Capitolo venti
Mejri non era ancora tornata.
Dirsjt non sapeva veramente quanto tempo fosse passato. Non dovevano essere più di pochi minuti, ma era già sufficiente. Non la vedeva più, non sapeva dove si trovasse, e nemmeno se fosse ancora viva.
Non avrebbe dovuto lasciarla andare da sola. Chiunque fossero coloro che lei aveva avvistato, avrebbero potuto rapirla, torturarla o ucciderla. Avrebbe perso lei e il loro bambino, e sarebbe stata solo colpa sua.
Aveva ceduto troppo in fretta. Lei gli aveva detto che lui e Sil sarebbero stati quasi certamente in pericolo se si fossero fatti vedere, ed era vero. Ma avrebbe dovuto affrontare ogni cosa pur di tenerla al sicuro. Era sempre stato suo dovere da quando si era innamorato di lei, e ora ancora di più.
Avrebbe dovuto parlarle e convincerla a proseguire senza intoppi nel loro percorso. Nessuna nuova informazione sarebbe servita ad aiutarli, sarebbe bastato avere la determinazione di trovare una via d'uscita rapida. Avrebbe dovuto tenere a mente che lei sarebbe stata molto più impulsiva del solito.
Guardò Sil, chiedendole silenziosamente se dovesse cedere al panico e correre a cercarla o aspettare ancora qualche minuto. I suoi dubbi furono spazzati via quando una figura apparve all'orizzonte.
Alla sua vista acuta bastò poco per riconoscere che si trattava di Mejri. Sembrava essere sola, e lui non esitò più. Si affrettò a raggiungerla, cercando ansiosamente segni che indicassero che le era stato fatto del male e sperando di non trovarne.
Quando lo vide, Mejri gli sorrise. "Calmati. Sto bene. Ho delle buone notizie."
Lui non disse nulla, limitandosi a guardarla. Anche se evidentemente lei stava bene, non poteva perdonarsi per averla lasciata sola quando il mondo intero avrebbe potuto dare loro la caccia. La prossima volta non si sarebbe fatto fermare. Ovunque lei fosse andata, l'avrebbe convinta a lasciarlo vegliare su di lei.
"Cosa c'è?" chiese lei, adombrandosi nel notare il suo sguardo. Dirsjt distolse gli occhi. "E' stato imprudente da parte tua. Ti prego, la prossima volta lasciami venire con te."
Mejri strinse le labbra e raddrizzò la schiena. "Posso cavarmela da sola." rispose più freddamente di quanto avesse mai fatto. Dirsjt indietreggiò, cercando di trattenersi dal replicare troppo bruscamente. "Non è che non mi fidi di te. Ho solo paura che ti succeda qualcosa." spiegò, prendendo un respiro profondo. Doveva mantenere la calma. Quello non era il momento o il luogo migliore per litigare.
"Ma se fosse stato per te non sarei andata e adesso non sapremmo cosa fare!" ribatté lei, alzando la voce. Era forse la prima volta che usava un tono simile con lui.
Dirsjt stava per abbandonarsi all'irritazione e rispondere, ma Sil lo interruppe. "Ora basta." La kamry avanzò verso Mejri, lenta e tranquilla. "Hai fatto bene, Mejri, ma cerca di essere più cauta d'ora in avanti. Chiunque potrebbe provare a farci del male. Non è necessario che siano gli uomini di tuo marito." Fece un lieve sorriso. "Allora, hai scoperto qualcosa di utile?"
L'umana la guardò in silenzio prima di annuire. "Quelli erano esploratori." Aveva finto anche lei di esserlo, e sembravano non avere avuto sospetti su di lei, dandole esattamente i consigli di cui aveva bisogno. "Dicono di non proseguire verso est. Pare che ci sia la tana di un enorme serpente particolarmente feroce." Era tornata a sorridere.
Dirsjt sospirò. Effettivamente era un'informazione utile. "Bene. Dunque non andremo a est..." Mejri lo fissò. "No. Andremo esattamente lì."
Lui si sentì raggelare. Per un momento, pensò che la sua amante fosse completamente impazzita. Forse la natura mezza kamry del bambino stava modificando la sua mente e le aveva tolto la ragione. Si stava comportando in modo sempre più sconsiderato. "Mejri, ti prego..."
"Ascoltami." La sua voce era più gentile, ma lui si zittì comunque. "Non credo che ci sia veramente un serpente gigante. Hanno detto di averlo saputo da altri, non di averlo visto di persona. Non penso neanche che una creatura del genere possa esistere." "Lo dicono anche dei mezzosangue, ma noi sappiamo che non è vero." non riuscì a impedirsi di ribattere Dirsjt.
Mejri sorrise. "Su questo hai ragione, ma dubito comunque che quel serpente fosse reale. Per questo dobbiamo andare laggiù. È l'ultimo posto in cui chiunque si aspetterebbe che andassimo."
