Capitolo 39 - La peggiore idea che io abbia mai sentito.

Le paludi del Fos erano il più immondo acquitrino che uno sventurato avventuriero potesse immaginare.

Ovunque vagasse lo sguardo vi erano solo alberi che gocciolavano umidità e tronchi marci che bloccavano il passaggio, tranne per le vaste conche colme di acqua stagnante che puzzava come se qualcosa ci fosse morto dentro – e in effetti c'erano ottime possibilità che fosse proprio così.

L'unica cosa più fastidiosa della puzza erano gli insetti. Mosche, zanzare e altre creaturine che non avevano nome strisciavano, svolazzavano e saltellavano ovunque, strappando di tanto in tanto un urlo di disgusto al povero Enki, il quale aveva potuto mettersi l'anima in pace solo quando Annalith aveva lanciato su di loro e sul luogo che avevano scelto per accamparsi un incantesimo repellente.

Erano passati sei giorni da quando si erano messi in cammino. Per tre giorni avevano avanzato alla cieca, con un mutaforma sempre più angosciato in testa al gruppo. Poi avevano trovato i cadaveri dei due warlock dei drow e da quel momento in poi era stato facile tenere traccia dei loro spostamenti.

Rimaste senza protezione magica, Anar'hoe e le sue guardie erano state costrette a muoversi solo durante la notte. Il loro piccolo gruppo, sfruttando anche la conoscenza del territorio, era riuscito a superarle e lasciarle indietro di un paio di giorni di viaggio. Con Annalith che cancellava ogni loro traccia ed Elinor che aveva elaborato un piano di crudele vendetta per tutto il tempo che avevano passato a camminare, ci sarebbe stata una bellissima sorpresa ad attenderle.

In quel preciso momento Elinor e Aavi erano impegnati a ispezionare la caverna all'interno della quale si trovava l'ingresso per il regno sotterraneo e una volta ricevuto il loro segnale Làithune avrebbe dovuto raggiungerli, ma intanto ne stavano approfittando tutti per riposarsi, stretti intorno al calore di un piccolo fuoco che faticava a restare acceso.

Erano così stanchi che persino Enki aveva perso la voglia di parlare. Per questo trasalirono tutti quando ser Nessen ruppe il silenzio.

«Ho la necessità di conferire con Elinor prima della battaglia.» li informò, alzandosi dal tronco che aveva retto il suo peso per miracolo.

«Qualche buona idea tattica?» Làithune aveva un dono che a tutti loro mancava: parlava solo per dire cose appropriate.

«In verità io...» ser Nessen esitò e fu proprio quello a catturare l'attenzione di tutti. Lui non esitava mai. Lo avevano visto così combattuto solo in presenza di Lady Ivor. «Penso sia opportuno confessarle una cosa prima che rischi di essere troppo tardi.»

«E cosa vorreste confessarle, esattamente?» lo sguardo di Annalith luccicò carico di sospetto da oltre il piccolo fuoco, ma l'uomo era troppo intento a fissarsi le mani per notarlo.

«Nei mesi trascorsi alla Fortezza mi sono trovato a sentire qualcosa di nuovo. Qualcosa che non avevo mai provato prima.»

«Oh dei.» mormorò Enki, gli occhi spalancati dall'improvvisa comprensione.

«Non riuscivo a capire cosa fosse, non ero in grado di dare un nome a quel sentimento e come uno sciocco l'ho scambiato per altro. Ma quando mi sono ritrovato a Teban, lontano da lei e vicino a chi un tempo avevo amato con tutto me stesso, ho capito.» al fianco di Kassa, Annalith aveva iniziato a emettere uno strano suono, a metà tra un ringhio e un piagnucolio. «Non posso permettermi di sprecare ancora tempo prezioso. Pensavo il suo costante sfidarmi mi irritasse, e invece era tutt'altro.» il paladino trasse un profondo respiro. «Vi sembra una cattiva idea?»

