Il Cielo in uno Sguardo

"Coraggio, apri gli occhi, cosicché
io possa vederci le stelle"
[Anonimo]

Adrian voltò la testa prima a destra, poi a sinistra, continuando ad esaminare le due scritture. Era così terribilmente chiaro, che si chiese come avesse potuto essere così vicino alla soluzione ed essersela fatta scappare per un anno intero. Le confrontò ancora. Sì: la "o" schiacciata, la "t" allungata e quegli strani puntini sulle "i", simili a piccoli cuori. Pur rifiutandosi di accettare l'evidenza, questa tornava a distruggere ogni sua scusa, intagliando in lui la convinzione di avere ragione. Ogni pezzo andò a sistemarsi al suo posto, favorendo una visione ampiamente più chiara, dando un senso ad ogni curioso comportamento. Fu costretto ad ammetterlo: era la stessa scrittura.
Posò i due biglietti sul tavolo, sospirando.
I balbettii, i rossori, le foto, tutto gli si presentò sotto una luce completamente diversa, e decisamente più chiara.
<<Plagg, secondo te Marinette è innamorata di me?>>
Il piccolo Kwami si limitò a lanciargli un'occhiata, tornando poi a prestare attenzione al pezzo di formaggio che aveva tra le zampine.
<<Secondo me siete entrambi stupidi.>> si limitò a dire la creaturina, guardando il Camembert con sguardo sognante prima di divorarlo in un sol boccone.
Adrien non trovò risposta nelle parole di Plagg, ma se avesse saputo, avrebbe dato ragione al suo piccolo amico.

***
<<Marinette!>>
Tikki volò verso la padrona, stringendosi contro la sua guancia e schioccandovi un bacino. <<Buon San Valentino!>>
La ragazza rise. <<Buon San Valentino, Tikki.>>
<<Cosa farai oggi?>>
<<Oh, le solite cose: scuola, compiti, magari mi vedo con Alya, non so. Deciderò dopo scuola.>>
<<E cosa intendi fare con…?>> Lasciò la frase in sospeso.
Marinette si voltò, incuriosita.
<<...con Adrien?>> terminò la creaturina.
<<Niente.>> si limitò a rispondere l'altra.
Tikki abbassò lo sguardo, per poi rialzarlo sulla sua padrona: aveva imparato a conoscerla, a leggere quell'aria sul suo viso che sembrava dire "Sto bene" quando in realtà era una richiesta di aiuto. Vide una sofferenza antica passare nei suoi occhi, la sofferenza di chi ama davvero, celata malamente dietro un debole sorriso terribilmente fuori posto sul suo viso.
<<Marinette, credo sia ora che tu confessi i tuoi sentimenti per lui. Ha il diritto di saperlo.>>
<<Stai scherzando, Tikki? Non intendo farlo! Sarebbe cattivo da parte mia ora che ha trovato la felicità con Katami. E poi, hai dimenticato cos'è successo l'anno scorso?>>
Si lasciò sfuggire una risatina, così come il Kwami. L'anno prima la ragazza aveva provato a dichiararsi ad Adrien tramite un biglietto che però aveva dimenticato di firmare; nello stesso giorno, Kim era stato Akumizzato a causa di Chloé, che l'aveva umiliato pubblicamente, e lei si era ritrovata a baciare Chat Noir per salvarlo dal controllo del Supercattivo. Arrossì al pensiero: non era così che aveva immaginato il suo primo bacio. Avrebbe dovuto essere estremamente romantico, avrebbe dovuto sentire il cuore battere dall'emozione, non dalla paura, avrebbe dovuto essere per amore. E soprattutto, avrebbe dovuto essere con Adrien.
Scosse la testa, riscuotendosi da quei pensieri.
<<No, decisamente non è il caso che mi dichiari. Ora sarà meglio che finisca di prepararmi per la scuola: sono già le- oh no, sono in ritardo!!>>

Adrian guardò di sfuggita Katami che camminava di fianco a lui, e represse la sensazione di disagio che avvertiva. Distolse lo sguardo, tornando a concentrarsi sui suoi pensieri: quella mattina aveva osservato attentamente Marinette, ma non aveva notato nessun comportamento strano-non più strano del solito, almeno. Non una parola aveva pronunciato che fosse riferita a lui, né il suo sguardo si era posato su di lui, neanche per sbaglio. Anzi, sembrava quasi che lo evitasse.
Guardò ancora la ragazza affianco a lui: no, non  era giusto pensare ad un'altra mentre era in sua compagnia. Stava andando con Katami a mangiare un buon gelato da Andrè, e l'avrebbe fatto. Aveva rimuginato su Marinette anche troppo. Nonostante ci provasse disperatamente, però, non riuscì a mettere a tacere quella vocina che gli suggeriva di immaginare una situazione differente.
"E se…"
"Basta."

