Parte 52
Il panorama dal Nurag Tanca era incredibile. Si ammiravano in lontananza le bianche montagne calcaree dalle quali erano arrivati, il Golfo di Gollei, i fiordi, le isole, la penisola montuosa, con la città; il porto di Nugoro più in basso, ai piedi del suo monte, che li fronteggiava imponente dal lato opposto della città. Elias era estasiato da quella vista. Riusciva a individuare anche il versante ovest del monte Tulu, dietro al quale immaginò gli abitanti di Nuova Calagon che si stavano svegliando per intraprendere i loro lavori quotidiani. Si fermò a pensare a quante volte dalla vetta del monte si era fermato a guardare le luci lontane immaginando di vaggiare; di sicuro il suo sguardo si era soffermato anche sulla vetta su cui si trovava adesso. Alla luce dell'alba i monti erano grigi, il sole ancora non aveva superato le cime e non li illuminava. Invece guardandole da Nuova Calagon alla luce dell'alba si tingevano di rosa. Si sarebbero illuminate di bianco solo dopo il meriggio e avrebbero atteso il tramonto per vestirsi di arancio.
Thomes li aveva guidati lì per mostrargli un Nurag, in caso in futuro avesse avuto bisogno di tornare in quel luogo con la sua pietra viola. Da lì, ripresero il loro cammino verso nord.
Fuggiti dalla prigione si erano stupiti di come nessuno li avesse inseguiti. L'unica persona a guardia notturna era il tipo che Elias aveva tenuto a bada con la pietra azzurra, usando la tattica che aveva sperimentato con le foche, ma amplificandone l'intensità. Si era sentito un po' in colpa per quel poveraccio che stava solo facendo il suo lavoro, ma era stato maleducato con Thalàna. All'esterno della prigione qualche sporadico passante svegliatosi di buon'ora per adempiere alle proprie mansioni si era voltato a guardarli, mentre uscivano trafelati, ma tutti avevano proseguito per la loro strada, nessuno si era scandalizzato.
La città doveva essere ben governata se avevano una prigione così piccola, con una sola guardia. Nessun altro vi era richiuso a parte loro cinque. Questo poteva significare soltanto che il livello di delinquenza era pari a zero. Fuori dalla prigione, Pascifera aveva fatto un lungo fischio e dopo pochi attimi era comparso Sirbone, trotterellando. Il porto era già animato dai pescatori, che rientravano dalla pesca notturna e quelli che si avviavano con le reti verso il mare. Thomes li aveva guidati verso la periferia, alle spalle del porto, salendo lungo una ripida strada. Giunti al Nurag, non trascorse molto prima che sentirono una campana suonare con insistenza vicino al porto, rimbombando per tutta la valle, per annunciare la loro fuga. Ripartirono lesti per la loro strada, prima che qualcuno potesse rintracciarli e inseguirli.
Ora camminavano già da mezza giornata, avevano tirato dritti a nord, guadato qualche piccolo torrente, costeggiato alcune terre coltivate. Il paesaggio era ricco di roverelle e tassi, non avevano incontrato nessuno, se non qualche contadino che arava il terreno e qualche ragazzino sporco di fango che giocava lanciando pietre. Durante una pausa Thomes aveva detto agli altri di meriggiare, si era trasformato in cavallo, aveva fatto cenno a Elias di montare in groppa e aveva cavalcato fino a un'altra antica torre, il Nurag Ola.
«Questa zona è ricchissima di torri; non possiamo visitarle tutte, sarebbero troppe, potremmo trascorrere giorni interi a vedere tutti i Nurag. Poi per te sarebbe impossibile memorizzarli. Preferisco mostrartene solo alcuni, non lontano dalla strada principale, cosicché tu possa usarli in caso di bisogno, ma devi memorizzarli alla perfezione o rischierai di trovarti in un posto diverso da quello che desideri».
