11. Operazione Belva



"...C'è un momento nelle tue ossa,
quando il fuoco prende il sopravvento
il sangue sta scorrendo,
il cuore sta pompando
mentre la battaglia
si avvicina..."


I raggi di luna penetravano dalle grande portafinestra che dava sul salotto vista mare della grande villa nel quartiere di Posillipo. Giuseppe si trovava seduto sulla sua comoda poltrona facendo zapping tra i vari canali televisivi,accanto a sé sul piccolo tavolino in legno c'era una tazza di ceramica Capodimonte con del tè verde al suo interno. Peccato che la sua mente era già proiettata verso l'incontro che da li a poco sarebbe avvenuto.
A risvegliarlo dai suoi pensieri ci pensò il bussare al portone di casa, ancora una volta la sua piccola Sofia aveva dimenticato le chiavi di casa.

«Papà dove vai a quest'ora di notte così vestito per bene?» gli chiese osservandolo molto perplessa, era la prima volta che vedeva suo padre uscire a quell'ora di casa.

«Beh, figlia mia potrei farti la stessa domanda, ti sembra questa l'ora di tornare a casa?» per un'attimo rimase immobile a pensare cosa gli potesse dire, ma poi riuscì abilmente a cambiare il discorso e dissimulare le sue vere intenzioni.

«Papà sono grande e vaccinata, potrò fare quello che mi pare e piace no?» incrociò le sue braccia seguito da un broncio a dir poco stizzito.

«Finché sei sotto la mia protezione devi fare ciò che ti dico, quindi ora fila a letto e vai a dormire!» si avvicinò baciandole la fronte come faceva da quando era piccola. « Io ho una commissione importante da fare, ma subito torno tranquilla» di fretta scappò lasciandola lì in soggiorno.

La notte era buia e profonda, con molta cautela si addentrava in quei vicoletti della città.
Era la prima volta che Giuseppe osava avventurarsi completamente solo con i fantasmi della sua mente, in quelle stradine in piena notte.
Sebbene udì ancora una volta un audio che una persona speciale gli inviò sul suo telefono; Don Antonio.
Ma quella non era l'unica "forza" che sperimentava, dentro di lui, nei recessi della sua mente, qualcosa di urgente spingeva a farlo andare davvero di fretta, nonostante non fosse la prima volta che si avventurasse in quelle stradine non aveva mai provato cosa volesse dire trovarsi completamente solo e al buio; in quel ambiente che nel suo immaginario rappresentava quanto di più spaventoso potesse esistere.
Certo conosceva quei vicoli, vi passeggiava tutte le mattine, ma andarci di notte era tutt'altra cosa, gli sembrava un ambiente davvero macabro, strano e diverso.
Gli squillò il suo cellulare e subito riconobbe il numero di Don Antonio, si fermò per alcuni minuti aspettando che i suoi occhi si abituassero all'oscurità e il suo cuore smettesse di galoppare impazzito nel suo sterno.

«Pronto? Don Antonio è lei?» con voce strozzata rispose a quella telefonata.

«Giuseppe ma dove cazzo sei! Quanto ancora devo aspettare, muoviti che già sto perdendo la pazienza, se scopro che mi vuoi fottere ti ammazzo con le mie mani» con voce forte e violenta gli urlò contro per poi attaccargli il telefono in faccia, scaturendo in Giuseppe ancora più paura e angoscia.

Dopo quella telefonata, continuò la sua camminata a passo svelto, mentre pian piano il battito del suo cuore si fece più accelerato, il silenzio si faceva sempre più fitto, permettendogli di ascoltare anche i più piccoli fruscii. Dopo diversi minuti arrivò finalmente sul posto dell'incontro, dove ad attenderlo c'era Don Antonio insieme ai suoi scagnozzi.

«Eccomi Don Antonio scusatemi ma ho fatto più in fretta che potevo» impaurito si avvicinò a lui giustificandosi nel modo più pacifico possibile.

