Parte 44
I ragazzi erano partiti per quell'avventura con entusiasmo, mostrando di non essere del tutto consapevoli della reale gravosità del prossimo futuro. Camminavano già da qualche ora, Thomes si trovò a riflettere sulla loro giovane età, sulla vita che avrebbero avuto, se non avessero subito la sorte che li aveva accompagnati verso il destino a loro riservato. Avevano molto da imparare, ma vedere la loro gioia di vivere, la loro giovinezza sbocciare e godere, ancora incosciente dei piaceri tipici di quella età umana, lo faceva sorridere. I cugini a punzecchiarsi, senza sosta, come due piccioni, per attirare l'uno l'attenzione dell'altra. Elias li osservava, incuriosito da quelle dinamiche, cercando di comprenderne la natura; non aveva mai avuto un legame di quel genere, pur essendo di qualche anno più grande.
La ragazza, per far ingelosire il cugino, concedeva attenzioni a un Elias impacciato. Jacu, provato tra la gelosia e il desiderio di avere un complice, non capiva come rapportarsi a Elias. I sentimenti umani non erano dissimili a quelli delle fate, ma mentre per le fate erano un assunto fin dalla nascita, gli umani li conoscevano solo dopo lunga esperienza con le emozioni e il ragionamento su di esse, gli errori, le strategie, i meccanismi di difesa e di attacco. Amore, amicizia e solidarietà stavano nascendo nei ragazzi, ma nessuno avrebbe potuto predire in quali direzioni li avrebbero portati e a favore di chi.
«Facciamo un sosta», disse Thomes, «ricordatevi di bere prima che vi venga sete, quando siete in cammino. La sete, quando arriva, è già sintomo di disidratazione e non possiamo permetterci malanni di nessun tipo in questo viaggio».
Detto questo tutti bevvero dalla propria borraccia.
«Prendi il Bronzo e inserisci le pietre». Elias lo fece senza domande, Thomes versò un po' d'acqua nella sua grande mano.
«Ora concentrati sull'acqua nella mia mano, percepiscila come un unico oggetto, valuta il peso e la consistenza. Con la forza della mente, immagina di volerla sollevare; la pietra verde farà tutto».
Osservò Elias concentrarsi, un leggero bagliore verde comparve nella mano del ragazzo e l'acqua dalla sua mano prese a galleggiare in aria. Qualche gocciolina dal lato cadde a terra, il ragazzo se ne accorse e in un attimo di distrazione tutta l'acqua cadde.
«Scusami, posso riprovare? Versa altra acqua nella mano».
«Devi riprovare, ma con la stessa acqua. Ricordane la quantità, la consistenza e riprendila dalla terra».
«Posso fare questo?», chiese Elias sollevando le sopracciglia, eccitato.
«Certo, puoi controllare i quattro elementi, puoi utilizzare l'acqua che c'è in ogni luogo o essere vivente. Siamo fatti di acqua per la maggior parte dei nostri corpi, se volessi, potresti ucciderci prosciugandoci; rimarrebbe solo un mucchietto di materia solida grande come un sasso. Ma prima devi capire come funziona e, se non fai in fretta, non riuscirai nemmeno a recuperare l'acqua nella terra che la sta assorbendo sempre più in profondità».
Negli occhi del ragazzo, come sperava, vide sorpresa e subito concentrazione. Nessun senso di grandezza, di onnipotenza, nessun godimento all'idea di poter fare e disfare a proprio piacimento della vita altrui. E dopo pochi attimi di raccoglimento, dalla mano tornò un leggero bagliore verde e vide l'acqua risollevarsi dal terreno e riunificarsi in aria in un unico corpo galleggiante.
«Ben fatto, ora con questa acqua e solo con questa ti allenerai per farle cambiare stato, da liquido a ghiaccio a gas, cambiandone la temperatura. Buon lavoro».
Detto questo si incamminò verso un piccolo bosco di lecci. «Voi due, seguitemi, lasciatelo concentrarsi e sperimentare».
I cugini, presero la notizia di malavoglia, erano affascinati dalla magia del Bronzo, ma anche loro avevano qualcosa da imparare.
