Sensazione scomoda 🎃

_Parte 1_

Jimin rabbrividì quando finalmente fu dentro casa.

Era da giorni che si sentiva seguito ed osservato ad ogni ora. Per strada, a scuola, persino a casa sua, ma quando lo aveva riferito al suo gruppo di amici, egli lo avevano deriso dolcemente, prima di dirgli che probabilmente era solo stanchezza trasformata in paranoia la sua.

Jimin all'inizio voleva crederci davvero, in fondo era facile fare finta di niente quando era con uno di loro, ma quel giorno di halloween, era uscito dall'università da solo. La nebbia aveva ricoperto tutto quanto, non dando modo di vedere ad un palmo del suo naso. Era scuro il cielo per via dell'ora tarda, dato che aveva preferito rimanere a scuola per terminare una ricerca di biologia.

Appena aveva mosso i primi passi della gradinata principale, il freddo lo aveva congelato, costringendolo a stringersi nella sciarpa che copriva anche il naso e nel lungo cappotto nero. Ma i brividi che avevano percorso l'intero corpo, erano stati per via di quell'immancabile sensazione di essere osservato.

La stessa sensazione che lo perseguitava dall'inizio dell'anno.

Con gli occhi felini aveva osservato il posto intorno a lui. Il parcheggio era vuoto e fuori dal cancello c'erano solo bambini e genitori, eccitati per la notte di dolcetto o scherzetto.

"Nessuno lo stava guardando" si era ripetuto mentre stringeva la borsa tra le dita e usciva completamente da là.

Si mosse verso la fermata del pullman, prima di ricordarsi per sua grande sfortuna che quel giorno fossero tutti in sciopero.

Voleva davvero chiamare il suo ragazzo, ma era sicuro che in quel momento non avrebbe risposto, troppo occupato a comporre musica. In qualunque caso, non avrebbe mai voluto disturbarlo.

Casa sua distava ad almeno venti minuti dall'università, quindi non perse tempo a muoversi prima che facesse completamente buio.

Solo i suoi passi rimbombavano sul cemento freddo e più andava avanti, più gli sembrava di sentirne un altro paio dietro di lui. Si girò un paio di volte, ma ogni volta non c'era nessuno.

La bocca si era fatta secca mentre pregava di arrivare vivo a casa sua, nonostante essa fosse posizionata in un posto piuttosto abbandonato quasi affiancata al bosco -maledetta la passione dei genitori per i posti "tranquilli"-, tanto che nei dintorni non c'era più gente, tutti a preferire la parte centrale della città.

La borsa oscillava, la sciarpa si era leggermente allentata e il suo cuore aveva preso a pompare più forte quando ad un certo punto, sentì qualcosa sfiorarlo tra le scapole. Un tocco leggero come l'aria che fu in grado di fargli arricciare la pelle.

Quella volta neanche si girò, semplicemente prese a correre velocemente, con i denti stretti e il volto tagliato dal vento.
Per via del suo stesso battito cardiaco, non riusciva neanche a percepire se lo stessero ancora seguendo o no.

Corse come se ne dipendesse la sua stessa vita, -e forse era davvero così- stando ben attento ad alzare i piedi per non inciampare e finire come nei film horror che ora non smetteva di ripetersi in testa come un mantra, finché per un attimo, l'aria gli mancò dai polmoni per un colpo violento.

Quasi si ritrovò con il sedere a terra quando sbatté contro un altro corpo. Neanche l'aveva visto, anzi era piuttosto convinto che non ci fosse nessuno davanti lui poco prima.

Strinse gli occhi, con la paura di essere stato preso. Probabilmente lo avrebbero rapito, magari avrebbero venduto i suoi organi o forse lo avrebbero fatto prostituire.

Quasi vomitò quando delle dita, fredde come il ghiaccio, circondarono completamente il suo polso.

«Va tutto bene?» una voce, che era esattamente il contrario della freddezza di quel tocco, lo fece in parte tranquillizzare.

Socchiuse gli occhi, intravedendo tra le ciglia un volto che conosceva solo di vista.

Era un ragazzo, forse più piccolo di lui, che vedeva quasi ogni giorno tra i corridoi della sua stessa università, ma non avevano mai avuto il bisogno di scambiarsi qualche parola.

