|Capitolo 5 - Parte 1 - La spesa |

Nel quartiere degli dei, su uno scoglio di roccia nera, c'era una grande forbice. Un oggetto semplice, in acciaio e venature d'oro. I turisti ne ammiravano le forme dalla punta arrotondata e quella stasi che dava l'impressione di infrangersi da un momento all'altro. Stava sulle punte (arrotondate) come una ballerina di danza classica, immobile nella sua forma perfetta. Eppure quell'equilibrio non si era mai rotto in secoli di esposizione, e il Forbicione, così lo chiamavano, era ancora lì, come monito della precarietà della vita.

Sotto a quel simbolo Brillo accumulava ossa da rosicchiare. Anche lui attirava diversi turisti, anche se di tanti non era certo fossero in fila per lui o per il forbicione.  Aveva ricevuto tanti doni durante tutta la mattinata e sembrava che questi non accennassero a diminuire nemmeno al pomeriggio, quando gli spossati si ritiravano per la pennichella. Si rallegrò al pensiero di dover passare la sera a sotterrarle; sarebbe tornato a distanza di anni per rosicchiarle e avrebbero avuto il sapore dell'attesa. Brillo adorava custodire le cose quasi quanto ricevere grattini e lusinghe. Ed erano i rettili il suo pubblico più affezionato: croccorilli, tartarre e iguanie stravedevano per la spora quasi quanto per mosche e zucchero.

«Brillo! – esclamò Thelon – quello è Brillo» indicò la spora, adagiata su un cuscino color porpora.  Zoe aguzzò la vista, intravedendolo sotto al Forbicione. Emise un fischio muto, che fece rizzare le orecchie a ogni bestia nei paraggi. Thelon avanzò.
«Signore, la fila!» si lamentò qualcuno, avido di collettiva disapprovazione.
Brillo abbandonò il suo posto e corse incontro agli amici, indispettendo chi aspettava il suo turno da ore. Molti si mobilitarono per il risarcimento, ma chi aveva incassato i soldi era ormai lontano.

«Ecco dove si era cacciato!» disse il mago a Zoe, che da quella mattina aveva spiccicato sì e no una dozzina di parole, troppo poche anche per una come lei.
«Tutto bene?» le chiese.
«A pranzo non hai aperto bocca, nemmeno per chiedere il dolce, o assaggiare il mio».
«Sì, certo. Sono solo un po' stanca. Forse sarei dovuta restare in locanda a riposare» sorrise. Pensò che sarebbe stato davvero meglio per lei.

Non troppo lontano c'era un bel punto panoramico dove i pittori, per pochi spiccioli, immortalavano i turisti.
Una famiglia si faceva ritrarre da un artista di strada, che dipingeva le loro caricature su una piccola tela tascabile. La madre aveva legato figli e marito come salami per tenere la posa. «Ancora due o tre ore signora, resista» diceva loro il pittore.

Anche da lì si sentivano i bardi suonare a festa e l'odore acre dell'incenso era così intenso da far girare tutte le teste di un'idra. Nuvolette di fumo uscivano dalla narici del drago, facendolo sembrare vivo. Thelon si accorse che Zoe stava ritrovando il sorriso; qualsiasi cosa le avesse rovinato la giornata, si stava diradando.
Le Bertucce distribuivano ai passanti volantini di questa o quella mostra o dei tanti laboratori di tatuaggio.

Brillo seguiva Thelon e Zoe, ma teneva sempre sott'occhio la sua collezione d'ossa sotto alla forbice.
«Non ci siamo ancora fermati per davvero dalla partenza» disse Thelon e Zoe scosse il capo. Il suo sorriso si scaldava un po' e con questo anche quello di Thelon. Insieme scrutarono il panorama: si vedevano i contorni di Picco Gallo, con la cresta innevata e il suo becco aguzzo. Dal petto, dalle gallerie più antiche, partiva la Via Maestra, uno stradone che tagliava a metà il continente, spegnendosi nei mari più freddi del mondo. Dal picco nasceva un corso d'acqua che, accostandosi a Scultoria, si tingeva dei colori dell'arcobaleno.

«Quello è il Tempera, perché in certi suoi tratti l'acqua è così densa e colorata da sembrare, appunto, tempera» squillò una voce alle loro spalle. Un brivido salì lungo la schiena di Thelon: non pensava l'avrebbe incontrato ancora. Era proprio lui, Alfred Bourgeaux in tutta la sua saccenza. Il critico stringeva tra le zampe del pane fritto al pomodoro, profumato di basilico appena colto.

Zoe si voltò a salutare ma lui, preso da foga professionale, non contraccambiò. «[...] proprio là invece, dove giocano quei bimbi monchi, c'è il Forbicione
Il critico indicò lo scoglio nero e la forbice in equilibrio sulla sua sommità. Dei gattini presidiavano il monumento, occupando la montagna di ossa di Brillo. C'era chi si sfidava a singolar tenzone impugnando femori e costole dalla pila e chi si divertiva a torturare un topino. Lo stuzzicavano a suon di zampate per sentirlo urlare, fischiare, implorare pietà a suon di squittii. Quando poi si stancavano, lo liberavano e ripartivano a cacciarlo. Lui correva, fuggiva, sentiva il cuore battere fare su e giù per la gola come una nocciolina mal masticata.

«Due metri e quarantacinque d'altezza, notevole per una forbice. Si dice che sia lo stesso paio col quale i grandi artisti tagliarono il nastro inaugurale del tempio. Prima che mi possiate contestare la cosa, è solo una leggenda. Il tempio venne inaugurato con un bottiglione di spumante da 50 litri.» Thelon e Zoe non dissero nulla, anche perché risultava loro piuttosto complesso infilarsi in quel discorso.