***
Marinette si affacciò dalla ringhiera. Vicino a lei, la sua piccola amica stava in silenzio. Nonostante ciò, Marinette sapeva che Tikki la stava osservando per cercare di capire se stesse bene. Cercò di sembrare serena, spingendo lo sguardo fino all'orizzonte e scrutando i profili degli edifici che si stagliavano maestosi sul cielo rosato del tramonto. Era stata una giornata tranquilla: stranamente, nessun Supercattivo si era fatto vivo quella volta. Irrimediabilmente, il pensiero della ragazza corse di nuovo all'anno precedente, e al suo bacio con Chat Noir. Arrossì: avrebbe dovuto smettere di pensarci. Del resto, l'aveva fatto solo per salvarlo. Per lavoro, in effetti. Non c'era niente che potesse essere definito "romantico" in quel bacio...a parte l'idea che solo il bacio del vero amore potesse sconfiggere tutti i malefici. Sgranò gli occhi, stupita dai suoi stessi pensieri. Alla fine non era stato un brutto bacio, ma sicuramente non aveva rispettato i suoi ideali. Senza contare che c'era stato anche un secondo bacio, di cui lei però non ricordava niente. Un bacio la cui foto era stata postata dalla sua migliore amica sul Ladyblog, ma di cui lei non aveva assolutamente memoria. Ricordava solo la lotta contro il Supercattivo Oblivio, ricordava di essere stata colpita, ma non sapeva né come l'avessero sconfitto né cosa fosse successo per spingerla a baciare Chat Noir. Riportò lo sguardo sulla città, cercando di scacciare quelle immagini dalla sua testa. Sorrise leggermente, mentre il sole spariva lasciando un'ultima traccia dei suoi raggi rossastri e la città delle luci prendeva vita, illuminandosi completamente. In aggiunta alla festa di San Valentino, l'atmosfera di Parigi, anche considerata la città dell'amore, era davvero magica. Ma non tutti potevano sentire quella magia nei loro cuori. Alcuni di questi, infatti, erano colmi di profonda tristezza, ed un senso di solitudine troppo doloroso da ammettere. Voltò le spalle alla città illuminata, rientrando nella sua camera. Non poté impedirsi di pensare, però, che quell'anno avrebbe voluto un bacio vero.

***
Chat Noir si fermò su un tetto, riprendendo fiato. Sperava così di potersi schiarire le idee: aveva ancora nella mente l'immagine di Katami con gli occhi lucidi quando le aveva confessato di non essere innamorato di lei. La ragazza si era limitata ad annuire, come se lo sapesse già, e a nascondere la sua sofferenza dietro una formale stretta di mano, ma lui sapeva bene come si sentiva. Era una sofferenza che aveva sperimentato più volte sulla sua stessa pelle e l'effetto era sempre devastante. Si sentiva tremendamente confuso: era convinto di provare ancora dei sentimenti per LadyBug, ma era pronto a stare con Katami prima di scoprire di Marinette.
Tra le decine di palazzi illuminati, fu uno ad attirare la sua attenzione. Ogni dubbio scomparve, sostituito da una sensazione di calore all'altezza del petto, e l'eroe si diresse verso la panetteria Dupain-Cheng.

