Capitolo II: Un nemico nell'ombra

Capitolo II: Un nemico nell'ombra

Alisa era soddisfatta che in così tanti avessero risposto alla sua richiesta per nuove reclute, lanciata alcuni giorni prima. La famiglia Malatesta era ben conosciuta per pagare salari equi e ciò invogliava la gente a farsi ingaggiare da loro. Oltre due dozzine di uomini si erano presentati, ed i sergenti, Giuliano e Roberto, li avevano schierati nel campo di addestramento affinché il nuovo capitano della guardia li esaminasse.

Alisa aveva concordato con Jacques perché più tardi andasse da lei per aggiornarla riguardo alle sue scelte. La contessa dubitava che tutti gli uomini sarebbero stati in grado superare la sua ispezione, perché dovevano soddisfare i suoi requisiti, che avrebbero incluso età, forma fisica, altezza, forza e qualsiasi altra cosa ritenesse appropriata. Poi, avrebbero dovuto superare l'addestramento, e nuovamente stava a Jacques scegliere un programma adatto.

Mentre aspettava il suo nuovo capitano, Alisa si tenne occupata con compiti concernenti la gestione del castello. Il capo delle cucine, Franco, che era al servizio della famiglia Malatesta fin dall'infanzia della contessa, era venuto da lei con una lista di provviste perché lei l'approvasse.

"Com'è che abbiamo bisogno di farina?" chiese Alisa, sorpresa. "Pensavo ne avessimo procurato a sufficienza il mese scorso."

"Sfortunatamente, ci hanno venduto della farina che è andata a male", rispose Franco. "Ieri sera Paolo ha notato che l'ultimo sacco che aveva aperto puzzava di muffa."

Paolo era il fornaio del castello ed il figlio di Franco.

"Li avete ispezionati tutti?" indagò Alisa.

"Sì, e sette sacchi sono andati a male."

Alisa si accigliò. Il mugnaio non se la sarebbe cavata, decise. "Restituisci quei sacchi", istruì Franco, "e in sostituzione te ne farai dare il doppio dall'ultima macinatura. Giorgio non è nuovo a questi trucchetti, ma digli che questo sarà l'ultimo, oppure lo butterò fuori con tutta la sua famiglia. Possono tornarsene al loro villaggio di montagna e morire di fame. È solo per la generosità di mio padre che gli è stato affidato il mulino, ma non tollererò nessun'altra frode."

"Sì, mia signora", Franco annuì, affatto sorpreso dalla reazione di Alisa: era una persona giusta e caritatevole, ma non perdonava alcun imbroglio.

Sistemata la faccenda, Alisa proseguì con il controllo della lista ed aggiunse un paio di articoli, poi Franco prese congedo.

OOO

Indossando la sua nuovissima tunica nera con l'emblema dei Malatesta e le insegne da capitano, Jacques Le Gris stava in piedi ai margini del campo d'addestramento, gli occhi socchiusi mentre osservava la linea di reclute riunite di fronte a lui. Gli uomini erano diversi per età, taglia e portamento, ma tutti avevano la stessa espressione determinata, desiderosi di dimostrare il proprio valore. Jacques sapeva che il nome dei Malatesta aveva un peso, e la promessa di salari equi aveva portato qui questi uomini, ma soltanto i migliori sarebbero stati scelti per difendere il feudo e la sua formidabile contessa.

Aveva discusso questa linea d'azione in anticipo con Dama Alisa, ed ora era tempo di metterla in atto. Jacques iniziò accertando le condizioni fisiche degli uomini, camminando lentamente lungo la linea, il suo sguardo acuto che coglieva ogni dettaglio. Cercava qualsiasi segno di buona forma: spalle larghe, braccia forti, e un atteggiamento che indicasse prontezza. Ma la sola forza fisica non era sufficiente; disciplina e fortitudine mentale erano ugualmente importanti.

"Sergente Giuliano", Jacques chiamò, la voce potente che attraversava il campo, "comincia le prove."