«Pessima. Terribile. La peggiore idea che io abbia mai sentito.» Enki parlò così in fretta che finì per mangiarsi le parole.

«Lo dici perché lei è una drow e io un semplice umano?» volle sapere Nessen il Turbato.

«No, Nessen. Lo dico perché a Elinor non piacciono gli uomini.»

«Cosa?» il paladino trasalì.

«Cosa?» Annalith drizzò la testa di scatto.

«A Elinor non piacciono gli uomini. Pensavo lo sapessero tutti, non ne fa certo mistero!» cercò di spiegarsi il giovane.

«Io lo sapevo.» venne in suo soccorso Kassa.

«Anche io.» si unì Làithune.

«Lo sapeva lui e non lo sapevo io?» Annalith era profondamente offesa.

«Ma se passa le giornate a punzecchiarti!» Enki era esasperato. Possibile che Annalith riuscisse a notare un solo filo d'erba calpestato in mezzo a un campo ma che non fosse in grado di accorgersi delle spudorate attenzioni di Elinor? Stava giusto pensando di dar voce alla sua frustrazione quando Nessen l'Ammutolito decise di allontanarsi comunque.

«Allora andrò a parlarle di qualche idea tattica che ho avuto.» bofonchiò, lasciando il calore del fuoco e sparendo tra le ombre della palude.

Non poteva biasimare nessuno per i suoi gusti. D'altronde lui era il primo che aveva sempre avuto pessimi gusti in fatto di donne. La prima ad avergli fatto provare una strana sensazione era stata una dama di corte. Aveva il doppio dei suoi anni ed era sposata, tuttavia la sua bellezza aveva invaso i suoi sogni per mesi. Poi aveva incontrato Lidia ed era certo di aver conosciuto il vero amore nell'istante in cui i loro occhi si erano incontrati la prima volta. Nonostante questo lei aveva ascoltato le sue imbarazzate dichiarazioni di affetto e aveva scelto comunque di credere alle parole di Albert. Rivederla era stato un brutto colpo. Tutti i sentimenti che considerava ormai sopiti si erano risvegliati e anche quando le aveva detto addio lo aveva fatto con difficoltà, ma nessuno aveva il diritto di mettersi tra una donna e il suo voto di fedeltà al proprio marito, nonostante tutto.

Elinor era stata una sorpresa che gli si era palesata nei momenti più bui della sua permanenza a Teban. Partito con l'idea di non tornare più indietro si era trovato a sentire la mancanza delle mura di pietra della Fortezza, ma soprattutto del carattere schivo e impertinente della sua proprietaria. Senza che se ne accorgesse, la drow che tanto aveva giurato di consegnare alla giustizia si era scavata un posto nel suo cuore e ci aveva preso residenza. Amava allenarsi con lei, guardarla mentre metteva in imbarazzo gli altri e anche lui stesso. I suoi movimenti fluidi ma spietati, il suo sorriso selvaggio. Non aveva nulla a che fare con Lidia, eppure quello che sentiva nei suoi confronti non era meno forte o meno reale.

Eppure, proprio come quello che aveva provato per la sua vecchia amica, era destinato a rimanere un segreto seppellito in fondo al suo cuore martoriato.

«Enki s'è messo a cantare?»

La voce della persona a cui stava pensando in quel preciso momento lo fece trasalire. Elinor gli era scivolata alle spalle senza che se ne accorgesse, come sempre.

«No, ma inizio a pensare che dovremmo lasciarlo nelle paludi più spesso. È piacevolmente tranquillo, il giovane.» riuscì a rispondere.

La Grande Minaccia si concesse una risatina e un sorriso spontaneo fece capolino sul volto dell'uomo, il quale si affrettò a nasconderlo e a smettere di fissarla come un povero ebete.

«Sono venuto a parlavi di una cosa.» la informò, incrociando le mani dietro la schiena e voltandosi in direzione dell'ingresso della grotta, che scorgeva appena.

