5. Come Yin e Yang



"Giusto o sbagliato,
nero o bianco,
se chiudo gli occhi
fa lo stesso..."

Le moto di Diego ed Emanuele sfrecciavano lungo le strade di una Napoli che si stava addormentando, le luci si riflettevano sul vetro del casco integrale nero che entrambi portavano.
Persi tra i loro pensieri il rombo delle moto sembrava solo un eco lontano.
La voce di Don Salvatore al telefono era stata perentoria e a tratti rasentava l'isteria segno che qualcosa di grosso era appena successo.
Il tragitto che divideva il lungomare e i quartieri spagnoli non era stato mai così corto,parcheggiarono le moto davanti alla villa e si diressero dentro casa, ma non prima di essersi lanciati uno sguardo d'intesa che aveva dato forza ad Emanuele di affrontare quegli occhi così glaciali e spietati che appartenevano a suo padre. Varcata la soglia e percorso il lungo corridoio, dove già si potevano sentire le urla del boss, incontrarono la figura quasi angelica di Nunzia che riservò una carezza dolce ad entrambi i ragazzi e un sorriso triste si dipinse sul suo volto diafano.

« State attenti ragazzi per favore! Ema soprattutto tu non farlo arrabbiare e non contraddirlo, è nero questa sera!» si avvicinò al suo bambino per lasciargli un dolce bacio sulla fronte come a proteggerlo da tutti mali del mondo.

« Va bene ma, tu vai a letto adesso, hai gli occhi stanchi. Buona notte!» la abbracciò stretta tra le sue braccia ormai di uomo, stretta come se quell'abbraccio potesse sistemarle quel cuore andato in pezzi tanti, troppi anni fa per essere aggiustato.
« mamma...Ti voglio bene!» sorrise imbarazzato incontrando gli occhi lucidi di sua madre e un sorriso dolce colorò le labbra della donna che si strinse ancora di più al suo adorato bambino.

« Anch'io tesoro! Diego mi raccomando cercate di stare lontano dai guai!» allargò il braccio per catturarlo nel loro abbraccio speciale, gli voleva bene quasi fosse suo figlio. Si ricorda ancora quando lei e la sua migliore amica si ritrovavano al parco con i loro piccoli; guardarli giocare le aveva sempre riempito il cuore di gioia e amore.

« Certo Nunzia, ci penso io al principino! Buona notte e sognami!» non fece in tempo a mettere su la faccia da don giovanni consumato che gli arrivò uno schiaffo sulla nuca dal suo migliore amico che lo fulminò con lo sguardo, mentre la risata divertita si espandeva tra le mure della casa arrivando alle orecchie perfino di suo marito, che sbuffò infastidito e innervosito.

« Andiamo idiota e prega che mio padre non ti abbia sentito!» lo tirò per la giacca di pelle scuotendo la testa ormai rassegnato alle sue uscite da play boy consumato.

Percorrevano in silenzio il corridoio che li avrebbe condotti davanti allo studio di suo padre, l'ansia sembrava aumentare passo dopo passo, l'aria si faceva sempre più tesa. I muscoli dei ragazzi erano rigidi fino allo spasmo, i sensi tutti in allerta, il cuore batteva all'impazzata chi di adrenalina, chi di paura e il respiro rimaneva intrappolato nella gola.
La porta grande in noce si trovava davanti ai loro occhi, Emanuele con mano tremante la aprì rivelando le figure di suo padre seduto sulla sedia di pelle e i suoi scagnozzi in piedi davanti alla scrivania.

« Finalmente ci avete degnato della vostra presenza, vi stavamo aspettando da un po' non è vero ragazzi?» li fulminò con lo sguardo per poi fargli un cenno con il capo di sedersi sulle sedie davanti a lui.

« Buonasera papà! Scusaci ma eravamo sugli scogli del lungomare.» prese coraggio e parlò guardandolo negli occhi. Il verde limpido che scompariva inghiottito dal nero pece, dalla cattiveria che trasudava quello sguardo che tutto avrebbe dovuto fare tranne guardare il figlio in quel modo.

« E lo sai che cosa è successo a papà, mentre voi eravate a fare i coglioni cercando di entrare tra le cosce di qualche sgualdrina che era li?» con una calma glaciale si alzò dalla sedia per poi avvicinarsi a suo figlio con una luce luciferina nello sguardo che mozzò il respiro al povero Emanuele. « uno stronzo ha passeggiato per il MIO territorio e ha fatto un cazzo di disegno sulla parete del capanno di fronte a casa!» lo afferrò dal colletto del giubbotto quasi a volerlo strozzare.