Tornati dagli altri, trovarono i cugini che dovevano aver fatto pace, perché si stavano coccolando e baciando; Pascifera gli faceva il verso sbaciucchiando Sirbone, che lo scansava con sguardo inorridito. In lontananza risuonavano le campanelle di alcune capre.
Bene, se avete riposato, possiamo proseguire per Burgos. Continuando così, dovremmo riuscire ad essere lì domani, nel pomeriggio; lo scudo ci attende.
«Cosa sappiamo di questo scudo?», chiese Jacu quando ebbero ripreso il cammino. Thalàna lo teneva per mano.
«Lo scudo è stato forgiato utilizzando il metallo preso da una nave spaziale proveniente da un altro pianeta». Jacu e Thalàna si erano scambiati uno sguardo senza osare commentare, Thomes proseguì dicendo: «Le armi dei nibiruani sono troppo potenti per la tecnologia degli uomini; così noi fate abbiamo aiutato Efis di Torres, il primo che fronteggiò i mori e Marduk su questa isola, donandogli lo scudo. Marduk vide Efis utilizzare il Bronzo e resistere alle sue armi, che producevano raggi ustori, una luce azzurra simile a quella prodotta dalla pietra azzurra di Elias. Quando si accorse che le sue armi erano inefficaci contro lo scudo, capì che non era invincibile nei nostri confronti, ma anche che quel metallo proveniva dal suo pianeta e che dovesse essere stato asportato dalla nave di Ishtar. Quindi la nave non doveva essere lontana. Da allora invia i mori alla ricerca del Bronzo, mandandoli avanti in battaglia, e spera che lo trovino, in modo che lui possa tornare qui invincibile e prendere possesso della nave spaziale».
«E questa nave si trova in quel posto in cui stiamo andando, che si chiama Burgos, giusto?», chiese Thalàna.
«Giusto».
«Quindi vedremo una nave spaziale?», domandò Jacu eccitato.
«Non credo, è protetta da una magia, è visibile solo alla stirpe di Eleonora, quindi se anche ci recassimo dov'è custodita, non potreste vederla; la vedrebbe solo Elias. Comunque, non è detto che lo scudo sia lì, magari è in una stanza del castello. L'astronave è sotto la montagna sulla quale il castello è costruito». Concluse Thomes.
Proseguirono il cammino, Thalàna si avvicinò a lui, chiedendogli cosa volesse mangiare per la cena, così sarebbe andata a caccia per soddisfare i suoi desideri. Poi baciandolo sulle labbra si era allontanata. Elias era sconcertato, non si aspettava un'effusione simile. Si era voltato a guardare Jacu, sperando che non li avesse visti. Jacu conversava con Thomes, chiedendogli quali altri animali potesse essere interessante invocare con il suo amuleto; di certo non avrebbe potuto trasformarsi in mezzo uccello o mezzo rettile, dovendo mantenere la parte superiore umana. Thomes lo stava consigliando di circoscrivere la scelta sui mammiferi di taglia media. Poi Jacu si avvicinò a lui.
«Non abbiamo avuto modo di tornare sull'argomento... Spero che quello che è successo al lago non ti abbia fatto passare la voglia di imparare a nuotare».
Elias sollevato, pensando che volesse parlare di Thalàna, rispose:
«In realtà mi sentivo rassicurato dal tuo sostegno, quando mi guidavi tenendomi tra le braccia. Sei un ottimo insegnante. E con quello che è successo in seguito ho dovuto improvvisare ed entrare in acqua, volente o nolente. Il fatto di aver trovato a modo mio, una soluzione di sopravvivenza con i poteri del Bronzo e la bolla d'aria, mi ha tolto molta parte della paura. Grazie».
«Quindi non ti servo più a nulla...» concluse lui, avvilito.
«Ma no, che dici? Aver superato la paura, non significa che sappia nuotare come te, anzi, spero che ci sarà occasione presto di riprendere con le tue lezioni».
