| Capitolo 3 - La critica |


«Una miscela evocativa: trasmette la fatica del contadino durante la raccolta. Percepisco la frustrazione nel sapere che ogni suo avere finirà, giustamente, nelle mani dell'esattore» appuntò il tutto in un quadernetto, giallo e gonfio come un malato di cirrosi. «Non si può dire lo stesso dell'aroma: odora come le sue ascelle.»
«Ma un grazie per il caffè non andava bene?»
«Assolutamente no ragazza, sia mai che il critico non valuti! Inoltre dovrei ringraziare quei contadini, non te. Cos'hai fatto per questo caffè di recente?»
«L'ho preso al mercato, tritato, conservato all'asciutto, pressato e cucinato?»
«È un miracolo che non l'abbia bruciato... ma non voglio infierire. Prima che m'interrompessi, parlavamo di voi» disse il critico. Posò la tazza sul sottobicchiere, un dischetto di legno levigato sul quale erano intagliate le iniziali A.B.+

Analizzò la grotta, strizzando gli occhi a ogni elemento di disordine e sporcizia.
«Mi dicevate che siete di passaggio...»
Thelon si chiese se fosse giusto fidarsi così tanto di uno sconosciuto.
«Siamo diretti a Nur per riscuotere quel che ci spetta dalla Mercenaries spa, ma sostiamo a Scultoria per qualche giorno, il tempo di far provviste, e magari di visitare la città e il quartiere degli dei» disse Zoe.
«Scultoria? È la mia città. Lavorate per la Mercenaries? Avventurieri?» Chiese, deformandosi come chiunque appena sentiva quel nome.
«No, io assistenza clienti, e Zoe cercatrice di avventurieri. Mi occupo - si schiarì la gola - occupavo, delle lamentele. Non tutte le missioni vanno come dovrebbero: i mercenari si perdono, muoiono, disertano, creano danni accidentali. I clienti si rifiutano di pagare e così via.»
«E immagino che la ragazza assuma le nuove lame.»
«No, do la caccia a chi crea problemi. Chi viola il contratto va punito» rispose Zoe.

«Capisco, ma parliamo di me. Essendo vostro ospite è giusto che vi dia qualche informazione che non si trova sui libri di testo. E in giro non si parla d'altro che della mia scomparsa presumo – sospirò. - Sono quasi tre anni che dormo sotto al cielo stellato, raccolgo i frutti dagli alberi e rovisto tra la spazzatura.»
Sorrise nel ripensare a tutti quei cestini da picnic sottratti agli ignari viaggiatori. «Non c'è nulla di male, anzi, il più delle volte si trova roba di buona qualità, basta saper scavare sotto allo strato di mosche o di muffa e igienizzarsi le mani subito dopo».
Thelon annuì.

«Trentasei mesi fa che ho preso le mie cose, ho salutato la redazione e sono andato via.»
«Ne saranno felici i suoi colleghi.»
«Perché mai dovrebbero? Anche se, ora che ci penso, nessuno di loro mi ha mai scritto, nonostante abbia sempre trovato modo di spedir loro almeno un corvo alla settimana. Stormi di corvi» alzò lo sguardo al cielo. Le fronde degli alti alberi grattavano la pancia alla volta celeste.
«I corvi tendono a smarrirsi o venir posseduti dai druidi» disse Thelon, sollevandosi e sistemando le vettovaglie. Del leprocchio erano rimaste le ossa.
«O vengano cacciati, vero Brillo?» Aggiunse Zoe e l'animale abbassò lo sguardo.
«Di questi tempi sono più affidabili scimmie alate e messaggeri a cavallo.»
«Avete ragione, ritengo impossibile che non abbiano mai provato a rispondermi! Sapete ragazzi mi avete fatto capire una cosa molto importante, grazie davvero. Sto rivalutando le vostre figure.»

I due si guardarono perplessi: qualunque cosa avessero detto aveva pizzicato le corde giuste.
«Cosa?»
«Le vostre figure.»
«No, cosa ti abbiamo fatto capire.»
«Una cosa importante. Ma visto che non me lo chiedete, ve lo dico io: è giunto il tempo di tornare in redazione» disse col cuore pregno di commozione. Sbuffò vapore ustionante dalle narici e sorrise.
«Sì, i tempi sono maturi sissignore.»

Come avrebbero accolto il suo ritorno? Fantasticò di ingressi trionfali e facce basite. Immaginò lunghi abbracci commossi e polverose bottiglie di orzata stappate per l'occasione. E poi i titoloni delle riviste e le corti di mezza Risma che non parlavano d'altro. Tra un sorriso e una stretta di mano, l'abbraccio sincero del direttore, che piangeva per il suo ritorno. E le folle urlanti, le spasimanti che lo seguivano per strada. E in sottofondo una bella melodia di violino.

La canticchiò sotto gli sguardi perplessi di Thelon e Zoe.
«Ma, dicci, come mai abbandonasti il tuo lavoro se lo adoravi così tanto?» Chiese Zoe, alzandosi. Brillo la seguiva senza mai toglierle lo sguardo di dosso.
«Come avrete notato sono una persona piuttosto critica.»
«Davvero?» chiese Zoe, agguantando il sacchetto di tabacco e caricando tre pipe, il Sommelier rifiutò con garbo.
«Proprio così! Le cose andavano molto bene, finché un giorno mi resi conto di essere cambiato.Avevo perso ogni guizzo, mi ero innamorato!»

