Capitolo quattordici
"Sil?" La kamry alzò lo sguardo nel sentirsi chiamare, incrociando gli occhi sottili e arrossati di Mejri.
Rabbrividì per un momento nel vedere la sua espressione. Era notte fonda e aveva creduto che fossero tutti addormentati tranne lei. Se Mejri era venuta da lei, doveva essere successo qualcosa. "Cosa c'è? Il bambino...?"
Non ebbe il coraggio di finire la frase, ma l'altra scosse la testa e si sedette al suo fianco. "Voglio parlarti. Posso?"
Rilassandosi leggermente, Sil annuì. L'importante era che Mejri e suo figlio stessero bene.
Non erano mai state tanto vicine. Non credeva nemmeno di averla mai sfiorata. Dirsjt era riuscito da tempo a infrangere anche quell'ultima barriera tra di loro, ma lei non ce l'aveva mai fatta.
Si chiese se potesse farlo ora che erano libere.
Prese la propria decisione nel momento in cui notò che Mejri stava tremando. "Vieni qui. Non devi prendere freddo." Le pareti della catapecchia abbandonata in cui avevano trovato riparo per la notte erano squarciate in più punti e facevano penetrare l'aria gelida. Non era il posto più sicuro, ma almeno avrebbe concesso loro di riposare.
Eppure il vestito di Mejri era già abbastanza pesante. Il suo primo pensiero fu che l'umana si stesse ammalando nel momento peggiore possibile.
Si tolse l'unico mantello che era riuscita a portare con sé e glielo pose delicatamente sulle spalle. Era leggero, ma sperava che servisse a qualcosa.
Le lacrime iniziarono a rotolare sulle guance di Mejri. "Vedi? Lo stai facendo anche adesso."
Sil si irrigidì. "Cosa sto facendo?" Forse aveva fatto qualcosa di sbagliato senza accorgersene. Forse non parlandole prima che lei potesse dirle ciò che voleva l'aveva scoraggiata.
Mejri portò le ginocchia al petto. "Stai rinunciando a qualcosa per me. Lo state facendo tutti. E io... io ho paura." Sollevò lo sguardo su di lei. "Vi ho costretto a venire con me e vi ho messo in pericolo. Ma non voglio perdervi. Non voglio perdere nessuno di voi."
Sil non rispose subito. Non si era aspettata quelle parole, ma non voleva vedere Mejri piangere. Era successo già troppe volte senza che lei avesse potuto fare molto.
Ora poteva rimediare. Sorrise leggermente e finalmente decise di abbracciarla. "Non mi pentirò mai di averti seguita." mormorò. "Non pensavo che saremmo riusciti a scappare e non sono ancora sicura che ce la faremo." Cercò lo sguardo di Mejri, sperando di riuscire a trasmetterle quello che provava. "Ma preferirei morire ora piuttosto che vivere cent'anni là dentro. Non avrei mai cercato di liberarmi se tu non avessi creduto che fosse possibile. Se posso essere felice è solo a causa tua." La strinse più forte. "Io non ti abbandonerò mai. Credimi."
L'altra finalmente sollevò lo sguardo su di lei e Sil osò concedersi una carezza. "E non lo farà neanche Dirsjt. So quanto tu sia importante per lui. Forse è ancora scettico, ma sono certa che preferisca saperti... sapervi liberi. È solo spaventato, ma ti ha seguito di propria volontà. Parla con lui se non ti convinco."
Mejri annuì contro il suo petto. Il suo respiro si stava calmando. La kamry provò a proseguire. "Per quanto riguarda..." Deglutì. "I tuoi zii. Avvertendoli hai salvato loro la vita. Se dovesse diventare troppo pericoloso troveremo un posto in cui almeno loro possano fermarsi."
L'umana rimase in silenzio prima di ricambiare l'abbraccio. "Grazie." sussurrò.
Sil le accarezzò i capelli. "Hai fatto la cosa giusta. Non so quante possibilità abbiamo oggettivamente, ma mi fido di te."
Andando avanti avrebbero finalmente trovato la felicità che era stata loro negata per troppo tempo. Ne era certa.
...
"Pensi che verrà con noi?" Gli occhi di Cirhen sembravano più grandi del solito, le pupille dilatate come se si fosse trovato di fronte a un predatore. Dhnir sospirò. "Potrebbe."
Shera non si era ancora mostrato. Lui non avrebbe aspettato. Se non se ne fosse andato presto, lo avrebbero trovato, e non era sicuro di poter combattere ancora una volta.
"Mi ha quasi staccato un braccio, una volta." continuò Cirhen assente. "Preferirei che non..." "Va bene." lo interruppe Dhnir. "Non penso che verrà. Se lo farà mi assicurerò che non faccia del male a nessuno dei due, d'accordo?"
