Capitolo dieci

Quando Shera tornò a capire quello che stava succedendo, comprese anche che era troppo tardi per tornare indietro.

Non ricordava niente dal momento in cui l'essere umano con cui aveva cercato di comunicare lo aveva attaccato. Era in qualche modo consapevole di essersi mosso, ma non riconosceva il paesaggio intorno a sé. Il cielo che aveva visto l'ultima volta che la sua coscienza si era aggrappato alla realtà era ancora buio, ma ormai l'aria era pervasa da una luce chiara ed evidente.

Adesso era fermo e le urla nella sua memoria si erano spente, lasciando posto al fruscio delle foglie. Rimase immobile, guardandosi cautamente attorno. Non riusciva a capire come fosse arrivato lì.

La sua mente non aveva mai ceduto in modo simile. Se non una sola volta, sedici anni prima.

La piena consapevolezza di quello che era appena accaduto, e di tutto quello che significava, gli tolse il respiro.

Non poteva più tornare. Aveva appena perso l'unica cosa che gli aveva dato la forza di andare avanti per la maggior parte della sua vita.

E sapeva di chi era la colpa.

Balzò in piedi, pronto a combattere un'ultima volta. Avrebbe trovato il modo di staccare la testa a quel maledetto kery. Doveva punirlo.

A causa sua, tutto il dolore era stato vano. Tutto il sangue sulle sue armi aveva perso ogni significato. Perdere Corr non era servito a nulla.

Afayd e Rhiwe sarebbero morti, e tutto perché uno schiavo era stato abbastanza ingenuo da credere che ci fosse una via d'uscita dalla loro condizione.

Era probabile che se ne fosse già andato e lo avesse abbandonato lì a morire di fame, ma lui lo avrebbe trovato e lo avrebbe ucciso anche se fosse stato l'ultimo atto della sua vita. Era tutto quello che poteva fare, ormai.

La sua preda non gli fece compiere neanche lo sforzo di cercarlo. Apparve tra gli alberi all'improvviso. Era ancora distante, ma stava inequivocabilmente guardando lui.

Shera balzò in piedi. Un dolore improvviso al braccio lo fece irrigidire per un momento, ma non lo distolse dal suo proposito. Senza armi forse non sarebbe sopravvissuto alla battaglia, ma non avrebbe accettato che il suo nemico restasse in vita.

Balzò verso di lui, ma non riuscì a colpirlo. Il kery era riuscito a prevedere le sue intenzioni e si era allontanato ulteriormente, restando fuori dalla sua portata. Con un grido di frustrazione si preparò ad attaccare di nuovo, ma l'altro si era già trasformato. L'orso si sollevò sulle zampe posteriori e gli ruggì contro.

Il kamry si fermò. In quella forma non poteva nemmeno scalfirlo, non disarmato.

E anche se avesse capito, una parte della sua mente che avrebbe voluto mettere a tacere continuava a ripetergli che uccidendolo non avrebbe rimediato a quello che era successo. Era troppo tardi ora.

Le sue gambe cedettero e ricadde a terra prima di poterselo impedire. Anche il suo corpo e la sua volontà, che lo avevano mantenuto in vita fino a quel momento, lo stavano tradendo.

Il kery tornò umano quasi immediatamente e solo per un istante a Shera parve che il suo sguardo stesse vagando confusamente nei paraggi. Poi finalmente lo fissò negli occhi.

"Non capisco perché continui ad attaccarmi. Ti ho salvato la vita." disse in kurjt. La sua voce troppo calma gli fece provare il desiderio di lanciarsi su di lui ancora una volta.

"No." si limitò a rispondere freddamente. "Non hai capito niente."

Avrebbe potuto perdonarlo se avesse deciso di fuggire da solo, o se non avesse coinvolto anche lui. Ma così aveva distrutto più vite di quante si fosse illuso di salvare.

"Puoi andartene, se vuoi davvero morire. Ma non ti permetterò di uccidermi dopo tutto quello che ho fatto per arrivare fin qui." lo provocò il kery. La sua voce aveva assunto una nota più profonda. Shera avrebbe preferito non ammetterlo, ma per la prima volta dopo anni era veramente vulnerabile, e se avesse causato la sua ira si sarebbe trovato morto o almeno gravemente ferito prima ancora di avere una vera possibilità di combattere.

"Perché lo hai fatto?" mormorò solamente.

L'altro gli rivolse una breve occhiata prima di distogliere lo sguardo. "Che importa? Ha funzionato."

Shera avrebbe voluto obiettare che il fatto che quasi tutti quelli che lo avevano seguito fossero morti, e che loro li avrebbero seguiti molto presto, rendeva più che evidente il contrario, ma preferì non sprecare fiato a parlare troppo con lui. "Dimmi cosa ti ha spinto a credere che ce l'avresti fatta."

Voleva almeno sapere per cosa la sua vita fosse stata rovinata.

E una parte di lui che credeva di avere ucciso troppi anni prima voleva sapere come avesse fatto uno schiavo come lui a trovare ancora la speranza.

Il kery sospirò. "Ti avverto che se proverai ad attaccarmi mi difenderò a ogni costo." cominciò.

                                                                                                   ...

Lienhe non riuscì a capire le parole provenienti dall'ombra, ma sentiva che dovevano essere rivolte a lui. Le sue ali ancora aperte erano pronte a portarlo lontano da lì, e lui voleva solo obbedire all'istinto e volare. Se un essere umano si era accorto di lui, non sarebbe potuto accadere nulla di buono.

Ma dal tono quelle parole non sembravano una minaccia. Sembravano una supplica.

Si fermò, senza sapere cosa fare. Forse quello era uno spettro. Non riusciva a distinguere nulla se non la sua sagoma, e non vedeva nessun altro lì.

