Regina di Numenor

Tosto parve chiaro a quanti erano presenti che una grande decisione stesse per aver luogo: un silenzio minaccioso si levò dagli scranni, quando, dopo aver compiuto i rituali e i sacrifici, il sovrano Tar-Palantir alzò la mano per prendere la parola:

"Salute a voi Númenóreani, principi e rappresentanti del popolo. Prima che il Consiglio inizi a deliberare, voglio annunziare ai presenti che in questo giorno cedo scettro e trono alla mia erede: ella sarà regina con il nome di Tar-Miriel e presterà giuramento dinanzi a voi". Lentamente Miriel si alzò dallo scranno e si fece strada verso il trono di Tar-Palantir: un'ombra pallida sotto il Sole, come se una cappa le avesse coperto il volto, l'erede sarebbe stato investita in quel momento se, improvvisa come la discordia, non si fosse alzata una voce del basso, interrompendo la cerimonia.

"Sovrano di Númenor, ataranya e voi membri del Consiglio dello Scettro, vi chiedo di prestarmi ascolto. Pharazôn sono e vengo da voi per porre alla vostra attenzione un problema gravoso che implica soluzioni drastiche e repentine. I nostri informatori mi riferiscono che l'Oscuro Signore di Mordor ha ripreso i suoi antichi progetti di conquista, e che le nostre colonie e le nostre città sono minacciate dalle armate di Orchi e altri schiavi di Sauron. Chiedo dunque a voi, come possa essere utile al nostro impero un sovrano che non può impugnare le armi in difesa del suo popolo. Non metto in dubbio il valore della principessa – ciò dicendo fece un beffardo inchino rivolto a Miriel – e le sue qualità morali, né dubito che il governo di Tar- Palantir abbia ormai segnato il suo corso, tuttavia ritengo doveroso che il Consiglio applichi una soluzione diversa".

Gravi erano le parole pronunciate da Pharazôn e ancor più grave era la procedura di cui si era servito per poter esprimere il suo personale dissenso: non era infatti consentito ad altri che al sovrano stesso, opporre cambiamenti alla scelta del proprio erede e questo solo nel caso che fosse venuta meno la salute del prescelto o quando vi fosse stato più di un probabile candida- to, di modo che il primo avesse facoltà di rinunciare.

Mormorii di disappunto si levarono dai Dúnedain ed Elendil, figlio di Amandil chiese e ottenne parola:

"Sovrano, principi e voi rappresentanti del popolo, non è forse in tali frangenti che il lupo si traveste da cervo, il cacciatore da preda per ingannare gli incauti? Pharazôn sostiene che il nemico è pronto a sferrare un massiccio attacco alle nostre città; afferma altresì che la regina Tar-Miriel non possiede le capacità per guidare una nazione in assetto di guerra. Questo egli ha riferito, e non dubito che avrebbe altre prove da addurre a quanto sostiene, se solo ne avesse il tempo; tuttavia io chiedo al principe perché egli in qualità di rappresentante delle città oltre mare, non abbia chiesto in precedenza l'aiuto al sovrano, considerata la gravità della situazione. Se l'emergenza è divenuta tale negli ultimi tempi, inoltre, per quale motivo Pharazôn non ha disposto egli stesso dei piani di difesa, necessari per affrontare il primo assalto, in qualità di comandante reale e insignito dal sovrano di pieni poteri?".

Applausi vi furono da parte di molti Dúnedain e alcuni fra questi si congratularono con Elendil per la saggezza che aveva dimostrato nel suo intervento. Pharazôn non si turbò affatto; attese che il silenzio fosse tornato a regnare sovrano, poi chiese di avere nuovamente parola:

"Ataranya, invero Elendil della casata di Andúnië mi accusa di aver male agito, per incapacità o codardia, questo non saprei. Tuttavia, se mi è concesso esporre le mie ragioni, allora intendo ricordare a tutti i presenti in quanti modi sia stato io ostacolato nello svolgimento del mio compito da coloro che adesso osano definirsi paladini della verità! Ebbene, sono profondamente dispiaciuto nel dover ammettere che ormai la nostra isola è dominata dall'ipocrisia e dall'arroganza".

Concluso il suo intervento, Pharazôn sedette, lieto in volto nello scorgere quanti Númenóreani condividessero il suo pensiero in quell'ora. Alta però si levò la voce di Erfëa:

"Ben dici, Pharazôn, quando affermi che mai sei rimasto ozioso nella Terra di Mezzo! Mi chiedi cosa vedono i miei occhi, principe? Ebbene, non ti nascondo che la follia sarebbe giunta prima in questo consenso, se i poteri e l'oro a te concessi si fossero dimostrati di misura superiore. No – concluse poi – non credo certo che la colpa sia da addebitare a chi non ti prestò ascolto. Bene fecero quanti operarono in tal senso, impedendoti di operare altre oscure macchinazioni, come quella che vedo dinanzi a me. Eppure Pharazôn, non tutto quello che la tua bocca pronuncia è figlio del tuo pensiero, ché l'eco di altre voci ascolto ora, oscure e minacciose". Pharazôn era sul punto di replicare duramente, quand'ecco Tar-Palantir alzò nuovamente la mano: "Giovane cugino della sovrana, devo forse rimembrarti quali siano i tuoi doveri nei confronti della corona? Se la mia scelta non è di tuo gradimento, è affar tuo e di quanti sostengono la tua causa. Miriel diventerà la regina di Númenor, e questa è la mia ultima disposizione da regnante".


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