10 GRAMMI - IL PESO DELLE NOSTRE ANIME
Niente preamboli, mi cimento in questo servizio per mettermi alla prova, ma soprattutto per dare un mio parere soggettivo su una storia completa. Ho scelto di iniziare questo percorso con la storia "10 grammi – il peso delle nostre anime" di RubyJack97.
La trama in sé dell'opera calza perfettamente con il mio genere prediletto: se avessi trovato in libreria tale storia, l'avrei presa, l'avrei guardata e sfogliata e probabilmente l'avrei comprata su Amazon con il famoso, sacrosanto sconto del quindici per cento.
La sinossi di Wattpad semplicemente descrive Eva e Filippo, i nostri due protagonisti, come due facce della stessa medaglia: come due parti di una mela che incontrandosi andranno a combaciare.
Il rapporto tra di loro è il motore pulsante della storia: traina ed emoziona anche se lo stile dell'autrice è quasi cupo, freddo e distaccato. Verso la fine della lettura, lo stile utilizzato da Ruby mi ha ricordato i toni del film "Non ti muovere", diretto nel 2004 da Sergio Castellitto, che è tratto dal romanzo omonimo di Margaret Mazzantini (che ahimè non ho mai letto). Il fatto che la narrazione sia distaccata, per me, non è una mancanza o un difetto; anzi, ne diventa la sua peculiarità, quasi fosse un pregio della narrazione stessa.
Mi spiego meglio: la storia, oltre a incentrarsi sulla relazione amorosa di Eva e Filippo, alla base ha una tematica ben più profonda e importante: la tossicodipendenza e l'abuso di sostanze stupefacenti; come accade, ad esempio, nell'opera di Christian F. "Noi ragazzi dello zoo di Berlino" (lettura che consiglio vivamente a tutti e se non siete lettori, beh, hanno girato anche la pellicola).
Il distacco che l'autrice mette tra il lettore e i due protagonisti è essenziale. Il lettore è tendenzialmente esterno al mondo della droga, non è un partecipante attivo in quella spirale oscura: può conoscerne i risvolti, le conseguenze o ascoltare le testimonianze, ma non potrà mai esserne testimone attivo attraverso la lettura di un libro.
E qui noi abbiamo Filippo, un giovane ragazzo di vent'anni residente a Laurentino 38, un quartiere malfamato di Roma, con sullo sfondo spaccio e criminalità. Filippo è un tossicodipendente che non ammette di esserlo. Per lui quei grammi che si sniffa non sono uno sbaglio ma una fuga, una fuga dal non sentirsi adeguato, giusto. Filippo ha una vita dura, difficile: un ragazzo di bell'aspetto che passa da un lavoro all'altro perché scostante e annoiato e che fa dello spaccio il suo introito principale. La povertà e la sofferenza di Filippo si sente e si legge tutta: ha un padre, Adelmo, che non merita di essere considerato tale in quanto è un vero e proprio parassita sulle spalle dei figli.
La stessa sofferenza di Filippo la osserviamo attraverso gli occhi di Sam, la sorella minore del protagonista. È lei che ci mostra quanto effettivamente sia dura e cruda la loro situazione familiare ma, allo stesso tempo, la vediamo costretta ad abbassare la testa, quasi come a volersi voltare dall'altra parte, perché quella è la sua famiglia e, nel bene e nel male, lei la ama. Tu, lettore, vorresti prendere Sam e portarla con te, trascinarla via e salvarla.
Il rapporto più importante per Filippo, tuttavia, è stato quello con la madre: Rosa. Un rapporto simbiotico reciso a causa della malattia di lei. Un rapporto per cui Filippo non riesce stranamente a versare una singola lacrima, per cui sente un vuoto dentro che non riesce a colmare neppure con la cocaina. Sarebbe risultato banale raccontare e affermare che Filippo abbia sostituito l'assenza della madre – defunta – con quei dieci grammi che si sniffa ogni qualvolta gli sia possibile: un risvolto simile mi avrebbe fatto storcere il naso. Invece, scopriamo che la sua ossessione per la droga risale a prima, probabilmente è nata come "voglia di sperimentare" e, poi, giri poco raccomandabili e/o relazioni sbagliate hanno portato Filippo a far soffrire – consapevolmente e inconsapevolmente – chi lo ha amato e lo ama.
Poi c'è Eva, l'altro lato della medaglia di questa storia d'amore, figlia della "Roma bene": l'antipodo del mondo da cui viene Filippo. Lei, Eva, dagli occhi color del miele e dagli splendidi capelli rossi, ci viene presentata come un'anima fragile.
