7. Guerra di cuori


"Devi cercare dentro di te
Devi trovare quella forza interiore
e tirarla fuori
e scoprire quel motivo
per cui non mollare..."

Si dice che la notte porti consiglio, ma tutto quello che aveva lasciato al povero Emanuele era un feroce mal di testa ripensando alla enorme sciocchezza che il suo cervello aveva partorito, tutta colpa di quegli occhioni verdi e quel sorriso che lo avevano spinto a scegliere finalmente la libertà, anche solo per mera finzione.
Una domanda ronzava fastidiosa come una zanzara nelle notti afose d'estate, come aveva potuto dirle che era un famoso pugile; lui che non era in grado di tirare un pugno decente neanche se si impegnava.
Chi poteva salvarlo se non suo fratello, motivo per la quale si ritrovava a camminare tra le vie del suo  quartiere, alle sei del mattino, con un sigaretta tra le labbra e la colazione tra le mani.
Sapeva quanto Diego fosse suscettibile se svegliato presto e sperava che con quell'offerta di pace non lo avrebbe fatto dannare per tutta la mattina.
Speranza andata in frantumi quando il clacson della sua moto rimbombò tra le pareti delle stradine, seguito subito dopo da varie imprecazioni provenienti dai balconi e dalle finestre delle case accanto alla palestra a cui il ragazzo rispose quasi ringhiando, costringendo gli abitanti a zittirsi immediatamente.

« Buongiorno grande pugile» due occhi azzurri maliziosi fecero capolino dalla visiera del casco «lo sai che non ti serviranno cappuccino e brioche per salvarti vero?!» puntò il suo sguardo sul sacchetto che gli veniva sventolato davanti al naso dal moro e subito l'aroma della crema al pistacchio gli arrivò dritto al naso facendo gorgogliare il suo stomaco.

« Mmm, che c'è ho interrotto qualche bel sogno play boy? Magari su quella ragazza, com'è che si chiama?» scoppiò a ridere quando il suo amico mostrò l'indice medio mentre imprecava peggio di una scaricatore di porto a causa della serranda che proprio non voleva saperne di alzarsi quella mattina, proprio come il proprietario.

« Tu lo sai che sono io, quello che devi affrontare sul ring vero Ema?» si voltò quel tanto che bastava per mostrare il ghigno più mefistofelico che possedesse facendo deglutire il moro accanto a lui. « ti vuoi muovere a darmi una mano o devo aspettare che ti arrivi un invito speciale principino?» sbuffava spazientito da tutta la situazione. Odiava essere svegliato a quell'ora, per una volta che non doveva controllare la piazza, ci pensava il suo migliore amico a tirarlo giù da quelle calde lenzuola e dalle braccia di una rossa tutta fuoco incontrata in un locale la sera precedente  « ci mancava sta cazzo di serranda adesso! Ma che ho fatto di male stamattina!» gli diede un calcio e quella magicamente si sbloccò sotto gli occhi soddisfatti dei ragazzi che poterono finalmente entrare.

La palestra era in penombra illuminata solo dai tiepidi raggi solari che penetravano dalla grande vetrata accanto all'entrata. Il grande ring si ergeva sopraelevato al centro della stanza mentre a suoi lati vi erano sistemati gli attrezzi che servivano agli atleti per allenarsi; grandi sacchi neri erano appesi e pronti all'uso.
Emanuele osservava tutto ciò con un sguardo a metà tra lo schifato e lo spaventato e ancora una volta si maledì per aver ideato quel piano così idiota. Sbuffando appoggiò il suo borsone su una sedia li vicino, osservando il suo migliore amico che si stava ingozzando con la colazione seduto sui gradoni d'acciaio che conducevano al quadrato; sogno e disperazione di tutti i pugili.

« Sei il solito maiale!» alzò gli occhi al cielo rassegnato al "bon ton" del suo amico, ancora si chiedeva come facesse ad avere tutto quel successo con le donne « bah, mistero!» si sedette sulla panca appoggiando i gomiti alle gambe, continuando ad osservarlo stringendo gli occhi come quando si ha davanti un equazione che proprio non si riesce a risolvere.

