Capitolo tredici
"Perché l'hai fatto? A cosa è servito?" Gli occhi di Corr, a malapena visibili sotto il sangue che gli copriva il volto, splendevano come fiamme alimentate da ogni goccia cremisi che macchiava la sabbia.
Shera deglutì. Aveva desiderato così tanto rivederlo, e invece non era riuscito a ritrovarlo neanche nei propri sogni. Ora che l'aveva deluso, non era sicuro di volere sentire le sue parole.
La sua vecchia cicatrice sembrava essere tornata una ferita fresca, perché la sentiva come se fosse stata incisa fino alle ossa. Cercò di non vacillare. Quel dolore era tutto ciò che meritava – sperò di sentirlo anche da sveglio.
Non rispose. Non poteva trovare parole con cui chiedere perdono.
"Avrei dovuto ucciderti." continuò Corr addolorato, spalancando le immense ali. "Avrei potuto vivere."
E lui non si sarebbe opposto, se l'hiry avesse deciso di vendicarsi in quel momento. Vivere senza di lui era già stato abbastanza quando ancora aveva creduto che ne valesse la pena. Andare avanti sapendo di averlo sacrificato per nulla sarebbe stato impossibile.
Distolse lo sguardo solo per vedere i cadaveri di Rhiwe e Afayd – quasi identici a come li aveva lasciati vent'anni prima, ma deformati dalla fame, i volti scavati bagnati di lacrime che continuavano a sgorgare dai loro occhi vitrei.
Tornò a fissare Corr. "Uccidimi, allora."
Sapeva bene che era impossibile, ma finché non si fosse svegliato l'illusione sarebbe bastata. Nella realtà era troppo tardi per rimediare.
...
Erano passati forse pochi minuti da quando aveva ceduto alla stanchezza e si era addormentato, ma Shera si sentiva stremato. Stava ancora respirando, e le ultime parole di Dhnir continuavano a echeggiare nella sua testa.
Non voleva seguirlo. Era per colpa sua che si trovava lì. E se anche l'altro avesse saputo dove andare, non sarebbe stata una destinazione in cui lui potesse andare.
Ma si era aggrappato alla vita troppo a lungo per lasciarsi morire lì.
In quello stato, era disarmato, e non conosceva Delmnor abbastanza bene. Ma avrebbe trovato il modo di sopravvivere.
Non si sarebbe opposto alla morte quando fosse giunta.
Due voci che parlavano in kurjt attirarono la sua attenzione. Non erano molto lontani. Evidentemente Dhnir non se ne era ancora andato, nonostante il modo in cui gli aveva parlato.
Avrebbe potuto allontanarsi il prima possibile, ma non ci riusciva. Aveva bisogno di parlargli.
Doveva sapere come avesse fatto a fare il suo stesso sogno. Se veramente qualcuno avesse voluto la loro fuga, forse il suo destino non si sarebbe concluso lì. Forse poteva ancora fare qualcosa.
Scosse la testa, tornando alla realtà. Non sarebbe servito a nulla. Se anche tutto quello che era successo avesse avuto un significato, non sarebbe servito a fargli mantenere la sua promessa.
Ma almeno sapeva dove andare. Sarebbe partito per tornare a casa.
Non vi sarebbe mai arrivato, ma almeno prima di morire avrebbe potuto illudersi di essere vicino a Gicarb.
...
Quel luogo sembrava essere sconfinato.
Lienhe strinse i denti. Erano lì da giorni. Sapeva che le foreste ricoprivano la maggior parte del continente, ma lui aveva bisogno di uscirne. I suoi compagni erano quasi sicuramente là fuori.
"Cosa è successo?" Si voltò verso Gakaen nel sentire la sua voce. Per un momento si era quasi dimenticato della sua presenza. "Non è niente." mentì. Non poteva risolvere nulla, non finché aveva ancora l'umano al proprio fianco.
Gakaen scosse la testa. "Sei arrabbiato. E si sente. Cosa sta succedendo?"
Rispondere non sarebbe servito a nulla. Dubitava che lui potesse aiutarlo. Non si sarebbe nemmeno trovato ancora lì se non fosse stato per lui.
"Ci stiamo mettendo troppo." si costrinse a replicare alla fine. "Non usciremo mai, di questo passo."
Ed è tutta colpa tua.
Non sapeva se dirglielo e finalmente rivelargli quanto si fosse pentito di averlo aiutato e quanto non volesse fare altro che andarsene, ma Gakaen lo interruppe prima. "Non credo che manchi molto."