La ragazza era la più scaltra e maliziosa dei tre umani. In quelle poche ore, i flussi di pensiero della fanciulla che lo avevano raggiunto, mostravano la sua mente in una continua strategia per creare aspettative e far ingelosire i due poveretti. Era attratta da entrambi; dal cugino, perché si conoscevano da sempre. Aveva una totale complicità con lui, erano gli ultimi sopravvissuti del loro villaggio; era stato il primo ragazzo che aveva baciato quando qualche anno addietro avevano deciso di fare degli esperimenti amorosi, per sembrare più preparati quando se ne fosse presentato il bisogno. D'altro canto, era attratta da Elias, perché più maturo, più alto, con un fisico più vigoroso. Era affascinata dal suo ruolo di eroe, si immaginava di diventare l'eroina al suo fianco; ed era convinta di poterlo sedurre a puntino, non solo perché fosse l'unica ragazza del gruppo. Elias, d'altra parte, non aveva bisogno di essere sedotto, aveva già perso la testa per la giovane. Non fantasticava su di lei soltanto quando era concentrato sulla missione.
Nei confronti di Thomes invece, a parte pochi attimi di malizia sulla sua nudità e le sue possibili evoluzioni, la ragazza aveva pensieri riguardanti la sua saggezza e desiderio di apprendimento.
«Thalàna, è arrivato il momento, per te, di iniziare a procurarti alcune frecce».
«Cosa me ne faccio di frecce, se ho una faretra magica?».
«Come ti ha spiegato mia sorella, le frecce della faretra possono essere utilizzate soltanto per difenderti da un attacco, se vuoi mangiare qualcosa differente da frutta e bacche, devi cacciare. Sappi che è da un po' che tuo cugino non pensa ad altro. Inoltre, potrebbe essere necessario in alcuni casi avere una freccia da utilizzare anche se non si è attaccati; quindi, ti consiglio di dedicare un po' di tempo a fabbricartene, quando faremo delle pause lungo il percorso. La legna non manca, ma quando trovi delle piume a terra, raccoglile e conservale. Non ti sarà difficile da queste parti trovarne, le volpi sono ghiotte di pernici. Buon lavoro». Thalàna fece un cenno di comprensione con la testa, si voltò verso il sottobosco e si mise al lavoro.
«Adesso a noi due, è ora di farci una galoppata».
«Non ci posso credere che sto per farlo davvero, è tutta la mattina che non aspettavo altro».
«Prima di galoppare, però, devi capire come si fa a non ruzzolare a terra, poi ad andare al passo, il resto verrà automatico. Prova a camminare e prendi consapevolezza del movimento che fanno le tue braccia rispetto alle gambe».
Jacu prese a camminare. «Dondolano in modo alternato alle gambe».
«Esatto, ora: quando avrai quattro zampe da cavallo, dovrai provare a fare la stessa cosa. Alternerai le anteriori con le posteriori, le destre con le sinistre. Prova prima a metterti a quattro zampe e usare le mani come se fossero le zampe anteriori. No, se fai così ti si incrociano e cadi. Se ti fai male o ti ferisci quando una parte del tuo corpo è in versione animale, tornando umano la ferita sarà sulle tue gambe, quindi presta attenzione. Hai la fortuna che manterrai le braccia, quindi potrai usarle per equilibrarti all'inizio. Va bene così è giusto, ora proviamo a usare il ciondolo, ma quando ti sarai trasformato, non iniziare subito a muoverti, prima cerca di restare fermo sulle quattro zampe, cosicché possa darti delle indicazioni».
«Perfetto, cosa devo fare esattamente?».
«Prima di tutto spogliati».
«C-Cosa?».
«La camicia e il gilet puoi tenerli, ma i pantaloni li squarceresti; se vuoi ancora dei pantaloni da indossare per quando sarai tornato umano, meglio che tu li tolga e li riponga nella borsa. Lo dico per te, quella di vestirsi è una vostra usanza, non mia».
Jacu si guardò intorno per vedere se Thalàna o Elias stessero guardando nella sua direzione, ma erano entrambi molto concentrati sui loro doveri; così, rassegnato, si spogliò.
«Potresti voltarti?».
«Sei serio? Per me la nudità è la normalità, vuoi dirmi che ti vergogni di me?».
Vide il ragazzo abbassare lo sguardo sul suo membro e sentì un flusso di pensieri riguardo al confronto con le dimensioni del proprio.
«Voi umani... Va bene mi giro», disse Thomes per non metterlo a disagio in quel momento.
«Ecco, sono nudo, adesso che faccio?».
«Ora prendi con una mano il ciondolo e concentrati sull'animale del quale desideri le zampe, rimarrai umano dall'ombelico in su. Concentrati su un cavallo».
«Per tutti i Giganti, non posso crederci» e prese a gridare, tra l'entusiasmo e lo stupore. Quello fu il segnale per Thomes che poteva voltarsi.
Jacu aveva il corpo di un atletico puledro marrone, una folta coda rossiccia che scodinzolava incontrollata.
