L'aria si stava facendo sempre più fredda. Anche mentre il vento lo investiva, Dhnir non rabbrividì, limitandosi a fissare l'orizzonte, verso la strada che doveva ancora percorrere. Era un buon segno.
Se le sue previsioni erano giuste, sarebbe arrivato a casa in poche settimane. La pace che aveva pianto per anni era sempre più vicina.
E con Thadrez al proprio fianco, non aveva più nulla da temere, pensò voltandosi con un sorriso verso l'umana, intenta a riempire i loro otri al fiume che scorreva accanto a loro. Lei lo avrebbe aiutato a sopravvivere, come aveva fatto nelle settimane che aveva passato a prendersi cura di Shera.
Respinse rapidamente il pensiero del kamry, come aveva fatto fin troppe volte in quei giorni.
"Si sta facendo tardi." gli fece notare Thadrez, strappandolo ai ricordi. Anche lei stava sorridendo. "Dovremmo fermarci per la notte. Puoi dormire per primo, se vuoi." Posò accanto a sé il secondo otre, immergendo le mani nell'acqua e passandosele sul viso prima di guardarlo a sua volta con occhi brillanti.
Sebbene non si fosse mai allontanata troppo dalla propria casa, non sembrava che il viaggio le stesse costando fatica. Aveva mantenuto agilmente il passo senza che lui dovesse rallentare troppo per aspettarla, e non si era mai lamentata, anche se il suo fisico non era robusto e resistente come quello del kery. E a differenza di Shera, quando gli aveva parlato, non era mai stato per minacciarlo.
Aveva fatto la scelta giusta a portarla con sé. Non avrebbe sopportato di trascorrere tutti quei giorni a non avere nessuno con cui parlare fuorché se stesso. Non dopo ciò che era successo con Cirhen, e con Shera.
Se solo fosse riuscito a pensare meno spesso a loro.
C'erano momenti in cui il ricordo diventava abbastanza tagliente da risvegliare dentro di lui la volontà di trasformarsi e correre lontano, dove nessuno avesse più potuto trovarlo. Anche ora sentì l'orso prepararsi a emergere, ma riuscì a respingerlo. Non aveva bisogno di spaventare Thadrez.
Se lo avesse fatto, anche lei se ne sarebbe andata. Non avrebbe lasciato che accadesse. Non sarebbe rimasto solo una terza volta.
Avrebbe dovuto dirle addio, ma quel momento era ancora lontano, e per allora sarebbe stato di nuovo tra la sua gente. Quasi ogni cosa sarebbe tornata come prima che venisse rapito. Solo le sue cicatrici e l'assenza di Hjkyan l'avrebbero trattenuto nel passato.
Credeva di essere in grado di sopportarlo. Doveva solo continuare a respirare.
Da quando aveva conosciuto la guaritrice, era meno difficile. Se esisteva un umano che non era suo nemico, aveva più possibilità di salvarsi. E forse c'erano altri come lei, che avrebbero impedito che i suoi simili subissero ciò che era successo a lui.
Al suo posto, Shera lo avrebbe solo rallentato. Anche quando fosse guarito abbastanza da viaggiare, gli sarebbe rimasto ostile. Non sarebbe mai riuscito a proseguire il cammino con lui.
Ma lo avrebbe ancora portato con sé, se solo lui non avesse rovinato tutto.
Non si pentiva di ciò che aveva fatto. Ma se il kamry lo avesse ascoltato, sarebbe ancora stato al sicuro. Senza sapere dove andare, senza essere ancora tornato del tutto in forze, sarebbe morto presto.
Forse in quel momento non erano nemmeno troppo lontani l'uno dall'altro. Ancora una volta, sentì una contrazione dolorosa nel petto quando realizzò che non avrebbe mai potuto rimediare.
"Stai di nuovo pensando a lui." Le parole di Thadrez non erano una domanda. Dhnir si riscosse e si voltò a guardarla, ma non riuscì a replicare. Non avrebbe dovuto lasciarlo trasparire. Shera aveva deciso di lasciarsi alle spalle lui e ogni possibilità di raggiungere il nord insieme. Non aveva nulla da rimpiangere.
Se solo fosse riuscito a spiegare...
Non sarebbe servito. Lui aveva tentato. Shera non aveva voluto ascoltarlo. Ma non era stato in grado di impedire la trasformazione, e questo non lo aveva aiutato a placare il kamry.
"Scusami." si limitò a rispondere. Non poteva lasciarsi frenare dai ricordi. Se era riuscito a giungere fino a lì anche con la memoria del sangue di Hjkyan e dell'ultimo respiro di Cirhen, sarebbe sopravvissuto anche pensando a Shera.