«Io...» Jimin si schiarì la gola, massaggiandosi il polso leggermente dolorante per la presa ferrea del ragazz, che sembrava nascondere molta forza dietro i suoi vestiti larghi e scuri «Io, si, scusami. Spero di non averti fatto male» guardò ancora una volta dietro le sue spalle.

Lo sconosciuto puntò i suoi occhi, incredibilmente grandi per essere coreani, in quelli suoi più sottili. Jimin poté notare la pelle pallida come la neve e le labbra particolari color ciliegia scura, dove un neo se ne stava dipinto sotto quello inferiore.

Era indubbiamente un bel ragazzo nonostante l'aspetto tetro.

«Non preoccuparti, perché correvi?» chiese con voce atona, allungando una mano verso i suoi capelli gonfi per l'umidità.

Jimin si ritrasse leggermente ancora spaventato e si ritrovò ad arrossire quando vide che gli tolse solo una foglia tra le ciocche.

«Grazie. Nessun motivo in particolare...» borbottò

«Come scusa?» il ragazzo si abbassò leggermente verso la sua altezza, nascondendo le mani coperte dai guanti a mezze dita nelle tasche del giubbotto.

Jimin abbassò la sciarpa dal volto, lasciando le dita impigliate sul tessuto caldo a scacchi «Oh, scusami. Comunque non stavo correndo per nessun motivo in particolare» si leccò le labbra secche per il freddo e poté vedere il minore seguire quel veloce movimento.

«Hai davvero delle mani carine» Jimin non riuscì a reagire quando l'altro toccò con un dito le sue nocche ancora esposte «Sarebbe un peccato se si rovinassero per il freddo» e arrossì completamente, nascondendole anche lui nelle tasche.

«Io sono Jeongguk» Jeongguk sorrise dolcemente, mostrando due deliziosi denti a paletta a ricordare quelli di un coniglietto e cercò di non farsi notare mentre studiava l'intera figura del ragazzo più basso. Rimase incantato quando si morse il labbro con i suoi denti bianchi, di cui uno spostato leggermente più avanti.

Era bellissimo.

«Io sono Jimin» il maggiore voleva davvero andarsene a casa, ma non aveva il coraggio di proseguire da solo. Avrebbe preferito di gran lunga parlare con Jeongguk e arrossire sotto i suoi occhi che lo mettevano in soggezione.

«Senti. Stavi andando per di là, anch'io sono diretto sulla stessa strada. Che ne dici di andare insieme? Non sembra un bel posto per te» chiese Jeongguk iniziando a camminare senza aspettare risposta, nonostante la sua ultima, strana, supposizione.

Jimin si guardò intorno quando oramai l'altro era qualche metro più avanti. Deglutì e neanche si pose il problema che effettivamente Jeongguk stesse andando sulla strada opposta. Semplicemente fece una piccola corsetta, raggiungendo il corpo più alto e robusto del suo. Sentendosi subito più sicuro.

Camminarono in silenzio, Jeongguk non smetteva di guardarlo intensamente e nuovamente quella sensazione di disagio, assalì il suo intero corpo.

Quegli occhi sembravano cercare qualcosa che non sapeva comprendere e sussultò quando delle dita lunghe sfiorarono ancora i suoi capelli scuri.

«Hanno un buon odore. Che shampoo usi? Mi fa venire voglia di affondare il naso nei tuoi capelli» parlò sottovoce.

Jimin era sicuro di non sentire nessun odore dai suoi capelli dato che il freddo aveva annullato la loro solita fragranza ma strinse le labbra, notando Jeongguk annusarsi le dita con gli occhi stretti. Il suo stomaco fece una capriola d'inquietudine per le ultime parole.

Quale sconosciuto tocca i capelli di altri sconosciuti e si annusa le mani subito dopo?

Cercando di non farsi notare troppo, Jimin fece qualche passo per distanziarsi, iniziando a sentirsi fuori posto, ma Jeongguk sembrò accorgersene comunque perché strinse i denti e si avvicinò testardo, sta volta quasi facendo sfiorare le loro braccia.

«Sono arrivato! Grazie per la compagnia Jeongguk» Jimin neanche lo fece rispondere che subito camminò verso la porta di casa sua e la sbatté in faccia al ragazzo che lo guardava dal punto in cui lo aveva lasciato.

E ora si ritornava al punto di prima.

Con la sua schiena poggiata al legno e le gambe un poco tremolanti.

«Mamma, papà, sono a casa» gracchiò, percorrendo il corridoio del secondo piano per chiudersi in camera.