Un ghigno sadico comparì sul suo volto quando Diego cercò di mettersi in mezzo per proteggere suo fratello, ma venne prontamente afferrato da due suoi uomini che lo bloccarono con la faccia ai suoi piedi.

« Adesso, sapete cosa dovete fare? Uscite fuori su quelle cazzo di moto che io e tuo padre vi abbiamo comprato e mi trovate l'artista e lo portate al vecchio capanno! Sono stato abbastanza chiaro Ema?!» lo spinse con forza verso la porta facendogli sbattere la testa sul legno duro e un lamento fuoriuscì dalle labbra del ragazzo.

« Ci pensiamo noi» Diego alzò lo sguardo per quanto gli fosse possibile vista la posizione. Il boss allentò la presa dal collo di suo figlio e puntò il suo sguardo infuocato addosso all'erede dei Maillardo, con un cenno fu lasciato di rimettersi in piedi « Don Salvatore non si preoccupi le porteremo la testa di quest'infame!» si schiarì la voce resa roca a causa del ginocchio premuto sulla schiena, lanciando un sguardo all'amico che ancora si trovava tra le mani del padre.

« Oh non sono io quello che si deve preoccupare, ma tu! Non vorrei dover rompere un'alleanza per una cazzata del genere non è vero?!» lasciò definitivamente la presa sul figlio per tornare seduto sulla sua comoda sedia e guardare negli occhi i due ragazzi che adesso erano vicini davanti alla scrivania in mogano come davanti ad un plotone d'esecuzione; questa era la sensazione che si provava a star difronte al boss di Napoli. « e poi la cravatta nera non mi sta bene vero?» ghignò sadico verso il suo braccio destro « adesso fuori dalle palle e non tornate finché non trovate Black Rose!» con un pugno colpì la scrivania innervosito dallo sfregio che avevano osare fare a casa SUA; chi era così folle da volerlo sfidare? L'unica cosa certa era quello che gli avrebbe fatto quando l'avrebbe avuto tra le mani.

Emanuele e Diego non persero tempo ed uscirono dallo studio, percorsero il lungo corridoio a grandi falcate per poi respirare a pieni polmoni appena usciti dalla villa. Non dissero una sola parola, salirono sulle loro moto e sfrecciarono via nella notte, mentre Nunzia li osservava dalla finestra della camera da letto pregando che tornassero sani e salvi a casa loro.
Le moto andavano a gran velocità, quasi volessero mangiare l'asfalto che stavano percorrendo, il vento scompigliava i capelli donandogli un senso di libertà contrapposta a quella di asfissia provata pochi minuti prima.
Arrivati in piazzetta Diego afferrò il cellulare dalla tasca del giubbotto di pelle e con movimenti nervosi compose i numeri dei suoi sottoposti. Dopo neanche un quarto d'ora il rombo di una decina di scooter e moto irruppe nella notte così Diego si alzò dalla sua pantera nera, gli occhi glaciali freddi come la lama di un coltello aspettavano trepidanti i ragazzi, mentre Emanuele rimase in disparte come suo solito.

« Ascoltatemi bene! Lo sapete che non amo ripetermi!» incrociò le braccia al petto e li trapassò con lo sguardo da parte e parte incutendo timore e rispetto nei suoi scagnozzi che scattarono sull'attenti come perfetti soldatini.  « chiedete a tutti quelli che conoscete! Rivoltatemi la città non me ne frega un cazzo! Ma trovatemi questa cazzo di persona che si diverte ad imbrattare i muri del quartiere con le sue patetiche morali da quattro soldi!» urlò a pieni polmoni con l'adrenalina che scorreva veloce nelle sue vene e quel ghigno sadico marchio di fabbrica di suo padre.

I suoi sottoposti annuirono e con il fuoco negli occhi si cominciarono a disperdere per le via di Napoli, Emanuele che era rimasto in disparte fino a quel momento, si avvicinò all'amico porgendogli una sigaretta e stringendogli la spalla come per riportarlo alla realtà; perché la verità era che a Diego piaceva essere un camorrista, amava sentire l'adrenalina scorrere nelle vene quando teneva  in mano la pistola. Si sentiva onnipotente e questo era la migliore droga che avesse mai provato e la più letale.

