| Capitolo 10 - Morne |


«Un genio!»

«Ti ringrazio coso, ma credo di avere tante altre qualità» rispose una voce bassa e tonante. Aveva i contorni di un cespuglio di bacche posato su una botte. Due paia di zampe schiaffeggiarono l'aria, scansando la nube bluastra che l'avvolgeva.

«Sei tu Morne?» Chiese il Pallido.
«In carne ed oss... in fumo e polvere, mortale» disse Morne, fluttuando in giro per la stanza. Si soffermò sulla sua statua, emettendo un sospiro di stizza.
«Un croccorillo, io non sono un croccorillo...»

Aveva l'aspetto d'una bestia sciatta, che non metteva il naso fuori casa da secoli. Davanti a Brillo e al necromante un leone costretto a un tenore di vita fatto d'ozio e cibi pronti. A dimostrarlo, oltre che alla rara peluria che proliferava in disordinati cespuglietti sparsi lungo il suo corpo tondo, una simpatica capretta. Bluastra e trasparente come Morne, si occupava della sua igiene, brucando e leccando le chiazze muschiate dei suoi gomiti e della schiena. Sgranocchiava le lumachine che scivolavano lungo la grassa cute del collo, unta e sudata come quella d'un porco.

Brillo si domandò perché una creatura dai tali poteri cosmici avesse scelto sia quell'aspetto così poco prestante che di vivere la propria vita in quel modo così sciatto.
«Perché le caprette sono animali carini, Brillo» gli rispose il leone, con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.

Poi tornò a rilassarsi e parlare di argomenti perlopiù incomprensibili all'uditorio, tranne alla capretta che scuoteva divertita il capo, facendo risuonare il campanaccio legato al collo.

«Quindi, Jean Pierre, sei riuscito a risolvere gli indovinelli dei padroni, ci avevo perso le speranze» disse, guardando il Pallido. Il mago indietreggiò fino a toccare il muro con la schiena.
«Chiedo scusa per l'invadenza coso, mi scordo sempre quanto possa essere fastidiosa la lettura mentale per chi non ha modo di coprirsi.»

«Non era il massimo, anzi. E c'era più di un modo per aggirarlo» rivelò il Pallido. Brillo si stupì di come il negromante riuscisse a mantenere la calma in certe situazioni: nessun battito fuori posto, nessuna anomalia nel flusso sanguigno.
«La viverna di cera vi ha dato problemi?»
«Quale viverna?»
«Ecco, lo dicevo che era una tranello stupido, meglio un drago no? Dimmi coso, che anno è?» Chiese picchiettando su una clessidra che portava stretta al polso.

«Siamo nella terza era, quella del Tasso, non proprio il momento migliore per investire nel settore primario. 1400 anni dopo l'ultima discesa del Dio della Misericordia, fra qualche settimana 1398 per la precisione.»

«Per la criniera del santo, mia suocera sarà furente! Mai fare attendere una suocera, è capace di rinfacciartelo per epoche ed epoche. Beh, sarà polvere ormai. Fumo e polvere.»

Lanciò un'occhiataccia al mezzo busto alle sue spalle, trasformandolo in una statua dalle fattezze di una leonessa con i bigodini. Stringeva un mattarello come un condottiero brandisce la spada durante la carica.
«1398... Me lo sono perso, peccato. Com'è andata?»

«Le scritture dicono che sia stato particolare, niente coniglietti stavolta» rispose il Pallido,  riflettendo sul fatto che il genio non avesse bisogno di pronunciare le formule magice per invocare le magie.

«Peccato, i coniglietti davano quel tocco in più. Ma dimmi coso, esiste ancora una città chiamata Scultoria?» Svolazzò attorno al Pallido, rimpicciolendosi così da avvitarsi attorno al suo avambraccio come un'alicetrasmittente e sedercisi come un fanciullo sul ramo di un albero.

«Sì, ti trovi nella villa di Patches l'Illuminato, nelle campagne a Scultoria adiacenti.»

«Capisco, ne sono lieto. Vedi, coso, è un po' come se fosse una mia creatura. E i miei padroni, dovrebbero appartenere alla casata Guscio Duro. Anche se sono secoli che nessuno di loro invoca i miei servigi. Che si siano scordati di me?».