Sperava di non doversi pentire anche di avere accettato Cirhen. Il kamry aveva deciso di seguirlo, e per il momento lui non aveva voluto rifiutare. In due avrebbero avuto maggiori probabilità di sopravvivenza.
La forza di Shera sarebbe stata un vantaggio se anche lui avesse deciso di unirsi a loro, ma la possibilità che li attaccasse non poteva essere ignorata. Era meglio che lo lasciassero lì.
"Devo andare a nord." precisò. "Devo tornare a casa. Spero che tu sia d'accordo, altrimenti puoi andartene da solo." Non sapeva se Cirhen venisse da Gicarb o da Godar – anche se di solito i kamryn che venivano portati a Delmnor per diventare belve provenivano da sud – ma in entrambi i casi per andare fino a lì avrebbe dovuto deviare troppo dal proprio percorso. Non poteva farlo.
Cirhen annuì. "Va bene. Non ho nulla per cui tornare." I suoi occhi lo guardavano senza vederlo. "Ma non voglio restare solo."
Dhnir alzò lo sguardo verso il sole. Non ricordava quanto tempo fosse necessario per arrivare nell'estremità nord di Delmnor. E anche se fosse giunto a destinazione, non sarebbe mai stato completamente al sicuro.
Ora riusciva a capire lucidamente che era molto più probabile che tornare fosse impossibile.
Ma non poteva arrendersi. Era già riuscito ad arrivare fino a lì, quando per anni lo aveva creduto solo una fantasia. E le parole che il lupo aveva pronunciato nel suo sogno erano incise nella sua mente.
Forse la sua gente avrebbe accolto anche Cirhen. Il clima sarebbe stato probabilmente troppo freddo per lui, ma se voleva veramente accompagnarlo, non lo avrebbe respinto.
Da solo, la consapevolezza di essere l'unico sopravvissuto sarebbe stata troppo difficile da sopportare.
Forse c'era una ragione se lui era rimasto in vita. Lo stesso motivo misterioso che gli aveva permesso di fuggire, o solo la sua stessa forza di volontà.
Ma allora, chiese a chiunque fosse stato il responsabile, perché non hai salvato anche lui?
Dal momento in cui aveva deciso di attraversare la porta della propria prigione, si era costretto a non pensarci. Ora tutti i pensieri che aveva rimosso stavano tornando indietro, un fiume in piena che non aveva la forza di affrontare.
Cirhen lo sfiorò appena e lui si riscosse, mentre il suo corpo ancora una volta tentava di trasformarsi. Lo tenne sotto controllo. Non avvertiva pericoli in quel momento e non faceva ancora abbastanza freddo perché la sua seconda forma fosse necessaria.
Doveva solo cominciare a muoversi, lasciarsi quel luogo alle spalle. Con il tempo, avrebbe finalmente riottenuto la pace.
...
Skitnal fissò nervosamente il terreno molte braccia più sotto. Il passaggio che avevano trovato era abbastanza ampio da rendere improbabile una caduta, ma non poteva confidare troppo che sarebbero riusciti a oltrepassarlo.
Non erano ancora troppo in alto, ma stava già diventando difficile respirare. E non era solo perché era sulla terraferma. Temeva di conoscerne il vero motivo.
Pregò di resistere. Anche se ogni passo gli costava uno sforzo sempre maggiore, doveva andare avanti.
Lo doveva a Kael.
Suo fratello non aveva detto una parola per ore. Aveva avuto un altro crollo poco prima, ma era stato meno violento delle volte precedenti e si era ripreso prima del previsto. Forse per lui c'era ancora una speranza.
Skitnal sapeva di non poter dire lo stesso di sé.
Non sapeva quanto tempo gli rimanesse. Se fosse stato fortunato, sarebbe potuto andare avanti per qualche mese. Una parte di lui ancora credeva che raggiungere il mare lo avrebbe salvato, ma la possibilità che fosse veramente così sembrava svanire sempre più in fretta davanti ai suoi occhi.
Ma nemmeno quello poteva fermarlo. Aveva fatto una promessa, e l'avrebbe mantenuta finché non avesse esalato l'ultimo respiro.
Inspirò troppo in fretta e troppo a fondo e il dolore gli esplose nel petto. Tossì, tentando di espellere il fuoco che sentiva divorarlo dall'interno.
Fissò incredulo il sangue che gli macchiava le dita. Per un momento, si convinse di averlo solo immaginato.