«Perfetto ora non fare nulla, cerca di prendere consapevolezza del corpo, del peso, della proporzione. Questo dovrai farlo a ogni occasione in cui ti trasformerai in un animale per la prima volta; per ogni specie sarà differente, sarai come un bambino che impara a camminare, ma con l'esperienza avrai sempre più dimestichezza. Adesso prova a sollevare la zampa destra anteriore».
Ma come sospettava, Jacu sollevò il braccio destro.
«Ecco quello che intendevo: mantenendo le braccia devi entrare nell'ottica di avere sei arti; per muovere le zampe anteriori il tuo cervello deve pensare di avere quattro gambe, non devi fare riferimento alle braccia».
Vide il ragazzo continuare a muovere le braccia, poi si impennò sulle zampe posteriori e prima che cadesse, Thomes lo afferrò e lo fece riscendere sulle quattro zampe.
«Aspetta, proviamo così», disse sollevando con le sue mani la zampa anteriore destra del ragazzo. «Ora senti le mie mani sulla zampa e immagina che senza fretta vuoi riportare la zampa a terra. Benissimo, adesso prova a sollevarla da solo. Ottimo. Ora abbassala e solleva l'altra. Così si fa, vai alla grande».
«È la sensazione più bella che abbia mai provato».
«Ti capisco, io preferisco cavalcare che volare. Ora proveremo a farti andare al passo, ma rimani qui sotto gli alberi, non spostarti sulle rocce, gli zoccoli del cavallo non sono adatti, potresti spaccarti una caviglia. Quando devi andare sulle rocce scegli la capra o, meglio, il muflone.
Senza pensare di allontanarti troppo, rimani qui intorno e sperimenta, come ti spiegavo prima, l'alternanza delle gambe anteriori e posteriori, Si muovono sempre prima quelle da un lato, poi quelle dall'altro, sempre a partire da quella posteriore. Bene così, lento. Rimani concentrato e non avere fretta. Tra poco torno a vedere i tuoi progressi».
Con un sospiro di sollievo si mosse verso Elias. Da come Jacu aveva iniziato, pensava che avrebbe impiegato molto più tempo, ma stava facendo progressi notevoli, per essere la sua prima volta.
Si ricordò quando suo padre gli aveva insegnato a camminare dopo la sua prima trasformazione, i suoi primi passi, l'abilità di trasformare e adattare gli zoccoli. Era da molto tempo che non pensava ai genitori. Thomes era di poco più giovane della sorella Maimone. Le uova di entrambi si erano schiuse quando Tiamat era stata già spostata sulla nuova orbita. Erano stati concepiti sul nuovo pianeta quasi dimezzato. La generazione dei suoi genitori e quelle precedenti avevano fatto in tempo a concepire una nuova covata di fate su Ki, ma l'energia che avevano dovuto utilizzare per curare il pianeta dopo l'impatto con la luna di Nibiru, era stata tale che la loro vita su Ki non aveva avuto lunga durata. Quando l'asteroide che avrebbe fatto estinguere i dinosauri stava per colpire Ki, tutte le generazioni precedenti a quella dei genitori erano già trapassate nell'evanescenza. Lo sforzo consecutivo all'impatto aveva stremato anche i suoi genitori e i loro coetanei. Così nessuna fata che aveva conosciuto Tiamat nella precedente orbita era sopravvissuta ai cambiamenti letali. In quella parte di mondo, in quel lembo di terra, lui e la sorella si erano ritrovati a essere le fate più anziane, seppur ancora giovanissimi. Maimone aveva preso in mano le redini della mandria e la cura di quella che secoli dopo sarebbe stata chiamata Ichnusa. Avevano proseguito con l'opera di risanamento per tutta la loro esistenza, ma adesso si ritrovavano ad affrontare il pericolo peggiore: la loro estinzione. Sperava che gli accoppiamenti della notte precedente avrebbero dato i loro frutti, ma ancora era troppo presto per saperlo. In caso contrario, la loro unica speranza sarebbe stato quel giovane di fronte a lui e la pietra gialla.
«Come procede?».
«Guarda tu stesso», rispose Elias. Stava creando dei cristalli di neve dalle simmetrie perfette.
«Ottimo lavoro, adesso procurati dei legnetti secchi che accendiamo un fuoco».
Elias tornò in un attimo con legni di varia grandezza e un po' di foglie secche.
«Con il fuoco è più semplice, devi solo decidere dove vuoi indirizzarlo e quanto grande. Posiziona alcuni legnetti con delle foglie e prova».
Elias non se lo fece ripetere, all'istante una fiamma scaturì, ma consumò la legna in un attimo e il fuoco si spense.