« Hai... Detto...Qualcosa?» si leccò le ultime briciole dalle dita sotto lo sguardo schifato di suo fratello « Sai quante vorrebbero essere al tuo posto in questo momento e godere di questo spettacolo privato?» ed ecco che compariva quel ghigno malizioso che tanto gli dava ai nervi, ma che faceva strage di donne « tu ancora non hai capito quanto rischi vero principino?» si avvicinò prendendogli la testa sotto braccio e un luccichio malefico illuminò quelle distese ghiacciate che incantavano ogni essere di genere femminile o almeno era quello che sbandierava l'erede dei Mallardo «prendi!» prese dal suo armadietto le fascette che era abituato ad usare per proteggersi le nocche e gliele lanciò « sai come usarle vero? Mettile, io intanto vado a prendere i guantoni» si diresse all'interno dello spogliatoio fischiando, pregustando già la vendetta per averlo tirato giù dal letto a quell'ora indecente della mattina.

L'erede dei Cimmino si alzò di malavoglia dalla sedia, per prima cosa tolse la maglietta nera che indossava scoprendo un addome scolpito e i tatuaggi ricoprivano parte del suo corpo tracciando in modo indelebile gli eventi più significativi della sua vita.
Lo specchio rifletteva la sua figura e si perse pochi secondi a guardarsi allo specchio, il torace abbronzato e muscoloso faceva bella mostra di sé e un ghigno spavaldo e vanitoso comparì sul suo volto spento subito dalla visione di un grosso livido sul costato.
Con mano tremante lo toccò e subito le immagini della sera precedente gli comparirono davanti, poteva ancora sentire le urla di suo padre rimbombare nella sua testa, il freddo e la durezza del muro sul quale era stato sbattuto e solo un nome si ripresentava come un ritornello di una canzone... Black Rose. Chi sei?
Per fortuna ci pensò la voce roca di Diego a distoglierlo da quei brutti pensieri e farli ritrovare il contatto con la realtà.
Un paio di guantoni neri  volarono tra le sue mani e così senza perdere tempo li indossò per poi salire oltrepassando le corde bianche ritrovandosi al centro del ring.

« Allora Stefano...» lo canzonò divertito dalla situazione, Emanuele sembrava così piccolo su quel quadrato, spaventato come un cervo davanti ai fari di una macchina « ma poi che cazzo di nome è Stefano, non ne potevi scegliere uno più decente?» incominciò a girare in tondo attorno al moro, studiando le possibili mosse del suo avversario, anche se in questo caso sarebbe stato facilissimo prevederle e schivarle.

« La prossima volta le dico di aspettare così poi decidiamo assieme eh! Dovevo far in fretta idiota!» se il suo sguardo avesse potuto incenerire, Diego a quest'ora sarebbe stato cenere.

« Scommetto che se le dicevi un altro nome, tipo Diego, la rossa non scappava! Come si può fuggire davanti ad un nome così bello e regale come quello del Pibe de oro!» si pavoneggiò come suo solito sotto gli occhi allucinati del suo migliore amico. Aveva più aria lui che tutti i palloni dello stadio Maradona.  « inutile che cerchi di fulminarmi con lo sguardo, la cazzata l'hai combinata tu! E come al solito io ti devo tirare fuori dai casini!» avanzò di un passo per poi rifilargli un montante dritto nel plesso solare « alzati, abbiamo appena cominciato! Non ti preoccupare di quel livido a fine allenamento ne avrai così tanti da non farci più caso!» ghignò in direzione del moro in ginocchio che tossiva in cerca d'aria, quello era il suo modo contorto per aiutarlo a non pensare a Don Salvatore « ma poi perché non hai detto semplicemente la verità? Insomma mica sei figlio di un pescivendolo!» appena in piedi il moro tentò di sferrare un pugno al suo volto rimediando un pugno sul costato basso che lo costrinse ad arretrare verso le corde, in modo tale da mettere quanto più spazio possibile tra lui e il suo "carnefice".

