Capitolo quarantotto
Da quella distanza, potevano scorrere chiaramente le gocce di pioggia che si scontravano con il mare, prima di fondersi alle sue acque.
Quando aveva immaginato quel momento, Kael non aveva creduto che avrebbe avuto paura. Il modo in cui il suo cuore batteva, come tentando di uscire dal suo corpo per galleggiare come un pesce morto sulla superficie, dimostrava il contrario.
Ma non era spaventato come quando era stato venduto. Certo non allo stesso modo di quando aveva compreso per quale scopo fosse stato comprato.
Questa volta non sarebbe successo di nuovo. Se fosse stato in pericolo di essere nuovamente catturato, avrebbe rivolto la propria arma su di sé.
Ma non doveva temere. Anche se con lui c'era solo una frazione dell'armata che avevano radunato, sarebbe stata comunque letale per i loro nemici.
Nessuna nave, per quanto grande, poteva contenere abbastanza uomini da riuscire a contrastarli. Non con il mare e la sete di vendetta a benedire il loro attacco.
Quel giorno, avevano anche la sorpresa dalla loro parte.
Nessun nemico poteva sapere cosa avevano deciso al di sotto del mare. Non ancora. Quel giorno la vittoria sarebbe stata facile.
Era tutto ciò che aveva bisogno di sapere. Quello che sarebbe accaduto a lui non contava. Se fosse sopravvissuto – e quella volta era quasi certo di poterci riuscire – ci sarebbero state altre battaglie da combattere.
Dovevano solo attendere la prima preda. Il mare in quel punto era frequentato da più rotte – e i marinai non si aspettavano che giungesse un attacco da sotto di loro.
Kael si irrigidì quando iniziò a scorgere la forma elegante di una chiglia, intenta a violare il mare in lontananza. Sembrava una grossa nave, quasi sicuramente un mercantile. Sarebbe stato ancora meglio. Per quanto numeroso fosse l'equipaggio, sarebbe stato comunque in inferiorità. E perdere il carico avrebbe fatto più danno.
Non potevano assalire gli umani nelle loro case, ma avrebbero fatto in modo che pagassero comunque.
La pioggia e il buio non avrebbero fatto altro che aiutarli. Se le acque fossero state agitate, avrebbero potuto nasconderle più facilmente. Ma Kael pregò che non fosse in arrivo una tempesta. Gli umani avrebbero dovuto sapere che non era stata la natura ad abbattere la nave.
L'imbarcazione scivolò verso di loro. Il mare ancora abbastanza calmo le permetteva di restare stabile. Almeno, questo l'avrebbe resa un facile bersaglio.
Il mape che guidava il loro battaglione – un uomo sulla quarantina dalla schiena segnata da cicatrici, con i capelli raccolti sulla nuca come gli abitanti delle città vicine alla costa – sollevò il tridente abbastanza in alto perché fosse visibile a tutti, senza staccare gli occhi dalla nave. "Ora." dichiarò.
Poi si fece strada oltre la superficie. Come tutti, Kael lo seguì.
All'inizio, i marinai sul ponte sembrarono non averli notati. Anche mentre si arrampicavano sui fianchi della barca, il suono flebile del legno graffiato dai rampini era coperto dalla pioggia.
Kael vide il marinaio più vicino all'orlo spalancare gli occhi quando si rese conto delle figure che si avvicinavano. Una lancia gli trafisse la gola, trasformando il suo grido di allarme in uno spruzzo di sangue.
Non era necessario. Si erano già accorti di loro. Da come si stringevano verso l'albero maestro, si erano anche resi conto di essere circondati.
Kael si sorprese a sorridere. Loro non avrebbero avuto pietà per lui se fossero stati in vantaggio.
Almeno lui e i suoi compagni avrebbero concesso alle vittime una morte rapida, invece di mesi di agonia. Non li avrebbero mai ridotti a oggetti.
Mentre la sua lancia affondava nel primo corpo, si chiese quanto a lungo sarebbe durato, stavolta, il sollievo della vittoria.