Giuliano annuì ed abbaiò ordini alle reclute. La prima prova era semplice ma rivelatrice: una corsa attorno al perimetro del castello. La distanza era significativa, adatta a verificare la resistenza. Mentre gli uomini partivano, Jacques li osservò attentamente, notando chi adottava un'andatura moderata e chi consumava la propria energia troppo in fretta. Era una corsa brutale, specialmente sotto il sole di fine estate, ma era necessario che lo fosse. Quando l'ultimo uomo attraversò la linea d'arrivo, diversi erano già squalificati per mancanza di resistenza.

Di seguito ci fu la prova di equitazione. Furono portati dei cavalli, e ciascuna recluta fu istruita a montare e dimostrare la propria abilità. Jacques osservò mentre cavalcavano in cerchio, saltavano ostacoli e manovravano in strette svolte. Saper cavalcare era cruciale; una guardia doveva essere capace di inseguire velocemente degli attaccanti oppure ritirarsi strategicamente quando necessario. Alcuni uomini dimostrarono talento naturale, guidando le loro cavalcature con facilità, mentre altri avevano difficoltà, perdendo il controllo o fallendo nel tenere il passo. Coloro che non riuscirono a gestire i cavalli furono congedati subito, perché Jacques sapeva che la competenza nel montare un destriero in battaglia poteva significare la differenza tra la vita e la morte.

Tolti di mezzo i cavalieri incapaci, gli uomini rimanenti affrontarono le prove di combattimento. Jacques li fece esercitare gli uni con gli altri, usando spade di legno e scudi. Osservò la loro tecnica, come maneggiavano le armi, e come reagivano sotto pressione. Era chiaro che alcuni avevano già visto una battaglia, mostrando movimenti precisi e calcolati, mentre altri erano acerbi, la loro inesperienza evidente in ogni mossa. Jacques non cercava solo forza bruta ma anche intelligenza – come un uomo adattava la propria strategia, come leggeva l'avversario, e come manteneva la compostezza.

Dopo la scherma, gli uomini passarono al combattimento a corpo a corpo. Qui fu quando Jacques entrò in gioco di persona. Affrontò una per una tutte le reclute, verificando i loro riflessi, la loro abilità nella lotta, e la loro resistenza nel contatto ravvicinato. Era una prova estenuante, e alla fine, diversi uomini avevano riportato lividi e tagli. Jacques non fu tenero, ma fu corretto. Aveva bisogno di vedere chi poteva tener duro in un combattimento, chi poteva incassare un colpo ed alzarsi di nuovo, chi riusciva a pensare rapidamente quando non avevano un'arma a portata di mano.

La prova finale riguardava il lavoro di squadra. Jacques divise gli uomini in piccoli gruppi e fece loro eseguire delle simulazioni, difendendo una posizione e attaccando in formazione. Questa era forse la prova più importante di tutte. Un buon soldato sa come combattere da solo, ma un grande soldato sa come lavorare coi suoi compagni, seguire gli ordini e fidarsi dell'uomo al suo fianco. Jacques osservò attentamente, identificando quelli che potevano essere delle guide, quelli che invece potevano essere dei gregari, e quelli che capivano l'importanza dell'unità di fronte al pericolo.

Passarono le ore; il sole era ormai basso nel cielo quando le prove furono completate. Gli uomini erano esausti, col sudore che colava dalla fronte, ma Jacques aveva visto quello che aveva bisogno di vedere. Delle due dozzine di uomini che avevano cominciato, rimanevano solamente dieci. Questi erano uomini che avevano dimostrato quello che valevano – forti, abili, disciplinati, e capaci di lavorare insieme come un'unità.

Soddisfatto del lavoro della giornata, Jacques dichiarò la fine delle prove. Ordinò alle reclute prescelte di raccogliere le loro cose e di prepararsi a cominciare l'addestramento sotto il suo comando, mentre gli altri furono congedati con una parola di ringraziamento per il loro impegno. Non avrebbe perso tempo con chi non era all'altezza del compito; Valdastico aveva bisogno dei migliori, e lui non si sarebbe accontentato di niente di meno.

