I

In un epoca dove il tempo non si misura più. Gli orologi e le clessidre ormai polvere difronte al sole

La terra.

La terra non era mai stata così arida come in quella annata, la sabbia del deserto veniva mossa da un vento caldo e pungente che si avvolgeva su tutto ciò che trovava.

Questo è, almeno, ciò che Nora si sentiva dire ogni anno, era da molto tempo che quella terra era secca come foglie appena cadute dagli alberi. La ragazza si trovava in piedi tra una distesa di nulla e una distesa di sabbia, immobile, osservava l'orizzonte nero e giallo difronte a lei, mentre i granelli di sabbia si appoggiavano sulle sue vesti grigie che si muovevano seguendo la danza del vento.

I pantaloni leggeri e la maglia di lino larga le pizzicavano la pelle, il viso veniva colpito dal vento e dalla sabbia, mentre ciuffi vermigli fuori uscivano dal cappuccio di un vecchio mantello nero pece, un tempo quella vecchia stoffa era decorata con fili d'oro, un ricordo consumato dal tempo, con il tentativo fallimentare nel coprire i suoi riccioli rossi. Nora alzò il capo verso le stelle  che puntinavano il cielo mentre la luna piena illuminava il deserto unica spettatrice della fuga notturna della ragazza dai capelli rossi.

La ragazza rimase li ferma immobile, per secondi interminabili ignorando il soffio leggero del vento, in completo silenzio si voltò osservano un vecchio edificio, più simile ad una torre troppo grossa che a ciò che doveva essere, eppure Nora non aveva nessun altro posto da chiamare casa.

Sospirò, un suono leggero che si mischiava con il canto del vento e lentamente iniziò ad avviarsi verso l'edificio.  Non ricordava un tempo in qui l'erba cresceva indisturbata o quando gli alberi facevano ombra, il mondo era cambiato, senza che lei sapesse cosa ci fosse prima, prima di quello che i suoi antenati dovevano fermare. Erano rimasti in pochi, e ancora meno erano i degno, coloro che per semplice ironia umana o reale crudeltà divina riuscivano a controllare il nome delle divinità,  e domandolo potevano usare la loro essenza.

Scese una duna ricordando come da bambina ci giocava su quei stessi luoghi tristi senza troppe pretese, li slittino di sabbia e le risate erano le compagnia di quelle giornate di sole ormai distanti.

Il cammino per raggiungere la dimora fu veloce, troppo secondo l'opinione di Nora. I suoi passi impercettibili si diressero verso una stalla dove si sentiva provenire l'unico suono di sonori respiri e zoccoli che colpiscono legno. Senza far rumore Nora entrò all'interno della vecchia sala costruita con vecchie assi e viti che ormai erano in procinto di cedere.

-Ciao piccola Oda

Un leggero sospiro segnò la presenza imminente del Quelonte che  fecce la sua comparsa da dietro un box, il quadrupede dai larghi zoccoli, una folta pelliccia pelosa e le particolari zanne d'avorio ai lati del suo volto si avvinò lentamente alla suo amica senza fare rumore.

Nora si avvicinò a lei e accarezzo il particolare muso equino che nascondeva le fattezze dei suoi antenati.

-Scusami, la prossima volta ti porto via con me.

Oda alzò il muso facendo in modo che si potesse avvicinare di più a lei sbattendo contro la sua fronte così che la ragazza ridesse per poi tentare di zittirla. Rimasero qualche secondo in silenzio guardandosi una nello sguardo nell'altro mentre nella loro mente correvano le loro avventure e tentativi di fuga falliti.
La mano di Nora continuò ad accarezzare l'animale, sentendo i muscoli che si tendevano e rilassavano mentre si muoveva.
Stava per decidere di addormentarsi lì nel calore famigliare della sua vecchia amica quando un suono lontano attirò a sua attenzione.

-Senti Oda, è tornata !

La ragazza le diede un bacio veloce sulla fronte per poi correre fuori dalla stalla seguita dallo sguardo di altri animali incuriositi da quei movimenti improvissi nella notte.

Nora si mosse silenziosa nella notta, nella testa mille pensieri mentre un sorriso fugace le compariva in viso. Scavalcò una recensione e non riuscì a non pensare a 5 bambini che provarono a scavalcare quella imponente costruzione la prima volta, i loro modi impacciati, i sussurri i e le voci che nascondevano timore e compiacimento nella loro missione. Ora quella muretta sembrava così piccola e la bambina ormai una agile ragazza che neanche si rese conto di essere arrivata alle mura della prima casa.

Difronte a se si mostrava un vecchio edificio di polvere bianca, la ragazza guardò in alto dove li cera una finestra tanto famigliare dalla quale usciva quella dolce melodia a lei tanto famigliare.

La sua mano sicura si fermò su una sporgenza nascosta nella parete e così seguirono piedi e l'altra mano, ormai esperta il buio non le faceva timore nel non trovare le fessure e gli appigli che ad occhio normale potrebbe sembrare una semplice parete instabile addirittura, arrivata alla banconota della finestra si sedette ad dare un ultima occhiata alla desolazione davanti a se mentre dentro di se il cuore le batteva a mille più per l'emozione di quel suono che per la scalata, si pulì le mani e i vestiti dalla polvere nel miglior modo che poteva per poi scavalcare la finestra ed entrare nel edificio buio.
Rimase così, immobile a contemplare il nulla per qualche minuto. L'adrenalina e la gioia ormai stavano scemando lasciando spazio alla dura realtà è ad un senso di solitudine. La musica dolce non proveniva da mani amiche forse scherzo anche della sua mente stanca.
Le lacrime si fermarono in bilico per poi sparire a terra, lasciando due segni indistinguibili nel pavimento impolverato.
Cadde lì, osservando quella camera tanto simile alla sua, il letto a baldacchino ormai fatto da mesi e mai più toccato, un armadio lucido dove si poteva notare un tentato intaglio per creare una decorazione floreale lasciata poi morire a metà come dei fiori appassiti.
I suoi occhi continuavano a correre nella stanza così tanto a lei amica come se un intruso ci fosse entrato.
Poi i suoi occhi si posarono sull'arpa, immobile e possente, le due corde spezzate e la polvere  che copriva il tutto, marcando ancora di più il tempo trascorso da quando il suo proprietario la suonò per l'ultima volta.
Nora si fecce piccola vicino al muro, come se non volesse disturbare quella capsula del tempo, la sua schiena pesava sulla parete come il sonno nei suoi occhi.

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