Principessa di Numenor



Finalmente, non appena gli ospiti si furono sistemati alle proprie tavole, gli araldi suonarono nelle loro trombe e i visi dei presenti si voltarono nel medesimo istante, come per obbedire a un ordine silenzioso: parola più non si udì in tutta la sala e mentre Ithil si levava in tutta la sua bellezza argentata, una musica triste si levò da un'invisibile orchestra, isolando il pubblico in un'estasi indescrivibile.


Una figura apparve in cima allo scalone e qualche istante dopo Miriel, l'erede al trono di Númenor fece il suo ingresso tra i presenti.


Molti furono coloro che si chiesero se Lórien non avesse confuso le loro menti mortali, mostrando la bellezza di Varda, sposa di Manwë e regina dei Valar, ché mai si era visto in quel luogo un simile chiarore, simile a quello emanato dalle più nobili stelle del creato. Assorti, ciascuno nel proprio silenzio, i presenti non riuscivano a distogliere il loro sguardo dal viso della principessa, mentre i pensieri vagavano confusi e commossi da tanta bellezza.


Finanche i Nani di Khazad-Dûm, rimasero affascinati da tale visione: "Se mai durante la mia esistenza ho lavorato laen e adamante, ebbene, polvere e ruggine mi paiono questa sera, ché mai prima d'ora avevo ammirato l'essenza stessa della fiamma imperitura. Invero – sussurrò uno di essi a Erfëa Morluin che sedeva accanto a sé – l'isola di Númenor custodisce tesori che saranno sempre di là dalle ambizioni dei mortali, fossero anche i loro cuori e le loro menti mille e ancora mille volte ricolmi d'amore". "Quanto affermi è giusto – gli rispose Erfëa Morluin – perché i nostri animi sono come viandanti sfiniti che giungono alla fonte di montagna dopo lungo viaggio; per quanto la loro arsura sia grande, ecco che essa sarà spenta dall'acqua sorgiva, ché mai nel berne il dolce nettare si esaurirà tuttavia il dolce diletto che essa procura. Allo stesso modo i nostri animi sempre aneleranno all'essenza della bellezza, senza che questa venga meno, anche quando, svanita la forma, essa non sarà più percepibile ai sensi dei mortali".

"Sagge sono le tue parole, nobile Númenóreano – interloquì un alto Uomo che sedeva di fronte a lui – Imracar Folcwine è il mio nome, cavaliere di una terra a Nord di Bosco Verde il Grande". Mai avevo creduto che un simile piacere si potesse ricavare dalla contemplazione. Il nostro è un popolo rude, guerriero, fiero avversario di colui che non nominiamo. Non temiamo né la morte, né il dolore, e nessun avversario è in grado di abbatterci, a eccezione del disonore e della codardia che massimamente temiamo: fiere e coraggiose sono le nostre donne, eppure mai ho ritenuto che fossero così remote e distanti da quella che chiamiamo la vita degli Uomini. Le Eothraim cacciano, scendono in guerra, partecipano ai nostri consigli al fianco dei loro padri, fratelli, sposi e figli, gareggiando nelle medesime competizioni di noi Uomini, sovente ottenendo la vittoria. Tuttavia, ritengo di aver assistito questa sera a una competizione nella quale difficilmente un Uomo avrebbe vinto".


"Erfëa Morluin, principe dello Hyarrostar sono e a te dico che mai il mio cuore ha provato un'emozione così dolce, tale che al confronto la Primavera dei Mortali sembra di gran lunga inferiore. Sii felice e non turbarti, nobile cavaliere! Il passato sarà lieto come il presente se sarai in grado di preservare intatto quanto i tuoi occhi hanno visto".


"Così farò – rispose Imracar chinando il capo – e possa il ricordo della luce illuminarmi quando la tenebra sarà intorno a me".


Simili commenti stupiti si levarono dagli Uomini e dalle dame sedute ai loro tavoli, sussurri che si interruppero quando Miriel ebbe alzato la candida mano:


"Miei graditi ospiti, signori di Númenor, e voi, ambasciatori i cui paesi sostengono la nostra causa, siate benvenuti nella reggia di Elenna. A voi volgo il mio più cordiale saluto, augurandomi che la letizia che si respira questa sera possa nuovamente echeggiare anche in altre dimore dei Popoli Liberi".


Tacque per qualche istante, poi afferrato il calice, lo levò in alto, pronunciando parole di buon auspicio; indi si sedette e i festeggiamenti ebbero inizio.



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