Lienhe si voltò verso di lui. "Cosa?" L'altro sorrise. "Sono nato e cresciuto qui dentro. Non sono mai arrivato fino a qui da solo, ma dovremmo essere quasi al confine. È sempre meno fitta."
L'hiry si guardò intorno. In effetti la vegetazione stava diventando meno folta. Guardando a nord, poteva scorgere, anche se ancora lontani, tratti di terra spoglia. Con qualche ora di marcia ci sarebbero arrivati quel giorno stesso.
Chiuse gli occhi. "Mi dispiace. Pensavo che ci sarebbe voluto molto di più." Gakaen tacque per un istante. "Perché ti rallento, vero?" rispose infine, amaramente.
Lienhe abbassò lo sguardo. Era la verità e lo sapevano entrambi, ma non poteva più tornare indietro. Non poteva lasciarlo lì dopo essere arrivato così lontano. "Ho promesso di portarti fuori di qui e lo farò." ribadì.
Sperava che per Irgyvie non fosse già troppo tardi.
"Dobbiamo andare." concluse, richiudendo le ali che non si era accorto di aprire. In poco tempo avrebbe smesso di occuparsi di lui, e sperava che la sua decisione impulsiva non avesse compromesso irrimediabilmente la sua missione.
Gakaen mosse un passo nella sua direzione. Lienhe si voltò in tempo per vedere qualcosa volare di loro e il suo compagno di viaggio che si fermava improvvisamente, mentre perle di sangue fiorivano nell'aria.
Una freccia si conficcò in uno degli alberi alla loro sinistra.
Lienhe sentì Gakaen chiamarlo con voce strozzata, ma lo ignorò, voltandosi per vedere cosa li stesse attaccando. Quell'arma gli aveva ricordato qualcosa – qualcosa che credeva non avrebbe più visto.
Qualcuno planò da un albero verso di loro, e prima che scoccasse un'altra freccia lui riuscì a vederne il viso. Aprì le ali e fece un passo indietro.
"Fermati, Dovyr, sono io!"
...
Mejri lottò con tutta la forza che aveva contro la propria volontà, costringendosi a restare immobile. I rumori e le parole che udiva la facevano sentire nauseata, ma non poteva permettersi di fare il minimo suono.
Chiuse gli occhi e continuò a pregare in silenzio.
Le voci e i passi si fermarono e lei si morse il labbro a sangue, costringendosi a smettere anche di respirare. Sentiva che non sarebbe riuscita a resistere a lungo. Le sue emozioni avrebbero preso il sopravvento troppo presto e l'avrebbero condannata.
E insieme a lei, tutte le persone che amava.
A poco a poco li sentì allontanarsi e si rilassò leggermente, finché una mano non si chiuse sul suo braccio. Si voltò di scatto pronta a gridare, prima di incontrare gli occhi dorati di Dirsjt. "Vieni. Possiamo ripartire." Impiegò qualche momento a infrangere la paralisi che era scesa su di sé, prima di seguirlo e strisciare al di fuori dalla macchia d'alberi che l'aveva protetta.
Prima di riuscire a controllarsi, si strinse a lui. Per un momento, aveva temuto che fosse veramente finita. Aveva sentito le parole degli uomini di Jilab su quello che le avrebbero fatto se l'avessero trovata.
"Va tutto bene." le sussurrò lui gentilmente. "Non lascerò che ti facciano nulla." Continuando a tenerla a sé, si guardò intorno, vedendo Sil, Hirn e Ydur venire allo scoperto.
Avevano rischiato troppo. Non potevano restare lì.
Mejri aveva sperato di avere più tempo, ma Xifler non era sicura per lei, non lo era mai stata. Il fatto che fossero riusciti a nascondersi ora non significava che sarebbero stati altrettanto fortunati in futuro.
Aveva sottovalutato i pericoli che avrebbe dovuto affrontare. La sua libertà era ancora temporanea, e da un momento all'altro si sarebbe potuta concludere nel sangue.
Non era certa che valesse la pena di rendersi responsabile delle vite di tutti coloro che avevano deciso di accompagnarla. Ma non era nemmeno sicura che sarebbe stata disposta a sacrificare il suo bambino per loro.
Forse avrebbe dovuto affrontare da sola le conseguenze della propria scelta.
Ma senza di loro non sarebbe mai riuscita a scappare. Aveva bisogno di loro al proprio fianco, ma non voleva perderli. Non voleva causare la loro morte.