Rabbrividendo, sussurrò una preghiera agli Spiriti, sperando che bastasse a proteggerlo dall'essere che aveva davanti, vivo o morto.

La figura sollevò la testa di scatto. "Sei uno dei figli dell'aquila?" chiese in hiry.

Lienhe si irrigidì, ma ancora non riusciva a convincersi che doveva solo scappare. Non aveva mai sentito un essere umano parlare la sua lingua. Non aveva mai nemmeno creduto che fosse possibile.

"Ti prego..." continuò la figura, alzandosi in piedi. Barcollava e non lo stava guardando direttamente, ma poteva starsi rivolgendo solo a lui. "Aiutami..."

Si era avvicinato a passo malfermo, e non nella direzione giusta, ma finalmente lui riuscì a vederlo.

Nonostante parlasse la sua stessa lingua, non c'erano più dubbi sul fatto che fosse umano. Non aveva ali e la sua pelle era troppo chiara per un hiry.

Era molto magro, e Lienhe si chiese di nuovo se non fosse un fantasma. I suoi vestiti, la sua pelle e gli intricati capelli color sabbia che gli coprivano la testa erano sporchi di terra e frammenti di foglie. Solo quando lo ebbe guardato in faccia riuscì a capire il motivo dei suoi movimenti scoordinati.

I suoi occhi erano fissi e biancastri, completamente ciechi.

Lienhe tacque, ma ripiegò le ali. Non aveva motivo di fuggire. Se l'altro era disarmato e non poteva vederlo, non sarebbe stato un pericolo per lui.

Avrebbe potuto andarsene e lasciarlo lì. Ma sembrava che quel posto fosse abbandonato, almeno per il momento, e quell'uomo non poteva restare solo. Se fosse volato via l'avrebbe probabilmente condannato a morire di stenti, e non avrebbe potuto farlo, neanche a un essere umano.

Si riscosse rendendosi conto che, al prolungarsi del suo silenzio, il respiro dell'uomo aveva iniziato ad accelerare. "Cosa è successo?" riuscì a chiedere alla fine. Usare la propria lingua per parlare con un nemico gli parve innaturale, ma decise di non pensarci troppo.

Il suo interlocutore si rilassò visibilmente nel capire di non essere rimasto solo. "Se ne sono andati tutti." mormorò. "Ma non mi hanno permesso di seguirli..."

Restava una risposta incomprensibile, e Lienhe esitò prima di parlare di nuovo. Si guardò alle spalle, ma non udiva rumori diversi da quelli della foresta. Forse poteva fermarsi per un po'. "Di cosa stai parlando? Come fai a sapere la mia lingua?" continuò senza attendere risposta. Forse quella era una trappola, e l'umano nient'altro che un'esca.

"Alcuni di voi vivevano qui." L'hiry si irrigidì nell'udire la risposta. Non riusciva a capire come un umano volesse provare a comunicare con uno schiavo abbastanza da impararne la lingua, o come uno di loro potesse rispondere al proprio carnefice.

Solo alzando lo sguardo capì che la sua prima impressione lo aveva ingannato. Poteva scorgere delle altre case, costruite sui rami come giganteschi nidi. Non potevano essere raggiungibili da terra, ed erano quasi del tutto identiche a quelle nel suo villaggio.

Ma sembrava assurdo. Non era possibile che hiryn e umani avessero convissuto. Erano stati nemici per troppo tempo, forse fin dall'inizio.

L'umano si era fermato e aveva taciuto per qualche momento, ma riprese quasi subito a parlare. "Dicevano che qui non era più sicuro, che se ci avessero trovati avremmo avuto nemici da entrambe le parti."

Lienhe pensava che quella foresta fosse abbastanza isolata. Non aveva visto molti villaggi o città, né hiryn né umani. E nemmeno molte prigioni. Ma se veramente ci fosse stato un posto che le due specie potessero condividere insieme, la sua esistenza non sarebbe stata accettata a lungo.

Era probabile che il suo interlocutore fosse semplicemente pazzo e avesse immaginato tutto, ma le case che continuava a vedere sembravano troppo reali.

"Hanno deciso di andarsene, ma non sarei riuscito a viaggiare da solo... mi hanno lasciato qui, e ora..." singhiozzò l'umano.

Lienhe sapeva di dovergli stare lontano. L'altro non lo avrebbe attaccato. Non era necessario ucciderlo. Poteva semplicemente fuggire.

Si odiava già per quello che stava per fare.

Raddrizzò la schiena. "Ho del cibo, se vuoi." disse. Aveva cacciato e raccolto da poco il proprio cibo e aveva sperato che bastasse almeno per un giorno, ma rinunciare a una parte non lo avrebbe danneggiato troppo.

L'umano sollevò la testa nella sua direzione. "Davvero?" La sua voce era ancora impastata, e il tono supplicante permaneva.

Lienhe sospirò avvicinandosi a lui. Non poteva costringersi a lasciarlo morire.

Sapeva fin troppo bene che lui non gli sarebbe stato utile in alcun modo e che avrebbe fatto meglio a proseguire il proprio cammino.

Ma si sarebbe fermato comunque per qualche minuto. Avrebbe provato ad aiutarlo il più possibile e poi lo avrebbe lasciato.

Quella era la prima volta che parlava con un essere umano e che addirittura condivideva il proprio cibo con uno di loro. Se uno qualsiasi dei suoi vecchi compagni lo avesse scoperto, avrebbe ucciso entrambi sul posto.

Ma non c'era nessuno a guardarli, lì, il pericolo sembrava ancora lontano, e lui poteva concedersi quel momento.  

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top