« Oh, time out! Vorrei ancora camminare dopo questo allenamento Mallardo!» si appoggiò alle corde prendendo quanto più fiato possibile, osservando l'amico che saltellava sui piedi con quella faccia da schiaffi  e quel sorrisino che se avesse potuto gli avrebbe cancellato a suon di pugni. Sembrava che l'allenamento non l'avesse minimamente scalfito, ma come diavolo faceva?
« magari, tutto sarebbe più facile che spiegargli di essere l'erede di uno dei clan più forti della città e che il male di Napoli è la mia famiglia!» sospirava sopraffatto dalla spada di Damocle che pendeva sulla testa « sai Diego per una cazzo di volta volevo essere solamente una persona normale, senza che l'ombra di mio padre distruggesse tutto come fa ogni volta! Ecco perché mi sono inventato questa menzogna!» con rabbia si sfilava i guantoni, tirando i lacci con i denti sotto lo sguardo compassionevole di suo fratello che si sedette accanto a lui sapendo quanto i loro padri condizionassero la loro vita.

« Deve contare tanto questa sirenetta per sfidare tuo padre in questo modo» gli scompigliò i capelli come quando erano bambini, sentendo la risata di suo fratello il suo cuore divenne più leggero. « va bene, Ste! Ti aiuterò, non ti preoccupare organizzeremo tutto alla perfezione, ma tu però devi davvero imparare a combattere se no la tua rossa se ne accorgerà subito che le hai mentito!» gli diede un pugno sulla spalla in modo scherzoso « scommetto che nonna Anna colpisce più forte di te!» fece leva sugli addominali e con un balzo fu subito in piedi « alzati mezza sega che abbiamo tanto da lavorare se vuoi che la tua bella caschi ai tuoi piedi!» gli allungò il braccio per aiutarlo ad alzarsi. « comunque Diego rimane il nome più bello!» la risata di entrambi rimbombò tra le pareti  in quella strana mattinata dove ancora una volta il loro legame fraterno diveniva sempre più forte e saldo.

Ad interrompere quel momento di spensieratezza ci pensò il suono di un cellulare che prese a squillare risuonando tra le mure della palestra e i due ignari di tutto si avvicinarono ai borsoni cercando di capire a chi appartenesse.

« Muoviti fra, magari è la tua biondina che ti sta cercando...» lo spinse verso il suo borsone canzonandolo per poi attaccarsi alla bottiglia d'acqua e finirla in un secondo.

Diego per un attimo era rimasto davvero pietrificato davanti allo schermo del suo cellulare, la sua faccia divenne davvero pallida iniziando a sudare freddo tanto che le piccole goccioline di sudore scendevano imperterrite sul suo viso. Che cosa vuole a quest'ora?

«Razza di rincoglionito, torna subito a casa che dobbiamo parlare, muoviti!» la voce di suo padre imbestialita rimbombava tra le pareti della palestra, tanto che dovette allontanare il telefono dall'orecchio per non diventare sordo.

Bastò un semplice sguardo ed Emanuele comprese immediatamente che suo fratello doveva tornare a casa per raggiungere la persona più importante della sua vita; suo padre.
Correva all'impazzata con la sua pantera nera lasciando dietro di sé i vicoli stretti e tortuosi dei Quartieri Spagnoli per raggiungere la villa dei Mallardo. 
Il suo respiro era sempre più affannoso, i battiti del cuore più accelerati lo rendevano ancora più nervoso, oramai si era estraniato dall'intero mondo, per lui ora esisteva solo le parole di suo padre che
rimbombavano nella sua mente. Sentirlo agitato in quel modo gli faceva sempre un brutto effetto.
Sicuramente preferiva starsene lì a divertirsi con suo fratello invece stava correndo tra le stradine di campagna cercando di arrivare il più presto possibile
a casa sua, anche se aveva già capito dal tono di voce di suo padre che non sarebbe stata una conversazione piacevole.

Il percorso per raggiungere la sua abitazione sembrava più corto del solito, appena arrivato parcheggiò la sua moto nel cortile di casa e subito corse da suo padre.
Appena varcata la soglia poteva già sentire le imprecazioni di sua madre Rosa che non gli riservò un bel rientro, ma anzi si scagliò sul figlio.

«Maledetto quel giorno che ho sposato tuo padre!» la sguardo di sua madre comparì davanti al suo viso, facendogli spalancare gli occhi « non bastava lui, ma ora anche tu hai intrapreso questa vita di merda!» come una furia, con il cuore dilaniato, colpiva il torace del figlio con le sue esili mani chiuse in piccoli pugni « sei la delusione di tutti i figli del mondo, mi fai schifo!» cercò di farlo sentire una nullità tentando inutilmente di allontanarlo da quella vita.

