12
Il piano non sarebbe fallito, doveva solo essere cauta con le domande per non destare sospetti.
Lavinia camminava a passo svelto in un corridoio dell'accademia, diretta alla presidenza. Quando fu davanti all'imponente porta bussò e, dopo che le ebbero chiesto chi fosse, la fecero entrare.
Una sottile donna con i capelli raccolti, due piccoli occhialini rettangolari le labbra sottili la invitò a sedersi in attesa del preside, che in quel momento era occupato.
Dopo circa mezz'ora la donna la accompagnò a un'altra porta e bussò. Quando Lavinia entrò nella stanza, il preside Rossi era seduto dietro la sua scrivania. Egli aveva uno sguardo benigno, candidi capelli e un naso tondo e sempre un po' rosso. Anche dopo la notte nel bosco l'uomo continuava a stimarla e benvolerla.
- Si accomodi e mi dica tutto, signorina Harrows.
- Buonasera signor Rossi,sono qui perchè le vorrei chiedere una informazione.
- Certo, ma prima mi dica, come si sente? Mi ha fatto preoccupare l'altra sera quando l'hanno trovata nell'archivio.
- Mi sento meglio, e mi dispiace di non aver terminato il lavoro. Quando lo potrò fare?
- Mia cara, non te ne devi più preoccupare. L'importante è la salute. I tuoi genitori sono già stati avvertiti e ti verranno a trovare questo fine settimana per accertarsi che tu stia bene.
- Grazie, davvero.
La nuova buona notizia e il sorriso dolce del preside diedero a Lavinia un gran conforto e alleviarono la sua tensione.
- Allora signor preside, il motivo per cui sono qui è che io e alcuni studenti della Milestones vorremmo creare un club di lettura. Pensavamo che magari si potrebbe fare con i libri della biblioteca visto che è così fornita.
- Mi sembra davvero un'ottima idea, chi sono gli altri studenti?
(Lavinia quegli ultimi due giorni aveva chiesto a molti ragazzi di tutte le età di partecipare a quel club, ed era arrivata a un buon numero di partecipanti.) Consegnò la lista all'uomo e disse:
- L'idea del club è stata di Noah Jacobs e io l'ho portata avanti vista la sua assenza. Per caso saprebbe dirmi quando tornerà? Saperlo sarebbe importante per far procedere il progetto.
Era stata brava, anche se odiava mentire. Quello però era l'unico modi per scoprire qualcosa passando il più inosservata possibile. La ragazza notò che il volto di Rossi si era incupito e si chiese il perché. La risposta non tardò ad arrivare:
- Mi spiace molto informarla che Noah Jacobs si assenterà ancora. Il motivo penso che lo sappia se è una sua cara amica.
Cavolo, vicolo cieco.... doveva fare qualcosa. L'unica cosa che le venne in mente di dire fu:
- In realtà la sera del ballo, cioè ultima sera in cui l'ho visto, non mi ha potuta salutare. Quindi non so il motivo per cui se ne sia andato.
- Il motivo per cui se ne andò quella sera non lo so neanche io medesimo. Ma sicuramente Noah le avrà parlato del fatto che non si trova a suo agio qui alla Milestones.
Lavinia pensò che Noah di quello non glie ne aveva mai parlato... doveva essere una bugia. Decise di mentire per mantenere aperto l'argomento:
- Certo, a volte mi parlava dei suoi disagi, ma non credevo non volesse più tornare all'accademia. La ragazza sentì gli occhi inumidirsi e si passo una mano sul volto per non farlo vedere al preside. Inoltre notò che anche l'uomo sembrava molto dispiaciuto di parlare di quell'argomento. A renderla sicura di ciò ci fu quello che il preside disse:
- Spero tanto che il ragazzo torni, signorina. Anche i suoi genitori hanno studiato qui e sarebbe un peccato perdere un ragazzo così brillante.
Il tono di voce dell'uomo si abbassò fino a un sussurro:
- È un ragazzo davvero speciale.
Lavinia uscì dallo studio del preside dopo aver avuto il consenso per l'organizzazione del club di lettura. A dir la verità l'idea del progetto l'aveva inventata solo per avere una scusa di parlare con Rossi e, nonostante amasse quel progetto, aveva altro per la testa.