«Vuoi descrivere la cella in cui verrò rinchiusa per espiare i miei peccati o del terribile processo che hai intenzione di indire per accusarmi di tutti i miei crimini?» forse con quella faccenda della criminale aveva esagerato, in effetti.

«In verità no. Speravo in un vostro consiglio riguardo una faccenda che mi è sovvenuta mentre mi trovavo a Teban. Una faccenda che riguarda Awalen.» ammise.

La dea che per anni aveva sussurrato al suo orecchio e che ora lo ignorava, nonostante avesse ancora la sua grazia. La dea a cui aveva votato la sua intera esistenza ma che aveva permesso ai suoi paladini di comportarsi come meglio credevano senza mai intervenire. La dea che lo aveva abbandonato proprio nel momento in cui aveva avuto bisogno di lei.

Non riuscì a criticare lo sguardo incredulo sul volto di Elinor. Anche lui si sentiva altrettanto confuso, per questo aveva deciso di parlarne alla persona più lontana dalla sua mentalità. Forse lei avrebbe avuto qualcosa di interessante da dire.

«Cosa aspetti allora, parla! Abbiamo una lunga notte davanti!» lo incitò Elinor, quando realizzò che non era uno scherzo.

Solo allora ser Nessen si rese conto di non sapere da dove cominciare. Con parole esitanti e fermandosi più volte iniziò raccontandole di come si era avvicinato alla religione della dea della giustizia, di come, da ragazzo, quegli ideali così puri gli sembrassero gli unici degni di essere seguiti e di come ora invece iniziava a dubitarne. A che serviva una giustizia che non puniva gli ingiusti? Quando poi passò a raccontarle di cosa era accaduto durante il loro viaggio, di tutto l'orrore di cui era stato testimone, delle azioni dei suoi compagni paladini e dell'indifferenza della dea la sua voce si fece più sicura, finché non terminò il suo sfogo con un profondo sospiro.

«Non capisco cosa mi stia succedendo.» quella confusione era forse la prova peggiore che avesse mai dovuto superare e aveva ritenuto opportuno condividerla solo con la Grande Minaccia in persona. Anche quello, in realtà, doveva essere un chiaro indizio.

Elinor aveva ascoltato ogni sua parola con attenzione. Rimase in silenzio a lungo a scrutare la palude intorno a loro prima di prendere la parola.

«Sai, la giustizia a me è sempre sembrata un concetto un po' labile.» iniziò. «Se un ladro ruba dell'oro per arricchirsi è solo un ladro. Se un uomo ruba del cibo perché è l'unico modo che ha per sfamare la sua famiglia è sempre un ladro. Eppure nel trovarti davanti un uomo che ha rubato solo per il suo tornaconto e uno che lo ha fatto per una motivazione più umile, stando ai dettami di Awalen, è lecito punirli in maniera diversa. Addirittura potresti scegliere di condannare il primo e assolvere il secondo, dico bene?»

«Che ingiustizia sarebbe condannare un uomo solo perché ha cercato di sfamare la sua famiglia? Al massimo lo obbligherei a ripagare lavorando il cibo sottratto!» la risposta uscì con naturalezza dalle labbra del paladino. Il furfante e il pover'uomo erano uno degli esempi più comuni nel libro sacro di Awalen.

«Questo perché la dea della giustizia ha una volontà flessibile. La giustizia è un concetto volubile. Quello che è giusto per me può non esserlo per te. Per il tuo ser Ivor era giusto fare quello che faceva. Ha tradito i dettami della dea e perso il suo favore, ma perché punirlo se stava solo facendo ciò che lui riteneva giusto?»

Quella considerazione lasciò il paladino a boccheggiare.

«Vedi, noi a Notarch non veneriamo Awalen. A soprassedere sui nostri tribunali – quando non ci uccidiamo tra noi per risolvere i problemi – è Mornim, dio della legge. Per Mornim un ladro è un ladro, un assassino è un assassino. Non importa quale profonda motivazione ci sia dietro, la legge non è flessibile e così non lo è la sua volontà. Rende tutto più facile.»