«Mamma per favore non ricominciare a rompermi tu con le tue solite morali del cazzo!» abbassò i suoi occhi di ghiaccio osservandola nel modo più cinico che suo padre gli avesse insegnato per poi prenderla per le braccia spingendola contro la parete, trattandola come una cosa vecchia senza importanza.

La signora Rosa era davvero stanca di questa situazione, non ne poteva più, non immaginava minimamente di poter vivere un inferno del genere. Lei aveva sempre sognato una famiglia bella ed unita dove poteva manifestare tutto l'amore verso suo marito ed i suoi figli, ma purtroppo non era stato possibile.
Più i giorni passavano più lei iniziava a ripudiare suo marito e dopo un pò anche suo figlio visto che aveva preso le stessa strada del padre; ormai sapeva che divorziare era davvero difficile.
Troppo tardi aveva capito di aver sposato l'altro Boss più importante di Napoli; Don Antonio Mallardo.

Diego saliva le scale di casa per raggiungere suo padre; l'ansia lo stava letteralmente divorando e lui continuava a essere sempre più nervoso. Arrivato davanti alla porta dello studio prese un bel respiro ed aprì la porta entrando nella stanza.
La figura di suo padre era lì in piedi davanti alla vetrata che gli permetteva di osservare la sua bella città. Il Vesuvio dominava Napoli come un padre attento proteggeva i suoi figli e il mare azzurro si confondeva con il cielo creando uno spettacolo di rara bellezza che tutto il mondo invidia.

« Diego gli affari come stanno andando?>> lo spiazzò con questa domanda per poi voltarsi verso di lui e fargli cenno con il capo di andare lì accanto a lui.

«Papà stanno andando bene, stiamo vendendo tanta di quella roba che tu non hai idea» rispose in modo confuso,  cercava di studiare suo padre cercando di capire dove volesse andare a parare.

«Stanno andando bene gli affari eh?» gli appoggiò la mano sulla spalla e sorrise nel modo più finto che gli avesse mai visto fare. «Diego e allora vedi che non sai un cazzo, mentre tu stai a perdere tempo insieme a quell'idiota di Emanuele, c'è un'altro clan che si sta fottendo sia la roba e sia la zona nostra e fammi capire tu dove cazzo stai?!!>> con una rabbia soprannaturale gli afferrò la faccia  con le mani grandi tanto da farlo spaventare.

« Papà aspetta, posso spiegare...» Diego cercò di farlo ragionare. Era seriamente preoccupato, aveva paura di aver messo in discussione la fiducia di suo padre e non solo, pensava che così facendo avesse tradito anche la fiducia di Don Salvatore tanto da indurlo a pensare che si potessero sbarazzare di lui.

«Ora sai bene cosa devi fare!» lo afferrò per il colletto della giacca di pelle che indossava « vai in quella fottuta zona e gli fai capire a quel clan di merda che nessuno fotte i Mallardo! Devono assolutamente capire chi comanda qua!» lo strattonò con violenza accompagnandolo davanti all'uscita del suo studio.

« Tranquillo Papà non ti deluderò! Quei bastardi la pagheranno per bene» con  coraggio guardò fisso negli occhi suo padre.

«Diego questa è la tua possibilità per dimostrarmi che ci sai fare e che non sei una delusione, altrimenti sai bene la fine che ti aspetta! La casetta abbandonata ti attendo e tu lo sai che lì, non avrai un bel trattamento» con queste ultime frasi trafisse il cuore del suo povero figlio, che tutto voleva tranne che deluderlo.

Il moro era veramente arrabbiato e deluso doveva portare in alto il nome della sua famiglia, del suo clan, così non perse altro tempo e se la svignò di corsa, non salutando nemmeno la madre che nel vederlo andar via di corsa continuava a piangere appoggiata al tavolo in legno della cucina.
Salì di corsa sulla sua pantera nera per raggiungere i suoi scagnozzi nella sua famosa zona.
La pantera nera andava a gran velocità tanto che arrivò subito sul posto, chiamò i sui scagnozzi e li fece riunire tutti attorno a lui.

