Parte 3
Elias sentì una forte attrazione, come se delle corde lo tirassero verso l'interno delle rovine. Non aveva tempo per capire di cosa si trattasse, doveva correre a casa per avvertire la nonna e organizzare la sua fuga.
Il tempo volava via, ma più si avvicinava alla sella tra i monti, più il richiamo diventava forte e il suo corpo faticava ad avanzare.
Aveva raggiunto, più a sud, il guado del fiume e lo aveva attraversato, non senza fatica, poiché le acque del Gorroppu si erano gonfiate in seguito all'acquazzone e scendevano copiose dai Monti Bianchi. Toccata la riva est, aveva proseguito il suo cammino tornando verso nord, senza sosta, deciso ad arrivare il prima possibile al villaggio per parlare con la nonna, non si era concesso di riprendere fiato.
Ora era giunto in vista delle rovine di Durcalis, doveva soltanto risalire la sella tra il monte Tulu e il monte del Bardo e ridiscendere verso il mare, al villaggio; ma più si allontanava dalle rovine, più il richiamo diventava forte e senza consapevolezza si ritrovò a entrare in quel che rimaneva dell'antica città.
Un piccolo corso d'acqua scendeva dal monte del Bardo e tagliava le rovine in due, proseguendo verso il Gorroppu, per ingrossare le sue acque. Le costruzioni davanti a lui erano fatiscenti, antiche, ma non quanto i Nurag. I Nurag erano fatti di pietre incastrate tra loro, per queste costruzioni invece si intuiva l'impiego di svariati tipi di materiali e metalli.
Si narrava che circa cinquecento cicli prima, una catastrofe ambientale, conosciuta come l'Inondazione, avesse sommerso da un giorno all'altro tutta la Terra del Mare e le terre vicine. Rimasero emerse solo le cime delle montagne più alte come il Tulu e le vette dei Monti Bianchi. Il resto delle terre era sparito, inabissato in mare. Gli antichi villaggi e le città erano diventati fondale marino e nuove dimore per i pesci. I pochi riusciti a salvarsi si erano riuniti e ammassati nelle scarse zone emerse. Quando il mare era tornato a ritirarsi, alcuni avevano deciso di abitare le nuove coste, fondando villaggi come Nuova Calagon, dove lui era nato e cresciuto.
Col tempo, stagione dopo stagione, ciclo dopo ciclo, il livello del mare si era in parte abbassato, ma nessuno aveva avuto coraggio di fare ritorno alle rovine di Durcalis. Le costruzioni ormai erano impraticabili. Avrebbero dovuto abbatterle e ricostruirne di nuove, ma molti ritenevano quei villaggi scheletrici ancora abitati dagli spiriti dei morti durante l'Inondazione.
Se la superstizione è sintomo di ignoranza, allo stesso tempo, potendo evitare di agire contro superstizione, si vive più sereni. Per cui i sopravvissuti avevano preferito fondare Nuova Calagon sull'altro versante del monte Tulu, non lontano dalla vetta, sopra la vecchia Calagon ormai sommersa.
Elias si chiese da quanto nessuno entrasse a Durcalis.
Costruzioni fatiscenti e distrutte lo circondavano, lunghi ferri arrugginiti uscivano dalle pareti degli edifici diroccati. Le antiche case erano costruite una attaccata all'altra, su diversi livelli, nulla a che vedere con le capanne di pietra e tetti di legni e frasche con cui era costruito il suo villaggio. Gli ambienti delle abitazioni dovevano essere molto spaziosi, ma Elias non capiva come i suoi antenati potessero vivere così ammassati, uno sopra l'altro.
Le strade sembravano disegnate dalla successione stessa dei fabbricati. Intorno agli stabili non c'era possibilità di terre da coltivare. Elias considerò l'eventualità che gli uomini di quel tempo facessero molta strada con i cavalli o i muli ogni giorno per raggiungere i terreni che curavano.
Strane carcasse di ferro erano ai lati delle strade, arrugginite, alcune sembravano capovolte, con delle piccole ruote di ferro, due per lato. Quelle non capovolte, sembravano grandi aggeggi al cui interno si potesse star seduti, dalla funzione incomprensibile. Elias era affascinato e intimorito, ma la curiosità lo spingeva ad avanzare.