«Non ero a conoscenza dell'esistenza di un dio della legge.» rivelò ser Nessen.

«Perché avresti dovuto? Non sei mai stato a Notarch.» lei lo interruppe prima che potesse risponderle. «Tu non sei un tipo fantasioso, Vincent. Ti piacciono il bianco e il nero, non vedi tutto quello che c'è in mezzo. Per te è più semplice così, non devi fartene una colpa, ma forse dovresti iniziare a pensare che Awalen non è la guida di cui hai bisogno.»

Una frase che non avrebbe mai voluto sentire. Soprattutto perché da qualche parte in fondo al suo cuore sospettava che quella fosse la verità.

«Credo che-» iniziò il paladino.

«Credo che tu abbia bisogno di pensarci un po' per conto tuo. Questa è solo l'opinione di una vile criminale, di certo la risposta finale non arriverà da me.» Elinor gli fece l'occhiolino e lui non riuscì a trattenere un sorriso quella volta.

«Credo voi abbiate ragione.»

«Io ho sempre ragione.» lei gli diede una spallata con fare giocoso, prima di accennare al terreno alle loro spalle. «Che ne dici di tornare indietro? Voglio andare a vedere come stanno Raggio di sole e gli altri.»

«Annalith?» ser Nessen sentì una fitta al cuore, ma nonostante questo prese una decisione. «Voi le piacete, sapete?»

«Certo che lo so, per chi mi hai presa! Non sono certo un ottuso paladino che ha bisogno di farsi dire le cose dagli altri!» la drow ridacchiò piano davanti alla sua espressione offesa. «Comunque, le piaci anche tu.»

Preso in contropiede da quella rivelazione, Vincent inciampò in una radice e sentì un calore improvviso risalire lungo il collo e pervadergli il volto.

«Cosa-»

«Oh! Ecco Aavi!» Elinor si rifiutò di punzecchiarlo quando era impegnato a boccheggiare come un pesce fuor d'acqua.

Un gigantesco felino dal pelo maculato corse verso di loro fermandosi di colpo. Un attimo dopo Aavi stava davanti a loro, nudo ma nella sua forma da battaglia.

«Abbiamo sbagliato i conti» fece, ansimando forte. «Stanno arrivando.»

Lo sguardo di Elinor perse ogni traccia di umanità e tornò a essere un pozzo scarlatto di miseria.

«Vai a prendere Làithune. Dobbiamo sbrigarci.»

«Forse non hai capito.» il mutaforma cercò di articolare meglio la sua urgenza. «Stanno arrivando.»

Senza neanche voltarsi la drow mise le mani sui pugnali che aveva alla cintura.

«Andate a prendere Làithune. Li tratterrò io.»



Trivia

In verità, Elinor è arrivata al punto di invitare Annalith in camera sua. L'elfa però era piuttosto sbronza e non ha compreso a fondo tutte le implicazioni, quindi la serata si è conclusa con lei ed Enki che cantavano a squarciagola dalla torre più alta della Fortezza. Annalith è stata ritrovata, la mattina dopo, addormentata contro la porta di camera di Elinor. La Grande Minaccia non ne è stata per nulla compiaciuta.


Parla Fros

Il triangolo no! Non l'avevo considerato!

Sapete qual è il bello dei miei personaggi? Io non scelgo mai con chi accoppiarli, fanno tutto da soli. Quando mi sono resa conto di cosa poteva succedere a un uomo come il caro Vincent davanti a una tipa come Elinor la mia faccia è diventata il meme di Pikachu. Temo anche la vostra, in realtà.

Tanto lo sappiamo tutti che Elinor arriverà ad Annalith prima di lui e il poveretto resterà a bocca asciutta, ma sarà buffo vederlo che ci prova fino alla fine XD

Fros: torturiamo personaggi dal 1990!

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