Parte 19

Aveva raggiunto Cala delle Foche dopo circa due ore di cammino. Da lì, risalendo il rio Ilune, sarebbe arrivato presto nelle vicinanze della gola del Rio Gorroppu. Aveva deciso di sostare sulla spiaggia per riposare quella notte. La caletta in cui le foche andavano a rifugiarsi per partorire e allattare i propri cuccioli, gli ricordava la nonna, quando insieme raggiungevano in gita la spiaggia nei giorni di festa. Si trovava all'estremità interna del lungo Fiordo delle Foche, alla base delle montagne che si sviluppavano in ripide falesie. Lì aveva trascorso alcuni dei momenti più felici della sua vita, rincorrendo le foche, giocando tra gli oleandri colorati, ascoltando i racconti di Nora alla luce del fuoco per addormentarsi.

I racconti di Nora... si stavano rivelando meno leggendari di quello che credesse. Il ricordo di alcuni di essi lo fece rabbrividire e sperare che non gli si materializzassero mai davanti. Raccolse della legna e accese il fuoco, per rimanere al caldo durante la notte; aveva radunato del fogliame da usare come giaciglio e mangiato alcuni dei viveri preparati dalla nonna che conservava nella borsa. Si era ripromesso di andare a raccogliere dei fichi da aggiungere alle sue provviste, ma non aveva più forze ed era crollato in un sonno profondo senza sogni.

La mattina fu svegliato da un cucciolo di foca che lo annusava, le vibrisse che gli solleticavano la ferita sul viso. Quando aprì gli occhi la crosta tirava la pelle. Ebbe l'impressione che il cucciolo avesse un'espressione schifata; alzo un braccio, si annusò un'ascella e fece esattamente la stessa smorfia dell'animale. Quindi si voltò a guardarlo e scoppiò in una fragorosa risata, in sintonia con l'animale che diede inizio al suo simpatico latrato, come se anche lui ridesse di gusto.

La giornata era fresca, ma dopo essere scampato a Iskultone, decise che sarebbe sopravvissuto anche a un bagno nell'acqua gelida del fiume. Cercò una zona di acqua ristagnante dove scovare del fango, si spogliò nudo e prese a strofinare il fango prima su di sé, massaggiando ogni parte del corpo, tranne il viso; poi riservò lo stesso trattamento ai vestiti. Sciacquò gli abiti nell'acqua, vicino la foce del fiume, mentre il fango sul suo corpo si asciugava, poi li mise a prendere aria su un tronco bianco abbandonato dal mare sulla spiaggia. Dopodiché cercò una piccola pozza di acqua che gli permettesse di immergersi senza affogare, per risciacquare tutto il fango essiccato dal suo corpo. Infine andò sulla riva e con un po' di acqua di mare pulì la ferita sul viso, togliendo il sangue incrostato da dove non serviva. Non sapeva se bruciasse di più a causa del sale, o per le smorfie del viso procurate dal dolore che lo costringeva a strizzare i muscoli della faccia e tirare la ferita. Raccolse del timo lungo i margini del fiume, lo strofinò e sminuzzò con le mani, poi lo passò sotto le ascelle. Il profumo lo avvolse, adesso si sentiva pulito e pronto ad affrontare la nuova giornata. 

Doveva attendere ancora che i vestiti si asciugassero, così raggiunse l'albero di fichi che aveva visto la sera precedente, ne raccolse e mangiò alcuni; i morsi dell'appetito si placarono e diedero tregua allo stomaco all'istante. Quando fu sazio, ne raccolse ancora un po', ringraziando l'albero per il cibo che gli stava concedendo, e li ripose con quello che avanzava delle provviste della nonna.

Accanto al cibo vide il sacchetto del talismano. Era giunto il momento, doveva venirne a capo e imparare a gestirne i poteri. Estrasse il Bronzo, lo analizzò in ogni dettaglio per essere sicuro che non gli sfuggisse nulla. Quattro cavità rotonde permettevano alle dita di aderire e impugnarlo comodamente; gli spazi per le pietre erano di diverse dimensioni, quindi abbinare pietra e foro non sarebbe stato qualcosa da mettere in dubbio. In un angolo trovò incisi due simboli, erano consumati dal tempo, ma ancora distinguibili "ET". Per il momento non avevano alcun significato per lui; estrasse dal sacchetto le pietre, quella viola era più piccola, ma più pesante di quella azzurra. Era quella che Leon aveva lasciato con il Bronzo, quindi decise di iniziare con quella. 

Sapeva già che poteva usarla per spostarsi tra i Nurag, ma non sapeva come. Provò a inserirla nell'oggetto... nulla accadde. Chiuse gli occhi, si concentrò sul Nurag Marino, ancora niente. Poi si rese conto che a parte il Nurag Marino e il Coccoi non ne conosceva altri. Lui aveva viaggiato tra quei due; allo stesso modo la nonna era apparsa in essi e nell'unico altro che lei conoscesse, vicino Tisc-al. Quindi era molto probabile che per potersi spostare tra una torre e l'altra bisognasse prima di tutto trovarsi in un Nurag e poi conoscere quello in cui si voleva arrivare. Questo giustificava tutto ciò che gli era accaduto fino a quel momento, ma avrebbe dovuto attendere di trovarsi nuovamente in un Nurag per mettere alla prova la sua teoria; e viaggiare, esplorarne molti altri, per rendere quell'abilità proficua. 