«E dov'è il problema?» Thelon si sgranchì le gambe, dando una rassettata al campo.
«Il ragazzo mi chiede dov'è il problema, roba da pazzi» sospirò «tutti possono innamorarsi ed è un bene: gli amanti sono energici, ispirati, positivi! Traboccano di vita e trasmettono la loro passione agli altri.»
«E quindi?»
«E quindi questo non va bene: un critico non è una persona normale. È colui che riporta gli innamorati, gli ispirati, i positivi sulla retta via: li afferra per le orecchie e li trascina lontano dai loro errori.»
«Ma perché mai dovresti farlo?» Chiese Zoe, gustando ogni tiro di tabacco. Brillo si appallottolò tra le sue gambe, addormentandosi.
«Perché non accetta che la gente sia felice.»
«Ma quante ne sentono le mie orecchie. Quante» sospirò «Se tutti facessero solo quel che gli pare, che razza di mondo sarebbe?»

I due giovani immaginarono un prato fiorito senza fine, dove tutte le razze del pianeta facevano baldoria. C'era chi si divertiva a soffiare le bolle profumelle sul prossimo e chi correva tutto il tempo, finché i polmoni non si ustionavano. E si cantava, si rideva, si suonava e si faceva l'amore.

«Un mondo stomachevole, ve lo dico io. Immaginate che sia sera e siate stanchi e affamati: sono due settimane che dormite all'aperto e vi nutrite di carne di topo. Nel vostro mondo non esiste la critica, tenetelo a mente. Varcate la soglia di una locanda: non ne avete mai sentito parlare, ma vi sembra un posto accettabile, col locandiere che sputacchia sui bicchieri e una tavolata unica, dove individui di ogni dove consumano il loro pasto in silenzio. C'è un bardo che cerca di accordare il suo liuto da mezz'ora. Vi viene servito il cibo, una sbobba insipida, nella quale galleggiano peli e grumi di catarro. Se fosse esistita la critica avrebbe sconsigliato quel locale, o il cuoco si sarebbe preoccupato di aggiungere del sale.

Allora uscite, fuggite, andate via e per strada vedete solo edifici fatiscenti, incompleti e traballanti. Vi crolla un balcone addosso e morite di stenti perché i soccorsi tardano ad arrivare o il medico vi recide qualche vena di troppo nel tentativo di recuperare le cesoie scordate nel vostro stomaco».
Stette in silenzio, avvicinandosi al fuoco. Sfruttò la luce del falò per alimentare il dramma che si stava costruendo nel suo volto. Qualche scintilla gli bruciacchiò il pizzetto, ma sembrava non rendersene conto.

«No, no, no e no. Il mondo ha bisogno di qualcuno che ti dica che stai facendo le cose male» la mano si chiuse attorno al pizzetto, spegnendo quel principio d'incendio prima che si espandesse in tutto il viso. Si schiarì la gola con una sorsata di caffè, aspirandolo come minestrone e facendo i gargarismi con questo.

«Se posso e se vuoi rispondermi, dicevi di esserti innamorato, ma sei comunque solo. Che fine ha fatto l'amore della tua vita?» Chiese Zoe socchiudendo gli occhi come un carinissimo cerbiatto affetto da miopia.

«Lei mi ha lasciato. Già, Alfred Bougeaux, la terza eminenza grigia della critica internazionale, la stella della tuttologia d'opinione, abbandonato come una risma di libri al rogo. E il problema è che proprio non ne capisco il motivo...» trangugiò il suo caffè tutto d'un fiato, afferrando la caffettiera per riempire la sua tazza fino all'orlo «quel giorno mi cadde il mondo addosso, un ceffone da dieci e lode! E dire che era sempre così felice quando portavo mia madre alle nostre cenette, e non le dispiaceva nemmeno il fatto che la guardassi dormire.»

«Che dolcezza» commentò Thelon.
«Già, spesso mi sedevo su uno scanno e restavo lì, con lo sguardo fermo sul suo viso. E la guardavo fino alle prime luci dell'alba» ricordò con nostalgia. «Ho fatto tanto per lei. Quanti potrebbero affermare di aver pubblicato un libro sulla propria relazione? Io l'ho fatto: giorni e giorni di rapporto accuratamente schedato, analizzato e raccolto in quattro pratici volumi in vendita nelle migliori migliori librerie del continente. Non ho tralasciato proprio nulla, dai suoi tic nervosi durante il coito alle brutte abitudini che aveva in casa, come il riporre le posate negli appositi vani a loro dedicati. Quarantaquattro settimane di noi, ve lo consiglio.»

«No. Nono. Tranquillo. Questa cosa non è affatto inquietante» dissero.
«No infatti! Se mi ama mi accetta per quel che sono.»
«Soprattutto per il fatto che cerchi di cambiarla» aggiunse Zoe.
«Migliorarla esatto. Ma non parliamone più, ragazzi.»

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