«Giuseppe lo sai che i tipi come te un pò a volte mi fanno ridere, perché ti guardo e dico, ma come può essere che un politico che dovrebbe garantirci un futuro migliore si metta a fare il codardo passando dalla parte sbagliata e corrotta?» con il suo solito sguardo malefico gli fece mancare il respiro ponendogli una domanda alquanto scomoda.

«Lo sapete, purtroppo nella vita si fanno certi errori, io ho il vizio del gioco» abbassò il capo appesantito dagli errori e dalla consapevolezza di aver tradito i propri ideali.
«Beh, dai alla fine chi è senza peccato scagli la prima pietra, ormai viviamo in un mondo di peccatori no?» mossa alquanto sbagliata la sua, cercò di fare il simpatico ma non la presero molto bene.

«Embè che fai ridi pure? Ma ci vuoi prendere anche per il culo?! Tu sei qui per i soldi o ti sei dimenticato? A me della tua vita del cazzo non me ne frega niente!» lo afferrò per il collo mentre i suoi scagnozzi lo tenevano fermo, a Don Antonio non piaceva la gente che provava a fare il furbo con lui, ma soprattutto chi cercava di prenderlo in giro.

«Aspettate, aspettate, vi prego, non fatemi del male, io non volevo assolutamente prendervi in giro, ecco i vostri soldi Don Antonio» così preso dallo spavento assoluto cercò di svigarsela dandogli i soldi che cercava.

«Ma fai sul serio? Giuseppe tu a me mi hai rotto il cazzo! Qui ci sono solo quindici mila, lo sai bene che dovevano essere trentamila, dov'è il resto?» preso dal nervoso gli diede uno schiaffo davvero violento che gli fece uscire del sangue dal naso.

«Don Antonio lasciatemi spiegare...» in lacrime cercava di improrarlo a farlo smettere.

«Devi darmi gli altri soldi, dove sono pezzo di merda eh?!» ancora una volta gli diede uno schiaffo, ma il loro dialogo venne interrotto da una guardia notturna.

«Signori è tutto a posto? C'è qualche problema?»era un pò perplessò mentre osservava la scena.

«Buonasera, no guardate è tutto ok, stiamo dando una mano a questo signore che è caduto» con un sorrisetto falso riuscì a mentire alla guardia che subito dopo andò via.

«Ora Giuseppe stammi a sentire bene, hai una settimana di tempo per trovare il restante dei soldi altrimenti ti puoi ritenere un morto che cammina e
ora vai via» con queste sue ultime frasi lo prese per il colletto della maglia e lo spinse a terra.

Giuseppe dopo la terribile vicenda appena accaduta, aveva paura, sapeva di aver fatto una bella cazzata provando a prenderlo in giro.
Camminava silenzioso mentre tornava a casa e pensava a cosa raccontare alla figlia se lo avesse visto in quelle condizioni, ma due domande gli rimbombavano nella sua mente; era il momento di decidere: vivere sempre una vita da codardo o ribellarsi a qualsiasi forma di paura preconcetta?

****
I raggi di un sole timido abbracciava la città di Napoli, il Vesuvio lo proteggeva come un padre che proteggeva il figlio adorato.
Il cielo si tingeva di tinte aranciate colorando palazzi e chiese della città, il profumo del caffè si espandeva tra i suoi vicoli svegliando gli abitanti e Raffaele non faceva eccezione,come sua figlia adorava berlo bollente e amaro,sentendo sul palato il vero sapore dicevano sempre.
Un'altra passione in comune con Elettra era quella delle jeep anche se lui aveva optato per il modello suv.
La macchina percorreva il solito tragitto da ormai quindici anni, quella strada che l'aveva visto un semplice poliziotto fino a ricoprire cariche sempre più importanti, come quella che occupava da poco più di cinque anni;Raffaele Russo era il nuovo questore di Napoli.