Marinette si punse un dito con l'ago, sobbalzando. Emise un piccolo gemito di dolore, poi si guardò intorno, alla ricerca del rumore che l'aveva distratta. Questo si ripeté, guidandola fino al letto e facendole alzare lo sguardo verso la botola. Il cuore fece un sussulto quando dall'altra parte del vetro identificò Chat Noir. Aprì il passaggio, facendolo entrare.
<<Bonsoire.>> salutò lui.
<<Bonsoire, Chat Noir. Cosa ti porta qui?>> chiese la ragazza.
<<Ovunque ci sia una damigella sola, Chat Noir è lì per consolare il suo cuore.>>
Marinette non poté trattenere una risata.
<<Allora direi che puoi andare.>>
L'eroe sospirò. <<In realtà, vorrei un po' di compagnia. Posso restare?>>
La ragazza, superato lo stupore iniziale, annuì. Il silenzio che seguì fu alquanto imbarazzante per entrambi, finché Chat Noir parlò.
<<Come mai sei tutta sola la sera di San Valentino? Dov'è il tuo cavaliere?>>
Marinette si strinse nelle spalle. <<Nessun cavaliere.>> mormorò.
<<Beh, puoi stare tranquilla ora: il tuo principe è qui!>>
Lei sorrise, segretamente grata di quel compagno che le risparmiava pensieri spiacevoli quella sera. Si sedette sulla sedia da ufficio rosa, sospirando.
Il ragazzo si posò davanti a lei, scrutando il suo volto: aveva gli occhi bassi e sfuggenti e l'incarnato pallido. Si stringeva tra le braccia in una specie di abbraccio, la mano sinistra appoggiata sulla spalla destra e la mano destra sul fianco sinistro, come a proteggersi.
Chat Noir le si inginocchiò accanto, prendendole il mento tra le dita.
<<Vuoi parlarne?>>
<<Non c'è niente da dire.>> Fece un debole sorriso, il tono amaro e gli occhi spenti.
<<Dov'è lui?>>
La ragazza sobbalzò, arrosendo. <<C-chi?>>
<<Il ragazzo che ti piace.>>
Marinette si morse un labbro: mentire sarebbe stato inutile, non era mai stata brava, e Chat Noir sembrava aver capito tutto, quindi...che male avrebbe fatto se si fosse confidata con lui? Era un amico, ed era nella sua stessa situazione.
<<È...con un'altra. La ragazza che gli piace. Lei è intelligente e intraprendente, e anche molto carina. Inoltre è molto simile a lui. Non mi sorprende che si sia innamorato di lei.>>
Il ragazzo ci mise un paio di minuti per rendersi conto che parlava di Katami. Era convinta che lui avesse una cotta per lei, ma...come darle torto? Del resto, anche lui ne era convinto fino a poco tempo prima.
<<Hai provato a dirgli cosa provi per lui?>>
<<Che senso avrebbe? Non voglio distruggere la sua felicità intromettendomi in questa storia. Ho scelto di mettermi da parte già da tanto tempo.>>
Il gelato. Ma certo! Ecco perché quel giorno Marinette se n'era andata. Aveva deciso di lasciarli soli. Aveva deciso di rinunciare a lui...solo per renderlo felice. Perché credeva che lui sarebbe stato felice.
<<Avresti potuto provarci!>> si animò lui. <<Magari ora sarebbe diverso, saresti con lui.>>
<<Lo credi davvero?>> chiese lei, con un sopracciglio alzato.
Sarebbe stato così? Se lei si fosse dichiarata prima, avrebbe accettato i suoi sentimenti o li avrebbe respinti, accecato dalla sua ossessione per LadyBug e dalla possibilità che Katami gli stava offrendo? Non lo sapeva, non sapeva rispondersi. Probabilmente l'avrebbe solo fatta soffrire, pentendosene poi per tutta la vita. Ma se gliel'avesse detto ora, cos'avrebbe risposto?