Poi si voltò di scatto verso Kael, pulendosi rapidamente sulla stoffa che lo copriva. Almeno il colore rossastro del tessuto gli avrebbe impedito di notarlo troppo presto. Se anche solo una goccia fosse caduta sulla neve ai loro piedi sarebbe stato impossibile non accorgersene.
E non si sarebbe mai perdonato se suo fratello avesse capito la verità.
Kael sollevò lo sguardo su di lui, fissandolo in silenzio, e Skitnal temette che il suo tentativo fosse stato inutile. "È tutto a posto. Non sono abituato a stare così in alto." provò a rassicurarlo.
Un tempo suo fratello si sarebbe fidato di lui. Sperò che lo facesse anche ora, anche se gli bastava guardarlo negli occhi per comprendere che non gli credeva, non del tutto.
Kael aveva distolto gli occhi dal suo viso, osservando la desolazione innevata che li circondava. "Non mi lasciare." implorò a bassa voce.
Skitnal strinse i denti, volgendo lo sguardo verso l'orizzonte. Da lì poteva vedere il mare. Era abbastanza vicino perché la sua scintillante bellezza fosse visibile. L'aria tersa lo faceva sembrare ancora meno distante.
"Siamo quasi arrivati." disse fissando quello che ancora sembrava solo un miraggio. Solo qualche giorno, si ripromise. Solo qualche giorno e forse avrebbe trovato la soluzione.
Si rese conto in quel momento di non avere mai mentito tanto a Kael o a se stesso come nei giorni trascorsi da quando si erano ritrovati.
...
Nel sentire la sua voce, Dovyr si fermò, atterrando al suono con un rumore quasi inudibile. "Lienhe?" chiese abbassando l'arco. "Cosa ci fai qui?"
Lui aveva troppe cose da dire o da chiedere per rispondere. Si limitò a voltarsi verso Gakaen, che era rimasto del tutto immobile, tremando appena. Stava sanguinando, ma la freccia lo aveva ferito solo di striscio. Sarebbe sopravvissuto.
"Lui è con me." si limitò a rispondere. "È una lunga storia. Non attaccarlo." Si avvicinò all'umano, sfiorandolo con la massima gentilezza che riusciva a trovare in sé. "Non ti preoccupare. È una mia amica. Non voleva ferirti." Gakaen finalmente si mosse, sollevando la testa verso di lui. "Cosa... cosa è successo?"
Dovyr fece un passo indietro. "Come fa a sapere la nostra lingua?" Lienhe tornò a guardarla. "Ti spiegherò tutto, te lo giuro." Deglutì. "Non... non pensavo di rivederti."
Finalmente, lei sorrise. "Neanche io. Mi sei mancato." Si avvicinò a lui e lo abbracciò. Durò solo un momento.
Ma per Lienhe quella era la prima volta che veniva a contatto con un proprio simile da quando era scappato. Prima che lei potesse lasciarlo del tutto, la strinse a sé con più forza e pianse.
Dovyr attese che le sue braccia allentassero la presa e gli sorrise di nuovo. "Abbiamo tutto il tempo. Ma devi raccontarmi ogni cosa. Credevo... credevo che fossimo rimasti solo noi."
Lui si asciugò gli occhi con il dorso della mano, realizzando lentamente le sue parole. "Noi?" chiese infine, risollevando la schiena. Aveva pensato che nessuno fosse riuscito a sopravvivere e a liberarsi tranne lui. Trovare Dovyr era molto più di quanto avesse sperato.
Sapere che poteva esserci qualcun altro andava al di là di ogni sua illusione.
Dovyr lo guardò negli occhi. "Io, Uhdryb, Taje e Hapnyan. Non so se si è salvato qualcun altro, ma almeno noi siamo ancora qui."
Quattro non era molto, ma bastava a sperare che la loro gente sarebbe sopravvissuta. Un'intera famiglia e l'uomo che li aveva guidati erano salvi.
Non era più solo.
Gakaen non aveva detto nulla, ma continuava ad ansimare e a tremare. Lienhe lo guardò, chiedendosi come avrebbe potuto spiegare agli altri hiryn come fosse finito insieme a un umano.
Non avrebbe dovuto curarsi del fatto che fosse ferito. Era pur sempre un nemico, anche se aveva dedicato gli ultimi giorni alla sua sicurezza.
Ma non voleva guardarlo soffrire – né tantomeno aveva intenzione di abbandonarlo a se stesso e lasciarlo morire. Non dopo averlo convinto che non sarebbe accaduto.
"Aiutami con lui." chiese a Dovyr. "Non è pericoloso. È... mi è stato vicino in questi giorni. E portami dagli altri. Devo parlare con Hapnyan."
Improvvisamente il suo obiettivo sembrava molto più vicino a essere raggiunto.
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