Gettò la giacca e la sciarpa sul letto e si avvicinò alla finestra. Sbirciò tra le tende pesanti e quando la figura di un ragazzo mezza illuminata da un lampione, entrò nella sua visuale, scivolò verso il basso per nascondersi sotto il davanzale. Le mani sul pavimento e le dita dei piedi arricciate.

Era Jeongguk quello che lo stava fissando? Ed era forse lui, colui che lo aveva perseguitato fino a quel giorno, facendolo credere quasi pazzo?

Lo squillo del telefono lo fece sobbalzare e sbattere la testa. Si premette una mano sul punto colpito mentre afferrava il cellulare per rispondere.

«Jimin, Jimin, Jimin, Jimin»

«Jin, Jin, Jin, Jin» rispose alla voce di uno dei suoi amici mentre lentamente si alzava in piedi, mezzo nascosto dietro la tenda celeste.

«Vieni alla festa di Halloween? L'ha organizzata Kai al confine del bosco»

Jimin sbirciò ancora un attimo e sospirò quando fuori non vide più nessuno.

Possibile fosse diventato così paranoico?

Alla fine Jeongguk si era scontrato con lui mentre scappava, come poteva essere la stessa persona che lo stava seguendo?

«Jimin? Ci sei?» Jin, dall'altra parte della cornetta, suonò infastidito per tessere stato ignorato

«Si, Scusami Jin. Non so se venire, sono piuttosto stanco...» in realtà aveva una paura fottuta di mettere piede fuori casa, ma questo non l'avrebbe mai ammesso.

«Andiamo» il maggiore allungò la vocale e Jimin quasi se lo immaginò a sbattere il piede per terra, sotto lo sguardo del suo ragazzo, Taehyung «Vieni, ti portiamo noi qualcosa da mettere» e chissà quale ghigno malefico aveva addosso.

«Ci saranno anche il tuo migliore amico, Namjoon, Hobi e il tuo ragazzo»

Jimin sospirò profondamente «Non-»

«Perfetto, tra poco siamo da te!»

Esattamente una mezz'ora dopo, in cui il ragazzo aveva avuto giusto il tempo di farsi una doccia, in camera sua si presentarono Taehyung e Jin.

Erano vestiti da coppia. Il primo aveva un'aura terrificante e affascinante al tempo stesso con il suo vestito da conte che sicuramente era costato un occhio della testa, ed il secondo era bellissimo come al solito nel suo completo sporco di sangue, quasi rimembrando un principe dei vecchi tempo... e ora che li vedeva bene, poteva definitivamente dire che erano vestiti da principi dei vampiri.

Alzò gli occhi al cielo mentre Taehyung si lasciava cadere sul letto del migliore amico.

Jin tirò fuori dalla grande busta qualcosa «Ecco, tieni»

Due orecchie pelose a macchie e da gatto, fecero capolinea con una lunga coda della medesima tonalità

«Che cazzo intendete ragazzi? Sapete dove ve le potete mettere ste cose?» Jimin si premette contro alla parete quando Jin si fece vicino, stringendo tra le dita un nastrino su cui tintinnava un campanello.

«Andiamo Jimin! Nessuno farà caso a te, ci saranno un sacco di persone. Almeno metà università » borbottò Tae, alzandosi per aiutare Jin ad acchiappare Jimin che intanto se l'era svignata a destra.

La mani grandi del ragazzo dalla pelle bronzea afferrarono i suoi fianchi, tenendolo fermo davanti al fidanzato che gli infilò le orecchie in testa. Allacciò poi il nastro intorno al collo da cigno, lasciando che la pelle chiara venisse accarezzata dal tessuto in seta.

Jimin alla fine si arrese e lasciò che gli acconciassero i capelli, per far in modo che il cerchietto scomparisse tra le ciocche nere, lasciando intravedere solo le orecchie. Abbellirono gli occhi già di per sé felini, allungandoli con della matita scura e dettero al volto in sé, un tocco leggermente macabro e alla fine, a Jimin non dispiacque affatto il risultato finale, nonostante la coda, attaccata al bacino fosse ancora piuttosto imbarazzante e vistosa ad ogni movimento.

La maglia a scollo largo lasciava intravedere le clavicole e fu grato di potersi portare dietro almeno il cappotto dato che "la sciarpa nasconde il campanello".

