Parte 29
Elias aprì gli occhi in tempo per vedere il dito di Maimone allontanarsi dalla sua fronte.
Titione era lì accanto, accompagnato da una decina di esseri in apparenza suoi coetanei. Tutti bellissimi e nudissimi, orecchie a punta, una striscia di peli sotto le scapole. Alcuni stavano con i piedi a terra, altri sospesi in aria. Ognuno con qualche elemento caratteristico: il colore dei capelli e della pelle, un fiore a decorarli, uno strumento musicale, un cappello di foglie, un ciondolo, un orecchino al naso. Tutti tenevano gli occhi puntati su Elias.
«Adesso basta ragazzi. Titione, torna all'ingresso del canyon, non può essere lasciato incustodito di questi tempi. I Mori potrebbero essere in viaggio o addirittura già in arrivo. Potrai parlare di nuovo con Elias più tardi, al termine del tuo turno. Voi andate a svolgere le vostre mansioni, vieni Elias, io e te non abbiamo finito».
In un attimo tutti si dileguarono agli ordini autorevoli di Maimone e i due rimasero soli. Lei lo accompagnò all'interno della casa. Elias seguì con lo sguardo i suoi fianchi flessuosi, la chioma rossa trapunta di fiori e foglie, i glutei puntinati da lentiggini dello stesso colore di quelle che le decoravano il viso, i piedi che sembravano sfiorare appena il pavimento. Maimone però non stava volando, anche se la sua grazia le donava una leggerezza innaturale. Giunti alla casa vide che era piena di strani oggetti. Elias non ne aveva mai visto di simili. Al momento, tuttavia, la sua testa formulava circa mille volte mille domande più importanti del conoscere la funzione di quegli oggetti. Ad esempio, a cosa aveva appena assistito nella visione? Era una visione a ritroso verso il passato come aveva intuito? Era avvenuto veramente?
«Non conosco l'utilizzo della maggior parte di questi oggetti» disse lei voltandosi, come se gli avesse letto nel pensiero. Elias non osava abbassare lo sguardo dai suoi occhi quando lei lo guardava.
«Prima dell'Inondazione alcuni umani impiegavano il loro tempo e la loro maestria a creare questi oggetti unici. Questa dimora giaceva sotto il mare in seguito all'Inondazione, nel fiordo di Lanaitho, non lontano dalle rovine di Tisc-al. Lì accanto sgorgava una sorgente carsica, oggi subacquea; aveva preso il nome da mia figlia Gologon sua protettrice. Abbiamo deciso di salvare questa residenza dalle profondità del mare, trasportarla qui e farne la nostra casa. Noi percepiamo il tempo o lo spazio in maniera dissimile a voi. Non abbiamo il concetto di proprietà. Tutto è nostro poiché nulla è nostro. Non costruiamo le nostre abitazioni, usiamo quello che la Terra ci offre, senza lasciare traccia del nostro passaggio, se non una traccia risanatrice». Mentre parlava prendeva alcuni antichi oggetti e li passava a Elias che li ispezionava senza capirne la funzione.
«Siamo i guardiani dell'energia vitale di Ki, fin da prima che la luna di Nibiru lo mutilasse e lo facesse avvicinare al Sole. Allora chiamavamo il nostro pianeta Tiamat». Maimone si bloccò per un attimo a fissare il vuoto, come colta dalla malinconia. Poi riprese a parlare e gli fece cenno di seguirla.
«Ci prendiamo cura della natura ogni volta che questo si rende necessario, senza condizioni. Dai piccoli cambiamenti inevitabili, ai grandi disastri, come la collisione che hai rivissuto nella tua visione, o l'asteroide che ha causato l'estinzione dei grandi rettili prima della comparsa dell'uomo, o le bombe atomiche degli uomini che hanno provocato lo scioglimento dei ghiacci ai poli e l'Inondazione marina che ne è conseguita. Noi siamo qui, sempre, pronti a prenderci cura di Ki, a sostenerla, a convogliare l'energia cosmica per rigenerare il pianeta nella sua essenza. Noi siamo, siamo stati e saremo».