Le dita ossute del negromante indicarono la tartarre che banchettava con le viscere della moglie; il non morto alzò lo sguardo un attimo, osservandoli con i suoi occhi vitrei. Il becco arrossato grondava di sangue.

«La metafora del mio matrimonio» rise, guardando la sua teiera con sguardo pensieroso.
«Il mio contratto con loro è volto ufficialmente a termine quando hai dato alle fiamme la pergamena e mi sei venuto a chiamare. Beh coso, sono pronto a una nuova avventura allora! Siediti pure, mettiamoci comodi.»

Schioccò la lingua, sputando fuori un tavolino e tre sedie; seduta su una di queste una donna massiccia dai capelli color grano compilava delle pratiche. Una leonessa annoiata, vestita in abiti così stretti da risaltarne le forme morbide, budinose. Brillo si rese conto che non aveva gambe ma una codina trasparente come quella del genio.

«Cosa è Natasha, farà da notaio alla firma del contratto di collaborazione amichevole.»
Natasha non degnò nessuno di uno sguardo, nemmeno Brillo, che in genere riscuoteva piuttosto successo col genere femminile.

«Fa parte della mia squadra operativa, insieme a Gigi, la capretta spazzina e Signor Giorgio, il tuttofare.» disse, applaudendo.
«Presumo che tu conosca le regole, Jean Pierre. Ma te le rinfrescherò ugualmente: non mi piace quando si fraintendono le cose, poi si finisce in tribunale per una stupidaggine e sappiamo tutti come vanno le cose quando c'è la legge di mezzo. Prima che tu possa chiedermelo hai diritto a due desideri, richieste, o scambi. Chiamali come preferisci. E no, non puoi moltiplicarli desiderandone altri: credimi ma sono in tanti che, sentendosi i più svegli del mondo, più scaltri di me, ci provano. Perdenti.»

Brillo cercava di capire a quale razza appartenesse la creatura: la sua carica magica era forte e costante, almeno a giudicare dagli aromi di caffellatte e distillati che la sua anima emanava. Anche Natasha e Gigi sembravano appartenere a quella potente stirpe. 

«Due desideri, su questo sono irremovibile. Dopodiché prenderò le mie cose e sparirò da qualche parte su Risma. Quindi se vorrai ancora rivedermi per usufruire dei miei servigi, potrai sempre cercare la mia teiera in giro per il mondo e stipulare un nuovo contratto con me.»
«Ne sono a conoscenza.»

«Ti ricordo che le richieste non sono più gratuite da almeno 6 millenni: da quando molti di noi hanno fluttuato per le strade di Wishville e la Regenia in persona ha rischiato di perdere una delle sue teste. Alla fine ha dovuto cedere, e a tutta la categoria è stata concessa la possibilità di usufruire della sua magia come meglio crede. Alcuni di noi hanno ottenuto anche luoghi di riposo più dignitosi: a me è andata di lusso da questo punto di vista, ma pensa che prima della Rivoluzione c'erano colleghi costretti a rintanarsi in confezioni di preservativi usati.»

«Di cosa?».
«Sono artefatti di altri pianeti più civilizzati, utili al controllo delle nascite e alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili. Niente, lascia perdere» schioccò le dita e il mago si ritrovò a stringere un pennino in piuma d'oca.

«Non scenderò nei dettagli ma sappi che, in quanto mio liberatore non posso danneggiarti in alcun modo, nemmeno involontariamente. Questo esclude il pegno che dovrai pagare per le richieste che mi farai; non mi è possibile manipolare il tempo, né obbligarti a mangiare biscotti alle mandorle.

Ricordati di custodire il contratto con cura perchè se dovesse essere distrutto, quando passerai a miglior vita e la mia teiera finirà tra qualcun altro, i desideri ancora in corso verranno annullati»

«In che senso?»

