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Era già passato qualche giorno da quando due lettere erano arrivate a Lavinia: quella di Noah e quella del padre. Nella prima vi era un sintetico chiarimento su quanto fosse accaduto la sera del 23 dicembre e delle scuse sincere da parte del ragazzo, nella seconda invece vi era l'invito da parte di Todd Jacobs a casa sua per il 27 gennaio.
Il giorno della visita era arrivato e i genitori le avevano dato il permesso di andare. Lavinia terminò le lezioni e si levò la divisa per mettersi dei pantaloni neri e un maglioncino bordeaux. Uscì dalla scuola e non si sorprese del pungente freddo che le entrava nelle ossa e le congelava le mani. Salì sulla automobile che il padre di Noah aveva fatto arrivare per lei (cosa che avrebbe voluto evitare ma, non a vendo il numero di telefono della casa di Noah, non le sembrò il caso di mandare un'altra lettera solo per non far venire l'auto. In fondo non c'era nulla di male) e fece un tragitto di circa mezz'ora. L'automobile si fermò di fronte a un grande viale, Lavinia scese e si mise ad ammirare la casa che appariva dietro l'imponente cancello di ferro battuto: Era una villa ampia, probabilmente di due piani, con le mura di mattoni grigi e molte finestre su tutta la facciata principale. Il complesso, e soprattutto il giardino, era molto curato; vi era una distesa di erba ai lati del viale e sempreverdi che non perdevano mai il loro fascino, neanche in un inverno così freddo. Il cancello era aperto, quindi lei entrò e camminò fino alla porta e bussò. Passò qualche istante e poi la porta si aprì. Lavinia vide un uomo alto di mezz'età, con i capelli mossi e ancora completamente neri. Era il Sr. Jacobs e assomigliava talmente tanto al figlio che Lavinia rimase a guardarlo sorpresa. L'unica differenza tra Noah e il padre erano i loro occhi: quelli del ragazzo erano neri come la pece, profondi, mentre quelli del padre erano altrettanto misteriosamente affascinanti ma il loro colore era un gelido grigio.
L'uomo e la giovane si salutarono e lui la invitò a entrare. Sotto quella distaccata cortesia a Lavinia parve di scorgere un velo di agitazione, ma probabilmente era solo una sua impressione. Entrarono in un grande atrio e Lavinia posò il suo cappotto sull'attaccapanni. Accanto a esso vide un bellissimo schizzo fatto a matita proprio di quella casa, che era poi stato incorniciato e appeso lì, dove tutti lo avrebbero potuto ammirare appena fossero entrati.
Todd le indicò un breve corridoio che li portò nel salotto: una stanza immensa, con un alto soffitto e due finestre che affacciavano sul giardino, facendo entrare la bianca luce invernale. L'arredamento era elegante e i mobili erano finemente decorati (Lavinia pensò anche molto costosi). Al centro della sala vi era un piccolo divanetto e due poltroncine posti di fronte a un piccolo tavolino e a un bel camino acceso con la cornice bianca come le poltrone. La ragazza cercò un televisore, ma non lo vide da nessuna parte. Sui lati più brevi della stanza vi erano due librerie colme di libri, sopra al camino spiccava un quadro rettangolare che raffigurava un uomo, un ragazzo al centro e una donna bellissima, con il volto elegante, folti capelli ricci e gli occhi neri. Sicuramente quella era la famiglia Jacobs e la donna doveva essere la madre di Noah. Todd e Lavinia si sedettero sulle due poltroncine e arrivò subito una donna bassina e anziana per portargli il tè. Fu l'uomo a iniziare il discorso e ringraziò la ragazza di tanta premura. Lavinia ringraziò a sua volta per l'ospitalità e gli diede la lettera per Noah, "Orgoglio e pregiudizio" e il suo libro: "Il ritratto di Dorian Gray" che desiderava far leggere al ragazzo. Il signore prese gli oggetti e li posò sul tavolino, poi iniziò a parlare dei tristi avvenimenti degli ultimi mesi:
- Sa signorina, mia moglie stava già molto male da qualche tempo. Non so se Noah glielo abbia mai accennato ma io e la signora Jacobs siamo i proprietari di un grande museo d'arte e cultura a York. Fatto sta che mia moglie ama guidare le persone tra le opere d'arte e descriverle più di ogni altra cosa ma, da quando è malata, non può più farlo. Adesso si trova in una clinica in Scozia ed è in cura. Noah le sta accanto e io le faccio visita una volta alla settimana per via del lavoro.