Erano giunti a una tavola imbandita, decorata con fiori di lavanda e di elicriso. La mensa era ricca di ogni tipo di frutto: corbezzoli, agrumi, fragoline di bosco, fichi, fichi indici, quelli con le spine che pungono le dita, ma già sbucciati e pronti per essere gustati; poi ancora uva, mandorle, noci. Alcune fate sostituivano i vassoi vuoti, con altri pieni di cibo. Passando accanto a Elias, chinavano la testa in cenno di saluto. I loro sorrisi gli trasmettevano serenità, ma nei loro occhi leggeva l'agitazione per l'attesa degli eventi incombenti. Maimone gli fece cenno di servirsi dalla tavola.
«Noi siamo il popolo di Tiamat, L'unica razza sopravvissuta dopo l'impatto con la Luna di Nibiru e l'avvicinamento al sole. I nostri avi erano su questo pianeta prima che fosse per metà distrutto e sbriciolato nei cieli, prima che la parte lacerata del pianeta venisse invasa dalle acque e le terre emerse si assestassero come sono conosciute oggi. Siamo stati chiamati in molti modi nel corso del tempo, Tiamatiani, Popolo di Ki, Elfi, Fate. Su questo lembo di terra prediligevano Janas. Possiamo copiare la forma umanoide, come mi vedi ora, o rivelare la nostra natura di Caddos; il cavallo verde che hai incontrato a guardia di Durcalis è mio fratello Thomes». Elias ascoltava in silenzio. Aveva molte domande da rivolgerle, ma per il momento preferiva non interromperla. Nel frattempo degustava i frutti succosi, cercando di non dare l' impressione di trangugiare tanto era affamato.
«La nostra essenza viene dal centro del pianeta. Ki ci sostenta e noi lo risaniamo. Viviamo in simbiosi con la natura. Dal momento in cui nasciamo la nostra esistenza è dedicata a prenderci cura della Terra perché essa provvede a noi, nutrendoci. Non sempre possiamo mostrarci ai popoli. L'uomo non riesce a vivere gustandosi la gioia del tempo che gli viene concesso. Ha imparato dagli dèi a combattere per la brama del possesso delle terre. In principio lo sfruttamento irresponsabile avveniva in nome degli stessi dèi, in seguito a proprio esclusivo interesse. Gli umani non si sono mai preoccupati di rispettare e tenere in salvo il pianeta, conservandolo sano per il bene comune e per le generazioni a venire. Hanno investito sulla ricerca di un potere concentrato su pochi, a discapito della sottomissione degli altri, più deboli».
«Non li avete aiutati a comprendere i loro errori?», non riusciva più a frenare la tentazione infantile di fare domande. Maimone si era avvicinata a una finestra e osservava l'esterno. Le fate sembravano impegnate nei preparativi di qualcosa, decoravano il cortile con ghirlande di fiori.
«Abbiamo scelto di rimanere nascosti perché avrebbero cercato di sovrastarci se ci fossimo manifestati a loro. Noi non abbiamo la possibilità di affrontarli. Disconosciamo la violenza, la possibilità di provocare morte per noi è inconcepibile. Ci nutriamo solo dei frutti che le piante lasciano cadere a terra e rispettiamo i loro cicli restituendo alla terra i semi dei frutti. Conosciamo solo la preservazione della vita, come potremmo prendere parte alle guerre? Nei secoli abbiamo assistito a battaglie tra dèi e dèi, tra giganti e uomini, tra uomini e uomini, tra uomini e razze animali. Questi avvenimenti ai nostri occhi hanno la durata di un battito di ciglia. In tali occasioni ci teniamo in disparte e attendiamo il nostro turno per tornare e risanare il pianeta in seguito ai danni inevitabili che dèi o uomini hanno procurato. Non c'è fretta, le nostre vite sono talmente lunghe che anche quelle degli dèi sembra durino un soffio ai nostri occhi».
«Cosa è successo tra voi e questi dèi? Come siete entrati in contatto con loro?».