« Ema dobbiamo cercare sto stronzo anche noi! Dobbiamo trovarlo e portarlo a tuo padre! Ma prima passerà sotto i miei pugni quel figlio di una cagna!» accese la sigaretta inspirando a pieni polmoni la nicotina per cercare di rilassarsi.

« Diego, mi fai paura a volte! Devi calmarti, tra un po' la vena sul collo esplode! In queste condizioni non vai da nessuna parte!» lo fece sedere di forza sulla panchina di pietra e lo guardò negli occhi. Quegli occhi dolci di quando erano piccoli erano spariti lasciando il posto ad uno sguardo freddo e glaciale come una lastra di ghiaccio.

« Forse non hai capito bene, è o la sua di testa o la nostra! Quindi risparmiati le prediche da buon samaritano del cazzo, alza il culo e vallo a cercare, non ho bisogno della balia!» si alzò stizzito dalla panchina per poi salire sulla sua moto e allontanarsi da suo fratello che lo osservava allontanarsi con un peso sul cuore e gli occhi lucidi di rabbia.

*****
Le luci dell'alba si stagliavano sui grattacieli e sui palazzi antichi della città, Sofia camminava con la solita testa tra nuvole e le immancabili cuffie alle orecchie. Il borsone della palestra dondolava sul suo fianco seguendo il suo passo, i capelli lasciati sciolti svolazzavano finendo molte volte a coprirle gli occhi azzurri prontamente sistemati da uno sbuffo proveniente dalle labbra colorate questa volta da un rossetto rosso scuro facendole sembrare due ciliegie mature. Il cappuccino nella sua mano destra rilasciava un inebriante aroma di caffè che istantaneamente la faceva sorridere, come ogni mattina si stava dirigendo verso la palestra per provare il suo assolo prima che le altre ragazze arrivassero.
Quando improvvisamente la sua attenzione venne distolta da un rombo di una moto che le fece mancare un battito, si voltò riconoscendo nel guidatore Diego.

« Diego!» come mosso da una volontà propria il suo corpo si mosse da solo alzando la mano in alto e palesando la sua presenza al ragazzo che frenò immediatamente.

« Sofia...» rivederla gli aveva mozzato il respiro e fatto fare al suo cuore di ghiaccio una capriola involontaria. Parcheggiò la moto accanto al marciapiede e scese per salutarla. « buongiorno raggio di sole, come siamo mattutine! Che fai in giro da sola e soprattutto con solo un cappuccino in mano?» si avvicinò veloce e gli lasciò un bacio sulla guancia che imbarazzò la povera ragazza sentendo le guance andare a fuoco, mentre lui ghignava divertito da quelle reazioni così spontanee e infantili diverse da quelle che avevano le donne che frequentava di solito.

« Buongiorno, sto andando in palestra, il lavoro mi chiama! E questo cappuccino è la mia colazione» si perse dentro quelle iridi così magnetiche e profonde come il mare non sentendo le parole successive del moro che la risvegliò prendendole la mano e accarezzandole il dorso. « eh? Hai detto qualcosa?» scosse leggermente la testa per ritornare con i piedi per terra e per cercare di ritrovare un po' di raziocinio perduto tra quelle sfumature marine.

« Ho detto di aspettarmi qui un secondo! Arrivo subito!» lasciò quella mano così delicata e piccola rispetto alle sue grandi e rudi per poi dirigersi verso il bar che aveva adocchiato durante il giro di perlustrazione precedente.

Aprì la porta seguito dal tintinnio del campanello che avvisò il proprietario del suo arrivo. Immediatamente venne investito dal profumo di paste, croissant caldi e dolci vari che gli fecero brontolare lo stomaco, così a passi spediti si diresse al bancone ordinando due brioches calde e fumanti una per sé e l'altra per Sofia che lo aspettava dal lato apposto del piccolo bar. La poteva vedere benissimo dalla vetrata, la sua ballerina, che cercava di darsi una sistemata a quei capelli biondi come il grano d'estate e si stirava con le mani le pieghe inesistenti del maglione azzurro che portava quella mattina. Sorrise intenerito a quella scena, lui non era abituato a quelle scene, le donne si buttano a dosso senza pudore solo per ottenere favori dalla famiglia.
« cazzo! La caccia! Ma quale incantesimo usi ogni volta per farmi dimenticare ogni cosa?» sospirò alzando gli occhi al cielo per le cazzate appena dette, lui era l'erede della famiglia Maillardo non c'era spazio per ragazze come quelle l'avrebbero distrutta senza se e senza ma. Pagò consapevole della realtà e si diresse da Sofia e da quel sorriso dolce come il miele che lo fecero barcollare mentalmente ancora una volta.