«Cosa è successo, non capisco?» chiese preoccupato.
«Hai immaginato il fuco nella sua grandezza finale, come un falò acceso; doveva essere un fuoco molto grande e ha consumato foglie e legna in un istante. Prova a pensare che stai accendendo il fuoco, non a un grande falò».
Elias lo fece, una fiamma si diresse verso un nuovo mucchio di legna e foglie, ma non appena giunse a destinazione, il fuoco si spense. Elias provò ancora e ancora, ma ogni volta la fiamma giungeva a destinazione e non faceva in tempo ad appiccare il falò.
«Cosa pensi che manchi?».
«Qualcosa non va, il fuoco appare, ma perché non... aspetta, forse ho capito».
Thomes vide Elias chiudere gli occhi, una mano stretta sul Bronzo accanto a sé, il bagliore verde che prendeva vita; con l'altra mano prese a fare dei movimenti, come se stesse invitando qualcuno ad avvicinarsi. Sembrava una danza, poi nel momento in cui la fiamma scaturì in direzione dei legni, il movimento con l'altra mano divenne più preciso e deciso. Il fuoco prese a crepitare, Elias aveva invitato il vento ad alimentarlo e ravvivarlo. Il ragazzo aveva aperto gli occhi, si era girato incredulo verso di lui e con uno slancio spontaneo lo aveva abbracciato, saltandogli al collo.
«Bene, stai entrando sempre di più in sintonia con il Bronzo e con gli elementi; ogni volta che avrai tempo dedicati ad allenarti con le pietre. Ora pranziamo, abbiamo ancora un lungo cammino da fare. Vai a chiamare Thalàna, io recupero Jacu».
Il ragazzo sparì nel sottobosco, Thomes tornò da Jacu; era migliorato molto anche lui, lo trovò in una specie di galoppo euforico attorno agli alberi.
«È magnifico».
«Bravo. Vieni, ora dobbiamo mangiare e ripartire. Dovrai nutrirti molto, perché un cavallo utilizza molte più energie di un uomo. Non temere se quando tornerai umano, adesso, avrai un crollo di vigore. Sarà normale, ti sentirai stremato».
«Mi sento così bene, credo che starò alla grande. Basta che faccia la procedura al contrario? Devo chiedere al ciondolo di riavere le mie gambe?».
E lo fece, senza attendere la risposta di Thomes, che con uno slancio corse a sorreggerlo, intuendo che le gambe umane non lo avrebbero sostenuto. Lo afferrò al momento giusto, prima che si afflosciasse a terra.
«Per tutti i Giganti, ora ho capito cosa intendessi». Poi quando Thomes si avviò verso gli altri: «Aspetta, aspetta... Non è che mi aiuteresti a mettere i pantaloni, prima di raggiungerli?».
Thomes lo aiutò e lo sorresse mentre andavano verso il fuoco dove Elias e Thàlana li attendevano.
Thalàna stava sorridendo e scherzando con Elias, Thomes sentì tutta la gioia di Jacu sparire dai suoi pensieri e la gelosia nascere dalla paura di essere sostituito, di non essere all'altezza di quel ragazzo più grande e affascinante di lui.
«Dovevate vedermi al galoppo, è una gioia inspiegabile», disse Jacu, per avere un po' di attenzione.
«Cos'è successo, ti sei ferito?» chiese Elias preoccupato.
«No, tranquillo, ho solo esagerato con le corse e ho consumato le energie di un cavallo, devo recuperare. Se solo ci fosse un po' di carne».
«Poi non dire che non ti penso, cuginetto», dicendo questo, Thalàna estrasse una lepre già scuoiata, pronta da mettere sul fuoco.
Thomes ed Elias mangiarono frutta fresca, frutta secca e bacche. I cugini avevano arrostito la lepre e la stavano condividendo, dopo averla profumata con un po' di timo selvatico. Thomes sorrise vedendo tutti i ragazzi ringraziare alla maniera delle fate per il cibo che stavano per mangiare.
«Durante il nostro viaggio sarà importante che non riveliate mai le vostre armi magiche, a meno che non sia necessario per la nostra sopravvivenza. Provenite da piccoli villaggi, non avete esperienza sulla vita nelle città degli uomini, ma se conoscessero i vostri poteri, vorrebbero possederli. Potrebbero uccidervi per ottenerli, o imprigionarvi, per avervi sotto il loro controllo. Gli uomini hanno sempre temuto chi praticasse la magia, divisi tra il desiderio di governarla e la paura di essere da essa sopraffatti».
Terminato di mangiare, raccolsero le loro cose e ripresero il loro cammino, destinazione Tisc-al.
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