Decise di analizzare l'altro potere che era scaturito dalla pietra viola. Chiuse gli occhi, strinse il Bronzo e si concentrò per creare luce. Percepì una leggera vibrazione del Bronzo ma non constatava nessun cambiamento. Ma certo, doveva trovare un luogo buio. Nella parete rocciosa dietro di lui c'era una piccola caverna; mise il bronzo in bocca e prese ad arrampicarsi nudo aiutandosi con mani e piedi, fino alla grotta. Era perfetta, abbastanza profonda da essere in semioscurità. Strinse il talismano, chiuse gli occhi e chiamò a sé l'idea della luce. Una vibrazione tornò a solleticargli la mano e quando aprì gli occhi la grotta era illuminata da raggi che fuoriuscivano dagli spazi tra le sue dita; provò ad aprire la mano, ma la luce divenne accecante; quindi decise di concentrarsi non solo sull'idea di luce, ma anche sul suo bisogno reale della luce; in quel momento doveva essere una luce necessaria a illuminare il fondo della grotta. Aprì gli occhi e rimase esterrefatto nel constatare che non solo non era più accecato, ma la luce era direzionata proprio verso il fondo della caverna. Spostò la mano con l'idea di illuminare altre zone e il fascio seguì le sue intenzioni. Pensò al buio e la luce sparì; fece tentativi con mezza grotta, l'altra metà, luce intensa, fioca e ogni volta la pietra con un fascio illuminava con esattezza l'area desiderata. Era soddisfatto in pieno.

«Puoi fare altro?», chiese a voce alta, ma nulla accadde.

Elias prese a disarrampicare la falesia fino alla spiaggia. Tornò al sacchetto dove aveva lasciato la pietra azzurra.

«Adesso tocca a te», le disse togliendo la gemma viola e inserendo l'azzurra. Il fascio che aveva emesso il giorno precedente nella grotta delle Foche aveva disintegrato una roccia, polverizzandola. Quindi decise di fare attenzione, non voleva rischiare di uccidere animali o procurare danni irreparabili all'ambiente circostante.

Chiuse gli occhi, si concentrò sull'idea del fascio di luce azzurra, sul bisogno che fosse minimo, il necessario per distruggere solo una piccola pietra che aveva posto davanti a sé. Attese l'ormai familiare vibrazione del Bronzo, ma non percependo nulla, aprì gli occhi. Il sasso era ancora lì.

Provò ancora, e ancora, cercando una concentrazione maggiore. Visualizzò il fascio, con l'intenzione di indirizzarlo, ma non riusciva a venirne a capo. Richiamò alla mente il ricordo di quando lo aveva attivato nella grotta, analizzando nei dettagli ogni azione compiuta. Infine colse l'errore: la pietra funzionava solo se inserita in compresenza della viola. Non doveva essere un caso che Leon avesse lasciato il Bronzo con la sola gemma viola e non un'altra. Dovevano essere collegate tra loro e agire una in funzione dell'altra; la viola era la prima da sperimentare e grazie a essa le altre venivano attivate. Non perse un istante di più, inserì anche la pietra viola, si concentrò sul sasso da distruggere, sul raggio azzurro, sull'intensità, la direzione, lo scopo. Non fece in tempo a chiudere gli occhi che il sasso era già stato disintegrato.

Trascorse il resto del tempo necessario ad asciugare i vestiti, sperimentando il raggio azzurro in tutte le maniere possibili. Tentò prima di tagliare una roccia a metà senza distruggerla, poi di creare un foro da parte a parte in una delle metà; l'altra metà cercò di perforarla, ma senza attraversare tutta la roccia, gestendo l'intensità del raggio. Sperimentò maggiori distanze tra lui e i sassi, infine volle tentare di usare il raggio per colpire un sasso, spostandolo, ma senza intaccarlo. Al terzo tentativo riuscì a calibrare bene le sue intenzioni ed esultò, saltando e urlando dalla gioia. Le foche si girarono a osservarlo tutte insieme impaurite, spazientite per il falso allarme tornarono ai loro interessi. Elias dispettoso iniziò a stuzzicarle a distanza con il raggio azzurro, immaginando l'intensità di un lieve pizzicotto, come una puntura. Da principio le foche si voltavano cercando di capirne la provenienza, ma quando videro Elias sbellicarsi dalle risate, partirono alla carica nella sua direzione.

Per tutti i Giganti. Elias si lanciò verso la borsa, vi infilò Bronzo, pietre, sacchetto, tutto accanto alle provviste, raccolse al volo i panni stesi sul tronco e avvolse il fagotto intorno al braccio; le foche lo avevano quasi raggiunto quando iniziò a fuggire nudo verso il rio Ilune.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top