era, allora Yanhvar non ci avrebbe pensato due volte, sarebbe scappato con lui prima che fosse troppo tardi.

Lo avrebbe fatto nella notte, passando per una zona in cui sapeva ci fossero meno guardie. Una zona in cui, forse, loro due sarebbero passati non visti.

La parte difficile sarebbe stata convincere suo figlio a seguirlo senza fare storie, perché quella era la scelta migliore per lui.

Anzi, la parte più difficile sarebbe stata abbandonare Lang, scappare in quel modo senza dirgli una parola. Non lo avrebbe certo fatto con leggerezza, già solo a pensarci sentiva il cuore farsi pesante.

Lui amava Lang, lo amava come mai aveva amato nessuno e come mai avrebbe amato nessun altro...

...ma Lang in quei nove mesi era cambiato, e lui doveva pensare alla sicurezza di suo figlio.

Qualche giorno dopo, ancora incerto se mettere in pratica il suo piano o meno, stava uscendo dal suo ufficio quando si accorse che i servitori erano in fermento.

Li seguì e dalle loro parole capì che Marveritt avrebbe partorito a momenti.

Yanhvar si fermò all'improvviso, come pietrificato sul posto.

Altro che scappare nella notte, ormai era troppo tardi. Perché il piano prevedeva che loro partissero prima che nascesse il nuovo erede, così da evitare qualsiasi tipo di conseguenza.

Certo, c'era anche la possibilità di fuggire proprio quella notte... ma come dirlo a suo figlio? E soprattutto, cosa avrebbero fatto dopo?

Yanhvar ci aveva pensato solo marginalmente e sentì tutti i suoi piani andare in frantumi, sgretolarsi e sfuggirgli tra le dita quasi fossero granelli di sabbia.

Decise che la cosa più giusta da fare, come marito di Lang, fosse quella di aspettare e vagliare la situazione.

Con il cuore agitato dalle preoccupazioni, si fece avanti a passo lento ma inesorabile verso la camera da letto di Marveritt.

Si fermò nel corridoio perché non voleva assistere al parto, e perché lì fuori c'erano già molte persone.

Tra di esse c'era anche Lang, indossava la sua maschera dorata e passeggiava avanti e indietro per combattere l'ansia.

Lo notò a sua volta, quindi arrestò il passo per poi cambiare direzione e andargli incontro.

Yanhvar, sorpreso dalla sua reazione, si ritrovò travolto da un abbraccio avvolgente.

"Meno male che sei qui," gli sussurrò Lang, la voce attutita dalla maschera.

Aveva bisogno di lui e solo adesso, dopo quei nove mesi in cui si erano visti a malapena, ne ebbe la conferma. Non poteva scappare, non poteva fargli questo.

Lo strinse a sua volta sperando di essergli di conforto.

Rimasero così per qualche istante, dopodiché Lang lo lasciò andare lentamente, restio.

Aveva notato che Yanhvar si era allontanato in quel periodo, e purtroppo lui non era riuscito a fare niente per ricucire il loro rapporto. Ora che lo aveva incontrato lì però si sentiva sollevato, perché finalmente lo vedeva mostrare interesse verso i piccoli che stavano per nascere.

Poterlo stringere tra le braccia riuscì in qualche modo a calmarlo, ma non fu abbastanza.

Lang lo prese per mano e rimasero così, senza dirsi una parola. Ogni tanto lui rivolgeva lo sguardo alla porta, quasi potesse vedere cosa stava accadendo all'interno, invece non vide fare lo stesso a Yanhvar.

Poi si udì chiaramente il suono di un pianto e l'imperatore scattò in piedi lasciando subito la sua mano.

Suo marito, che si era accomodato con lui su una panca posta nel corridoio, rimase seduto.

"Aspetta," gli disse, richiamando la sua attenzione. "Se stai per andare là dentro, prima togli la maschera."