« Eccoti, che cosa hai fatto in quel bar?» le chiese occhieggiando le buste curiosamente.

« Prendi! Non puoi non mangiare per tutta la mattina ballerina! Non vorrei che in mezzo a tutte le tue giravolte svenissi per terra...» le porse il sacchetto con la brioche fumante e lei si perse ad osservarlo con aria sognante prima di gettarsi tra le sue braccia felicissima di quella piccola premura nei suoi confronti. « Grazie» lo sussurrò al suo orecchio come un segreto da proteggere mentre lui per pochi secondi rimase interdetto e stordito da quel profumo di vaniglia proveniente dalla sua figura, per poi ricambiare la stretta e stringersela stretta al petto nascondendo il suo volto tra quei capelli cosi lisci e profumati.
Si forse la caccia poteva aspettare un altro po' ...

« Ti accompagno in palestra su sali ormai non dovresti più avere paura!» spezzò quel momento prima di perdere del tutto il senno, si allontanò da quel corpo caldo e da quelle braccia sentendo immediatamente il freddo di quella giornata.

« Ha-ha che spiritoso! Io non ho paura sei tu che sei un pazzo alla guida!» colpì il suo bracciò con un pugno, facendosi male alla mano mentre lui se la rideva bellamente.

« Dai tigre sali o farai tardi!» la tirò per un braccio per poi allacciargli con premura il casco sorridendo alle guance rosse che non volevano abbandonare il suo volto. « hai bisogno di una mano per salire?» ghignò divertito al ricordo di quella giornata trascorsa insieme tra le vie del suo quartiere.

« No, ce la faccio benissimo ... ma tu vai pia...» non riuscì a finire la frase che si ritrovò avvinghiata al corpo di Diego per non cadere all'indietro e gli occhi chiusi per la paura mentre in strada rimbombava la sua risata divertita. Maledetto...

Si, forse la caccia avrebbe potuto aspettare altri 5 minuti in fondo non sarebbe morto nessuno no?!

Angolo autrice...

Buonasera splendori! Lo so, sono in ritardo ancora una volta, ma in fondo il ritardo è donna no?! XD
Vabbè vi chiedo immensamente scusa e spero che questo capitolo vi piaccia così tanto da non volere chiedere la mia testa su una picca! XD
Vabbè bando alla ciance e partiamo un po' con l'analisi di questo capitolo.
Abbiamo fatto la conoscenza ancora meglio della crudeltà del boss di Napoli, che adirato per la scoperta del murales se la prende con il figlio... spregevole!
Vuole la testa di Black rose oppure prendere la testa dei ragazzi perché ritenuti incapaci di gestire il territorio!
Ritroviamo la dolce mamma di Ema che si abbraccia i due ragazzi e scopriamo che Diego è il figlio della sua migliore amica.
Era proprio destino che diventassero fratello questi due! 😍
Diego richiama i suoi scagnozzi e vediamo un lato freddo, glaciale, il camorrista per eccellenza si palesa davanti agli occhi di Ema che cerca di farlo ragionare, ma ottiene l'effetto contrario e arriva la prima lite tra i due.
Intanto ritroviamo Sofia che sta andando in palestra, tutta sorrisi e testa sulle nuvole XD e chi incontra se non il bel tenebroso per eccellenza? Diego che mostra un lato dolce e quasi premuroso prendendogli una brioche perché non la vuole vedere svenire 😍
La bionda lo sta mettendo palesemente in confusione voi non credete? XD
Come sempre aspetto se vi va le vostre considerazioni e teorie su cosa sta succedendo e su cosa succederà XD
ringrazio di cuore chi dedica parte del suo tempo alla storia e vi invito come sempre a seguire la pagine su instagram: il_codice_dell_innocenza dove troverete edit, foto, spoiler e tanto altro ancora!

Alla prossima domenica... 💜

Mari

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