Finì di fare la versione di un testo assegnatole dal professore di greco il giorno precedente e decise di sgranchirsi le gambe facendo una passeggiata. Al di fuori dell'accademia c'erano alcuni sentieri dove gli studenti potevano andare ogni qualvolta che ne avessero voglia. La ragazza scelse quello sterrato con intorno i grandi faggi che, essendo sempreverdi, erano ancora colmi di foglie. Camminare l'avrebbe aiutata a pensare con più lucidità. Passeggiò con gli occhi puntati verso l'alto, ammirando i grandi rami e le sottili foglie che si muovevano col vento pungente. Il limpido cielo e la bianca luce del sole contrastavano con l'intenso freddo, rendendo magico quel posto. Quando si trovava lì, Lavinia si calmava facendo profondi respiri e, quando trovò un albero che le piaceva particolarmente, si sedette ai suoi piedi e prese un quadernino e una penna dalla sua borsa, per poi iniziare a scrivere. Le parole scorrevano dalla mano al foglio come ci fosse stato un incantesimo, tutta la confusione e il malessere scivolarono dal suo corpo a quel foglio di carta. Si sentì più libera, ma non meno perplessa: anche se adesso era sicura che il Sr. Jacobs fosse un bugiardo, continuava a non capire il motivo delle sue azioni. Perché mentire sull'assenza di suo figlio? Cosa aveva da nascondere? Cosa doveva fare lei adesso?
Quelle e molte altre domande le giravano in testa senza sosta e, soprattutto, senza risposta. Dopo un po' tornò verso la scuola. Al ritorno, l'imponente palazzo gotico usato ormai da più di novant'anni come sede della Milestones, appariva attraverso le chiome degli alberi come un castello. Era estremamente affascinante guardarlo da quella prospettiva, pensò Lavinia.
Quando fu sola nella sua stanza, la ragazza chiamò sua madre, come faceva ogni sera prima di cena. A volte invece le mandava delle lettere, perché sapeva che alla donna piaceva conservarle. La mamma di Lavinia, di nome Ginevra, era una donna dolce, ma anche forte. Aveva i capelli castani e gli occhi verdi, uguali a quelli della figlia. Lavorava in una casa editrice e viveva con il marito a Canterbury. Era molto orgogliosa di Lavinia e la capiva meglio di chiunque altro. Parlarono un po' di come fosse andata la giornata e a Ginevra non sfuggì il tono di voce stanco della ragazza.
- Lavinia, sicura che va tutto bene? Per caso c'è qualcosa che non va?
- Si mamma, -ammise - c'è qualcosa che non va.
Lavinia parlò alla madre degli ultimi avvenimenti. Le aveva detto che Noah era un suo amico e che non se ne spiegava la scomparsa. Le disse anche che lui a volte le scriveva ancora, ma che non aveva il suo numero. Infine le raccontò del segreto di Todd Jacobs. Arrivata alla fine si rese conto di avere a mala pena respirato.
La madre rimase per qualche istante in silenzio e infine parlò:
- Sei solo una ragazza, e questa cosa è molto più grande di te.
- Parli come Michelle. Ma io so che devo fare qualcosa, Noah non se ne sarebbe andato senza dirmi il perché e io non voglio vivere col dubbio che avrei potuto aiutarlo.
- Lavinia, non hai nessuna certezza. Michelle ha ragione.
- Mamma ho una brutta sensazione, non potete capire.
- Va bene, se proprio vuoi fare qualcosa, dì tutto al preside Rossi.
- Non posso mamma, non mi crederebbe. Il signor Jacobs è cresciuto in questa scuola e sembra un uomo rispettabile. Rossi si fida di lui.
- E di te non si fida?
- Sì, ma parliamoci chiaramente: Tu crederesti alla versione di un uomo adulto che sostiene di agire per il bene di suo figlio, o a una quindicenne con troppa immaginazione che non accetta di aver perso un amico?
- Tesoro, sai che non sei la ragazza che hai descritto. Il preside prenderebbe in considerazione anche la tua versione. Ciò che hai scoperto è molto grave.
- Lo so, ma fidati. Il padre di Noah riuscirebbe a convincere Rossi che sia io la bugiarda. È molto bravo a mentire, ha fregato anche me.
- Ascoltami, Lavinia. –Il tono di voce di Ginevra si era fatto molto severo nel dire le seguenti parole- Non puoi restare in silenzio, devi raccontare tutto ciò che sai.
- No, mamma! Ciò che so non è abbastanza, farei solo un guaio. Ho bisogno di più informazioni.
- E allora dimmi, Sherlock, come vorresti procedere?
