Un'infausta profezia


Tar-Palantir aveva un'unica figlia, Miriel, la cui bellezza era simile alla chiara notte estiva, quando alta splende Ithil sulle bianche montagne di Avallónë; luminosa era in lei la bianca luce di Eärendil, ché era nata durante la notte di Mezza-Estate, quando Vingilot lasciava cadere le sue lacrime argentate sulle terre dei mortali. Grande era stata la gioia a corte alla sua nascita, e già echeggiavano i canti festosi, quando Manëa la Veggente si fece strada attraverso una folla ora ammutolita ed atterrita dalla sua venuta inaspettata.

Dopo aver atteso che il silenzio ebbe dominato assoluto nella sala, ella levò alto il suo bastone e pronunciò parole terribili ad udirsi: "La sventura è caduta su voi, figli di Númenor! Terribile il giorno nel quale Anor tarda a morire e Ithil dorme nell'oceano profondo! O folli, che attendete lieti l'annunzio terribile, sappiate che la nuova nata domina sul vostro destino, ancor prima di reclamare la corona della Stella! Ascoltatemi dunque: grande sarà la tenebra che avrà come padre il giorno più lungo, ché la fine di Númenor si appresta, e già odo il sangue amaro mescolarsi con il mare salato, mentre il mondo è travolto e l'isola sprofonda. Ricordate quanto dico: mai il sangue dell'erede dovrà amare il suo riflesso, mai il suo cuore dovrà essere soffocato dal suo stesso seme, ché altrimenti la fine giungerà trionfante sugli Uomini sconfitti!"

Grave divenne allora il silenzio nella sala e i visi dei presenti impallidirono, come foglie sugli alberi spogli che il vento freddo del Nord sfiora con il suo tocco gelido, solo per prolungarne l'agonia.

A lungo Tar-Palantir osservò l'indovina e rifletté sulle sue amare parole; mai egli aveva temuto i frutti della preveggenza, ché tante volte gli aveva assicurato la vittoria, eppure ora ne scorgeva i limiti amari. Aveva forse il coraggio di afferrare con forza il destino futuro che ora così velocemente si ritirava dalla sua mano, niente altro che sabbia soffocante sulla spiaggia di Andúnië?

Infine, vedendo crescere in sé la paura e l'angoscia, incapace di domarli ancora, si sforzò di parlare: "Se tale è dunque il suo destino Manëa, che cosa desideri che faccia ora? Vuoi che la mano che l'ha accolta al mondo, la rigetti nelle braccia del Vuoto? Non chiedermi una tale follia! Eppure, se tu sei qui, vi è un motivo ben preciso che entrambi conosciamo: se, infatti, la Tenebra cadrà e il mondo degli Uomini affogherà nell'oblio di una notte senza fine, allora il nostro compito sarà quello di assicurare che la speme possa sopravvivere anche negli anni di là a venire, quando le ceneri del re saranno confuse con quelle del pescatore e insieme giaceranno nel dolce sonno delle morte. Manwë ti ha inviata da me come suo messaggero e di questo ben mi avvedo; forse un altro Uomo, preso dal dolore e dallo sconforto, chiederebbe ai Valar vendetta. Io però non leverò con astio e rabbia le braccia verso il cielo, né spegnerò nelle lacrime la mia triste vita, ché bene conosco quali effetti possano avere i sentimenti degli Uomini, anche quando mirano a realizzare il giusto Fato. Ti chiedi se io voglia conoscere il luogo ove si realizza il destino dei Secondogeniti? Volere non è potere, e la risposta giace lontana da me quanto da te, ché se alcuni tra noi possono spingere le loro menti di là degli esili confini del presente, tuttavia nemmeno il più potente e saggio tra noi può prevedere il senso segreto che è dietro ogni esistenza".

A lungo ascoltò Manëa, poi con voce remota, eppure forte, così rispose:

"O Signore dell'Isola del Dono, bene hai parlato, sebbene abbia tenuto nascosti i tuoi pensieri. Seguimi dunque e ti mostrerò quanto ho appreso nel corso della mia lunga meditazione".

Nessuno, tra coloro che furono presenti quel lontano giorno, ascoltò le silenziose parole che si scambiarono il re e la veggente e mai nessun mortale riuscì a scoprire cosa si celasse dietro la profezia di Manëa, fin quando il velo del mondo venne squarciato e ogni cosa divenne sì luminosa da accecare per sempre la vista degli stolti e degli usurpatori.

Trenta lunghi anni trascorsero e mai Tar-Palantir dimenticò le parole della Veggente, sebbene questa riposasse ora nelle case degli avi e il suo segreto giacesse con lei.



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