Una volta che le reclute si furono disperse, Jacques si diresse verso le stanze di Dama Alisa. La trovò ancora alla sua scrivania, mentre revisionava dei documenti con espressione pensierosa.

La contessa sollevò lo sguardo quando lui entrò, un pallido sorriso a curvarle le labbra. "Capitano", lo salutò, mettendo da parte le scartoffie. "Confido che le prove siano andate bene?"

Jacques annuì, inchinandosi lievemente prima di iniziare il suo rapporto. "Mia signora, le prove sono state completate, e ho selezionato dieci uomini che incontrano i requisiti necessari per servire nella vostra guardia. Gli altri, temo, non erano all'altezza del compito, mancando di resistenza fisica, o di abilità con le armi, oppure della capacità di lavorare in squadra."

Continuò con la descrizione dettagliata delle proprie ragioni per ciascuna selezione, descrivendo punti di forza e potenzialità degli uomini che aveva scelto.

Alisa ascoltò attentamente, gli occhi che non lasciavano mai quelli di lui mentre parlava. Quando Jacques finì, annuì con approvazione. "Siete stato bravo, Messer Jacques", disse in tono di genuina soddisfazione. "Questi uomini saranno la spina dorsale della nostra difesa, e sono certa che sarete capace di plasmarli in una forza che proteggerà questo feudo e la sua gente."

Jacques inclinò la testa, sentendo un profondo senso d'orgoglio per le parole di lei. "Comincerò l'addestramento immediatamente, mia signora. Lavoreremo senza sosta per assicurare di essere pronti per qualsiasi minaccia possa arrivare."

"Eccellente, Messer Jacques", approvò. "L'armeria è a vostra disposizione per equipaggiare al completo le nuove reclute. Se manca qualcosa, istruite semplicemente Luca e Bortolo, i nostri fabbri, riguardo a cosa vi serve. Luca è specializzato in ogni tipo di lama, dai piccoli coltelli alle grandi alabarde, mentre Bortolo produce eccellenti cotte di maglia, corazze, scudi e altro equipaggiamento protettivo."

Risuonò una campana, segnalando che la cena stava per essere servita. "È l'ora del pasto serale", sorrise Alisa, alzandosi. "Andiamo?"

Era la prima volta che la vedeva sorridere pienamente, e Jacques ne fu abbagliato. Era una vera bellezza, pensò, chiedendosi come fosse possibile che una donna tanto attraente, intelligente e ricca non fosse ancora sposata. Non aveva corteggiatori? Forse era innamorata di qualcuno che non poteva avere? O aveva congedato tutti i corteggiatori in favore della propria indipendenza? Basandosi su quanto aveva appreso su di lei finora e sulle proprie impressioni, quest'ultima poteva essere la ragione più plausibile. Ma allora, chi avrebbe ereditato il feudo, dopo che lei fosse morta? Non poteva chiederglielo apertamente, sarebbe stato scortese, e dopotutto, non erano affari suoi. Pertanto, Jacques si accontentò di tenere per sé le sue riflessioni.

"Volentieri, Siora Contessa", disse invece, alzandosi a sua volta e facendole un lieve inchino.

Si recarono dabbasso insieme, e pochi minuti dopo, si sedettero al tavolo alto del salone, subito raggiunti dai personaggi di rango maggiore tra gli abitanti del castello, inclusi Roberto e Giuliano con le loro famiglie. Poiché la cena era il pasto principale della giornata, mangiarono e bevvero in abbondanza; Jacques però si moderò col vino, dato che progettava di alzarsi presto il mattino seguente per iniziare l'addestramento sia delle reclute, sia dei veterani.

Nuovamente, la contessa e il cavaliere conversarono amabilmente, sebbene non in modo famigliare, ma a loro agio l'uno con l'altra. Diversamente dalla prima sera, Jacques rimase per un po' dopo che il pasto fu terminato, per godersi l'intrattenimento serale. Stavolta fu un giocoliere che li sbalordì con la sua abilità con palle, bastoni e perfino vasi.