«Vedi? Non sei per niente male»

«No anzi, sei uno schianto»

I due ragazzi ora fiancheggiavano Jimin, tutti intenti ad osservarsi allo specchio attaccato all'armadio. I due sembravano completamente eccitati, mentre Jimin aveva la faccia di chi doveva andare al patibolo.


Effettivamente Taehyung aveva ragione. Il posto era stra pieno di gente e nonostante tanti si soffermassero a guardarlo, si sentiva nettamente più a suo agio nel constatare che ci fossero vestiti ben peggiori del suo. Esattamente come quella suora mezza prostituita.

«Jimin. Hai deciso di uccidermi?» la voce roca del suo ragazzo lo prese alla sprovvista. Un paio di braccia gli circondarono il bacino e rise mentre si rigirava, fissando gli occhi maliziosi sul suo volto

«Potrebbe essere» venne bloccato dal bacio che Yoongi gli dette. Era bagnato e veloce, un insieme di lingua e saliva senza un vero senso.

«Da cosa sei vestito?» chiese, mentre Yoongi gli toccava le orecchie da gatto

«Da sasso» ribatté non avendo nessun vestito in particolare, facendo alzare gli occhi al cielo a Jimin.

«Hyung. Tieni, sapevo già che non ci avresti neanche provato» Taehyung interruppe i due, dando qualcosa in mano a Yoongi che subito spalancò gli occhi notando le stesse orecchie di Jimin, ma nere come il carbone.

«Ma sei matto?» chiese pronto a lanciarle via, ma il suo ragazzo fu più veloce. Le afferrò e le infilò sul suo capo, quasi gli scoppiò a ridere in faccia quando lo vide arricciare il naso, se non fosse stato che sembrasse davvero un gatto pronto a soffiargli contro.

«Andiamo Yoon... Così siamo vestiti in coppia» Jimin gli baciò una guancia «Dopo ti do il premio se le tieni su» sussurrò sul suo lobo chiaro.

E chi era Yoongi per rifiutare?

Alla fine furono raggiunti anche da Namjoon, che era vestito da It e Hoseok nelle vesti di uno zombie.

Finalmente riuniti, raggiunsero il lungo bancone degli alcolici e in comune accordo si sedettero in cerchio, mischiandosi ad altri ragazzi che raccontavano qualche storia horror.

«Faremo una prova di coraggio» esclamò all'improvviso Soobin, un simpatico ragazzino dalle mani praticamente di burro «Ci divideremo in gruppi. Con Kai abbiamo preparato torce, zaini e mappe. Entreremmo nel bosco e i primi che raggiungono l'altro confine vincono»

Jimin spalancò gli occhi, fissando il bosco a qualche metro di distanza, mangiato dall'oscurità se non fosse stato per qualche fascio di luce portato dalla festa

«Siete pazzi? E se ci perdiamo?» chiese infatti Namjoon, dubitando un momento dell'idea

Kai si guardò intorno «È per questo che abbiamo le mappe» disse ovvio, facendo annuire Yeonjun, mezzo sdraiato sul suo amico Soobin.

«Yoon, non sono sicuro di volerlo fare» sussurrò Jimin per farsi sentire dal ragazzo che gli stringeva le spalle.

Yoongi gli sorrise dolcemente, accarezzandogli una guancia «Non preoccuparti amore. Non sarai solo»

«Dovete stare attenti però!» Jackson guardò tutti con occhi sottili «Si dice che il bosco sia di proprietà del coniglio pazzo. Nessuno sa come è fatto davvero, ma i pochi sopravvissuti che sono riusciti ad uscire da quel posto, ricordano solo una maschera e un coltello grande almeno quanto il mio braccio, macchiato di sangue»

Hoseok urlò stringendosi le braccia con le mani, guadagnandosi uno sguardo da Yoongi che non passò inosservato a Jimin

«Si dice che gli piace torturare le sue vittime attraverso giochi mentali, fino a farle diventare pazze e ucciderle a suo piacimento, senza dare via di scampo a nessuno. È un essere sadico, che di umano ha ben poco e sicuramente non gli farà tenerezza una singola delle vostre lacrime»

Leggenda metropolitana o meno, tutta quella storia, stava mettendo una paura tremenda al povero Jimin che poteva quasi scoppiare a piangere e correre a casa sua, protetto dalle coperte del suo caldo letto, dove gli occhi dello sconosciuto e il coltello del coniglio pazzo non potevano raggiungerlo.




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