Un sorriso nelle tenebre
Detto questo, Tar-Palantir si spogliò dello scettro e assegnatelo nelle mani della figlia, le si chinò innanzi e pronunciò le parole di saluto che la tradizione imponeva: "Ricevi questo scettro dalle mie mani, perché ti indichi quale debba essere il percorso da seguire e quali doveri soddisfare. Eru Ilúvatar, Manwë, Varda e gli altri reggenti di Valinor mi siano testimoni".
Tale fu dunque l'esito di una giornata che in seguito fu ricordata dagli esuli nella Terra di Mezzo come l'inizio della Caduta: infatti né il Senato, né il Consiglio dello Scettro riuscirono a portare avanti i loro lavori, ché i Númenóreani Fedeli a Pharazôn abbandonarono Feneria, in aperta sfida alla nuova sovrana, non riconoscendone l'autorità.
Pharazôn lasciò il Consiglio per ultimo, ridendo in modo beffardo, mentre si allontanava; egli non si curava di quanto accaduto, ché sapeva bene come la sua vittoria sarebbe giunta comunque, sebbene apparentemente risultasse sconfitto. Molti alleati e poteri sostenevano Ar-Pharazôn, gli stessi che un giorno ancora distante lo avrebbero condotto a percorrere il sentiero della follia, fino alla sua rovina e quella di Númenor.
Nessuno dei Dúnedain rimasti Fedeli a Tar-Miriel, tuttavia, osava immaginare quali sarebbero state le conseguenze di quel giorno infausto. Erfëa si avvicinò a Elendil e così gli si rivolse: "Salute e te erede della casa di Andúnië! Grande eloquenza hai dimostrato oggi di possedere, unita a saggezza e coraggio. Possa la tua stirpe continuare a prosperare, ché in essa sarà preservata la memoria degli antichi Valar e dei Giorni Remoti". Lieto, Elendil fece un breve inchino, infine prese la parola: "Grati mi giungono i tuoi complimenti; tuttavia a te, Erfëa, figlio di Gilnar, della casa degli Hyarrostar, colui che chiamano il Morluin, dico che quando il tuo seme andrà perduto, allora Númenor cadrà, ché ben pochi fra noi possono competere con te in potenza e lungimiranza. Possa Manwë proteggere sempre la casa degli Hyarrostar, paladino di Elenna". A tali parole, Erfëa si inchinò a sua volta, e così i due uomini si congedarono.
Il figlio di Gilnar, tuttavia, non abbandonò Feneria, ma ivi rimase, finché Tar-Miriel non lo ebbe raggiunto, quando ormai il crepuscolo era calato, e più nessuno vi era nell'ampio spiazzale, e altro suono non si udiva se non l'eco del canto di Ulmo salire dolcemente dal basso.
A lungo Erfëa e Tar-Miriel si osservarono, cercando ciascuno di sondare il pensiero altrui, infine Erfëa prese la parola: "Salute a te, regina di Númenor! Non ti dissi forse che il nostro prossimo incontro sarebbe avvenuto quando entrambi avessimo assunto un nuovo ruolo? Ebbene, ora siamo in tal luogo, di pace e serenità, eppure scorgo nei tuoi occhi la stessa ansia e infelicità di allora. Non sono forse veritiere le mie parole?".
"Mio signore – replicò Tar-Miriel – all'epoca di quell'incontro non mi avvidi della tua lungimiranza. Intorno a me è caduta una cortina oscura, tale che i miei sensi ne sono offuscati e la mia anima si duole per questo. Il mio destino è ormai scritto a chiare lettere e a esso io non mi sottrarrò. Non dirò però se esso mi risulti gradito o meno; tuttavia, sono lieta che Elendil di Andúnië ed Erfëa Morluin siedano con me al Consiglio dello Scettro".
Ciò detto un sorriso illuminò lo spento viso di Tar-Miriel, come un raggio di Luna che si fosse posato su un diamante, facendolo risplendere. Erfëa si alzò e presale la mano la baciò dolcemente: "Così dovrà essere, ché innanzi a me io scorgo innumerevoli disagi e pericoli, davanti ai quali, forse, l'isola del Dono è destinata a soccombere. Non ti indicherò, Tar- Miriel quale dovrà essere il sentiero da percorrere; se non sarai tu in grado di tracciare la giusta rotta, allora nessun altro potrà farlo. Io però voglio farti una domanda alla quale ti prego di rispondere".
Rise allora Tar-Miriel e l'eco del suo riso incuriosì e meravigliò ogni forma di vita che si trovava in quel luogo: rami par- vero tendersi verso di lei, mentre innumerevoli animali si approssimarono ai suoi piedi, invisibili agli occhi Umani; finanche le grandi e maestose aquile di Manwë si levarono in volo, senza avvicinarsi troppo tuttavia, essendo quello un luogo sacro, ma limitandosi a osservare la bionda fanciulla, per mezzo della loro vista acuta.
Tar-Miriel rise ancora, poi fece un inchino a Erfëa: "Davvero, principe di Hyarrostar, tu chiedi questo? Eppure, tale è la tua lungimiranza, che la mia riposta invano potrebbe essere elusiva o falsa. Tu domandi una risposta che possiedi dentro di te". Sorrise compiaciuto Erfëa: "Potente è invero il dono della lungimiranza, eppure non ritengo di sbagliarmi affermando che esso giunge alla maggior età, divenendo molto forte negli eredi di Elros". Rise nuovamente Tar-Miriel, e parve davvero che il velo d'oscurità che l'aveva turbata, sfumasse come nebbia al Sole: "Invero, non ti sfugge alcun dettaglio, figlio di Gilnar. Suvvia! Entrambi conosciamo quale sia l'interrogativo e quale sia la risposta. Non negherò che a lungo ho temuto questo momento, eppure ora tale paura è scomparsa, lavata via da questa notte benedetta. Forte è la tempra degli Uomini, se essi così a lungo attendono e infine gioiscono". "E ancor più splendente è Tar-Miriel, sovrana di Númenor, se la sua luce trafigge l'oscuro velo che a lungo l'aveva imprigionata". Sorrise l'erede di Elros, mentre porgeva il proprio braccio a Erfëa, raggiungendo Armenelos, perla di Númenor, l'uno fianco all'altra; giunti che furono innanzi al palazzo, così si congedò Tar-Miriel dal suo ospite: "Erfëa, possono i Valar ricompensare il tuo valore e la tua saggezza con quanto il tuo cuore arde di ottenere".
"Invero, Tar-Miriel, giusta ricompensa è stato per me questo incontro. Sono lieto che tu abbia accettato questo incarico nel tuo cuore".
"Davvero, Erfëa, credi che la mia forza sia stata sufficiente a dirigere in tale direzione il mio percorso? No, principe di Númenor, un'altra volontà oltre alla mia ha deciso che così dovesse essere; grata sono a essa, ché ancora la mia deve crescere e svilupparsi. Non è stato detto forse che il seme è lento a germogliare? Attendo dunque che fiorisca".
"È stato anche detto che dal buon virgulto, si sviluppa la vite dai dolci frutti" le rispose Erfëa sorridendo, e così i due si lasciarono, ripromettendosi di vedersi l'indomani.
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