Jacques poi si scusò ed augurò la buonanotte ad Alisa, e si ritirò per la notte. Si diresse verso il proprio alloggio, mentre analizzava gli eventi della giornata. Il calore del pasto serale, il cameratismo tra gli abitanti del castello, e la gradevole conversazione con Dama Alisa, tutto contribuiva ad un senso di appartenenza che non provava più da lungo tempo. Era venuto a Valdastico in cerca di rifugio e di uno scopo, e sembrava che li stesse trovando entrambi, sebbene non privi di sfide.

Entrando nella sua stanza, Jacques si concesse un momento per riflettere sulla contessa. Il suo sorriso, così raro eppure così accattivante, indugiava nei suoi pensieri. Aveva visto molte belle donne nella sua vita, ma c'era qualcosa di diverso in Alisa. Non era soltanto la sua bellezza; era la sua forza, la sua intelligenza, e il quieto potere che brandiva senza sforzo alcuno. Era una donna che suscitava rispetto, e Jacques si ritrovava ad ammirarla ogni giorno di più.

Ma l'ammirazione era tutto quello che poteva essere. Egli era qui per servire, proteggere, e ricostruire la propria vita, non per impegolarsi in faccende di cuore. Rammentò a se stesso del suo proposito e delle promesse che aveva fatto a lei ed a se stesso. Con quel pensiero fermamente in testa, Jacques si preparò ad andare a letto, sapendo che il giorno dopo sarebbe stato impegnativo, con l'inizio dell'addestramento delle reclute.

OOO

Il mattino seguente, Jacques si svegliò prima dell'alba, quando il cielo cominciava appena a schiarirsi con i primi accenni del sorgere del sole. Si vestì velocemente, indossando il semplice e funzionale abbigliamento di un soldato, e si diresse verso il campo d'addestramento. L'aria era fresca, carica dell'odore dell'erba coperta di rugiada e la promessa di un nuovo giorno.

Quando arrivò, trovò che le reclute si stavano già radunando, le facce che mostravano un misto di anticipazione ed apprensione. Jacques non perse tempo, mettendoli subito al lavoro con una serie di esercizi di riscaldamento intesi a valutare la loro resistenza e ad incrementare la loro forza. Gli uomini, seppure stanchi dalle fatiche del giorno precedente, si impegnarono duramente, ansiosi di provare il proprio valore.

Mentre il sole si innalzava sempre di più, Jacques li fece passare per un rigoroso regime di esercitazioni: scherma, combattimento corpo a corpo, ed esercitazioni di formazione. Si mosse tra di loro, correggendoli, incoraggiandoli, ed occasionalmente rimproverandoli severamente quando i loro sforzi erano insufficienti. Le reclute risposero bene, la loro determinazione evidente, e Jacques si ritrovò a provare un crescente senso di orgoglio per i loro progressi.

A metà mattina, l'allenamento si era assestato su di un ritmo stabile, e Jacques era profondamente assorto mentre pensava alla prossima fase quando notò un movimento sul margine del campo d'addestramento. Si girò per vedere Dama Alisa che si avvicinava, indossando non il suo solito abbigliamento elegante, ma indumenti più pratici: brache, una semplice tunica, e stivali alti. Jacques sollevò un sopracciglio, incuriosito dall'inaspettata visione.

"Buongiorno, mia signora", disse, inchinandosi leggermente. "Devo ammettere che non mi aspettavo di vedervi qui tanto presto, e in questo abbigliamento."

Alisa dovette dar credito a Jacques per la sua reazione, molto più blanda di quanto lei si fosse aspettata, alla vista del suo vestiario così poco femminile, che era famigliare ai suoi sudditi ed armigeri, e perfino ai suoi vicini, ma naturalmente, non a lui.

