Parte 23
Non aveva dato tempo alla vecchia di emettere un suono. Aveva mollato la testa del compagno e prima che lei potesse aprire la bocca l'aveva afferrata da sotto la mandibola. Aveva tirato, fino a sentire quel piacevole rumore di lacerazione della pelle della gola e lo schiocco delle vertebre del collo che si staccavano. Si meravigliò che ci fosse stato ancora qualcuno vivo nel villaggio. Si guardò intorno, fece cenno alla cornacchia appollaiata sulla sua spalla di fare un giro d'ispezione, chiuse gli occhi e si mise in ascolto di eventuali ulteriori suoni.
Erano approdati con la Alcione e la Gliese in quel porto lungo la costa est, come comandato dal Generale Aldebaran, in cerca del manufatto magico, l'unica arma che potesse contrastarli nella loro guerra. Da secoli si era persa traccia dell'amuleto, ma negli ultimi giorni qualcuno l'aveva attivato e il loro Dio ne aveva percepito il potere risvegliato.
Tragacorgios e i suoi compagni erano stati all'istante inviati alla ricerca dell'oggetto prezioso. Il generale era stato molto chiaro: «Trovatelo. Tornate con quel pezzo di metallo e tutte e quattro le pietre oppure non tornate affatto».
Le informazioni in suo possesso indicavano, come ultimo luogo in cui l'amuleto era stato avvistato, un piccolo porto lungo la costa est di quel fazzoletto di terra sul Mare Tirreno. Lui e i suoi erano sbarcati dalla Alcione, occultati da cappe con il cappuccio. Erano stati accolti sul molo da una delegazione della popolazione indigena come fossero viaggiatori in visita:
«Benvenuti a Porto Tàlana, il gioiello del Golfo di Ogliastra. Chiunque metta piede qui afferma che non vorrebbe più allontanarsene. Abbiamo anche canzoni da taverna a riguardo. Sono sicu...». Li avevano trucidati in un battito di ciglia.
Alcuni avevano provato a opporre resistenza, i suoi compagni si erano sollazzati a farli morire più lentamente e con maggiori sofferenze. Qualcuno era stato mantenuto in vita per essere interrogato sul talismano, ma nemmeno con torture, sevizie e uccisioni sporadiche erano riusciti a sottrarre qualche informazione utile.
Insistevano tutti di non conoscere nulla a riguardo. Costretti a passare al piano successivo, avevano setacciato con acribia ogni angolo del villaggio. Di pezzi di metallo ne avevano rinvenuti molti, alcuni perforati, ma nessuno con quattro fori e corredato di quattro pietre.
Così dopo aver razziato il villaggio, erano tornati a bordo delle navi; ora stavano caricando cibo e bestiame.
Si era attardato lui in retroguardia per un controllo finale; presto sarebbero stati pronti a procedere verso nord e perlustrare il porto successivo. A quel punto Tragacorgios aveva sentito dei suoni provenienti dall'esterno del villaggio dal lato ovest. Da dietro dei covoni di fieno aveva osservato i due vegliardi affaticati dalla marcia entrare in paese. Si erano bloccati guardandosi intorno. Tragacorgios aveva intuito che non abitassero lì; erano viaggiatori, quindi non aveva perso tempo a interrogarli. Rapido si era disfatto di loro.
Si accingeva infine a raggiungere i compagni, quando udì una specie di mugolio; decise di indagare. Trascinate sulla strada, le lunghe pelli di toro di cui era vestito produssero un inquietante stridio che rimbombava nel silenzio del villaggio morto. In contrappunto si udiva solo il verso altrettanto angosciante di un barbagianni.
Giunto a una capanna al centro del villaggio, il mugolio era sparito. Pitzu, la sua cornacchia, si era appollaiata sul tetto di quella abitazione. Cominciò a gracchiare entusiasta, confermando il sospetto di Tragacorgios che il suono provenisse da lì. Entrò e ispezionò l'interno.
Non constatò alcuna stranezza, a parte la mobilia sfondata e delle anfore rovesciate con ogni probabilità dai suoi compagni. Nulla di vivo all'interno. Infine, nascosto dentro a un'anfora scorse un gattino.
«Vieni piccolino» e lo sollevò, prendendolo dalla pelle dietro al collo con le sue dita ossute e nodose. Andò alla porta, esaminò il molo e i compagni che in silenzio caricavano la merce in attesa del suo ritorno, poi guardò di nuovo il cucciolo. Concluse che dopotutto poteva permettersi una piccola pausa. Chiuse la porta della capanna, andò a sedersi su un mobile rovesciato, con un morso strappo la testa del gatto e assaporò la sua merenda.
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