Si alzò e allungò le mani per farlo lui stesso, incontrando finalmente gli occhi carichi di emozione di Lang.

"I tuoi figli devono vederti in viso, non trovi?" sottolineò e lui poté solo annuire, talmente era sopraffatto dalle emozioni che lo rendevano incapace di scegliere le parole giuste.

Il guaritore uscì dalla porta e gli fece cenno di entrare, quindi Lang varcò la porta senza farselo ripetere due volte. Senza accorgersi che Yanhvar, invece, era fermo nel corridoio e non sembrava avere alcuna intenzione di muoversi da lì.

I bambini, un maschio e una femmina, erano piccoli e bellissimi. La madre ne stava cullando uno e una serva l'altro.

Lang non riusciva a togliere loro lo sguardo di dosso. Li aveva già salutati entrambi, portandosi in braccio uno e lasciandosi prendere in ostaggio un dito dall'altro.

Ora non sapeva cosa fare se non osservarli in quella loro beatitudine post pianto, appena nati e lavati, e cercare di non commuoversi davanti a tutti i presenti.

La porta si aprì ma lui la sentì a malapena, ridestandosi da quello stato solo quando sentì la voce di Lurang. Allora si voltò verso il figlio maggiore, lo invitò ad avvicinarsi e, dopo avergli fatto una carezza affettuosa sulla testa, gli presentò i suoi fratellini, Yana e Varen.

Gli chiese di proteggerli, perché loro erano i suoi fratelli più piccoli, e vide gli occhi del bambino illuminarsi di gioia.

Lo osservò interagire con loro per un po', dopodiché fece l'enorme sforzo di allontanarsi dai neonati per cercare Yanhvar.

Lo trovò lì dove lo aveva lasciato, con lo sguardo puntato a terra e la mente persa chissà dove.

Quando gli prese le mani lui si ridestò, riconoscendo subito quelle del suo amato.

"Ti senti bene? Non vieni a conoscere i nostri figli?" gli chiese con voce dolce, carica di affetto.

E Yanhvar, sentendolo così, non riuscì più a trattenere le lacrime. Sì, perché aveva capito di essersi preoccupato per niente. Eppure i pensieri negativi che lo avevano assillato in quei lunghi mesi erano ancora lì, in un punto in profondità della sua mente.

"Nostri figli? Sei sicuro? Perché io..." il magone gli chiuse la gola per un istante, ma combatté con esso per riuscire a parlare. "Sono tuoi... Non sono davvero miei."

Aveva parlato a bassa voce, a causa dell'emozione ma soprattutto per non farsi sentire da nessun altro.

E malgrado le sue parole, l'espressione di Lang, più distesa e serena del solito, non vacillò.

"Per questo sei stato scostante negli ultimi mesi? Io ti amo, Yanhvar... Pensavo che lo avessi capito. Amo te, Lurang e anche i nostri nuovi bambini. Io e te siamo stati benedetti dalla nascita di tre bellissimi figli."

Yanhvar si alzò per gettarsi tra le sue braccia, sfogare le ultime lacrime per poi sforzarsi di darsi un contegno. Di riprendersi, perché adesso voleva conoscerli davvero.

Lang non era cambiato, non avrebbe trattato diversamente Lurang e lui si era preoccupato inutilmente.

Si era preoccupato perché avevano parlato a malapena, e non era nemmeno la prima volta che succedeva una cosa del genere.

In quel momento, però, Lang aveva finalmente messo in chiaro i suoi sentimenti.

"Anche io ti amo," rispose Yanhvar, esprimendo per la prima volta a voce ciò che provava per lui.

Si scambiarono un bacio che non passò inosservato ai servitori presenti, tutti molto felici per l'imperatore e il suo consorte.

La loro famiglia si era allargata e adesso Yanhvar era pronto a conoscere i suoi figli.