Jacu lo abbracciò e si allontanò a divertirsi con Sirbone, che nelle ultime ore aveva messo da parte le ostilità con il ragazzo e ci giocava come Elias aveva visto fare soltanto ai cani.
Si ritrovò a osservare Jacu: in quei giorni aveva imparato a conoscerlo un po' di più, a fidarsi di lui, a intenerirsi nei suoi confronti quando Thalàna lo tormentava e a condividere con lui la passione per la cugina. Invidiava il loro rapporto, il suo essere coraggioso nel seguirlo in quell'avventura e il suo poterla vivere senza il peso della responsabilità che invece Elias portava; salvatore delle terre e degli abitanti, predestinato, Re Pastore. Desiderava potersi scambiare per qualche ora con Jacu, spensierato, con le uniche preoccupazioni di riempirsi la pancia e riuscire a conquistare la fanciulla. Era curioso, espansivo con tutti; adesso lo aveva abbracciato come mai nessun ragazzo aveva fatto prima. Sembrava privo di ogni inibizione, diceva sempre quello che pensava e faceva quello che desiderava, senza vergognarsi di nascondere le proprie emozioni. Elias sentì che, se avesse avuto un fratello minore, avrebbe voluto che fosse proprio così, come Jacu; lo avrebbe protetto dalle sue paure, abbracciato nei momenti difficili, sostenuto nelle prove della vita. Un po' come Thomes stava facendo con lui.
Si voltò a guardare il gigante, che nello stesso momento incrociò il suo sguardo e gli sorrise con fare fraterno. Doveva avergli di nuovo letto il pensiero. Beh, se per lui, al contrario di Jacu, era difficile manifestare i suoi desideri, le emozioni, le pulsioni per Thalàna e le paure di non essere all'altezza della missione, almeno per Thomes era un libro aperto. Non doveva preoccuparsi di confidarsi con lui, sapeva già tutto leggendogli la mente.
Arrivarono in una vallata circondata dalle montagne, era quasi buio. Di fronte a loro Thomes gli disse, c'era il fiume Tirso che sfociava nel fiordo di Otzana con un grande delta. A est vedevano due villaggi che sembravano disabitati e abbandonati, uno ai piedi di due monti, l'altro esattamente sopra, nella sella tra i due monti. «Questa sera ci fermiamo a dormire qui, seguitemi».
Thomes li guidò su una stradina poco battuta, che portava a un enorme cespuglio di giunchi. Il terreno era diventato fangoso, ma una volta addentrati tra i giunchi, trovarono una vasca d'acqua cristallina. Del fumo saliva dalla superficie.
«Potete riposare e lavarvi qui, è calda e curativa; proviene dal sottosuolo ed è scaldata dal magma al centro del pianeta che la arricchisce di energia, la stessa energia che noi fate utilizziamo per curare la natura. È acqua corrente, in continuo ricambio. Vedete le bollicine che salgono, quella è l'acqua che emerge dal suolo, da lì in fondo invece esce all'esterno. Non restate dentro la vasca per molto tempo, altrimenti quando uscirete potreste avere un mancamento».
Il primo ad accettare con entusiasmo l'invito fu Sirbone; con un balzo saltò nella vasca e schizzò tutti quanti, il livello dell'acqua salì a causa della sua mole e divenne marrone di fango. Il vecchio si era spogliato nudo e si era unito al suo amico cinghiale, la barba era talmente lunga che anche senza vestiti, aveva le nudità coperte.
«Questa è una mano santa per i miei reumatismi, terme e fanghi in una volta sola» e si era immerso.
«Io cerco qualcosa da mangiare, e materiale per le mie frecce», disse Thalàna.
Elias la guardò andare via, ammiccante e sorridente.
«Thomes, posso usare il talismano e provare un po' la capra e il muflone su quelle rocce?».