Di nuovo sembrava così sicura di sé, e Dirsjt non poté che ammirarla. Era come se sapesse esattamente cosa fare per tirarli fuori dalla vita di prigionia con cui avevano lottato per anni.
Sil pareva riflettere. Era una proposta sensata, ma ancora una volta i rischi erano troppo alti. Poteva veramente esserci una creatura assetata di sangue pronta a ucciderli, là da qualche parte.
Ma questa volta sarebbero stati insieme, si ripromise Dirsjt. Se avessero incontrato un nuovo pericolo, lui avrebbe dato la vita per salvarle. Qualunque cosa fosse successa, l'importante era che almeno Mejri e Sil fossero al sicuro.
In fondo lei aveva ragione. Di tutte le vie che potevano percorrere, dovevano scegliere quelle in cui era più improbabile che li trovassero. Nessun posto era veramente sicuro per gente come loro in quella parte di Godar. Si sarebbero potuti fermare solo una volta che si fossero allontanati abbastanza.
Proseguire verso est sembrava un'ottima scelta. Forse davvero quella riferita dagli esploratori era solo una leggenda o un miraggio.
Eppure, nonostante quello che continuava a ripetergli la sua ragione, non poteva fare a meno di sentire che ci fosse qualcosa di minaccioso in quel luogo.
Non avevano comunque molta scelta. Forse in quel momento i loro nemici avevano già scoperto dove si trovavano. Almeno una bestia li avrebbe divorati senza troppi ripensamenti. Se fossero finiti di nuovo a Hxarin-sur, lui e Sil sarebbero stati torturati a morte, e Mejri probabilmente avrebbe subito di peggio.
Lei ora lo stava fissando, e guardandola lui fu certo che condividesse i suoi stessi pensieri. Stavano rischiando tutto, ma se fossero rimasti fermi, sarebbero morti quasi sicuramente.
Andare a est poteva significare trovare una via d'uscita, una nuova casa, e un posto sicuro in cui il loro figlio avrebbe potuto vedere la luce.
Sil annuì. "E' una buona idea. Almeno sappiamo in che direzione andare." Abbassò gli occhi dorati sul terreno per un momento. "Speriamo che l'acqua basti." mormorò, in un tono quasi inudibile.
Mejri sorrise e Dirsjt sospirò, cercando di immaginare ogni cosa che sarebbe potenzialmente apparsa sul loro cammino e come affrontarla. Non era ancora del tutto convinto di stare facendo la cosa giusta. Ma era una sensazione che lo aveva seguito da quando erano partiti, eppure ora era grato di non essere più a Hxarin-sur.
"Va bene. Andiamo." concluse avvicinandosi a Mejri. Non doveva perderla di vista un'altra volta.
E si chiese quanti giorni restassero davvero prima che la morte decidesse di prenderli e distruggere ogni loro speranza.
...
"Dovyr!" Hapnyan si lanciò subito all'inseguimento dell'amica, cercando di afferrarla prima che si avvicinasse troppo e gli umani la vedessero. Lienhe rimase in aria, incapace di muoversi.
Sapeva di doverlo seguire. Dovyr doveva essere salvata. Ma per quanto lo desiderasse, le sue ali non sembravano essere in grado di farlo planare. Riusciva solo a restare in equilibrio, provando a ricordare come respirare.
Ricordava cosa gli sarebbe successo se loro lo avessero visto. Gli avrebbero sparato di nuovo. Sarebbe tornato a essere uno schiavo. L'ultima cosa che voleva era che succedesse ancora.
Per un momento, pensò di scappare e lasciare gli altri al proprio destino. Non voleva neanche più raggiungere Firmia. Gli bastava sopravvivere.
Frenò il proprio corpo prima di poterlo fare. Non doveva lasciarsi sommergere dalla codardia. Se fosse fuggito in quel momento non avrebbe più avuto pace. Aveva già lasciato morire Kirthum, non poteva abbandonare anche Hapnyan e Dovyr.
Forse sarebbe riuscito a fermarli prima che gli umani li vedessero.
Scese cautamente, e quando li vide capì che era già troppo tardi. Poteva vedere i fucili baluginare sul ponte della nave. Li avevano avvistati. Li avrebbero uccisi.
Il primo sparo minacciò di fargli esplodere il cuore. Gli sembrò già di sentire il dolore e il calore del proiettile. Ma stavolta era preparato. Le sue ali agirono da sole, più rapide di prima, portandolo fuori dalla traettoria del colpo.
Era andata esattamente come la prima volta. Un umano aveva deciso che lui sarebbe diventato suo bersaglio. Ma questa volta non era stato ferito. Non sarebbe stato schiavizzato di nuovo. Sarebbe volato via mentre la vita e la libertà erano ancora dentro di lui.
