La nascita di Eärél

Gilnar era il ventiquattresimo signore dell'Hyarrostar, erede di Atanalcar, quarto figlio di Elros Tar-Minyatur, primo re di Númenor. Gilnar era un gran capitano di navi ed un valoroso paladino del partito dei Fedeli, coloro che si opponevano agli uomini del Re, adoratori della Morte, che temevano sopra ogni altra cosa. Al tempo in cui questi avvenimenti ebbero luogo, Gilnar aveva acquisito notevole fama: lungimiranti erano i suoi consigli, sicché non vi era Númenóreano che non onorasse la saggezza che gli proveniva dall'aver viaggiato molto nelle inesplorate contrade della Terra di Mezzo, il grande continente che si estendeva a levante dell'isola di Elenna. Nobile era il suo sembiante, sicché perfino i suoi nemici non osavano contrastarlo apertamente e quanti erano della sua fazione ne ammiravano la ferrea volontà. La casata del sovrano di Elenna sosteneva le ambizioni di Gilnar, grata per le gesta che questi aveva compiuto allorché era giovane e vi era stata guerra e discordie fra Palantir e suo fratello minore Gimilkhâd, eredi al trono di Númenor. Palantir, sostenuto dagli Elendili e dal diritto di quella contrada, aveva ereditato il trono, nonostante i partigiani dell'infame congiunto gli si fossero rivoltatati contro; essi erano stati tuttavia sconfitti e banditi da Númenor.
Sangue era stato versato in quei giorni ormai remoti ed i cuori dei Dúnedain, seppure fossero trascorsi molti anni da tali eventi, non avevano obliato i massacri che i seguaci di Gimilkhâd avevano perpetrato ai loro danni, ché i nomi di tali sventurati erano stati mormorati nelle contrade che lo scettro degli eredi di Elros dominava. Molti paladini erano morti, trafitti non solo dal crudele ferro di mercenari senza scrupolo ma anche dalle armi dei propri congiunti: i figli trucidavano i padri e questi la loro progenie. Vani erano stati per lungo tempo i tentativi dei Fedeli di sconfiggere gli uomini di Gimilkhâd: costoro, infatti, erano sostenuti da molti signori e capitani discendenti da Elros ed avevano i forzieri ricolmi dell'oro e dell'argento che avevano strappato alle stirpi dei Secondogeniti stanziati all'Est e al Sud di Endor.

Al termine di numerosi scontri, infine, il valore dei Principi dei Fedeli aveva permesso a costoro di trionfare e di imprigionare coloro che si erano macchiati di crimini indicibili, quali solo gli Orchi allevati dall'Oscuro Potere sono soliti perpetrare. Gilnar e Amandil, signore della casata di Andúnië, discendente di Silmariel ed erede a sua volta di Elros, avevano esortato Tar-Palantir a condannare a morte il fratello Gimilkhâd, per tema che costui, se lasciato libero, avrebbe potuto assoggettare i regni degli Uomini in Endor e condurre contro Númenor orde di predoni. Il nuovo sovrano, tuttavia, non ebbe il coraggio di levare la mano contro colui che era un suo congiunto nel sangue, e lo condannò all'esilio perpetuo nella colonia di Umbar, sperando che si ravvedesse e che il suo destino non fosse segnato dai crimini di cui si era macchiato in gioventù. L'erede minore allo scettro di Númenor, tuttavia, radunò nuove armate con l'intenzione di riprendere la guerra. Un'imboscata tesagli da alcuni mercenari ribelli del Variag impedì però che le ostilità avessero nuovamente inizio. I cuori dei Fedeli, allorché tale novella giunse a Númenor, presero ad esultare: essi, tuttavia, ignoravano che la consorte di Gimilkhâd era sopravvissuta e con lei suo figlio. All'interno delle fortezze edificate dai loro avi secoli prima, i Númenóreani Neri celarono l'erede del fratello minore di Tar-Palantir alla sorveglianza delle schiere dei Fedeli, nell'attesa che i tempi fossero maturi per la vendetta.

Molti anni prima della morte di Gimilkhâd, quando il padre, Ar-Gimilzôr, era ancora il sovrano di Andor e i seguaci dei Valar e degli Eldar invisi ai suoi mercenari e guerrieri, profondi erano i legami che intercorrevano fra i Signori di Andustar e dell'Hyarrostar. Entrambi, infatti, servivano la medesima causa, sebbene Gilnar fosse più audace e risoluto nell'opposizione al sovrano di quanto non lo fosse Numendil. Questi aveva una sorella minore, chiamata Nimrilien, ché sovente era abbigliata di vesti bianche e sembrava, a coloro che dal mare la vedevano ergersi, durante le tempeste invernali, simile ad un faro nell'oscurità incipiente. Nimrilien volse il suo pensiero al principe dell'Hyarrostar, e Numendil era lieto per tale sentimento: non avrebbe desiderato, infatti, un cognato migliore di Gilnar, ammiraglio di Númenor. Erano trascorsi dodici anni dacché Ar-Gimilzôr era asceso al trono, allorché la bianca dama di Andúnië diede alla luce un maschio, nelle cui vene scorreva il sangue di Elros. Lieta, la donna consegnò l'infante al congiunto affinché lo chiamasse e lo accettasse all'interno della famiglia, secondo la tradizione e la legge di Elenna. "Mio figlio sarà principe dell'Hyarrostar e del mare – queste furono le parole che Gilnar pronunciò - del quale Ossë ha consentito a noi Secondogeniti di solcare le vaste profondità. Eärél sarà dunque il suo nome, ché egli sarà invero un grande ammiraglio e oserà esplorare contrade che i Dúnedain mai hanno percorso con le loro leste imbarcazioni".

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