Il lettore medio ha più facilità a provare empatia per la protagonista e le sue le difficoltà di giovane donna: dalla famiglia distrutta per lo sbaglio del padre alla fine del suo primo amore, quello per Floriano, in cui Eva credeva ad occhi chiusi con tutta se stessa, fino a donare ogni grammo della sua persona, e che alla fine si è rivelato essere una prigione, un amore morboso e altrettanto distruttivo.
Eva si è sentita responsabile e sbagliata per la fine della sua storia, colpevole del cambiamento di Floriano, di quei sentimenti svaniti dopo tre anni di relazione: ha smesso di mangiare, lasciandosi andare fino a non amarsi più. E tutto ciò, lei ce lo sbatte in faccia, senza tante mezze misure. E tutte, o tutti, possiamo sentirci come lei, indossare senza difficoltà i suoi panni.
Filippo ed Eva, due mondi diversi ma fin troppo simili: vediamo nascere questo amore velocemente, come ti travolgerebbe un colpo di fulmine o un amore passionale. Ma quello che io ho adorato, amato alla follia sono stati i dialoghi, gli scambi di battute tra Eva e Filippo: veri, autentici... non riesco ad esprimere il termine che ho, proprio qui, sulla punta della lingua. I loro dialoghi entrano in contrasto con la narrazione esterna in terza persona, ma è un contrasto micidiale: se leggendo senti addosso i toni freddi, sprezzanti e cupi che circondano i due ragazzi, quando leggi le loro parole dirette... entri in loro: tu vuoi essere Eva, tu vuoi essere Filippo. Non saprei spiegarlo diversamente.
E la domanda a mano a mano che leggi di loro sorge spontanea: può l'amore vincere su tutto? Salvare qualcuno dal suo inferno personale? Sì e no.
L'amore di Filippo per Eva, sì, la salva. La libera dal tunnel della depressione, del rischio di entrare nel mondo distruttivo dell'anoressia; l'amore di Eva per Filippo, invece, per quanto esso sia forte inizialmente non può niente contro il desiderio del ragazzo di drogarsi... Filippo dice di amarla: dalle sue parole traspare vivamente la forza di questo sentimento, ma i suoi gesti sembrano smentirlo. Un'eterna lotta interiore tra amore e droga rende quelle parole come una mezza verità: neppure una dose tagliata male, quel grammo quasi fatale, cambia il rapporto morboso che Filippo intreccia con la droga e i suoi dieci grammi. Lui continua imperterrito il suo cammino in quel tunnel distruttivo: banalizza quel "nuovo" grammo in più, ridicolizza la continua promessa di smettere con la droga, trasformando quel proposito d'amore come una delle bugie più crude che racconta a Eva. La loro relazione è un mixer d'amore e bugie.
E tu non capisci, tu lettore non riesci a capire perché Filippo non riesca ad emergere dalla sua palude fatta di demoni interiori, anche dopo che la ha prova di non essere da solo. Sua madre prima, Sam e Eva dopo, sono lì per lui.
Ed è qui che non è ben chiaro come e cosa faccia scattare in Filippo la consapevolezza di essere un tossicodipendente: la fine dell'amicizia con Elia? Le ennesime lacrime di Eva? Le parole di El Manetta? Semplicemente, un giorno trova la chiave delle manette e riesce a spezzare, in parte, quel legame con la droga. Non è chiaro, e come potrebbe esserlo? Un drogato deve prima aiutarsi da solo, ammettere la sua condizione e, poi, potrà accettare l'aiuto di altri.
Ed è così che RubyJack ce lo sputa in faccia. Non è l'amore di Eva a salvare Filippo, ma la sua consapevolezza. La consapevolezza di essere un drogato e il ripudio di essere tale. L'amore e il desiderio di essere l'uomo che Eva merita è il traguardo da raggiungere di un Filippo nuovo, lontano dall'amore distruttivo che l'ha accompagnato per tutti gli anni della adolescenza.
Per questi pochi motivi la storia merita di essere letta.
Nel corso dello sviluppo della trama sono presentati altri personaggi, tutti ugualmente importanti: il già citato Floriano, ex ragazzo di Eva; Alessandra (detta Sandra), migliore amica di quest'ultima; Elia, migliore amico solo a parole di Filippo; El Manetta, personaggio da dieci e lode nonché il mio preferito. Altri invece sono quasi comparse come, ad esempio, Adelaide (detta Heidi), una delle tante ex ragazze di Filippo: una tossicodipendente come lui. Ognuno di loro lascia il segno, chi più chi meno, ma lo lasciano tutti.