Arrivati al parcheggio sotterraneo, posteggiò la sua auto nel suo posto riservato, prese un profondo respiro e scese dirigendosi all'ascensore che conduceva direttamente agli uffici della questura.
Raffaele salutò i colleghi che incontrava nei corridoi, ognuno di loro era una pedina fondamentale per la cattura del boss Cimmino.
Arrivato nel suo ufficio si disfò dell'impermeabile beige lanciandolo sul piccolo divano a due posti in pelle nera, la scrivania di legno chiaro era sommersa da plichi, anni di indagine su chi controllava Napoli e i suoi cittadini, rendendoli schiavi al suo servizio.
Si sedette sulla sedia girevole e i suoi occhi corsero immediatamente alla lavagna dove attaccate vi erano le foto dei componenti della famiglia mafiosa e per ognuna erano scritti i tratti salienti. 

Dove cazzo ti nascondi?

Un bussare forte e deciso lo riscosse dai suoi pensieri con voce ferma il questore lo invitò ad entrare e subito il commissario nonché amico di vecchia data comparì sullo soglia, in mano stringeva due tazze di caffè nero bollente.

«Buongiorno Raffaele» gli occhi stanchi, le occhiaie violacee erano i segni evidenti di una notte passata tra le varie scartoffie in cerca di qualsiasi cosa che gli permettesse di trovare uno straccio di pista. «Mattiniero come sempre capo!» gli sorrise sincero, la loro amicizia era iniziata sui banchi di scuola e tutt'ora perdurava.

«Giorno Giovanni o dovrei dire buonanotte? Dalla tua camicia sgualcita e dalla cravatta allentata deduco che tu abbia passato la notte qui» afferrò la tazzina per poi farlo accomodare nella sedia davanti a sé. «Lo sai che dovresti riposare qualche volta, si?» alzò il sopracciglio destro osservandolo in uno dei gesti tipici della sua bambina.

Lo sguardo del questore corse all'unica fotografia presente sulla scrivania; una semplice cornice contornava una fotografia che ritraeva la sua bella famiglia. Ricordava esattamente quando avevano scattato quella foto, era una delle poche foto dove sua figlia sorrideva felice e spensierata abbracciata ai suoi genitori. Carmen era bellissima, i suoi capelli biondi rilucevano al sole mentre gli occhi verdi del suo piccolo terremoto brillavano incantanti di fronte a quel piccolo paradiso che era l'isola e appena aveva un minuto libero si perdeva disegnando i paesaggi e la storia del luogo.

«Raffaele?Questore?» attirò l'attenzione dell'uomo davanti a sé toccandogli il braccio. «Vado a chiamare i ragazzi per la solita riunione mattutina?» un semplice cenno affermativo del capo e subito il commissario corse fuori dall'ufficio richiamando a gran voce quelle persone che insieme a loro si occupavano dell'indagine.

In men che non si dica si ritrovò il suo studio pieno di poliziotti e perfino il giudice era presente, tutti con un obiettivo comune quello di smantellare la famiglia più importante di Napoli e ridarla in mano ai suoi abitanti; i legittimi proprietari di quella città. Il questore si alzò dalla sua sedia lasciando il suo posto al giudice, i collaboratori si sedettero ai lati della stanza pronti per esporre a turno i progressi fatti nell'operazione "Belva".
L'inchiesta aveva questo nome in "onore" del capo della cosca dei Cimmino, l'aveva scelto il magistrato che coordinava in nucleo operativo.
Raffaele si avvicinò alla lavagna illuminata con l'immancabile pennarello tra le mani e osservò la foto di Don Salvatore contraendo la mascella quasi a far stridere i denti tra di loro.
La belva, il capo dei capi, ogni traffico illecito passava per le sue mani; accanto alla sua foto segnaletica vi era quella di Don Antonio Mallardo, altro pezzo da novanta della Camorra, alleato storico, controllavano Napoli dai primi anni 90.
Al di sotto c'erano i volti dei componenti principali delle rispettive famiglie, fiancheggiatori, colletti bianchi; anni d'indagini, turni estenuanti e notti insonni solo per riuscire a stringere la maglia attorno a lui.

«Abbiamo novità Russo?» il magistrato appoggiò i gomiti sulla scrivania accarezzandosi la barba brizzolata attento a seguire le parole del questore.