Alcuni muri avevano mantenuto tracce di colore, sopra l'ingresso di un'abitazione c'era una specie di cartello giallo rotondo, con un grande simbolo a forma di P all'interno.
Si rese conto che il luogo da cui si sentiva attratto fosse la sorgente del fiume che tagliava in due le rovine di Durcalis. Più si avvicinava alla piccola sorgente, maggiore era il senso di ebbrezza. Una pace inattesa invadeva la sua mente e la liberava da ogni pensiero.
Vedeva le rovine diradarsi, la natura prendere possesso del paesaggio. Giunto alla sorgente, lussuriosi fiori di cisto, con colori di ogni sfumatura del viola circondavano una strana costruzione alla destra della risorgenza. Sembrava una minuscola grotta scavata nella roccia, con un ingresso quadrato; era quello il luogo che lo attraeva. Si avvicinò, sbirciò all'interno, ma avvertì una presenza alle sue spalle. Non fece in tempo a voltarsi, subito una luce brillante simile a quella vista al Nurag Marino lo abbagliò. Cadde a terra, privo di sensi.
Il campo di battaglia arrivava fin dove l'occhio riusciva a osservare. Cavalieri, donne in bianco armate di lance, esseri che volavano, animali di specie differenti, tra cui cavalli da insoliti colori, tutti combattevano contro uomini dalla pelle nera, la terra era piena di morti di entrambe le fazioni.
Un bagliore attrasse la sua attenzione. Un guerriero, l'unico su una cavalcatura verde, stringeva nella mano l'oggetto dal quale scaturiva la luce. Ogni volta che l'oggetto s'illuminava, lanciava raggi luminosi azzurri che colpivano il nemico e lo disintegravano in polvere. Lo stesso stemma era rappresentato su molti vessilli che si muovevano, al vento e alle grida della lotta. Sulle bandiere, le teste nere erano su sfondo bianco, le bende, pure di colore bianco e la griglia di strisce che separavano le teste tra loro era di colore rosso.
Elias tornò a guardare il giovane guerriero che sembrava al comando della guerra contro gli uomini neri; per quanta attenzione concentrasse, non riusciva a metterne a fuoco i tratti, il guerriero non si voltava mai dal suo lato. D'improvviso la luce scomparve dalla mano del guerriero; si immobilizzò per un istante, Elias lo vide voltarsi, come se si sentisse osservato, con un movimento di scatto, quasi sapesse alla perfezione dove andare a guardare. Gli occhi di Elias incrociarono lo sguardo del guerriero ed Elias ebbe un sussulto. Il guerriero che lo guardava e gli sorrideva non era altri che lui. Il viso era segnato da una profonda cicatrice accanto all'occhio sinistro, a parte ciò, non aveva dubbi. Quel volto gli apparteneva.
Una luce forte abbagliò di nuovo Elias e quando si estinse si ritrovò alla rupe di Nuova Calagon. Stava per assistere di nuovo al sacrificio della nonna; Poteva distinguere i volti degli uomini che urlavano fuori dalla sua capanna, vide la nonna uscire, precipitare dalla rupe in mare.
Ci fu un altro lampo ed Elias poté vedere se stesso sotto un sughero che teneva in una mano l'artefatto e nell'altra quattro pietre; accanto alla viola che già conosceva, ce n'erano una verde, una azzurra e una gialla.
Ancora un abbaglio, Elias con gli occhi bendati lottava contro uno strano essere simile a una grande lucertola, ma con una coda corta e tozza, ricoperto di scaglie, con baffi molto lunghi e spessi. Sembrava avere la meglio, quando una zampata della bestia gli tolse la benda e lui cadde a terra senza vita.
Elias si sentì paralizzato, non c'era più nessuna luce, nessuna nuova immagine appariva ai suoi occhi, solo lui di fronte al suo cadavere, il respiro che diventava sempre più affannoso. Udiva un suono indistinto, ma non riusciva a concentrarsi, era troppo sconvolto dall'aver assistito alla sua stessa morte. Il panico stava prendendo il sopravvento, ma il suono diventava sempre più forte, ora riusciva a distinguere qualche parola, "svegliati" sussurrava una flebile voce maschile, poi distinse una nuova parola "Eleonora".
D'improvviso la voce da sussurro si fece profonda e l'ordine si poté udire con chiarezza: "Svegliati, figlio di Eleonora!".
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