Thadrez tacque, alzandosi e allontanandosi dal corso d'acqua. "Non ti preoccupare. Capisco. Hai fatto molto per tenerlo in vita." Se i ricordi di ciò che aveva fatto per prendersi cura dell'altro la stavano turbando, non lo diede a vedere.
Dhnir strinse i pugni. Aveva sacrificato giorni interi per assicurarsi che Shera non morisse come aveva fatto Cirhen. Così tanti da giungere quasi a fidarsi di lui.
E non era servito a niente.
"Avevo pensato di portarlo con me. Non so dove possa essere ora..." commentò distrattamente, trattenendosi dal dire ciò che credeva davvero. Se non era già nel mondo dei morti, doveva esservi ormai vicino.
"Ma non ha più importanza." concluse con un sorriso forzato, tornando a guardare Thadrez. Non poteva dirle tutta la verità. Shera aveva ripagato la sua gentilezza tentando di ucciderla.
Lui aveva quasi fatto la stessa cosa. Ma era stato prima che capisse che non dovevano necessariamente essere nemici.
Lei, almeno, non avrebbe tentato di attaccarlo. Lo aveva salvato. Aveva fatto più di quanto fosse tenuta a fare, e non importava che il suo scopo fosse soddisfare la propria curiosità, non quando lo trattava come se fosse più di una bestia.
Forse non avrebbe capito quando le avesse detto di ciò che passavano le belve. Shera lo sapeva. Ma non importava più.
Thadrez lo ignorò, iniziando a rovistare nella propria sacca. "Mi dispiace." continuò. "Posso capire perché si sia comportato così. Me lo sarei dovuto aspettare." Spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Ma almeno ho fatto la mia parte."
Lei era una donna libera. Non aveva avuto alcun motivo per aiutarlo, eppure era lì. Doveva essere grato della sua presenza, invece di rimpiangere qualcuno che non gli aveva mai mostrato altro che ferocia nonostante tutti i suoi sforzi.
Se non si fossero mai incontrati di nuovo – se avesse lasciato che gli uomini del loro vecchio padrone lo uccidessero, ora non avrebbe dovuto lottare con i dubbi.
Ma non era mai stato capace di limitarsi a guardare. Non da quando aveva visto Hjkyan morire.
Quando fosse accaduto di nuovo, si sarebbe dovuto semplicemente arrendere. Gli ultimi anni avrebbero già dovuto insegnargli che non era mai stato in grado di salvare nessuno.
Almeno non doveva preoccuparsi di tenere Thadrez al sicuro. Di certo lei sapeva prendersi cura di se stessa, e non era lei quella che rischiava di trovarsi circondata di nemici. Non ancora.
Lei non se ne sarebbe andata.
"E comunque, non ci conoscevamo." si limitò ad aggiungere a mezza voce, dopo un silenzio troppo lungo. Non guardò la guaritrice per capire se lei gli credesse.
Per anni Shera era stato solo una muta temibile figura con cui era stato grato di non scontrarsi. Le settimane che avevano trascorso insieme non significavano nulla. Anche se l'altro aveva imparato di lui più di quanto avesse rivelato a chiunque altro, anche se era stato l'unico a sapere cosa fosse Erui e quali segni lasciasse nell'anima.
Thadrez gli rivolse un sorriso. "Io non me ne andrò. C'è ancora altro che voglio sapere. E tu avrai ancora bisogno di me."
Dhnir non riuscì a fare più che annuire. Sperò che quella fosse una premessa. Sperò che lei non lo respingesse se un giorno le avesse scoperto le proprie cicatrici.
Pregò che questa volta, fino alla fine, ci fosse al suo fianco qualcuno disposto a non farlo crollare.
...
Non poteva essere successo niente.
Da quando era avvenuto l'attacco, Kael continuava a ripeterselo. Non poteva essere accaduto davvero, non in quel modo. I loro nemici non potevano averli raggiunti. Il sacerdote glielo aveva promesso.
Ma le macerie non sarebbero sparite solo perché lui lo desiderava, i morti non sarebbero tornati in vita, e la realtà intorno a lui sembrava sempre più vicina a sfaldarsi.
Iserb era morta. Divorata dalla luce, con i suoi abitanti spazzati via, era solo l'ennesima prova che gli umani avrebbero potuto schiacciarli in qualsiasi momento – e forse ora lo avrebbero fatto. L'abisso non era bastato a proteggerla.
E per lui non esisteva più alcun posto sicuro. Aveva cercato la morte, ma non in quel modo. Non con la consapevolezza che sarebbero stati sterminati tutti.
Domal era salvo, per ora. Ma quanto tempo rimaneva loro prima che giungesse la fine per tutti i mape? Se il mare non bastava a salvarli come aveva fatto fino ad allora, come avrebbero potuto difendersi?