All'esterno alcune fate ora collaboravano per sollevare una lunga pertica alla quale erano legati dei tessuti colorati. Una volta issata, le vele producevano delle striature ombrose nel cortile. Maimone si voltò a guardarlo e riprese.
«Quando coloro che si sono autodefiniti "dèi" giunsero sul nostro pianeta, ci implorarono di aiutarli per risanare il loro, Nibiru, lo stesso la cui luna aveva provocato il cambiamento di orbita della nostra Tiamat. Acconsentimmo a supportarli e cooperare, impiegammo le nostre abilità per aiutarli, mostrando loro dove trovare le materie prime di cui necessitavano e permettendo loro di prelevarle. Presto tentarono di invadere e occupare Ki sottraendola a noi».
«Hanno cercato di scavalcarvi e sopraffarvi? O volevano uccidervi?» Elias aveva sgranato gli occhi, incredulo dell'ingratitudine di questi dèi.
«Esigevano la libertà di sfruttare le risorse in maniera incontrollata ed egoista. Causarono guerre, distruzione. Decisero di non avvisarci per tempo quando intuirono che il successivo avvicinamento di Nibiru avrebbe fatto slittare i ghiacci del polo sud nel mare, causando la prima Inondazione, quella che tutti i popoli della Terra avrebbero ricordato come Diluvio Universale. Piuttosto speravano che l'onda anomala, sommergendo i continenti, avrebbe causato l'estinzione di più specie terrestri possibili. Restarono comodi a osservare la tragedia dalle loro navi spaziali».
Maimone si sollevò in volo e lo osservò qualche istante dall'alto, come a rappresentare gli Anunnaki che osservavano la vita sulla terra estinguersi. Atterrò quindi vicino alla tavola, versò da una caraffa due bicchieri di limonata e ne porse uno a Elias.
«Da una specie di scimmia terrestre, generarono un essere a loro immagine, mescolando i loro geni divini con quelli del primate. Avevano partorito questo nuovo essere, dopo varie sperimentazioni e sbagli. I frutti mal riusciti degli esperimenti dispersero su Ki creature contro natura, mezzi uomini e mezzi animali: minotauri, fauni, sirene, tritoni, sfingi e centauri. Tutti ebbero breve vita, a parte quelli che riuscimmo a salvare e mettere sotto la nostra protezione, come Drullio. Questi esseri non avevano la possibilità di riprodursi e generare prole in maniera adeguata. In alcuni casi erano unici della loro specie. Laddove era stato creato più di un esemplare si trattava comunque di ibridi, impossibilitati alla riproduzione. Quando infine crearono l'uomo e individuammo le abilità di cui era stato dotato, capimmo quale fosse il vero scopo di quegli esperimenti: creare una razza forte, laboriosa e schiava, per sfruttarla e farsi servire. Necessitavano di qualcuno che eseguisse in loro vece il lavoro che erano stati inviati a svolgere su Ki, mansione che erano stanchi di affrontare ogni giorno».
«Per questo si dice che l'uomo è fatto a immagine e somiglianza degli dèi», Elias crollò a sedere su una panca in legno, appesantito da questa rivelazione.
«Esatto. I loro geni mescolati a quelli del mammifero terrestre avevano permesso alla scimmia di essere più intelligente, laboriosa, addomesticabile; più resistente, perché privata dei peli, quindi più pulita e meno attaccabile da malattie. Scelsero con cura quali migliorie apportare e da quali proprietà invece fosse meglio astenersi. Decretarono di non dotare la razza umana della loro altezza e imponenza, mantennero gli uomini più bassi, per sfruttare meglio la loro agilità e allo stesso tempo modellare il loro senso di inferiorità. Infine stabilirono che gli uomini dovessero essere privati del gene nibiruano della longevità. Il numero di anni che poteva vivere un uomo era lo stesso che potevano vivere loro, ma ognuno rapportato all'orbita del proprio pianeta. Agli occhi degli umani così i nibiruani divennero divinità, poiché a loro confronto sembravano esseri enormi, superiori e con vite talmente lunghe da apparire creature immortali. Le profezie annunciavano che sarebbero tornati dopo tremilacinquecento anni e quando in effetti Nibiru era a portata di navetta, loro scendevano a raccogliere le risorse e i popoli della terra si stupivano di come fossero identici alle descrizioni e rappresentazioni nelle opere del passato».
