Parte 2
L'acquazzone era potente ed Elias corse a ripararsi in un antro laterale del Nurag.
Per tutti i Giganti! Mai nella vita gli era capitato che da un momento all'altro arrivasse un baleno così intenso e dal niente scoppiasse un diluvio tanto martellante.
La giornata era limpida, il sole si era appena alzato. Mentre correva per arrivare al Nurag Marino non aveva visto nembi avvicinarsi da lontano. Eppure quel lampo era stato di una intensità accecante e lui era già fradicio di pioggia.
Non pioveva così da uno, forse due giorni. Si ricordò dell'incastro perfetto tra la pietra viola e l'artefatto ereditato dalla nonna.
Tornò a osservare gli oggetti: non poteva essere stata quella pietra a provocare il lampo e il cambiamento climatico. Nel dubbio estrasse la gemma dal foro: non accadde nulla. Però Elias era certo, la luce era esplosa proprio nel momento in cui aveva inserito la pietra. Non può essere una coincidenza. Decise di provare a inserirla di nuovo, per vedere cosa sarebbe successo. Stava per introdurla, era in attesa di un nuovo lampo, ma non successe nulla.
Elias si diede dello stupido ad aver creduto che quegli oggetti avessero potuto provocare effetti simili. Avrebbero dovuto essere oggetti soprannaturali e la magia esisteva solo nelle leggende. Qualcuno ogni tanto raccontava di avvistamenti di una o più Janas. Le fate si credeva abitassero nei grandi massi con le porticine, scavati ai tempi in cui i Nurag erano stati edificati. Elias era abbastanza grande da sapere che quelle erano solo storie raccontate da Nora e gli anziani per spaventare o intrattenere i più piccoli.
La pioggia continuava a scendere copiosa. Ripose i due strani oggetti nel sacchetto di pelle e si avviò al piano inferiore in cerca di riparo.
Il tetto era crollato in tempi remoti, nessuno aveva mai saputo spiegare a cosa servissero quelle costruzioni edificate dai pagani. Si era persa la memoria del loro stile di vita. Anche prima dell'Inondazione, gli aveva tramandato la nonna, quando gli uomini erano in grado di utilizzare apparecchiature di tecnologia avanzata, nessuno era stato in grado di capire perché i pagani avessero costruito quelle torri. I tentativi di erigerne di simili erano falliti. Sull'utilizzo si ipotizzava potessero essere abitazioni dei capi dei villaggi, oppure luoghi in cui depositare le provvigioni, o ancora luoghi di culto. L'unica certezza era che tutti i Nurag avessero l'ingresso in direzione della costellazione del Cacciatore.
Anche all'interno del rudere l'acqua filtrava. Ormai era zuppo, non aveva senso aspettare che la pioggia diminuisse. Era pronto a tornare a casa.
Una volta lì, avrebbe recuperato le sue cose senza guardare in faccia chiunque lo avesse incontrato lungo la strada, per poi sparire e iniziare la sua nuova vita. Se qualcuno si fosse permesso di fermarlo e parlargli di quanto successo alla nonna, lo avrebbe utilizzato come una balla di fieno, per sfogare la rabbia a suon di pugni. Concentrato su quei pensieri, inciampò su un muretto e cadde a terra nel fango.
«Per tutti i Giganti!», contro cosa aveva urtato? Quel muretto non c'era mai stato lì. Uscendo dalla torre, si era avviato verso il villaggio senza nemmeno guardare a terra. Tante erano le volte che aveva percorso quella strada, che avrebbe potuto continuare pure a occhi chiusi.
Invece aveva appena incespicato su un muretto. Doveva averlo collocato lì un pastore per delimitare un terreno, ma era vietato nei pressi del Nurag. Quella era terra di nessuno. Si rialzò in piedi e, attraverso la pioggia scrosciante, si guardò intorno. Una serie di muretti dalle forme svariate lo circondavano. È incredibile, questi muretti non ci sono mai stati intorno al Nurag Marino.
La vista che si presentava ai suoi occhi però non gli era del tutto sconosciuta. Aveva già camminato tra quei muretti una volta nella sua vita. D'improvviso si ricordò: stagioni prima sua nonna lo aveva portato a fare una gita di due giorni. Avevano camminato, bivaccato in una grotta, superato le rovine dell'antica Durcalis, guadato il Rio Gorroppu e dopo altre lunghe ore di cammino avevano raggiunto al di là del fiordo un altro luogo costruito al tempo dei pagani. Un antico piccolo villaggio di cui il mare, scavando il terreno, aveva restituito le forme dopo l'Inondazione.
Alzò lo sguardo e di fronte a sé invece che il mare aperto, vide le montagne al di là del Golfo di Gollei. Elias non era più al Nurag Marino, dove aveva appena pianto per la morte della nonna. Senza sapere come, si trovava all'esterno del Nurag Coccoi.
La nonna gli aveva raccontato di un incontro con una Jana. Aveva appreso dell'esistenza di quel villaggio, in cui gli antichi preparavano il pane per gli dèi. Poco distante da lì giaceva sotto il mare in seguito all'Inondazione un grande sito chiamato dagli antichi Serra Orrios, perché lì si realizzavano i cesti con cui il pane veniva offerto agli dèi.
Si guardò intorno per confermare la sua intuizione, incredulo di quanto stesse accadendo, poi capì: fece scivolare la mano nella tasca ed estrasse il sacchetto.
