Parte 1

Il rumore delle risa e delle grida era insopportabile. Ogni quattro stagioni la cerimonia infervorava i più superstiziosi e tradizionalisti. Solo in pochi dubitavano della validità di queste usanze tribali e macabre, seppur antiche.

Sarebbe stata la sua decima cerimonia dell'Offerta. Da quando aveva compiuto otto cicli e gli era stato permesso di assistere alle esecuzioni rituali, Elias si era chiesto come potessero, gli abitanti del villaggio, uccidere gli anziani con tale semplicità e crudeltà, gettandoli dalla rupe in mare. A quale scopo disfarsi così di membri delle proprie famiglie, dei nonni che ci hanno cresciuto, insegnato i mestieri e come sopravvivere?

La tradizione dell'Offerta aveva resistito alle invasioni e all'Inondazione, il disastro che aveva quasi cancellato dalla Terra tutte le razze. Uomini e donne, raggiunta una certa età, erano consapevoli che il loro turno di essere spinti oltre il bordo della falesia fosse imminente e lo accettavano. Nonostante ciò Elias detestava questa barbara crudeltà applicata in nome della vita. Infatti lo scopo del rituale dell'Offerta era festeggiare la sconfitta della morte e celebrare la vita: nulla di più contraddittorio.

In che modo si può sconfiggere la morte infliggendola ai propri cari? rimuginava Elias a ogni ciclo solare, rifugiato nel Nurag Marino. Era il suo nascondiglio segreto, la sua tana per i momenti di riflessione, serenità e meditazione. Anche oggi sarebbe scappato lì per non essere costretto ad assistere all'euforia della festa. Si rifiutava di partecipare agli omicidi, che lui era convinto avessero come unico scopo selezionare le persone più forti e giovani e decimare in maniera cinica i deboli.

Ma questa volta non poteva fuggire, perché dalla rupe stava per essere gettata sua nonna ed Elias, ancora insonnolito nel suo letto, lo stava per scoprire proprio in quel momento.

*****

La tradizione pretendeva che venissero scelti i tre più anziani del villaggio da sacrificare. Questi, dato che il villaggio non era grande e tutti si conoscevano, intuivano in anticipo quando sarebbe stato il proprio turno. Nora era la quinta più anziana, quindi si preparava dalla notte precedente ad assistere al rituale dell'Offerta per l'ultima volta: trascorse le successive quattro stagioni sarebbe stata una dei sacrificati. Poco male, sapeva da tutta la vita che sarebbe giunto quel giorno. Quella mattina però, il villaggio intero fuori dalla porta della sua capanna le intimava di uscire.

Tra le urla ebbe modo di distinguere delle voci che parlavano della fuga di Tzia Maria e Gorinnari, due dei tre anziani che avrebbero dovuto essere giustiziati di lì a poco. Erano suoi compagni di gioventù e scorribande, si era accomiatata da loro con un lungo, affettuoso abbraccio, li credeva chiusi in casa da giorni, a meditare sulla loro imminente morte e ringraziare gli spiriti del passato per la lunga vita concessa. Invece si erano dati alla macchia. Una cosa mai successa in precedenza, pensò Nora.

In fondo al cuore era contenta per i cari amici che avevano trovato un modo per mettersi in salvo, sfidando la sorte. Anche se era convinta che dopo tante stagioni si fossero preparati a quel momento, come faceva lei per il ciclo successivo. Adesso trovarli avrebbe richiesto uno sforzo inaspettato per gli abitanti del villaggio, già vestiti a festa.

Non si poteva sapere quando fossero scappati né calcolare quanta strada potessero aver percorso e in quale direzione. La tradizione era precisa su questo: l'Offerta iniziava appena l'estremità superiore del sole si affacciava all'orizzonte e prima che il sole fosse sorto del tutto. L'ora era giunta.

Per tutti i Giganti! Al villaggio non avevano intenzione di andare in cerca di Tzia Maria e Gorinnari, stavano venendo a prendere lei. Doveva svegliare Elias, parlargli del suo futuro. Non gli aveva detto ancora nulla riguardo la sua eredità e il suo destino; di sicuro quello era il momento di farlo.

Qualcuno cominciò a prendere a spallate la porta di legno della capanna, chiusa con una trave orizzontale. Nora sospirò pensando alla fortuna che Elias giusto il giorno precedente avesse aggiustato i ganci in ferro a sostegno della trave di sbarramento. Altrimenti sarebbero entrati senza difficoltà, l'avrebbero prelevata e lei non avrebbe avuto neppure il tempo di salutare suo nipote. Appena formulato quel pensiero Elias comparve nella stanza, insonnolito.

«Cosa succede, nonna?» chiese sbadigliando. «Perché sono tutti qui fuori e urlano?»

Nora non rispose, era troppo indaffarata a togliere una pietra dall'interno del camino.