Non doveva fermarsi. Stava facendo il proprio dovere. Stava vendicando se stesso, la sua famiglia, e tutti coloro che avevano sofferto per via della schiavitù. Non doveva permettere a nulla di trattenerlo. Neanche allo sguardo con cui l'uomo lo trafisse prima che i suoi occhi si facessero vitrei.
Estraendo l'arma, si chiese se avesse dovuto tentare di difendersi. Non voleva perdere subito l'opportunità di rimediare a ciò che era stato fatto.
Almeno, però, non aveva il timore per la propria vita a fermare i suoi movimenti. Qualunque cosa fosse accaduta, avrebbe continuato a combattere fino all'ultimo respiro. Se fosse stato ucciso, non gliene sarebbe più importato.
Percepì un movimento alle sue spalle e si voltò, ma vide solo Lik che abbatteva un altro nemico. Il suo sguardo era più feroce di quanto Kael lo avesse mai visto. Si chiese per chi stesse cercando vendetta.
Poi non ebbe più il tempo di pensare. Solo di continuare a muovere la sua lancia e sperare che il sangue in cui stava annegando bastasse a lavare la sua anima.
Non poteva restare a guardare per osservarli mentre la vita li lasciava. Non ne aveva il tempo, se voleva continuare a lottare. Ma si chiese se stessero finalmente provando ciò che aveva sentito Skitnal.
Almeno, la loro vita doveva essere stata felice prima di quel momento. Non avrebbero subito la stessa sofferenza di suo fratello.
Le urla si stavano facendo sempre più fioche, mentre gli uomini sul ponte venivano uccisi a uno a uno. Ma dovevano essercene altri, sottocoperta. E ormai dovevano essersi accorto di quello che stava succedendo.
Kael osservò per un istante le gocce di sangue che si staccavano dalla punta della sua lancia e colpivano il legno del ponte. Che venissero. Avrebbero ricevuto lo stesso trattamento dei loro compagni.
Ignorò la fatica che iniziava a farsi strada nei suoi muscoli mentre continuava ad affondare la lancia e a spargere sangue. Intorno a lui, la vendetta della sua gente stava prendendo forma. Per ora, bastava a farlo sentire in pace.
Si sentiva come se stesse guardando dall'esterno il proprio corpo mentre agiva. La sua mente era lontana da lì, già proiettata in ciò che avrebbe potuto attenderlo dopo la morte.
Ognuno di quei colpi gli apriva un futuro più luminoso.
Si fece strada attraverso i corpi che si paravano sul suo cammino. Non rimase a contare quanti morissero per la sua mano. Sperò solo che fossero abbastanza.
Non ascoltò le loro preghiere. Quanti degli uomini che imploravano la sua pietà avrebbero mostrato clemenza a parti invertite? Quanti di loro non avrebbero cercato di torturarlo prima di ucciderlo? Forse, ponendo fine alle loro vite, avrebbe evitato che facessero del male a qualcun altro.
Presto, non rimase più nessuno da uccidere.
C'era solo un sopravvissuto, un ragazzo ancora giovane schiacciato contro l'albero maestro, con il viso terreo macchiato di sangue e gli occhi fissi sul tridente puntato su di lui. Gli sarebbe stata risparmiata la vita. Sarebbe tornato a casa e avrebbe raccontato al suo popolo che la vendetta dei mape era iniziata.
Non aveva bisogno di capire la loro lingua per comprendere perché gli fosse stato concesso di sopravvivere.
Kael poteva sentire gli altri iniziare a infilarsi sottocoperta per recuperare il carico e gettarlo fuori bordo. Non volle unirsi a loro. Non voleva sapere cosa la nave stesse trasportando.
Forse non era niente di particolarmente importante. Oppure, era un carico nato dalla sofferenza di schiavi come suo fratello.
Quantomeno, non sembrava merce viva.
Rimase ad aspettare che la pioggia lavasse via il sangue, mentre i suoi compagni portavano a termine il loro compito. Sentiva il tonfo degli oggetti mentre affondavano in mare.