«Due in realtà, eventi che in comune hanno solo il quartiere di Forcella. Il primo lo abbiamo nella notte dove è comparso il murales sui giudici Falcone e Borsellino al posto dell'altarino per il giovane boss ucciso nella guerra delle baby gang. Il secondo invece è la distruzione di una vecchia chiesa dove al suo interno la scientifica ha rinvenuto tracce importanti di cocaina»

«Una raffineria...Sappiamo chi sia stato a fare uno sfregio del genere al clan di Forcella?» lo interruppe domandando chi fosse il responsabile di quello che sembrava una vera e propria dichiarazione di guerra.

«Sembrerebbe un regolamento di conti, le modalità sono quelle,ma ancora stiamo indagando.» gli rispose l'ispettore capo.

«Bene, invece sul murales e su chi l'ha fatto cosa sappiamo?» Afferrò la sua penna pronto per segnare i punti salienti della riunione.

«Molto probabilmente sono in due e stanno causando non pochi problemi nel territorio della belva e per questo motivo che Don Salvatore è uscito ed è stato avvistato tra i vicoli di Forcella insieme a suo figlio» il questore si fermò indicando la foto del primogenito dei Cimmino « e al figlio di Don Antonio, tutti qui sappiamo quanto le famiglie siano legate!» sbattè la mano sulla foto di Diego Mallardo.

«Quindi questi writer sono la pista da seguire signori! Troviamo loro prima che siano quelle bestie a trovarle!» il giudice di alzò dalla sedia, nel suo sguardo brillava quella luce di giustizia che illuminava gli occhi di Falcone e Borsellino, quella sete di giustizia che si sarebbe placata solo quando avrebbe visto i boss chiusi in un' angusta cella sotto il regime carcerario del 41 bis. «Buon lavoro signori!» salutò tutti i presenti nella stanza prima chiudersi la porta alle spalle e uscire.

« Bene ragazzi al lavoro!» motivò i suoi colleghi, amici e fratelli; tutti uniti per unico obiettivo, catturarli tutti. « dividiamoci in tre squadre, una continua la ricerca sui misteriosi artisti e un'altra controlla ogni mossa della famiglia Cimmino e un'altra sta sui Mallardo!» coordinò i suoi come una perfetta macchina da guerra. «Dai che li prendiamo tutti!» diede il cinque ad ogni persona presente in quella stanza prima di lasciarli andare a lavorare.

Vi prenderemo tutti...




Angolo autori...

Buonasera splendori, come state? Speriamo bene, per chi mi ha chiesto notizie sulla mia salute, sto bene e il tampone è risultato negativo per fortuna.
In questo giorno speciale dove ricordiamo i veri eroi, coloro che avevano deciso di non piegare la testa di fronte all'ingiustizia e fatti tacere sotto 500 kg di tritolo... La strage di Capaci, ci ha riunito sotto un'unico vessillo di speranza e giustizia.
Perché se avevano chiuso 5 bocche ne hanno aperte 50 milioni.
Con questi ideali, gli occhi lucidi e le mani che tremavano abbiamo scritto questo capitolo raccontando l'operazione belva ( operazione che portò alla cattura del Capo di Cosa nostra) incarnando nello spirito del questore Raffaele Russo tutte quelle persone che hanno combattuto e combattono contro il codice dell'omerta, il codice mafioso.
Ritornando al capitolo abbiamo l'entrata in scena di due personaggi molto importanti per le nostre protagoniste essendone i padri. Giuseppe Esposito, noto politico con il vizio del gioco finito sotto il giogo di Don Antonio e Raffaele Russo, questore di Napoli, a capo dell'indagine per sgominare la famiglia Cimmino e i loro alleati; la famiglia Mallardo.
Che succederà? Qui sotto vi lasciamo come sempre le foto dei loro prestavolto.
Ringraziamo di cuore, le persone che ci seguono con tanta dedizione.. Grazie davvero! 🙏🏻💜
Come sempre vi invitiamo a seguire la nostra pagina instagram: il_codice_dell_innocenza per edit, spoiler e tanto altro ancora.

A domenica prossima...

Mari
Kekko

Francesco Montanari aka Raffaele Russo

Marco D'Amore aka Giuseppe Esposito

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