"Sarei stata qui al sorgere del sole con i soldati, se una faccenda urgente non mi avesse fatto tardare", rispose, piegando elegantemente la testa al cortese inchino di Jacques. "A causa del caldo, preferisco addestrarmi nelle prime ore del giorno, ma oggi dovrò adattarmi."

"Addestrarvi, mia signora?" ripeté Jacques, stavolta chiaramente sorpreso.

Roberto, che era corso via nel momento in cui aveva notato la contessa, era tornato ed aveva udito le ultime parole tra i due. "Dama Alisa è un'eccellente arciera", spiegò a Jacques, porgendole un arco non incordato di notevole grandezza, assieme ad una faretra piena di frecce. "È la migliore di tutta la regione", aggiunse con evidente orgoglio nella voce.

Alisa prese gli oggetti, ringraziandolo con un cenno, e si mise in spalla la faretra. "Vedo che l'addestramento è in pieno svolgimento", osservò, rivolgendosi a Jacques. "Non desidero mandare all'aria il programma che avete organizzato, Messer Jacques, ma sono certa che il tiro con l'arco sia incluso. Potremmo farlo adesso, se siete d'accordo, altrimenti mi allenerò da sola, per una volta."

"In effetti, stavo riflettendo riguardo a cos'altro potevo far fare agli uomini", disse Jacques, cogliendo la palla al balzo.

"Molto bene, allora", Alisa annuì, compiaciuta. "Roberto, fai radunare gli uomini nell'area per il tiro con l'arco e dì al quartiermastro di portare l'equipaggiamento."

Precedendolo, Alisa si spostò con Jacques verso il luogo preposto, appena fuori dalle mura del castello, dove svariati bersagli di paglia erano già pronti. Roberto e Giuliano istruirono le reclute affinché formassero file di fronte a ciascun bersaglio, mentre i veterani lo facevano di propria iniziativa. Questi ultimi erano equipaggiati con i loro archi personali, mentre le reclute ricevettero archi da addestramento dal quartiermastro.

"Conoscete il tiro con l'arco, Messer Jacques?" domandò Alisa.

"Solo le basi, come qualsiasi guerriero", egli rispose. "Non abbastanza da essere definito molto bravo, giacché la spada e la lancia sono le mie armi favorite", aggiunse.

Alisa annuì: se lo era aspettato, perché Jacques era un cavaliere ed era stato addestrato come tale. "Se vi interessa conoscere meglio questa arte, sarò lieta di farvi da istruttrice", si offrì spontaneamente.

Prima che Jacques potesse rispondere, Giuliano segnalò che erano pronti; pertanto, Alisa si scusò e si recò all'inizio della fila centrale, così che tutti potessero vederla. Girandosi, si rivolse ai nuovi arrivati. "Sono Dama Alisa", disse a voce abbastanza alta da essere udita da tutti. "Benvenuti a Castel Malatesta. Per chi non è di Valdastico, spero che vi sentirete a casa. Grazie a tutti per essere entrati nella mia guardia, e grazie in anticipo per il vostro servizio."

Un mormorio amichevole giunse dai soldati, favorevolmente impressionati dal semplice ma efficace discorso della loro nuova padrona, e si udirono diversi che ricambiarono i ringraziamenti.

"La nostra contessa è un'arciera eccezionale", annunciò Giuliano. "Sarà il vostro modello, e colei da tentare di eguagliare. Non dirò colei da superare", aggiunse con un ghigno saputo, "perché in tutti i miei anni di servizio qui, e sono molti, nessuno ne è mai stato capace. Tuttavia, se qualcuno ce la facesse, Dama Alisa ha messo in palio un premio di dieci ducati."

Un fremito eccitato percorse il gruppo, poiché per loro si trattava di una grossa somma.

Senza perdere altro tempo, Alisa incordò abilmente il suo arco, poi prese una freccia dalla faretra e, con un movimento fluido, la incoccò. Di colpo, si lasciò cadere su un ginocchio e scoccò apparentemente senza neppure prendere la mira. Con un tonfo secco, la freccia si piantò nel centro esatto del paglione.