«Certo, stai attento. Hai visto, quando hai improvvisato in prigione, poi ne sei uscito esausto? Cerca di dosare le tue energie. Comunque, quei due animali dovrebbero stancarti meno del cavallo, dell'asino e del toro. Ti consiglio di usare il muflone sulle quattro zampe, con la capra invece, prova a immaginare di mantenere solo le due zampe posteriori. Sarai un vero e proprio fauno. Ti stancherai di meno, ma attento, per l'equilibrio sarà più impegnativo all'inizio. Non cadere sulle mani». Rispose Thomes.
Elias decise di lasciare la vasca di acqua calda al cinghiale e al mago; una volta libera, avrebbe aspettato un po' di quel ricircolo di cui aveva parlato Thomes, per pulire l'acqua dal fango di Sirbone e poi si sarebbe preso un momento per sé.
Recuperò le launeddas e pensando a Titione, Maimone e Gologon si andò a sedere sotto un mandorlo. Era spoglio, alcuni frutti rinsecchiti erano ancora appesi sui rami, ma i germogli rossicci per la nuova stagione erano già pronti sulle punte, in attesa di addobbare la pianta con nuove foglie e fiori. Si mise a suonare, la melodia fuoriusciva fluida; stava improvvisando, ma ogni tanto ritornava su un motivo che era abbastanza orecchiabile, come se potesse essere una sorta di ritornello. Immaginò quella musica come fosse la base di un canto e provò a incastrare mentalmente delle parole sulla melodia.
Addio, addio, mia vita passata
Addio nonna, addio falesie amiche
Ora danzo sui campi e sui pascoli verdi
Sorrido agli uccelli, saluto i cavalli
Cavalco il più bello e maestoso e verde
Ho fate amiche, con loro ho brindato
a una vita, che mai avrei sognato
Salute allo spirito del fiume
canto all'amico con cui ho volato
canto all'amore, a Thalàna, a Jacu
Canto al fratello che ho ritrovato
Ai lidi rocciosi che ho conosciuto
Ai mari impetuosi che ho solcato
alle risate, agli abbracci, ai baci
al fango, al sudore e all'acqua che risana
alla pioggia, alla terra, al fuoco, al vento
canto al mare che tutto ha creato.
Elias smise di suonare, Thomes si era avvicinato a lui, ascoltava la musica e da quello che disse, Elias capì che aveva colto anche il testo che formulava nella mente.
«Non so se ho preferito il passaggio del cavallo bello e maestoso o quello del fratello ritrovato». Gli disse sorridendo.
«Non mi abituerò mai alle tue letture mentali, ma con te mi sento completamente libero, sei l'unico che conosca tutto di me, l'unico con il quale posso essere onesto su quello che sento; è un sollievo sapere che ci sia qualcuno con cui poter essere aperto e sincero».
«Cosa ti turba, vuoi parlarne?».
«Non lo sai già?».
«Un'idea me la sono fatta, ma per te è più importante che il tuo cervello formuli quei pensieri e li manifesti per descrivermi cosa senti. Solo così ne prenderai coscienza profonda».
«Quando ho visto Thalàna la prima volta a Urtaddala ho pensato che fosse la ragazza più bella che avessi mai incontrato. Ero circondato da fate nude e guardavo soltanto lei. Ma quando lei si avvicina, mi parla, mi da attenzioni, sembra che lo faccia soltanto per usarmi, per far ingelosire Jacu; e l'ultima cosa che vorrei è ferire Jacu, portandogli via la ragazza di cui è innamorato. Però Thalàna continua a guadarmi, a sorridermi, ad attirare la mia attenzione su di lei; prima mi ha detto che andava a caccia per me. E non riesco a togliermi dalla mente la sera in cui faceva l'amore con Jacu e guardava me, fisso negli occhi. Non capisco perché sta con lui e lo prende in giro se vuole me. E se non desidera me, perché ferire Jacu, seducendomi e facendolo ingelosire? Non ne ha bisogno, lui cade già ai suoi piedi».