Seguì Lang all'interno della stanza di Marveritt dove trovò la donna stremata che cullava un bambino piccolissimo e bellissimo. E poi notò l'altro, in braccio alla sua cameriera personale.

Erano entrambi molto simili a Lang e notarlo lo commosse.

Anche Lurang era con loro, stava riempiendo di domande il guaritore riguardo ai suoi fratellini.

Yanhvar si ritrovò di nuovo sopraffatto dalle emozioni, ma si trattenne.

Quella era la sua famiglia ed era ciò che di più prezioso aveva. Si ripromise di non farsi più accecare dalle preoccupazioni, e che per qualsiasi problema o presunto tale avrebbe affrontato apertamente la questione con Lang.

Se lo promise, perché aveva davanti ciò che per un attimo aveva temuto di perdere. Ciò che, cercando di scappare portando con sé Lurang, avrebbe perso.

Per fortuna non si era lasciato guidare da quelle preoccupazioni irrazionali e ora poteva restare con loro, vederli crescere, aiutarli e proteggerli al fianco di Lang. E come prospettiva di vita, quella per lui era meravigliosa.

Lang gli si fece più vicino e gli prese la mano destra. Intrecciò le loro dita in un gesto carico di affetto.

"Abbiamo tre figli meravigliosi... Non so tu, ma io sono felice e soddisfatto," sussurrò al suo orecchio, al che Yanhvar poté solo annuire, sentendo gli occhi ancora carichi di emozione.

Occhi ancora pieni dei loro bellissimi figli.

"Non serve più che ci sforziamo... nessuno dei due. D'ora in avanti io sarò soltanto tuo e mi auguro che anche tu vorrai essere soltanto mio."

Yanhvar si voltò verso di lui, sorpreso da quella dichiarazione silenziosa fatta in una stanza piena di persone, sussurrata perché nessuno a parte lui la sentisse, e avvertì che le sue guance si facevano calde.

Lang sollevò la mano, ancora unita con la sua, e vi posò un bacio sul dorso.

Poi sollevò lo sguardo su di lui e incontrò il suo.

E lo sguardo di Lang era caldo, intenso e carico d'amore, quasi come se fosse stato il suo giovane sposo a far nascere quei bambini. Proprio come quando era nato Lurang, e Yanhvar gli aveva letto nello sguardo esattamente le stesse emozioni.

E lui si sentì sciogliere sotto quello sguardo intenso e penetrante, pregustando cosa sarebbe successo dopo... e come sarebbe stato il resto della loro vita insieme.



-FINE-



Note di quella che scrive

La storia finisce qui, grazie per averla seguita fino alla fine.

Mi sarebbe piaciuto aggiungere qualcosa in più, per esempio Yanhvar che faceva conoscenza con la sua guardia personale, o la sua tanto agognata prima uscita nella capitale con Lang. Non l'ho fatto perché non sarebbero state parti utili, quindi sono andata dritta fino al finale che avevo programmato.

E niente, spero che vi sia piaciuto! A questo punto, mi raccomando, se vi va fatemelo sapere. Basta una stellina, ma anche i commenti sono super graditi.

Se vi è piaciuta questa storia, potreste apprezzare anche "Una Luce nel Buio", fantasy BL che trovate già completo sul mio profilo. Vi lascio qui la trama:

"Garlis non riesce proprio a sopportare Ariha, e come biasimarlo? È un suo nemico, generale dell'esercito contro cui combatte una guerra interminabile, ma c'è dell'altro.
Garlis si porta dentro un dolore che non lo abbandonerà mai, per tutta la durata della sua vita immortale. L'incontro con Ariha, che gli ricorda inevitabilmente qualcuno del suo passato, cambia la situazione... in peggio."

Ho già in mente un paio di storie iniziate e non terminate alle quali mi piacerebbe rimettere mano, perciò spero di riuscire a tornare presto con qualche novità da farvi leggere.

Insomma, alla prossima!

PrimPrime


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