- Mi spiace molto, spero si rimetta presto. Come si chiama?
- Si chiama Mia. -Todd bevve un sorsò di tè e cambiò argomento.-
Dopo aver parlato del più e del meno la curiosità di Lavinia ebbe la meglio, quindi disse:
- Sa, suo figlio mi ha parlato di una soffitta con un telescopio. Non vorrei sembrarle scortese ma mi piacerebbe molto vederla, non sa come gli brillavano gli occhi quando me la descriveva.
L'uomo diventò rigido e corrucciò lievemente la fronte, poi sorrise dolcemente e disse:
- Mi spiace molto signorina. Sa, è la stanza preferita di mia moglie,ed è stata lei a a passare la sua passione per le stelle a nostro figlio. Purtroppo però da quando Mia non c'è nessuno si occupa più di quel posto, perciò è in condizioni pessime. Mi ha fatto giusto pensare che dovrei chiedere alla signora Gallagher di spolverare un po' là dentro, altrimenti è impossibile starci. Lavinia disse che non era affatto un problema, ringraziò ancora e fu accompagnata fino alla porta. Quando fu nuovamente in macchina, guardò la casa dal finestrino. Todd Jacobs era molto gentile, ma forse un po' strano in alcune situazioni. Lavinia non riusciva a togliere dalla testa che c'era qualcosa di cui non era a conoscenza.
- Sciocchezze. – pensò- È normale che abbia un atteggiamento distante, non posso neanche immaginare come possa sentirsi per quello che sta passando sua moglie.
Lavinia era nella sua camera e si sedette cautamente sul letto perché una strana sensazione si era appropriata di lei appena era entrata: La sua accogliente stanza piena di fotografie e oggetti le sembrava fredda e vuota, priva di vita. Le girava un po' la testa e decise di stendersi. Provò a non pensare a nulla ma la sua mente tornò subito all'incontro con Todd Jacobs: L'uomo le aveva fatto capire che sarebbe passato molto tempo prima di riuscire a vedere Noah... o che forse non lo avrebbe mai più rivisto. Il padre del ragazzo in realtà non aveva mai nominato la seconda possibilità, ma a Lavinia parve una cosa quasi certa in quel momento. Pensò che Noah, con tutto quello che stava vivendo, si sarebbe dimenticato a breve di lei. Lavinia era fiera di lui per quello che stava facendo per sua madre e la parte più razionale di lei le diceva che sarebbe andato tutto bene e avrebbe potuto rivederlo. Sorrise, forse per l'imbarazzo di tenere così tanto a una persona conosciuta per così poco. Ogni singolo movimento del ragazzo era impresso nella sua mente e la faceva sorridere, ma c'era comunque quella diamine di sensazione che la tormentava; c'era qualcosa che non le tornava: Il fatto che Noah non le avesse scritto niente fino a qualche giorno prima le era sembrato strano, non da lui. La madre stava male, ma per scrivere una breve lettera ci vogliono solo pochi minuti.... Inoltre suo padre aveva un comportamento che la incuriosiva, gentile e distante, a tratti nervoso. Lavinia aveva passato due anni a studiare il comportamento umano con il professor Davis, ma era la prima volta che lo praticava nella vita.
- Lavinia, smettila, ti stai facendo solo delle paranoie. – Pensò, poi si addormentò ancora vestita sul letto rifatto.
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