«Perché pensi che le cose debbano essere assolute, o bianche o nere? Non è detto che, se sta con lui, stia prendendo in giro te. Potrebbe essere attratta anche da te. Come hai detto, non ha bisogno di ingelosire Jacu».
«Beh, non lo trovo giusto, dovrebbe decidere se vuole stare con lui o se vuole me».
«Ci siamo arrivati, ecco il punto della questione. In base a quale regola? Chi ha stabilito questo? L'essere umano ha sempre agito così; è il suo bisogno di essere riconosciuto, disponendo di una terra, una casa, un lavoro, che lo ha portato a considerare il partner come qualcosa da possedere. Più ostento, maggiore sarà l'evidenza del mio valore. Più bella sarà la mia donna, o il mio uomo, maggior importanza acquisirò e tutti mi desidereranno. L'obbligo dell'esclusività del rapporto di coppia è stato uno dei precetti primari imposti dagli dèi, per fare in modo di regolare le nascite degli uomini e la gestione sociale delle popolazioni, in famiglie ben suddivise. Immagina se tutti avessero avuto la libertà di procreare con chiunque: le donne avrebbero sempre avuto cuccioli da crescere, il padre dei quali sarebbe stato impossibile da rintracciare. In questo modo gli uomini avrebbero potuto scaricare la loro parte di responsabilità.
La soluzione ideale sarebbe stata un mondo in cui l'intera comunità si impegnasse a crescere i figli di tutti, allo stesso modo; ma gli dèi avrebbero dovuto vivere al comando di un sistema sociale in cui non ci sarebbero potute essere disuguaglianze tra gli uomini, distinzioni sociali. Come fare quindi a decidere che alcuni uomini potessero avere il privilegio di servire loro, altri di avere compiti sedentari, e altri invece lavori duri come arare la terra, pascolare il bestiame o, peggio ancora, scavare l'oro in miniera. Si sarebbero create rivolte come era già successo tra i primi Anunnaki. Sono stati costretti a creare una società divisa in caste, e per non mescolare le responsabilità, hanno dovuto inventare il vincolo della famiglia, utilizzando il legame di sangue.
Su Nibiru, per mantenere la purezza delle famiglie e agevolare il passaggio delle cariche, le unioni avvengono tra consanguinei. Ma qui, videro che questo non era possibile: il primate che avevano manipolato aveva riportato la comparsa di gravi mutazioni fisiche in caso di accoppiamenti tra consanguinei ripetuti. Quindi seguì il precetto che vietava tali rapporti. Ti dico tutto questo per spiegarti che, come ogni altro animale, voi umani non avete l'istinto di rimanere vincolati all'interno di una coppia. Il tuo desiderio che Thalàna scelga te, piuttosto che Jacu, è una richiesta che la tua personalità, l'Elias che tu vorresti essere, manifesta per voler possedere lei e primeggiare su di lui.
Ma in fondo lei non è obbligata a scegliere. Potrebbe avere entrambi voi, se voi foste d'accordo. L'amore non è possesso dell'altro. L'accoppiamento è uno scambio di attenzioni fisiche per entrare in uno stato di appagamento profondo con una persona che ami, o da cui sei attratto. Godere del piacere ricevuto e di quello procurato. Anche Thalàna aveva i tuoi stessi dubbi, ma lei ha preferito non scegliere tra voi, si è lasciata scegliere; Jacu si è soltanto fatto avanti per primo. Questo non significa che non desideri anche te, altrettanto intensamente».
«Mi destabilizza l'idea di condividerla con Jacu. Alla festa d'autunno sono rimasto interdetto, non so concepire il vostro modo di amarvi in gruppo».