L'umorismo tagliente e il tono di voce di sua madre erano un segnale d'allarme per Lavinia, ma sentiva il bisogno di essere sincera (per quanto possibile).
- Mamma, devo solo continuare a fare la finta tonta. Chiederò a Todd Jacobs come stanno sua moglie e suo figlio, facendo finta di non sapere la verità.
- Lavinia, tu vuoi manipolare un manipolatore...
- Dammi solo un mese di tempo. – La interruppe Lavinia prima che potesse terminare la frase- Se tra un mese non ho scoperto nulla di nuovo dirò tutto al preside, proprio come mi hai detto di fare tu.
- Se farai qualcosa di stupido di verrò a prendere con la forza.
La madre non urlava più e a Lavinia scappò un sorriso al solo pensiero di sua madre a cento all'ora sull'autostrada per venirla a prendere. Lei rispose:
- Non ti preoccupare mamma, sarò prudente.
Non sapeva ancora se dire tutto a sua madre fosse stata l'idea giusta, ma in quel momento si sentiva più al sicuro a saperla al corrente. Non poteva deluderla però, né farla soffrire.
- "Prudenza e disciplina..." – pensò- "...prudenza e disciplina."
La sveglia di Lavinia suonò, lei si alzò e aprì gli scuri delle finestre. Con sua sorpresa però, invece dello spoglio panorama invernale le si presentò davanti agli occhi una grande distesa candida che pareva zucchero a velo. La neve cadeva dolcemente dal cielo, il vento la faceva vorticare prima di appoggiarsi sul suolo, che ormai era invisibile sotto il bianco e soffice lenzuolo che lo copriva. Lavinia aveva l'abitudine di svegliarsi molto presto, infatti era sicura che molti degli studenti stessero ancora dormendo, all'oscuro dello spettacolo che c'era all'esterno. Il cuore le batteva tanto forte che sembrava voler uscire dalla gabbia toracica e una lacrima di gratitudine cadde dai verdi occhi sulla poesia che aveva scritto. Che magia era avvenuta quella notte...
Non ce la faceva più ad aspettare, si mise la divisa, dei grossi stivali, una giacca e un caldo cappello sui capelli biondi, che aveva raccolto in una coda bassa. A quell'ora avrebbe potuto godersi tutto con più intimità. Lavinia uscì dalla sua camera e salutò guardiani e professori. Il signor Roberts le fece un sorriso caloroso e aprì il portone che affacciava sul cortile.
- Oggi siete liberi. -Le disse facendole l'occhiolino. –
Il piede si posò sulla neve, che scricchiolò lievemente sotto il peso della ragazza. Piccoli fiocchi le cadevano sulle guance rosse e Lavinia si sentì più viva che mai. Momenti così vanno tenuti stretti.
Piano piano decine di ragazzi arrivarono nel cortile e iniziarono a fare battaglie e angeli con la neve. La gioia era ovunque, i più grandi e i più piccoli insieme, e grazie alla neve erano tutti tornati bambini.
Tutto era perfetto, ma c'era ancora un vuoto ambiguo in quella fantastica giornata: il vuoto lasciato da quel ragazzo alto, con gli occhi neri e il sorriso sarcastico... il vuoto lasciato da Noah... A volte a Lavinia sembrava di vederlo nei corridoi colmi di ragazzi o di sentirlo ridere, per poi arrivare alla conclusione che erano solo scherzi della sua mente. Quando accadevano cose del genere si sentiva sola e sciocca e provava a pensare ad altro.
Ruby apparve alle spalle di Lavinia e la abbracciò, poi andarono a fare colazione.
La giornata era stata speciale, ma stancante. Fare una bella dormita era un'idea che allettava molto Lavinia, che spense le luci e si stese sotto le morbide coperte. Era stata circondata da persone per tutto il giorno ed aveva dimenticato tutta l'ansia e le domande per qualche ora. Al buio però quella sera, la ragazza ebbe paura. Non aveva mai avuto paura della solitudine: sapeva di avere una famiglia che la amava e i suoi amici... ma allora perché in quel momento la paura di restare sola le attanagliava il petto togliendole il respiro?
Lavinia sapeva la risposta, ma non l'aveva ancora messa a fuoco.
Lei si era innamorata di quel ragazzo... ma l'amore era una cosa troppo grande di cui sapeva troppo poco. La sua unica certezza era che non avere lui era come non avere una parte di sé stessa. Tutto il resto era stato messo in discussione.
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