La guerra era iniziata. Per il momento, era abbastanza da farlo sentire vivo.
...
I mercenari non erano tornati.
Jounan sembrava essere nuovamente al sicuro. Quasi certamente, era solo un'illusione. Ora che la loro posizione era stata scoperta, i sopravvissuti – ammesso che ce ne fossero – avrebbero potuto riferirla a Jilab, o a chiunque volesse trovarli, e decidere di attaccare di nuovo.
Ma l'unica scelta che avevano era restare lì e pregare che la minaccia di Lint Ayea bastasse a tenere lontano il pericolo, o cercare di attraversare il deserto per raggiungere qualunque luogo si trovasse dall'altra parte e sperare di trovare presto un altro rifugio.
Difficilmente sarebbe potuto funzionare anche quando erano stati solo in tre, pensò stancamente Dirsjt. Con una popolazione così numerosa al seguito e il numero di anziani e feriti che avrebbero dovuto portarsi dietro, sarebbe stato più semplice non muoversi e tentare di difendersi ancora.
Sarebbe stata Doreth a decidere, e lui non aveva diritto di influenzare la sua scelta.
Non riusciva a credere di essere ancora vivo. Altri che avevano lottato con più coraggio erano morti, e nella maggior parte dei casi non avevano nemmeno potuto recuperare i corpi. Lui invece era ancora lì e respirava, e le sue ferite erano quasi del tutto guarite, anche se si sentiva ancora debole.
Non era certo di meritarlo. Non ci sarebbe mai stato nessun attacco se lui non fosse arrivato fino a lì. E non sapeva nemmeno se avesse fatto una scelta diversa dall'accettare asilo a Jounan, se avesse potuto tornare indietro nel tempo. Accogliere l'invito di Doreth invece di continuare a percorrere il deserto aveva permesso a Sil e Mejri di sopravvivere, ma in quel momento non riusciva a convincersi che il prezzo non fosse stato troppo alto.
Essere tornato dopo la battaglia non era stato sufficiente a salvarlo. I mantelli rossi dei mercenari che spiccavano sulla sabbia, e le fauci spalancate del serpente, non avevano ancora lasciato la sua mente. Si erano mescolati agli incubi con cui aveva già vissuto per anni, e sapeva che non lo avrebbero lasciato fino alla fine.
Una parte di lui sperava di non sopravvivere ancora a lungo solo perché quelle immagini lo lasciassero andare.
Cercò ancora una volta di reprimere il pensiero. Non avrebbe dovuto formulare simili speranze – non dopo che gli era stato concesso di vivere al posto di qualcun altro. Non quando la sua famiglia era salva e aveva bisogno di lui.
Mejri era viva e stava bene – almeno fisicamente. E a quanto diceva lei, lo stesso valeva per il bambino.
Anche lei sembrava più spenta, dal giorno della battaglia. Aveva ripreso a mangiare e a dormire regolarmente, ma lui la sentiva svegliarsi spesso, nella notte. E non aveva dimenticato il momento in cui, emergendo da un sonno inquieto pochi giorni dopo l'attacco, non l'aveva sentita al proprio fianco.
Era tornata presto, ma non abbastanza da rassicurarlo. Si era limitata a dirgli che aveva parlato con Doreth, e che la mezzosangue aveva concesso loro di restare.
Non si erano parlati molto in quei giorni. Dirsjt sapeva che quello che era successo aveva ferito anche Mejri – ma non osava chiederle cosa provasse. Si sentiva già impotente solo a vedere i suoi occhi cerchiati e il suo passo privo di energia. Sembrava quasi che fossero tornati al momento in cui si erano conosciuti.
Tutto ciò che poteva fare era restarle accanto. Quando la notte si stringeva a lei, e la sentiva rilassarsi tra le sue braccia, la pace calava di nuovo su di lui.
Si erano già aiutati a vicenda a sopravvivere. Lo avrebbero fatto di nuovo.
Se fossero riusciti a non farsi uccidere.