«Che Cazzo è sta storia? E voi vi fate rubare le cose dal vostro piatto? Voi appartenete al clan dei Mallardo e dei Cimmino e dovete portare in alto questi due nomi, Napoli è nostra e chiunque osa ostacolarci sarà fatto fuori!» fulminò tutti i suoi scagnozzi con le sue freddissime parole, era completamente infuriato e non voleva assolutamente perdere né il posto e né la vita.

«Diego tu hai perfettamente ragione, ma ancora dobbiamo capire chi sono! Questi bastardi vengono la sera tardi, appena noi lasciamo la zona e si fottono le nostre cose!» un ragazzo basso e tarchiato
rispose in modo ingenuo facendogli ribollire il sangue nelle vene.

«Non me ne frega un cazzo, ora voi la zona non la lasciate per niente va meglio così Gaetano?» un ghigno sarcastico comparì sul suo volto facendo deglutire i suoi scagnozzi, consapevoli di quanto non fosse una buona idea farlo arrabbiare.
« e soprattutto a costo di mettere la città sotto sopra, dovete capire chi sono questi pezzi di merda, perché qui mi serve la loro testa non la mia!» urlò davvero imbestialito tanto che si potevano vedere le vene che pulsavano dal suo collo.

I suoi scagnozzi subito obbedirono ed iniziarono così a pianificare un loro piano da poter incastrare quest'altro clan che gli stava creando davvero seri problemi, mentre Diego dopo la sua piccola sfuriata, salì nuovamente sulla sua moto e si allontanò dalla sua zona per raggiungere proprio lei.
Dopo una giornata del genere aveva bisogno di qualcuno che lo facesse sentire in paradiso e l'unica
era la sua piccola Sofia con il sorriso più dolce di un angelo.

Angolo autori...

Buonasera splendori!
Eccomi qui con tante novità, la prima su tutte è il ritorno del mio co-autore del libro. 🥳
Infatti i più attenti noteranno che ho scritto angolo autori XD
Come non festeggiare questo ritorno con questo capitolo bomba e una copertina ancora più bella? 😍😍 per questo ringraziamo dragy2002 🙏🏻💜
Ritroviamo Emanuele in un ring, lui che non sa tirare nemmeno un po' pugno XD e infatti le prende da Diego, il ragazzo è un po' nervoso, insomma c'è da capirlo era tra le braccia di una rossa niente male! 😱😱
E Sofia?? Bah questi uomini...
Ema chiede aiuto all' aiuto a suo fratello per mantenere questa bugia... Ma lo sanno tutti che le bugie hanno le gambe che cosa succederà quando Elettra scoprirà tutto?!
Diego che dopo aver consolato e sbatacchiato suo fratello deve correre a casa perché suo padre l'ha chiamato con un tono di voce molto calmo XD
Ed ecco che scopriamo due personaggi importantissimi per il corso della storia. I genitori di Diego:
Don Antonio Mallardo, boss che gestisce assieme a Don Salvatore Cimmino i traffici della città di Napoli.
Rosa, la mamma di Diego, ingannata, delusa dal modo di vivere in quella famiglia. Lei che sperava un futuro gioioso si ritrova in questa gabbia dorata con figlio e marito, non solo camorristi, ma anche elementi di spicco della famiglia. Suo marito è il boss e suo figlio è il suo braccio destro, futuro capo della famiglia Mallardo. 😭
Diego scopre da suo padre che in città c'è un clan che sta cercando di rubare il loro territorio e gli dice che se ne deve occupare lui... presto ci sarà un guerra?? 🤔🤔
E per non farci mancare niente indovinate il nostro enigma preferito dove va dopo la sfuriata a suoi scagnozzi? E certo dalla nostra Sofia!!! Chi lo capisce è bravo... XD
Ed ecco i prestavolto utilizzati per Don Antonio e Rosa:

Don Antonio Mallardo aka Fortunato Cerlino

Rosa aka Maria Pia Calzone


Come sempre ringraziamo chi legge, commenta e stellina la nostra storia... Grazie di cuore, non ci resta che vi invitarvi a seguire la nostra pagina su instagram:
il_codice_dell_innocenza con foto, edit, spoiler sui personaggi della storia.
A domenica prossima con l'ottavo capitolo.

Mari
Kekko

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