Non poteva scappare per sempre. Non sarebbe mai stato nulla di diverso da una preda, ovunque andasse. L'unico modo di cambiare le cose era combattere.
Anche se in quel momento, avrebbe preferito non doverlo fare così letteralmente. Avevano ricostruito i loro archi e le loro frecce, ma erano una misera protezione contro le armi umane.
Eppure Dovyr sembrava non pensarci mentre incoccava la prima freccia. Non l'aveva mai vista con un simile odio nello sguardo. Parve funzionare, perché uno degli uomini fu colpito dal dardo prima di poter sparare, cadendo in acqua.
Era una vittoria. Ma sul ponte i nemici restavano numerosi. Non potevano affrontarli in tre. Lienhe si sentì agghiacciare quando un proiettile gli sfiorò l'ala, senza ferirla. Non avrebbero mai potuto prendere il controllo della nave. Doveva convincere Dovyr ad allontanarsi e basta.
Sentiva flebili grida e parole confuse dal fondo della nave. Il pensiero di abbandonare al proprio destino coloro che si trovavano lì dentro gli strinse la gola, ma da solo non sarebbe riuscito a liberarli.
Le parole che il lupo aveva pronunciato nel suo sogno tornarono nella sua testa. Le ignorò. Anche solo riportare indietro Irgyvie sarebbe stato quasi impossibile.
Una voce continuava a gridare ordini. Abbassò lo sguardo cercandone la sorgente. Un umano ancora abbastanza giovane, vestito con appariscenti abiti rossi. Doveva essere lui il capitano.
Forse aveva ancora una possibilità di mettere a tacere la voce nella sua testa che gli ripeteva che non poteva abbandonare lì gli altri schiavi. Forse non dovevano uccidere tutti. Colpire il loro capo e ferirne la maggior parte sarebbe bastato a convincerli a lasciare andare i prigionieri.
Non lo sapeva, ma i colori sgargianti dei vestiti dell'uomo lo rendevano un bersaglio ancora più evidente, e mentre cercava di evitare i proiettili, riuscì a scoccare la freccia.
Colpì l'obiettivo, uccidendo l'umano quasi immediatamente.
Gli altri si fermarono, solo per un momento. Bastò perché Hapnyan riuscisse a fare un'altra vittima. Dovyr continuava a scagliare frecce, mandandole a segno quasi tutte. Lienhe sperò di avere il tempo di recuperarne almeno una parte. Sarebbero servite, se fossero sopravvissuti.
Le azioni degli umani stavano diventando sempre più scoordinate, e forse anche loro avrebbero presto finito i proiettili. Ma a Lienhe bastò dare loro una rapida occhiata per capire che il suo piano era fallito. Non si sarebbero arresi. Erano comunque una decina di uomini contro tre hiryn male armati.
Indietreggiò, sperando di portarsi al di fuori della gittata dei proiettili. "Dovyr, basta!" gridò sperando che lei lo sentisse. "Dobbiamo andarcene!"
Se fosse morto lì, avrebbe dovuto affrontare Kirthum e dirgli che sua moglie e suo figlio sarebbero stati schiavi fino alla fine dei loro giorni. Per chiunque altro la morte sarebbe potuta essere una liberazione, ma per lui significava solo il fallimento.
Eppure i lamenti dall'interno della nave continuavano, e lui non riusciva a ignorarli.
Sapeva che quei suoni lo avrebbero perseguitato per tutta la vita, come ancora facevano gli spari e l'espressione sul viso di Kirthum mentre moriva. Ma forse quello era un prezzo ragionevole da pagare per continuare a vivere.
Dovyr non sembrava dargli ascolto, e Hapnyan pareva determinato quanto lei a continuare a combattere. Lienhe poteva vedere le loro frecce ridursi sempre di più. Presto non avrebbero avuto altra scelta che ritirarsi o morire.
Qualcosa distrasse gli umani quando altre frecce iniziarono a cadere dalla direzione opposta.
Lienhe era sicuro di stare sognando. La buona sorte non era mai stata dalla sua parte, eppure pareva che Hapnyan, Dovyr e Uhdryb non fossero gli unici, tra i suoi simili, che era destinato a vedere.
Altri hiryn stavano volando verso di loro. Non li riconobbe, ma erano armati, e stavano attaccando la nave. La costa doveva essere più vicina di quanto pensasse, e loro non erano soli. Non osava credere che stesse succedendo veramente.
I nuovi arrivati stavano mietendo vittime in fretta, fino a quando sul ponte non furono rimasti altro che corpi e sangue. Solo allora sembrarono accorgersi di loro.
Ma li ignorarono, atterrando sulla nave ed entrando al suo interno. Hapnyan e Lienhe si scambiarono un'occhiata prima di seguirli.
Chiunque fossero, li avevano appena salvati, e forse sapevano esattamente ciò che loro avevano bisogno di sapere.
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