Le parole della ragazza lo distrassero.
<<Non pretendo di essere abbastanza interessante o sufficientemente bella per distrarre la sua attenzione da lei.>>
<<Cosa?>> chiese lui, sinceramente stupito. <<Che stai dicendo? Sei una ragazza eccezionale! Sei bellissima, dolce, intelligente e gentile con tutti. Sei semplicemente adorabile!>>
Marinette arrossì, ma lui non si fermò: non sopportava di vederla così, non sopportava che lei si sentisse inferiore a qualcuno, chiunque egli-o ella-fosse. <<Sei sempre pronta ad aiutare chiunque ne abbia bisogno, e metti gli altri prima di te stessa. Non è forse quello che hai fatto con...quel ragazzo?>> Si trattenne.
La ragazza sgranò gli occhi. <<Io...sono imbranata e...goffa...non faccio che combinare disastri e…>>
<<Trovi sempre la soluzione per tutto, sei creativa e intelligente ed hai un cuore enorme. Sei un po' come... LadyBug.>> terminò.
Marinette annaspò, incapace di parlare, in cerca d'aria. Sperò che la sua reazione non fosse evidente quanto pensava, o che Chat Noir non l'avesse notata. Ma l'eroe era distratto. Nel momento esatto in cui aveva descritto Marinette, un'altra immagine si era sovrapposta alla sua: quella della sua compagna di avventura col suo sorriso dolce, i suoi occhi vispi e il suo animo generoso. Fu probabilmente in quel momento che qualcosa nel suo petto si mosse, in maniera forse anche dolorosa. Ma non fu in grado di cogliere i segnali che la sua razionalità-seppur poca-gli suggeriva.
<<E tu? Perché non sei con lei?>> gli chiese la ragazza, sperando di distogliere l'attenzione da sé.
Chat Noir fece un sorriso. <<Non ricambia i miei sentimenti.>> disse.
La guardò: i suoi occhi azzurri erano ormai lucidi e le guance rosse, forse d'imbarazzo. Il corpo era tornato in quella posizione di difesa, nascondendo il petto da ogni attacco. Lei si sciolse lentamente i capelli in un gesto automatico, e la sua chioma corvina si posò dolcemente sulle sue spalle. Una ciocca le scivolò sul viso. L'eroe si avvicinò istintivamente, e con una mano scostò i capelli, lasciandole libero il volto. Marinette alzò lo sguardo, sorpresa e un po' incuriosita, e lo fissò nel suo. Gli si seccò la gola. Ad un tratto, dovette ricordare a sé stesso di continuare ad inalare aria nei polmoni. Si allontanò velocemente, confuso e in parte impaurito. Perché se non si fosse fermato, se avesse dato retta al suo istinto, avrebbe fatto qualcosa di completamente irrazionale. Perché se non si fosse fermato, forse per l'aria di San Valentino o forse per la bellezza di lei, lui l'avrebbe baciata. E non se ne sarebbe pentito. La guardò un'ultima volta, imprimendosi nella mente ogni tratto del suo volto e soffermandosi involontariamente sulle labbra arrossate, prima di avvicinarsi alla botola. Portò due dita alla fronte e poi le allontanò, in segno di saluto.
<<Buonanotte, principessa.>>
<<N-notte, Chat.>>
Saltò sulla terrazzina e scomparve nella notte.