Non mi dilungo molto, tuttavia, sulla trama e sulla conclusione della storia: un buon recensore, di solito, non dovrebbe cadere nello spoiler free e io temo, come principiante, di esserci caduta con entrambe le scarpe.
Quello che però non ho apprezzato è la velocità con cui si svolgono gli accadimenti finali: la stessa autrice ha ammesso di averci lavorato "quasi con superficialità" perché non sapeva come trasmettere i sentimenti di situazioni che l'hanno sì toccata da vicino, ma fino a un certo punto. Ma questo "difetto", ne sono certa, se venisse pubblicato in cartaceo da una buona casa editrice verrebbe aggiustato grazie all'editor designato, che saprebbe come consigliare l'autrice. Di per sé, non è un errore che guasta la storia... ma ne velocizza i tempi togliendo, di conseguenza, quel contrasto che io ho apprezzato per la maggior parte del romanzo.
Un altro aspetto che secondo me è mancato e che considero un errore più grave: il primo incontro con la droga di Filippo. Risulta a pelle un buco di trama grave. So che l'autrice ha in mente un prequel incentrato su Filippo prima di incontrare Eva, ma nel romanzo base andrebbe accennato. In caso fosse stato accennato, è grave ugualmente che io a distanza di tempo non ricorda questo dettaglio fondamentale. Ho iniziato la storia di Ruby prima di aprire questo servizio e ricordo bene come si è sentita Eva quando è stata lasciata, ricordo bene come ha incontrato Filippo e il supporto di Sandra, ricordo come El Manetta ha aiutato Eva, ma non ricordo come Filippo sia entrato in contatto con la droga. È stato accennato che è successo quando era più giovane, con qualche sua ex e che la causa non è la scomparsa della madre. Ruby, questo per me, come per un qualsiasi lettore attento, resta un errore grave. Una domanda centrale a cui non ho trovato risposta è un errore pesante e non ci si può giustificare con "c'è un prequel". I prequel devono approfondire una situazione, il vissuto di un personaggio primario, secondario o terziario. Non deve essere un libro a parte a contenere la risposta a una domanda cruciale che io mi aspetto di ritrovare nel romanzo stesso.
Alcuni temi e situazioni, io li avrei approfonditi di più: avrei dato molto più spessore a cosa è scattato in Filippo quando ha trovato il coraggio di ammettere a se stesso il suo problema. Se non è stato l'amore della madre, l'amore di Eva, cosa è stato? Sono state le parole del suo amico Elia?
Anche qui, io sono rimasta decisamente confusa: il motivo qual è stato? Narrativamente è passato un anno dalla risoluzione del conflitto centrale della storia, da quel fulcro che il lettore può individuare come "fattore di svolta" del possibile cambiamento di Filippo. Tuttavia, il suo cambiamento non avviene subito, ma un anno dopo, come se quella vicenda non l'avesse toccato minimamente. Durante quell'anno lui è ancora quel Filippo prigioniero dei suoi demoni, nonostante l'amore che sente e prova per Eva. Ma improvvisamente Filippo si redime. Questo evento, però, ci viene quasi buttato lì come se non fosse importante. Qual è stato il motivo? Lui che fa soffrire Eva? Mostralo. Mostralo più chiaramente se è questo il motivo, altrimenti il lettore si trova a non capire e a doversi immaginare quello che è successo o accontentarsi banalmente di quello che gli hai raccontato.
Inoltre, avrei sottolineato l'importanza del processo di disintossicazione, visto che il fulcro centrale della storia è un messaggio che va ben oltre al "vissero felici e contenti": si vuole denunciare e porre maggiore attenzione sui rischi e sul pericolo della droga.
Detto questo, non so come concludere, seriamente. La vostra Robbie, tuttavia, ragazzi e ragazze, consiglia vivamente la lettura di questa storia: la consiglio a chi cerca una storia seria, affrontata con un tono crudo ma allo stesso tempo semplice, e in questo caso "semplice" non è un difetto. La consiglio a chi ha apprezzato, come me, "Noi, ragazzi dello zoo di Berlino".
Infine, come se fosse un post scriptum, il capitolo più bello, quello che ho apprezzato e adorato, è l'addio tra El Manetta e Filippo: è un capitolo davvero molto sentito, molto bello, per un finale che come ho già ribadito è sembrato a me molto veloce.
Resto in attesa del prequel.
E voi l'avete letto?
Cosa ne avete pensato?
Concordate o discordate con quanto io ho espresso?
Giudizio personale: ★★★★☆ (quattro stelle su cinque)
Giudizio libri cartacei citati e letti:
Noi, ragazzi dello zoo di Berlino (Christina F.) ★★★★★
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