Il loro futuro non appariva più sereno come quando erano giunti a Jounan. Forse avrebbero dovuto rinunciare fin dall'inizio a ogni sogno di libertà. Almeno sarebbero rimasti al sicuro.
Ma non potevano cambiare il passato. Solo tentare di farsi strada verso la salvezza.
Il suono di passi che si avvicinavano interruppe i suoi pensieri. Si voltò di scatto, preparandosi istintivamente a fuggire, ma tutto ciò che vide fu Sil che tornava nella loro casa.
La kamry sembrava pallida e provata. Aveva passato tutti i giorni che erano seguiti alla battaglia ad aiutare a prendersi cura dei feriti. Almeno lei si stava rendendo utile. Se avessero deciso di scacciarli, a lei sarebbe stato quasi sicuramente concesso di rimanere.
Avrebbe dovuto riposare, ma Dirsjt non era ancora riuscito a convincerla. Ho bisogno di farlo, gli aveva detto.
Lei aveva un'abilità che poteva sfruttare. Ma lui si sentiva paralizzato. Cosa poteva offrire a Jounan, se non una minaccia?
"Sil." la chiamò. La sua voce uscì più rauca del previsto, e dovette deglutire per andare avanti. "Come sta andando, là fuori?" Se lei era ancora così stanca, significava che c'erano molti uomini e molte donne bisognosi del suo aiuto.
Era una fortuna che non fossero stati tutti sterminati. Ma molti dovevano ancora riprendersi. Non sarebbero riusciti a difendersi nuovamente se ce ne fosse stata la necessità.
Sil gli rivolse appena uno sguardo prima di appoggiarsi alla parete e sospirare. "Meglio di ieri. Credo che sopravvivranno tutti. Se rimarremo ancora in pace per qualche settimana." Dirsjt non volle rispondere. Quante possibilità c'erano che il pericolo fosse passato davvero?
Di sicuro il suo corpo e la sua mente non ci avrebbero mai creduto per molto tempo.
"E ho notato qualcosa." continuò lei, aggrottando la fronte. "Ho analizzato molte ferite in questi giorni. Non sembra esserci niente di insolito. Ma l'odore è... diverso dal normale. Non si tratta di infezioni, ma..." Si fermò e scosse la testa. "Forse mi sto preoccupando troppo."
Dirsjt si accorse che era tornata a fissarlo. Rabbrividì. Lui stava abbastanza bene, e le aveva chiesto di non preoccuparsi della sua salute. Ma non aveva percepito niente di strano su di sé. Forse non aveva la stessa esperienza.
Cercò qualcosa da dire – qualcosa per rassicurarla che almeno i suoi sforzi non erano vani – ma qualunque parola potesse pronunciare fu interrotta da un brusco accesso di tosse.
Sentì qualcosa di solido in gola, e quando riuscì a riprendere fiato, sul suo palmo era rimasto un piccolo grumo scuro.
Spalancò gli occhi e si voltò a guardare Sil. Non sapeva cosa gli fosse appena successo, ma non era normale.
La guaritrice fu subito al suo fianco, e non lo lasciò andare neanche quando riprese a respirare regolarmente, come se non fosse successo nulla. "Hai il loro stesso odore." sussurrò.
Dirsjt tentò senza successo di replicare. Sentiva un sapore ferroso sulla lingua. Non prometteva niente di buono.
Il mondo intorno a lui sembrò iniziare a roteare. Si sedette sul pavimento e cercò di respirare a fondo. Fu scosso da un brivido. Non sapeva cosa gli stesse succedendo. Ma le sue speranze che per lui ci fosse ancora un futuro gli sembrarono, in un istante, ancora più evanescenti.
"Dirsjt..." La voce di Sil tremava in maniera appena impercettibile. Lui cercò di sollevare una mano, fermandola con un cenno prima che si potesse avvicinare. "Trova Mejri." le disse. "Dille di non tornare."
Aveva sempre avuto ragione. Il pericolo non era mai passato.
Mentre lottava per stare sveglio, si chiese quanto ancora avrebbero dovuto pagare per aver cercato di sfuggire alla loro prigionia.
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