«Nonna, cosa stai facendo? Rispondimi.»

«Non vuole venire via... ecco fatto!»

Nora estrasse qualcosa nascosta dietro la pietra rimossa e si avvicinò a Elias con un sacchetto di pelle di muflone.

«Non c'è tempo per spiegazioni.»

«Che...»

«Va bene, ma non interrompermi: sono venuti a prendermi. Il mio momento è arrivato con quattro stagioni di anticipo. Avrei dovuto parlarti di alcune cose, prima della mia morte... Avevo atteso questo tuo diciottesimo ciclo per farlo, ma il tempo è giunto prima del previsto. Tzia Maria e Tzio Gorinnari sono fuggiti, non si trovano e quindi sono venuti a prendere me.»

«Non è possibile, nonna,» Elias si guardava intorno in cerca di una soluzione inesistente, intanto gli occhi si bagnavano di lacrime «non è giusto. Dobbiamo fare qualcosa, non siamo pronti, non è giusto, non posso perderti così...»

«Sii forte, ragazzo, adesso non c'è tempo per piangere, so che sarai forte», con una serenità incredibile gli mise il sacchetto tra le mani, «proteggilo con la tua vita, è la tua eredità. All'interno, c'è...»

In quel momento la porta fu abbattuta e alcune persone si riversarono efferate all'interno della casa, presero Nora, la strattonarono fuori, spintonandola verso la rupe.

Il sole si era già affacciato all'orizzonte e Nora si consolava pensando che l'amuleto fosse nelle mani del nipote. Non era riuscita a spiegargli l'importanza dell'oggetto o il suo utilizzo, ma per fortuna aveva la certezza che il nipote ne sarebbe venuto a capo da solo. Terminò di formulare quel pensiero quando si accorse di essere arrivata sul bordo della rupe. Sotto di lei la falesia scendeva a picco nel mare, le onde si schiantavano contro gli scogli che affioravano, la spuma si riversava. Stava per raggiungere gli spiriti che abitavano le rovine di Vecchia Calagon. All'orizzonte nessuna imbarcazione, solamente il sole che stava quasi per terminare la levata.

«Nonnaaa» urlò Elias disperato.

Nora si girò a guardarlo, poi sorrise con affetto ai lentischi e chiudendo gli occhi si abbandonò al suo destino. La salsedine e l'elicriso furono gli ultimi odori, il canto dei gabbiani l'ultimo suono, mentre cadeva verso la sua fine.

*****

Elias vide la nonna girarsi e guardarlo un'ultima volta, nei suoi occhi scorse un monito. Lo sguardo si era spostato verso la vegetazione al bordo del villaggio, aveva sorriso malinconica verso le montagne, prima di scomparire oltre la scogliera, nel baratro.

Le urla aumentarono, le risa divennero assordanti. Elias era come immobilizzato. La sera precedente era andato a letto dopo aver cenato e lavato le stoviglie come sua abitudine, convinto di risvegliarsi in una giornata come le altre, a parte il fatto che gli amici della nonna stessero per essere uccisi e lui si sarebbe apprestato a nascondersi nel Nurag Marino.

Era un'abitudine in quella ricorrenza. Lì avrebbe riflettuto sulla possibilità di presentare la proposta per l'abolizione di quell'usanza macabra. Aveva sempre creduto fosse una tradizione per persone primitive, ma prima di allora non c'era stata opportunità per lui di esprimersi a riguardo, in pubblico. Prima di compiere diciotto cicli, a nessuno veniva concesso di partecipare alle assemblee del villaggio e manifestare i propri pareri riguardo gli interessi, usi e costumi, tantomeno mozioni per promuovere cambiamenti sostanziali. Ma finalmente aveva compiuto la settantaduesima stagione ed era deciso a prendere in mano la situazione, per mettere fine una volta per tutte alla faccenda. Tanto più che al ciclo successivo sarebbe andata sua nonna sul bordo sacrificale. Non lo avrebbe permesso per nulla al mondo.

Ma gli accadimenti della mattina avevano stravolto i suoi piani, ormai la nonna era stata immolata. Aveva appena visto i suoi occhi per l'ultima volta, adesso nulla sarebbe stato come prima.

Cominciò a correre, veloce da sfinirsi, con la rabbia crescente in corpo. Le forti gambe, temprate su quei sentieri montani, gli permettevano di essere rapido sul candido calcare. I lunghi capelli scuri volando dietro di lui, sembravano inseguirlo nella sua folle fuga. In molti erano bravi ad arrampicarsi come capre sui sentieri, ma pochissimi erano altrettanto abili ad affrontare di corsa le discese ripide, ad avanzare così, afferrandosi ai rami con le forti braccia tornite dal lavoro dei campi.