***
Per più di una settimana, Chat Noir non si fece vedere. Nonostante Marinette ripetesse a sé stessa che l'accaduto di quella sera era stato condizionato dall'atmosfera di San Valentino e che aveva solo immaginato lo sguardo che egli le aveva rivolto, la ragazza non poté impedirsi di rimanere sempre più delusa, sera dopo sera, dalla sua assenza.

***
Al Galà di Carnevale della fondazione Agreste, Adrien si era ormai stufato di stringere la mano a persone sconosciute che però conoscevano il suo nome. La presenza di Katami non faceva che rendere tutto più difficile, costringendolo ad un sorriso di circostanza ogni volta che si incontravano. E ogni volta lei scappava via, apparentemente forte eppure vergognosamente fragile, come ogni donna ferita. E lui si ritrovava a sospirare, dispiaciuto, ma non pentito. Forse avrebbe potuto evitare di dirglielo a San Valentino, ma sentiva che non era giusto illuderla in un giorno come quello. Sì, era stato giusto, si ripeté. Soprattutto dal momento che aveva capito di provare qualcosa di immensamente più forte verso un'altra ragazza, il cui viso sembrava ora apparire come un miraggio in ogni angolo della sala. D'un tratto, seppe cos'avrebbe fatto quella sera.

Un ticchettio distrasse Marinette dai suoi pensieri. Alzò gli occhi verso la botola, e dall'altro lato Chat Noir le fece cenno di uscire. Per quanto non volesse dare soddisfazione all'eroe, era davvero curiosa di sapere a cosa dovesse quella-piacevole-apparizione. La ragazza si spinse sulla terrazzina, esponendosi alla brezza piacevole della notte, incrociando le braccia e alzando un sopracciglio in cerca di spiegazioni.
<<Mi dispiace.>> disse lui, ad occhi bassi. <<So di essere sparito, e non avrei dovuto. L'altra sera…>>
<<Dimentica tutto. Ho sbagliato a dirti quale cose. Ero confusa e stanca. Fa' come se non fosse successo nulla.>>
Chat alzò lo sguardo. <<Cosa?>>
<<Hai sentito.>> Strinse le braccia, coprendo il petto. Si morse un labbro, cercando di sembrare più forte di quanto si sentisse. Ma lui se ne accorse. Si avvicinò.
<<Io invece penso davvero ciò che ho detto.>>
Marinette arrossì, sorpresa. Guardando gli occhi di lui, l'arrabbiatura scemò, trasformandosi in una morsa calda al petto.
<<E se sono qui stasera, è solo per vederti sorridere. Farò di tutto per farti capire quanto sei straordinaria.>> scandì lentamente.
<<C-che vuoi fare?>> chiese lei.
Il ragazzo sorrise.
<<Plagg, trasformami.>>
<<No, ferm-!>>
La tuta nera di Chat Noir fu sostituita da un costume da cavaliere dello stesso colore, mentre la maschera scompariva per lasciare spazio ad un'altra maschera che riusciva a celarne l'identità. Marinette sospirò di sollievo: vedeva lo sguardo verde di lui brillare di divertimento, mentre i capelli biondi venivano scompigliati dal vento leggero.
Il ragazzo le porse una maschera candida, e lei alzò un sopracciglio, reticente ma incuriosita.
<<Prendila.>> le disse in un mormorio morbido che si perse nella notte.Marinette prese la maschera e la indossò, sperando che celasse il rossore delle sue guance. Poi, lui si inchinò, porgendole la mano.
<<Mi concede questo ballo?>>
A quel punto, la ragazza avrebbe dovuto scegliere tra due opzioni: continuare a fingersi fredda, oppure lasciarsi andare e rischiare l'ennesima delusione pur di vivere una notte di felicità.
La ragione non poté reggere il confronto con il cuore, e in pochi istanti i due si ritrovarono a volteggiare sulla terrazzina, ballando al ritmo dei loro cuori, improvvisando un valzer e festeggiando il loro Carnevale, perso l'una negli occhi dell'altro. Non che Marinette fosse una ballerina eccezionale, ma danzare con lui era estremamente facile. Il tocco delicato ma rassicurante del suo braccio attorno alla vita la faceva sentire protetta e sicura. Avrebbe quasi potuto credere di aver già ballato con lui in precedenza, se non fosse stata certa del contrario. Si fermarono solo quando entrambi furono esausti, e ridendo si sedettero sul pavimento, rimirando le stelle nel cielo scuro.
Ma se la ragazza era stregata dal firmamento, lui non aveva occhi che per lei. Osservava il suo profilo dagli occhi brillanti, le guance piene e le labbra rosse piegate in un sorriso, illuminato lievemente dalla luce debole degli astri. La consapevolezza di essere stato cieco si fece spazio in lui, spingendolo automaticamente a carezzarle una guancia.
<<Sei stupenda quando sorridi.>> le sussurrò, avvicinandosi impercettibilmente.
Marinette chiuse gli occhi, rabbrividendo quando il fiato caldo di lui le sfiorò le labbra, e quando li riaprì il suo viso era troppo vicino perché il cuore si trattenesse dall'implodere. E fu costretta ad ammettere quel sentimento che da troppo tempo albergava in lei, ma che non si decideva ad accettare, forse spaventata all'idea che, una volta dichiarato, divenisse poi reale, ed impossibile da recludere in fondo al cuore. Perché non avrebbe più potuto negare a sé stessa di essersi totalmente, perdutamente, irrimediabilmente innamorata di lui. E per quanto solo in quel momento riuscisse a capirlo, sapeva che quel sentimento aveva origini molto più antiche.
Tutto sembrò incastrarsi perfettamente, e niente quella notte sembrava essere più giusto delle loro mani intrecciate, dei loro sguardi incatenati, dei loro battiti sincronizzati.
Nessuno dei due si chiese se fosse giusto oppure no. Nessuno dei due pensò che avrebbe potuto pentirsene. Perché non se ne sarebbero pentiti.
Il bacio che seguì fu un timido sfiorarsi di labbra, una conoscenza reciproca e quasi magica. Senza staccarsi, il ragazzo le sciolse i capelli, lasciando che ricadessero sul collo e sulle spalle di lei, e vi immerse le dita. Si separarono, si sorrisero e si baciarono ancora. Unica testimone di quei baci, la Luna piena, sulla cui figura luminosa si stagliavano nitide le ombre di due giovani finalmente disposti ad amarsi senza condizioni.

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