Dirsjt l'aveva avvertita di quanto sarebbe stato pericoloso. Non lo aveva ascoltato, allora. Ora si chiedeva se non avesse dovuto farlo.
Gliene avrebbe parlato. Avrebbe parlato con tutti loro e loro avrebbero scelto se restare con lei.
Sua zia disse qualcosa che non riuscì a capire. Si voltò verso di lei e capì subito cosa stesse guardando.
Una nube di fumo nero si levava in lontananza. Era quasi certo cosa stesse bruciando.
Si circondò con le braccia, fissando il fumo che lentamente svaniva nel cielo. Se anche quella che era appena andata distrutta fosse veramente stata la sua casa, non importava. Non finché loro erano vivi.
Ma non sapeva quanto a lungo sarebbero rimasti in vita.
...
"Ce l'abbiamo quasi fatta." commentò Skitnal alzando lo sguardo nella speranza vana di vedere la sommità delle montagne. "Dobbiamo solo attraversare queste e saremo arrivati al mare." Kael sorrise, sapendo quanto irraggiungibile fosse il loro obiettivo.
Ricordava i giorni passati sui monti, quanto fossero stati lunghi e gelidi. A quanto aveva capito qualcuno degli schiavi che vi era stato portato insieme a loro era morto lì, stroncato dal freddo. Non avevano speranza di oltrepassarle da soli.
Non le avrebbero nemmeno raggiunte. Il primo attacco era già avvenuto, e ce ne sarebbero stati molti altri. L'uomo che li aveva trovati non si era aspettato che fossero in due e Skitnal era riuscito ad approfittarne e ucciderlo prima che potesse ferirli o richiamare qualcun altro. Non sarebbero stati sempre così fortunati.
Se anche non fosse arrivato nessun altro, lui sarebbe morto prima. Ne era certo. Il suo corpo aveva ceduto più volte, lasciandolo sempre più debole, e lui voleva solo che finisse presto.
Il clima si stava facendo molto più freddo. Poteva vedere, appena a poche braccia di distanza, la neve scintillare già alle pendici dei monti. Per il momento erano abbastanza coperti, ma temeva che non sarebbe servito a molto.
"Ci deve essere un modo di passare." riprese Skitnal quasi sussurrando. Kael sospirò. Non poteva rivelargli i propri dubbi. Forse suo fratello sarebbe riuscito a tornare, anche se senza di lui.
Si avvicinò a lui, fissando la pietra scura e quasi del tutto senza vita. "Potrebbe esserci un passaggio sotterraneo. Sarebbe più rapido e ci esporrebbe di meno." rifletté ad alta voce. Se ne pentì quando vide Skitnal impallidire all'improvviso.
Tutto quello che aveva fatto da quando lo aveva ritrovato era stato ferirlo.
Scosse la testa. "No, hai ragione. Sarebbe troppo pericoloso." Si ripromise di non parlare e di non fare agire finché fosse rimasto accanto a Skitnal. Non voleva vederlo ancora con quell'espressione, sapendo di essere stato lui a fargli male.
Non capiva perché ancora si ostinasse a stargli vicino, sapendo che non avrebbe fatto altro che portargli dolore. Non era più degno delle sue parole, del suo cibo o delle sue attenzioni, non da quando lei aveva macchiato la sua anima.
"Dobbiamo muoverci." Skitnal si voltò verso di lui. "Come ti senti? Pensi di farcela?" Kael avrebbe voluto dirgli la verità, ma sapeva che suo fratello si sarebbe fermato lì se lui non fosse partito, esattamente come aveva deciso di seguirlo quando lui se n'era andato.
Se non fosse stato per lui, Skitnal sarebbe ancora stato al sicuro nelle profondità del mare, insieme ai loro genitori, e non avrebbe mai dovuto convivere con la vergogna di avere un fratello come lui.
Annuì. "Andiamo." Non poté fare a meno di pensare che quelle montagne sembravano zanne pronte a farli a pezzi.
Guardò Skitnal cominciare a camminare verso la chiazza di neve. Non riusciva a muovere un passo, aspettandosi a ogni momento di crollare di nuovo. O – peggio ancora – di vedere di nuovo suo fratello smettere di respirare.
Quanto tempo sarebbe passato prima che per uno di loro giungesse la fine?
Aveva la sensazione che lo avrebbe scoperto su quelle stesse montagne.
Con un brivido pregò che, se fosse stato necessario sacrificare una vita per giungere dall'altra parte, i monti scegliessero la sua.
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