Il sentiero scendeva verso un piccolo altopiano su uno sperone a strapiombo sul fiordo di Fuili. Da lì si poteva osservare la costa frastagliata e l'insenatura. Alla fine di quei tornanti avrebbe trovato rifugio nel Nurag Marino. Correva nella speranza di raggiungere l'interno della torre, prima che le lacrime uscissero dagli occhi dorati, cosa che sentiva sarebbe successa molto presto, non riusciva più a trattenersi.

Si fermò per un secondo con la sensazione di essere seguito. Si voltò, ma non individuò nessuno; non c'era ragione che qualcuno lo inseguisse, erano tutti ai festeggiamenti.

Riprese la fuga, raggiunse l'ingresso del Nurag, si infilò all'interno giusto in tempo ed esplose in un pianto disperato. Non era riuscito a salvare la nonna, non aveva avuto nemmeno la possibilità di provarci, neanche il tempo di rendersi conto di cosa stesse per accadere.

Come avrebbe mai potuto perdonare i suoi amici o gli adulti al villaggio? Come poterli guardare in faccia? Lo avevano lasciato solo al mondo.

Non avrebbe mai più fatto ritorno al villaggio, continuare a vivere lì sarebbe stato insostenibile. Sarebbe tornato quella notte, il tempo di recuperare dalla capanna le cose che potevano servirgli e sarebbe partito. Poteva iniziare una nuova vita altrove, ramingo, in cerca di avventure.

Salì in cima al Nurag in preda al panico, alla ricerca di un po' d'aria per schiarirsi le idee e continuare a organizzare il suo futuro, ma non riusciva a fermare le lacrime. Terminò in fretta la rampa di scale curva in pietra che portava al piano superiore della torre.

Dalla cima crollata del rudere il profumo dei ginepri e la vista delle montagne amiche diedero tregua alla sua tristezza. Dove sarebbe andato?

Elias non si era mai spinto lontano dal suo villaggio. I pascoli e i campi lo impegnavano senza sosta; non aveva molto tempo libero e mai un intero giorno. Conosceva soltanto Nuova Calagon, la costa che da lì si riusciva ad avvistare, le vette che difendevano il centro abitato dal resto delle terre emerse.

Non aveva mai incontrato nessuno che non fosse del suo villaggio, eccezion fatta per qualche sporadico commerciante di tessuti o altri beni primari che in loco non potevano essere prodotti. Di rado giungeva qualcuno a riscuotere tasse, anche se Elias ancora non aveva mai approfondito per conto di chi lavorasse.

Dalle vette ammirava le valli al di là, verso ovest, le coste, le isole, le cime all'orizzonte. Di notte dal Monte Tulu osservava i fuochi dei villaggi lontani. Provava a immaginare la vita al di fuori di Nuova Calagon, ma i luoghi più distanti da lui raggiunti erano la Spiaggia delle Foche, dove la nonna lo portava in gita nei giorni caldi e le creste a picco sul golfo, accanto alle rovine di Durcalis, la città fantasma.

La nonna... Appena il pensiero di lei gli sfiorò la mente, le lacrime tornarono a scorrere e non riuscì a controllarsi. Qualcosa lo turbava e lasciava con un senso di irrequietezza; cosa gli stava sfuggendo? Gli tornò in mente il sacchetto affidatogli dalla nonna prima di morire. "Difendilo a costo della tua vita", gli aveva raccomandato.

Cosa potrà contenere di così importante questo sacchetto? Parte della sua eredità, aveva detto Nora, ma non aveva fatto in tempo a spiegargli di cosa si trattasse.

Si lasciò vincere dalla curiosità e si decise a scoprirlo. All'interno trovò un oggetto di uno strano metallo verde, brillante e immacolato con quattro fori di diverse forme e una piccola pietra viola come non ne aveva mai viste. La pietra era finemente intagliata. Sull'oggetto c'erano due simboli, che per Elias non avevano alcun significato. Non conosceva i linguaggi del passato, ai suoi occhi non rappresentavano nulla.

Questa sarebbe la mia eredità?
A cosa poteva servire quell'artefatto? Qual era il linguaggio in cui erano scritti quei simboli? Di sicuro la pietra sembrava molto preziosa, ma possibile che si trattasse di un'eredità di quel tipo? Se così fosse la sua famiglia non avrebbe vissuto da sempre in povertà lavorando la terra.

Il cervello rimuginava su tutte le informazioni della mattina, le mani giocherellavano con l'oggetto e la pietra, passandoli da una all'altra. I due ogni tanto si sfioravano, la pietra incontrava uno dei fori sull'artefatto e poi finiva nell'altra mano. Preso dai suoi pensieri Elias non se ne rese conto, la pietra finì per incastonarsi nel primo dei fori del talismano e quando si inserì alla perfezione, una luce accecante proruppe dall'interno del Nurag e tutto fu bianco.

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