«Il Dio della Misericordia, soddisfatto dell'operato dei discepoli, spostò le stelle fino a comporre un sorriso smagliante. Se la notte volgete lo sguardo a nord potete vedere la Costellallegra. Studiosi e maghi del clima sono convinti che l'avvenimento abbia una correlazione con i terremoti e le inondazioni che sommersero numerosi centri costieri di Risma nei giorni a venire. Di certi continenti non rimasero che arcipelaghi, di certi arcipelaghi solo qualche fortunata isola, come Nur. Roba da pazzi, come le stelle potessero influenzare il meteo» disse. Muoveva le mani come se impugnasse una bacchetta.
E addentò il suo pane.

«Ma non l'avevamo seminato?» chiese sottovoce Thelon, prendendo Zoe a braccetto.
«Non lo so, Scultoria è più piccola di quanto pensiamo a quanto pare. Sorridi, ci sta guardando.»
«Oh! Finalmente ti abbiamo trovato Bourgeaux, eravamo molto preoccupati!»
«È normale che lo foste, miei cari compagni di ventura, perdersi l'occasione di visitare Scultoria con una guida d'eccellenza come la mia è come strimpellare una chitarra senza corde: non è come te l'aspetti e dopo un po' tendi a sentirti stupido.»

«Certo, ma dicci, sei tornato in redazione? Com'è andata?» Chiese Thelon.
Il critico si scurì, irrigidendosi. Zoe ne percepì il rammarico, e quel senso di responsabilità.
Conosceva bene quel sentimento.
«Non c'è alcuna redazione. Al suo posto ci ho trovato un panificio. Non è male, usano composti di farine d'ossa zero zero per le focacce. Un alimento da passeggio ideale per chi come è sempre in giro e non ha un posto in cui... » si rabbuiò.
Si nascose dietro al braccio, con un gesto teatrale.

«Non preoccupatevi, era naturale che senza di me sarebbe andato tutto a rotoli... cosa mi sarei dovuto aspettare. Ma cambiamo argomento, credo di averti intravisto tra le siepi del parco stamane» disse a Thelon, che intanto cercava una scusa plausibile «però un'ammiratrice mi ha tenuto impegnato e... Buonasera Lord Tullius!» salutò un passante e questi, riconoscendolo, si scurì il viso con la punta del cappello e affrettò il passo.

Thelon sentì il cuore del critico incrinarsi e sanguinare. «Non deve averla sentita» gli disse.
«È come dici tu, ha sempre avuto problemi d'udito il buon Tullius.»
«Vanno tutti di fretta in città» aggiunse Zoe, sorridendo.
Brillo si avvicinava ai gattini scodinzolando. Stavano in cerchio, e si rimbalzavano il topino come una pallina da flipper. Erano tutti così distratti nella tortura che non si resero conto della spora. Quando abbaiò si sparpagliarono per la piazza, infilandosi tra le gambe dei turisti o scalando le colonne e i tetti più alti. Brillo ne seguì un gruppetto giù per il colle.

«In questa città molto più di altre» rispose Bourgeaux, notando il trambusto generato da spora, topino e gattini. «Abitiamo, abitano, un luogo unico al mondo e se ne infischiano altamente. È come se nessuno notasse la bellezza che lo circonda. Diffidate dalle apparenze: a Scultoria la barbarie è di casa.»

A livello politico la città aveva lo stesso peso dei regni più influenti; i suoi fondatori, benché di nobile avessero ben poco, erano venerati come celebrità da tutti, cittadini e sovrani delle nazioni adiacenti.
«Ma, perché?» tutta quella faccenda incuriosì Thelon «Hai appena detto che l'economia di questo luogo è fatiscente e che a malapena si regge di turismo. Non avete un vero e proprio esercito regolare se si escludono le guardie cittadine. Non eccellete nei saccheggi né la vostra specialità è la prostituzione di lusso. Allora perché avete la stessa influenza di regni ben più forti e consolidati?»
«Perché portiamo sfortuna» rispose il critico, come se fosse la domanda più scontata di tutta Risma «Pensi che non abbiano mai provato a pugnarci, saccheggiarci, o conquistarci?»

Girava da decadi una strana voce, secondo la quale chiunque provasse a soggiogare Scultoria cadesse in disgrazia nel giro di pochi mesi «intere casate impoveritesi o immischiate in scandali così ingiuriosi da far inorridire un demone.»
«Del tipo?» Chiese Zoe e Alfred l'accontentò. Lei rimase in silenzio per il resto della conversazione.
«Con la clavicola della nonna? Davanti al balivo? Per i peli di un cotonicchio! Neanche un orco sarebbe capace di ciò!»

«E questo è il minimo! Però, se si evita di attentare alla libertà della città, le cose tendono ad andar bene. Ogni mese Scultoria riceve così tante derrate alimentari da far scoppiare i magazzini: non solo cibo, ma anche oro, spezie e manufatti antichi. C'è chi ha dovuto rendere obesi i propri figli, qualche nobile persino gli schiavi. Ma non sono tutti così magnanimi e spesso il cibo in eccesso viene semplicemente bruciato. In tutto ciò il popolino continua a soffrire la fame.»
Non solo la fame, il volgo era vittima del sistema e delle follie di chi lo amministrava.

«Ai grandi artisti piace prendere ispirazione nei quartieri popolari» disse, e in lontananza una tromba squillò per tre volte.

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