I due oggetti sembravano brillare sotto la pioggia. Tentò di inserire la pietra di nuovo nel primo foro, ma non accadde nulla. La estrasse e tentò di incastrarla in uno degli altri tre fori, ma non c'era verso di riuscirci. Per il momento doveva rassegnarsi. Non capiva come, eppure nell'arco di pochi secondi si era trovato in un posto diverso, distante quasi due giorni di cammino.
Rimise gli oggetti al loro posto e si avvolse il mantello stretto al corpo. Per rientrare al villaggio adesso non occorrevano pochi minuti, avrebbe impiegato quasi due giorni, sotto quella pioggia, senza viveri e acqua. Certo, poteva trovare corbezzoli e funghi lungo il cammino e bere l'acqua piovana, raccogliendola con una larga foglia, ma non aveva nemmeno un coltello con sé per cacciare.
Si avviò verso il sentiero che dal sito pagano si dirigeva in direzione est, verso il Rio Gorroppu. Avrebbe raggiunto le rovine di Durcalis, scalato la sella tra il monte Tulu e il monte del Bardo e solo allora sarebbe arrivato al suo villaggio.
Dopo alcune ore di cammino era in vista delle rive del fiume. In quel punto era impossibile guadarlo, la corrente era troppo forte, causa la vicinanza con la cascata del Rio con cui sfociava nel fiordo. Ricordò il racconto di Nora sulle rovine di una vecchia muraglia sommersa dal mare. Prima dell'Inondazione, quando la costa era molto più distante, il Rio Gorroppu incontrava un altro fiume e scorreva ancora a lungo, prima di incontrare il mare. Questa enorme muraglia era stata costruita dagli uomini per creare un lago.
Elias si avviò lungo le sponde del fiume in direzione sud, lasciandosi la cascata e la costa alle spalle. Risalì in direzione della sorgente del fiume, verso i grandi Monti Bianchi, così chiamati per il colore della roccia calcarea che li faceva sembrare coperti di neve anche nella stagione calda.
La pioggia stava diminuendo, quando Elias scorse sulla sponda opposta del fiume due figure intente a sciogliere una fune, con la quale era stata attraccata una canoa a un piccolo pontile. Non riuscì a distinguere a chi appartenessero le sagome, ma sembravano tutto, fuorché due rematori agili, in grado di navigare il Rio così in prossimità della cascata. I due si accorsero della sua presenza ed Elias riconobbe, negli sguardi terrorizzati, i volti di Tzia Maria e Tzio Gorinnari.
«Che ci fai qui, Elias?» intimò Tzio Gorinnari, «non saresti dovuto venire a cercarci».
«Come sei arrivato sull'altra sponda?» domandò invece Tzia Maria.
Elias attonito, di certo non poteva dir loro la verità sulla pietra, ma il fatto più importante per lui in quel momento era sapere perché avessero permesso che sua nonna morisse.
«Con quale coraggio siete fuggiti senza dire nulla? Hanno ucciso la nonna al posto vostro».
«Di cosa stai parlando?» chiese Tzio Gorinnari.
«Al villaggio invece di venire a cercare voi, hanno preso lei per l'Offerta. Quando avete deciso di fuggire, perché non la avete avvertita? Sarebbe potuta scappare insieme a voi, invece ora è morta e la colpa è solo vostra. La porterete per sempre sulla coscienza».
I due si guardavano tra di loro come se Elias stesse parlando di assurdità. Tzio Gorinnari ruppe il silenzio: «Nora uccisa? Noi siamo appena fuggiti, prima che avvenga il rituale c'è tempo e tu, adesso che lo sai, corri da lei. Non l'abbiamo resa partecipe, è vero, ci dispiace, temevamo per le nostre vite. Ne abbiamo discusso, non siamo pronti a morire, ma sei ancora in tempo per avvisarla».
«Temevate per voi stessi e non vi siete fatti scrupoli a far uccidere lei. Vedo che l'amicizia non ha lo stesso valore per tutti. Lei avrebbe dato la vita per voi. Avete messo in salvo la vostra in cambio della sua. Non posso credere che...»
La frase rimase a metà. Nella sua sfuriata non aveva colto la verità dietro le parole degli zii acquisiti. Cosa avevano appena detto? Prima del rituale c'è tempo, puoi ancora avvisarla. Cosa significava? Lo stavano prendendo in giro? La pioggia era terminata. Elias trasalì, ricordando che due giorni prima c'era stato un terribile acquazzone. Lui e Nora erano stati costretti a rimandare una gita alla Spiaggia delle Foche, organizzata dalla settimana precedente. Verso sera, quando ormai era troppo tardi, la pioggia era cessata, così, all'improvviso.
Tentò di rimettere insieme i pezzi: gli zii affermavano di essere appena fuggiti, aveva smesso di piovere in quell'istante. L'intuizione arrivò in un attimo: gli oggetti che la nonna gli aveva affidato non lo avevano soltanto trasportato dal Nurag Marino al Nurag Coccoi. Lo avevano anche fatto tornare indietro di più di un giorno.
Non è possibile. «Questo significa che la nonna è ancora viva» sussurrò Elias tra sé e sé. Il villaggio distava ancora più di mezzo giorno di cammino, ma se avesse viaggiato tutta la notte, non sarebbe arrivato troppo tardi. Avrebbe avuto tutto il tempo di avvertire la nonna e organizzare con lei una fuga.
Posso ancora salvarla. Entusiasta per quella nuova possibilità regalatagli, impaziente e sicuro sul da farsi, Elias non degnò Tzia Maria e Tzio Gorinnari di una parola. Si voltò a sud e cominciò a correre verso il guado del Rio Gorroppu.
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