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- Buongiorno. –rispose freddamente Noah. Lo sguardo di quell'uomo non lo convinceva, ma cosa poteva aspettarsi da un amico di suo padre...-

Salvatore fece per stringergli la mano, ma l'immobilità del corpo e degli occhi del ragazzo lo fecero bloccare, eppure non sembrarono turbarlo.

- Figliolo, con me non ti conviene fare il duro.

Noah strinse i denti, rendendo il tratto della mascella più spigoloso, ma continuò a osservare l'individuo di fronte a lui.

L'uomo rise e si sedette su una poltrona con un giornale in mano. Il giovane quindi si alzò e andò in un'altra stanza.

Salvatore aveva il dovere di sorvegliarlo, ma le finestre erano bloccate e oscurate, quindi non c'era molto di cui preoccuparsi. Noah era libero di andare in giro per la casa, ma non di varcare la porta, ovviamente.

Il ragazzo si preparò una tazza di tè si sedette in cucina, provando a non pensare, ma non riuscendoci.

 Qualche settimana prima, mentre stava in soffitta, aveva fatto cadere il suo telescopio, anzi, il telescopio di sua madre. Era stato un brutto e stupido incidente: mentre stava rintanato in soffita era inciampato nello spigolo della brandina e aveva urtato il telescopio facendolo cadere a terra provocando con un grosso baccano. Dopodichè il ragazzo aveva anche sentito dei passi, e si era ricordato che c'era Lavinia, quel giorno, a casa sua. Il battito nel suo petto era aumentato quando aveva sentito lo scricchiolio delle scale. Aveva pensato che forse l'ospite si era insospettita e stava salendo, ma quando la porta della soffitta si aprì, vide solo suo padre, infuriato con lui per il rumore che aveva fatto. Lavinia non era con lui. Ma certo, come era stato così stupido  a pensare fosse possibile che suo padre le permettese di salire al secondo piano?  Quando l'uomo era tornato giù, Noah aveva alzato il telescopio da terra e aveva visto che la lente si era rotta. Per qualche istante non era riuscito a respirare.

In quel momento, seduto a bere il tè e a rimuginare su quell'incidente, sentiva di non avere più nulla, e sapeva che piano piano stava perdendo anche sé stesso.

(...)

Tutti scesero dal pullman, i professori davanti e i ragazzi dietro. Appena alzarono lo sguardo dinnanzi ai loro occhi apparve una maestosa struttura di colori chiari, come il bianco, il grigio e marmo rosa, tanto che sembrava riflettere la luce del sole. La cosa che colpì più molti di loro, però, era l'immensa distesa completamente coperta di candide margherite. Nell'insieme la visione era assolutamente eterea. Gli studenti avanzarono elettrizzati verso l'enorme portone d'entrata.

L'atrio del "Jacobs Culture museum" era ampio e vi era un bancone, ditro al quale si trovavano due persone: una ragazza sorridente con limpidi occhi azzurri e un uomo alto, elegante e con gli occhi chiari... grigi per la precisione. Lavinia guardò Gabriel e gli fece un segno con la testa per fargli capire l'identità dell'uomo e lui le mise una mano sulla spalla. La ragazza spiegò il percorso e le regole del museo, ma Lavinia non la stava ascoltando. Si era preparata a trovare Todd Jacobs lì, fiero della sua proprietà, ma quando lui la guardò e le sorrise lei non riuscì a trattenere un fremito delle mani. Gabriel la prese da parte per parlarle:

- Lavi, ti posso chiedere una cosa?

- Certo Gab, dimmi. -rispose lei senza staccare gli occchi dall'uomo.- 

- Guardami Lavi, non fargli capire che la sua presenza ti turba.

Lavinia sbattè le palpebre e sgrullò le spalle, quindi guardò Gabriel dritto negli occhi.

-Scusa, che dovevi chiedermi?

- Noah ti manda ancora lettere?

- Sì, una ogni tanto. Sono certa che il padre o qualcun altro gliele monitori, perché sono molto distanti. Noah non è bravo a mentire, preferisce quindi scrivere il meno possibile.

- Ma il padre non crede sia sospetto non darti il numero di telefono? Scrivere lettere è bello, ma un po' strano negli anni 90, no?

- Già, è stata una mossa sciocca da parte sua non inventarsi una scusa più convincente per giustificare il fatto di non potermi dare il numero.

- Perchè? A te cosa ha detto?

- Mi ha detto che in quel momento non lo ricordava. Se credeva davvero che ci sarei cascata, mi crede proprio una stupida.

- Scoprirà che non lo sei.

Lavinia gli sorrise.

- Comunque il numero chiedilo a Noah in una lettera. Ovviamente lo so che sarà obbligato a mentire, ma almeno dimostrerai a chi controlla le lettere che c'è una falla nelle bugie che ti hanno detto.

- Hai ragione Gab, hai proprio ragione...

In quel momento il professor Murphy richiamò l'attenzione dei suoi alunni e tutti si diressero verso le sale del museo insieme a una guida, la quale iniziò a descrivere tutto dettagliatamente:

- Questa è la sala della musica, ricca di antichi strumenti appartenenti al medioevo e all'epoca vittoriana. Per esempio potete osservare al centro della sala un clavicembalo, un antenato del pianoforte moderno.

Tutti pendevano dalle labbra della guida e osservavano ciò che li circondava completamente ammaliati dalla bellezza. Passarono per la sala degli affreschi (nella quale si fermarono più a lungo che nelle altre), nella sala dell'armeria e, infine, in quella dei manoscritti. Quest'ultima era poco luminosa ma particolarmente suggestiva. Vi erano delle vetrine contenenti pergamene e libri scritti e rilegati a mano. C'erano anche alcune teche con all'interno dei sottilissimi fogli, e Ruby venne catturata da uno in particolare. Si fermò per vederlo meglio: vi era scritte in inglese arcaico, le lettere erano particolari e ricche di dettagli. Sul lato destro della pagina c'era rappresentata una donna con intorno un cerchio di fuoco che non la toccava, anzi, che sembrava essere respinto da lei. La guida notò il particolare interesse della ragazza, quindi le si avvicinò e spiegò che si trattava di un antico manoscritto medioevale realizzato durante il periodo della caccia alle streghe.

Lavinia si fermò vicino all'amica e pensò che i colori di quel foglio erano ancora così vivi che le fiamme sembravano prendere vita sotto i suoi occhi.

Dopo qualche ultima spiegazione, il professor Murphy comunicò che era arrivato il momento di uscire per fare la pausa pranzo. I ragazzi salutarono la guida, e prima di andrsene, Ruby le chiese il nome del manoscritto. La risposta fu che il nome di quell'opera era: "La strega del fuoco", scritto nel 1590 da un amanuense scozzese.

Quando furono fuori dal museo ed ebbero finito di mangiare, i ragazzi e i professori andarono a fare un giro a York. In seguito il pullman li riavrebbe riportati alla Milestones, dove sarebbero arrivati entro le nove di sera.

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