«La maniera in cui sei stato educato, il funzionamento sociale che hai osservato intorno a te al villaggio, ti ha fatto credere che quella del rapporto di coppia univoco sia l'unica scelta giusta. Per questo, se anche tu desiderassi accoppiarti con più di una ragazza, lo riterresti sbagliato e te ne priveresti. Facendo ciò, tu aderisci a chi vuoi essere, crei questa tua personalità; crei l'Elias che vorresti che gli altri vedessero, quello che a te sembra più giusto e onorevole. Ma il vero Elias, quelle fanciulle le vorrebbe entrambi. Privartene, non ascoltare il tuo desiderio, farà si che tu giudicherai sbagliato, quando vedrai qualcuno concedersi quello che tu non ti sei permesso. Così, oltre a non essere felice, perché non segui te stesso, proverai anche risentimento nei confronti degli altri. Il cervello inizierà a martellarti su quelle emozioni discordanti e ti ritroverai a vivere emotività come gelosia, invidia, ira, insofferenza. Il ragionamento con cui ti giustificherai, sarà: se non posso averlo io, non devono permetterselo neanche loro.
Quindi il consiglio che posso darti è questo: ogni volta che qualcosa nella tua vita ti infastidisce, capisci bene di cosa si tratta e valuta il fatto che, proprio quello, è ciò che tu desideri di più, ma che ti stai vietando di fare. Allora piuttosto che rimanere fedele alla personalità che ti sei costruito, all'Elias perfetto che tutti possono vedere, prova a valutare la possibilità di comportarti come la tua vera natura richiede, a seguire il tuo profondo desiderio. Questa è l'unica strada per la felicità. Se non agirai in questa maniera, qualunque altra gioia sarà breve, non duratura nel tempo, sarà soltanto una piccola compensazione a sostituzione di quello che vuoi veramente».
«Come faccio a capire se qualcosa che mi dà gioia faccia parte realmente di me, o se invece sia una breve compensazione?».
«Nel secondo caso ti renderà felice per poco tempo, e la contentezza effimera sarà il risultato di un ragionamento. Ti sarai accontentato. La vera felicità invece la senti sia nel corpo, sia nelle emozioni, la assapori con i cinque sensi. Rimane nel tempo, presente, non soltanto come ricordo».
Erano tornati dal resto del gruppo, Sirbone e Pascifera stavano finendo di asciugarsi accanto al fuoco; Jacu sonnecchiava, doveva aver perso energie con le sue trasformazioni; Thalàna stava arrostendo due lepri e un'allodola. Vedendoli arrivare sorrise maliziosa.
«Dove eravate finiti, voi due?».
«Elias ha composto una canzone, è molto bella, parla anche di te». Thalàna arrossì, Elias era talmente imbarazzato che non riusciva a mettere insieme due parole. Thomes andò a sedersi al fuoco; Elias intuì che li aveva lasciati soli di proposito.
«E quindi questa canzone parla anche di me? Mi piacerebbe ascoltarla».
«Non è un componimento vero e proprio, più che altro mentre suonavo improvvisando, ho provato a immaginare un testo, e... sai come sono invadenti queste fate quando ti leggono il pensiero. Non so nemmeno se me la ricordo tutta. Lasciami fare un po' mente locale, cerco di recuperare tutto il testo, magari dopo cena te la canto».
Si dileguò verso il fuoco, si sedette accanto a Pascifera e ipnotizzato dalle fiamme, rimuginò su tutto quello che gli aveva detto Thomes.
Jacu si svegliò di soprassalto, urlando.
«Jacu, tranquillo, stavi sognando», intervenne subito Elias, avvicinandosi a lui.
«Ho sognato quell'essere nella capanna a Porto Tàlana, con i suoi occhi rossi, i mori che squartavano tutti al villaggio. Li odio. Quando li incontrerò di nuovo ne ucciderò il più possibile».
Poi scoppiò a piangere, Elias lo abbraccio per tranquillizzarlo, carezzandogli i capelli. Il ragazzo si era calmato, dopo un paio di singhiozzi, ora stava già rallentando il respiro.