Maimone si sedette accanto a Elias, in silenzio, lasciandogli il tempo di digerire tutte queste informazioni, ma la curiosità e l'indignazione di Elias non le avevano dato tregua.
«Quindi per quale motivo non hanno avvisato di questo Diluvio Universale?».
«Gli esseri umani in principio, come gli altri esseri prodotti in laboratorio dai nibiruani, non avevano possibilità di riproduzione, essendo un ibrido tra primate terrestre e abitante di Nibiru. Quando le loro femmine si rifiutarono di continuare a fare le gestanti per la produzione di esseri umani, i loro comandanti concessero agli uomini la procreazione. Su questa scelta aveva avuto vasta rilevanza l'affetto dello scienziato degli dèi, il dio Enki. Il Serpente amava le sue creature come figli e desiderava che potessero sopravvivere quando loro avessero fatto ritorno su Nibiru. Non aveva valutato la potenza del desiderio sessuale umano e la velocità con cui questa procreazione sarebbe avvenuta. Ma gli umani erano diventati troppi e gli dèi decisero di apprifittare di questo tsunami catastrofico. La caduta della calotta polare a causa della gravità variata per l'arrivo di Nibiru creò un' onda, talmente gigantesca, che gli uomini la associarono a un Diluvio Universale».
«Eppure non ci siamo estinti». Le sopracciglia di Elias si incurvarono, cercando di intuire una spiegazione plausibile.
«Enki non riuscì ad abbandonare a quella sorte le creature che considerava suoi figli. Salvò alcune coppie di nascosto, permettendo il proseguimento della vita su Ki».
«Gli altri dèi si saranno infuriati».
«In principio sì, soprattutto i seguaci del fratello di Enki, Enlil. Quando in seguito a quella catastrofe capirono di aver bisogno di nutrirsi e di qualcuno che lavorasse per loro, furono grati a Enki per la sua scelta. Gli dèi tentarono di limitare gli atti sessuali con dei rigidi principi di vita, morali, religiosi, obbligatori per tutti, come l'istituzione della famiglia e l'obbligo dell'atto sessuale solo nell'ambito della coppia vincolata. Queste soluzioni costrittive contribuirono in parte a frenare le nascite, ma a lungo andare non furono sufficienti».
«Tentarono di uccidere di nuovo tutti?» Non poteva credere alla facilità con cui questi esseri divini giocavano con le vite. Lui non avrebbe mai ucciso neanche una mosca.
«Gli dèi non fecero in tempo a gestire il nuovo fenomeno: nel momento storico in cui sembrò loro che gli uomini avessero preso il sopravvento, essendosi moltiplicati in maniera inaspettata e avendo raggiunto una quantità di esemplari che superava di centinaia di volte il loro, iniziarono le Guerre degli Dèi. Lottarono tra loro per la spartizione e il controllo dei continenti e degli uomini. Per avere maggiore potenza militare crearono nuove razze umane con le stesse caratteristiche dei primi uomini, ma a partire da differenti specie di scimmie. Ne risultarono razze con caratteristiche generali peculiari, come il colore della pelle, la presenza o meno di barba e peluria toracica, per distinguerli con facilità in battaglia. Quando le guerre terminarono, abbandonarono Ki in rovina e le loro creature umane a continuare le guerre in loro nome».
«Come quei funghi di fumo che hanno fatto alzare il livello del mare?».
«Proprio così. Le guerre atomiche. Ciò che ti ha mostrato la visione è avvenuto nel passato. Noi Caddos siamo i conservatori della memoria; a volte possiamo mostrare ciò che è molto presumibile che accada, ma il futuro non può essere certo, dipende dalle scelte che saranno fatte. A noi si manifesta il futuro più probabile».
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