Il genio inarcò il sopracciglio «pernsavo sapessi, coso. Hai dato alle fiamme il contratto poco prima di evocarmi.»
«Ho seguito le istruzioni...» disse.
«Capisco, allora ascoltami bene, perchè questa faccenda è importante. Metti che tu desideri che tutte le scimmie del pianeta diventino castori, alla tua morte l'intera specie tornerà alla sua condizione iniziale.»
«Tutto ciò che è reversibile torna al suo stato originario quindi. Ecco perchè da certe parti si dice che il risveglio di un genio può provocare un uragano dall'altra parte del mondo» disse il Pallido, pizzicandosi il labbro.
«No, quello è il battito di una farfalla. Ed è una stronzata, perché non ci sono farfalle abbastanza grandi. Però sì, il senso è quello coso. È chiara questa parte?».

«No, ho un'ultima domanda. Cosa sei in grado di fare?»
«Posso creare la vita, ma non posso toglierla, nemmeno accidentalmente; mettiamo caso che tu mi chieda di far piovere cento elefanti sopra a qualcuno, l'Universo troverebbe il modo per non farlo accadere. Comprendi?»

Il mago annuì.

«Posso aiutarti ad accrescere il tuoi poteri, insegnarti qualche trucchetto per migliorare le tue prestazioni, ma non posso toglierti la magia; posso ordinare la cena e fare le pulizie al posto tuo, oppure invocare qualcosa che le faccia per noi mentre giochiamo a scacchi o commentiamo l'ultimo libro letto. Fornisco mezzi, ma non soluzioni, se cercavi un deus ex machina hai proprio toppato alla grande coso. È chiara questa parte?»

Il mago annuì deciso e Natasha si mise a compilare una pila di scartoffie, apparsa sul tavolino.

«Puoi riportare in vita le persone amico mio? Non come faccio io, sia chiaro...» chiese, sfregandosi le mani.

«No mi spiace. Alla morte l'anima esce dal corpo come fumo, traspira. E, qualora dovesse restare integra, migra verso altri lidi e altre forme... ma questo già lo sai. A meno che tu riesca in qualche modo a catturarla nella sua interezza e conservarla, ma è impossibile, il risultato non potrà mai essere uguale all'originale. Ti vedo turbato, tutto bene?».

«Più o meno sì, è qualcosa che già sapevo. Parlami dei pegni ai desideri. Sai, la magia ha sempre un prezzo...» A quella domanda Natasha alzò lo sguardo, inarcando un sopracciglio come un'ammirevole montagna russa.

«In quanto genio non accedo alla Fonte nella stessa maniera in cui lo fate voi mortali; d'altra parte, quando lo faccio per voi, le regole mi permettono di chiedervi un pegno per i vostri servigi. Ogni richiesta è rapportata alla complessità della magia stessa: prendi loro» indicò quelli che dovevano essere i suoi ex padroni.
«Hanno voluto la vita eterna, ma ho dovuto prendermi la loro fertilità. Se tu volessi una birra fresca o un cadavere ancora caldo, potrei chiederti del sangue; tutto segue l'equilibrio magico e l'Universo ha un modo tutto suo di far quadrare le cose. Se non hai altre domande coso, provvederei a firmare il contratto di collaborazione».

I due discussero delle varie clausole contrattuali come la disponibilità agli straordinari, il giorno libero settimanale, il diritto alle ferie o di aderire ai vari scioperi previsti dal Sindacato. «Siccome mi hai tirato fuori da un brutto impiccio hai diritto a una settimana di protezione gratuita 24h, fuori dagli orari pattuiti che, di norma, vanno dall'alba al tramonto, con pausa pranzo e quindici minuti di svago ogni centoventi».

Brillo abbandonò la magione e il Pallido gli corse dietro. Abbassandosi alla sua altezza, gli strinse e baciò la zampa come si farebbe con un monarca.

«Ti ringrazio per la tua collaborazione mio buon amico, oggi Jean Pierre Dubois ti è debitore» disse. Brillo scosse il capo e gli voltò le spalle, nascondendo una certa inquietudine al vibrare di quel nome.

«Non ti chiederò di venire con me, saresti rimasto se l'avessi voluto... Spero di rivederti un giorno, mio buon amico. Passa a trovarmi a Nur, ci sarà sempre per te una cuccia calda e un femore di fattorino da spolpare.»


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