Non sarebbe dovuta andare così. Aveva combattuto perché il suo popolo non dovesse subire più la schiavitù, non per attirare la vendetta.
"Eccoti." Kael si voltò di scatto, riconoscendo gli occhi spenti di Malke. Non tentò neanche di sfuggirle. Non le parlò, ma lei si guardò intorno, osservando le macerie accarezzate dalle correnti. "Avevo detto che sarebbe accaduto."
Aveva avuto ragione lei. E lui era stato troppo assetato di sangue per ascoltare, così come tutti gli altri. Avevano pagato il prezzo.
Non sarebbe successo, se fossero stati più prudenti. Se non avesse messo a tacere i propri dubbi, se avesse tentato di convincere a sua volta i sacerdoti, forse gli avrebbero dato ascolto.
Sapeva che, anche se lo avesse fatto, non sarebbe servito. Ma era quasi del tutto certo che la cenere che fluttuava nell'acqua fosse stata carne e sangue fino a poco prima, e che gli stesse sussurrando che era stato lui a causare la loro morte.
Come aveva fatto con Skitnal.
Quelle anime non avrebbero mai ricevuto pace. Al loro posto, lui l'avrebbe meritato. Era stato un codardo, ed era fuggito invece di affrontare le conseguenze delle proprie azioni. Suo padre aveva meritato la salvezza, ma non lui.
Ma era tardi per rimediare. Presto sarebbe giunto un altro attacco, e non sarebbe stato pronto ad affrontarlo.
"Dobbiamo fermarci." continuò Malke, senza attendere una risposta. "Se saremo fortunati, non chiederanno altri schiavi." Il suo tono era completamente incolore, e non aveva distolto lo sguardo dalla devastazione di Iserb.
Kael si sentì fermare il cuore. Nuotò verso Malke e la afferrò per un braccio, costringendola a guardarlo. "Non possiamo."
Era troppo tardi, ormai. Fermarsi non li avrebbe riportati al sicuro, ora che gli umani sapevano come colpirli. Avrebbero distrutto ciò che non potevano più imprigionare.
Se anche avessero trovato il modo di far cessare i loro attacchi, il prezzo sarebbe stato troppo alto. Nel migliore dei casi, la schiavitù sarebbe tornata. E lui non voleva vivere di nuovo ciò che aveva passato sulla terra. Avrebbe ucciso lui stesso ognuno dei suoi simili per evitare loro quel destino.
"Accadrà di nuovo. Se non ci fermiamo ora." Il tono della ragazza era calmo e gelido. Si liberò con un brusco strattone, senza guardarlo. Kael la lasciò andare. Non si sentiva abbastanza in forze da provare a toccarla di nuovo.
"Accadrebbe lo stesso." si limitò a sussurrare. "Sanno dove siamo." E forse non c'era una via d'uscita. Qualunque cosa avessero fatto, erano condannati.
L'unica scelta che avevano era continuare a lottare.
Anche se si fossero arresi, i loro nemici non si sarebbero fermati. Avrebbero vendicato le loro navi distruggendoli tutti. L'unica cosa che i mape potessero fare contro gli umani era trascinarne il maggior numero possibile con loro verso la fine.
Almeno le ceneri dei morti e i corpi mutilati dei feriti – di quelli che già avevano subito l'attacco, e di quelli che lo attendevano – avrebbero avuto sangue con cui alleviare le proprie sofferenze.
Malke scosse la testa. "Abbiamo una possibilità di non soffrire oltre. Non dobbiamo sprecarla." Kael la vide deglutire nervosamente. "Forse sarà tutto come prima, ma sarà meglio di... ciò che è successo ora. Potremo sopravvivere."
Era una speranza vana, e forse lo sapeva anche lei, ma per un momento lui quasi desiderò crederci.
La verità tornò a trafiggere la sua mente. Non poteva tornare indietro ora. Era già stato un codardo, ma non poteva restare ad attendere la fine senza tentare almeno di vendicare i morti – i suoi, e quelli di coloro che ora stavano piangendo.
Non lascerò che mi catturino di nuovo, si ripromise. Se ne sarebbe andato combattendo. Avrebbe continuato ad assaltare le navi, e se questa volta il fato avesse avuto pietà di lui sarebbe morto dissanguato su un ponte ligneo, invece che bruciato – o peggio.
Sperava di non vivere fino a vedere il giorno della fine della sua specie.
Dubitava che il resto di Iserb avesse intenzione di fermarsi. Almeno, quella distruzione aveva ricordato loro per cosa stavano combattendo.
Se Malke sperava che la pace che desiderava l'avrebbe salvata, si sbagliava. Ma questa volta non riuscì a dirglielo.
"Non sopravvivremo a tutto questo." si limitò a mormorare, e sapeva di avere ragione. Sperava solo che l'agonia fosse breve.
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