Elias era dispiaciuto per Jacu, ma era pronto a rimproverarlo per il suo desiderio di vendetta. Aveva una spiegazione per la quale i mori non erano responsabili, eseguivano degli ordini. Gli avrebbe detto che uccidere era sbagliato, se non per legittima difesa; che se lo avesse fatto, sarebbe diventato come loro.
Poi cercò di analizzare quel suo giudizio alla vista degli ultimi insegnamenti di Thomes. Divenne consapevole che la ragione del suo fastidio, provocato dalle emozioni di Jacu, nasceva dal fatto che quelle erano state le stesse emozioni che aveva provato lui quando la nonna era stata uccisa. Se avesse potuto, avrebbe fatto una strage al suo villaggio, vendicandosi di quell'ingiustizia. Ma sicuro che fossero emozioni sbagliate, non si era nemmeno concesso di ascoltarle. Le aveva deliberatamente represse. Quello che lo stava infastidendo ora, era il fatto che invece Jacu le stava vivendo, le comunicava con la sua solita genuinità. Era sicuro che poi, sul campo di battaglia, non sarebbe stato una furia assassina incontrollata; quelle erano soltanto parole che aveva detto in un momento di paura e rabbia causati dall'incubo. Ma il fatto di averle manifestate, comunicate, di essersele concesse, aveva fatto nascere in Elias la disapprovazione, perché lui invece le aveva represse sul nascere. Iniziava a vedere il filo logico del modo di pensare di Thomes.
Preso da questi pensieri, mangiò taciturno, non si rese conto nemmeno degli argomenti di conversazione degli altri; poi, prima che la digestione iniziasse, decise di concedersi il bagno caldo.
Depose tutti i vestiti ben ripiegati su una roccia, quando il piede entrò a contatto con l'acqua, gli venne la pelle d'oca in reazione, tanto era calda. Dovette immergersi prima fino a metà gambe, poi fino alla vita, infine poté sedersi sul fondo, con l'acqua che raggiungeva così le spalle.
La luna era calante e ancora bassa in cielo, la cometa era apparsa, le stelle erano uno spettacolo mozzafiato. Sentì un fruscio tra i giunchi. Comparve Thalàna completamente nuda, entrò in acqua con i fianchi sinuosi, ammaliante come una jana; si avvicinava a lui camminando all'interno della vasca, nella penombra, una silhouette, con i capelli mossi dalla brezza. Si sedette a cavalcioni sopra di lui.
«Allora me la fai sentire quella canzone che parla di me?».
Non gli diede tempo di dire una parola, mise le mani sott'acqua e iniziò a baciarlo.
In quel momento poteva morire, Elias sarebbe stato felice; ma la felicità fu breve, interrotta da un altro fruscio. Comparve un'altra silhouette, era Jacu. Elias si sentì un traditore, il sangue gli si gelò nelle vene, una sensazione amplificata dall'acqua calda. Stava per iniziare a giustificarsi, era pronto a subire tutti gli insulti del ragazzo. Se li meritava e avrebbe capito se Jacu avesse preso a odiarlo e non avesse più voluto avere nulla a che fare con lui. Poi Jacu disse:
«Vi spiace se mi unisco a voi?» e senza attendere risposta, si sedette dietro Thalàna, prese a baciarla sul collo; Elias sentì Thalàna che accarezzava il suo membro e con lo sguardo fisso nei suoi occhi, lo guidava dentro di lei; Jacu, continuando a baciarla, intanto lo accarezzava sul petto e tra i capelli. Thalàna chiuse gli occhi.
Udì oltre le piante il vecchio che diceva: "beata gioventù!", poi i sensi furono totalmente catturati dal contatto con quei due corpi.
Il giorno dopo non si ricordava molto della notte precedente, non sapeva se si sentisse così stanco per l'acqua calda o per le attività che vi aveva svolto all'interno, ma era sicuro di due cose: avevano messo in pratica proprio tutto quello che avevano visto fare alle fate durante la festa del primo giorno d'autunno, e avevano passato in acqua molto più tempo di quello che Thomes avesse consigliato.
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