Un'esclamazione sfuggì a molte gole, inclusa quella di Jacques: aveva visto raramente un simile livello d'abilità, per non parlare di vederlo in una donna.

Il francese osservò Dama Alisa con assoluta concentrazione, mentre la sua ammirazione cresceva ad ogni tiro perfetto. I suoi movimenti erano una perfetta mistura di grazia e potenza, affinati attraverso anni di incessante pratica. Ogni freccia che scoccava trovava il suo bersaglio senza fatica, a testimonianza della sua ineguagliabile perizia. Tuttavia, non era soltanto la sua abilità che lo affascinava; era la sua sicurezza e la sua padronanza dei movimenti. Non era soltanto esperta: era una vera maestra dell'arco. Jacques sentì crescere in sé un rispetto sempre più profondo.

Quando la sua ultima freccia si piantò nel centro del bersaglio, Alisa tornò con calma al fianco del suo nuovo capitano, l'espressione serena, sebbene una sottile, ma molto giustificabile soddisfazione brillasse nei suoi occhi.

Jacques attese che fosse vicina prima di piegarsi leggermente, la voce che scendeva ad un basso mormorio inteso soltanto per lei. "La vostra abilità è straordinaria, mia signora", cominciò in tono soffuso di genuina ammirazione. "Tuttavia, per quanto io apprezzi la vostra offerta di farmi da istruttrice, devo declinarla."

Alisa sollevò lo sguardo su di lui, come se volesse rispondere, ma non parlò. Non sembrava contrariata né perplessa, ma la sua espressione gli invitava a spiegarsi.

Jacques incontrò il suo sguardo, il proprio fermo e sicuro. Dopo un momento, aggiunse pensierosamente: "Non vorrei rischiare la tentazione di battervi e pretendere quei dieci ducati."

Alisa sollevò le sopracciglia, non in sorpresa ma in finta incredulità. Era chiaramente divertita, ma nuovamente non parlò.

Una sottile tensione si formò tra di loro, un cambiamento che Jacques notò immediatamente. Tenne il suo sguardo per un momento ancora prima di parlare di nuovo. "Vi prego di non fraintendermi, mia signora", bisbigliò, in tono sincero, mentre si avvicinava di un altro passo. "Non penso che sarebbe facile, né sottovaluto le vostre capacità. Tutto il contrario: so che sareste un'istruttrice eccezionale, e che non potrei chiederne una di migliore. Ma dovete comprendere", la sua voce si abbassò e divenne intensa mentre proseguiva, "Non sono mai pago di essere secondo in niente che io faccia. Pertanto, credo sia meglio che mi concentri nelle abilità che già padroneggio e confidare che siano sufficienti a soddisfare le vostre aspettative riguardo all'adempimento dei miei doveri. Tuttavia, se insistete che io impari l'arte del tiro con l'arco, siate certa che non mi fermerò finché non vi eguaglierò, se non vi supererò. E se quel giorno arrivasse, non sarebbe una sconfitta per voi, bensì una testimonianza dell'eccellenza del vostro insegnamento."

Il suo rifiuto – pronunciato in un modo grazioso e rispettoso che apprezzò – non sorprese molto Alisa: Jacques era già un ottimo combattente, che padroneggiava perfettamente la spada e la lancia, com'era usuale per un cavaliere che era stato in numerose battaglie. Si era dichiarato disponibile, se lei avesse insistito; ma Alisa era certa che le capacità in cui già eccelleva fossero più che sufficienti a soddisfare le sue aspettative, come lui l'aveva messa modestamente. Alisa fece un sorrisetto: la mescolanza che Jacques mostrava tra spavalderia e umiltà era alquanto accattivante. Doveva ammettere che il francese le piaceva.

"Mi piacerebbe vedervi provare", lo provocò scherzosamente, facendolo sogghignare, poi tornò seria. "Il mio istruttore mi disse la stessa identica cosa, il giorno in cui fu chiaro che lo avevo surclassato: quando l'apprendista supera il maestro, è merito del maestro." Agitò una mano, lasciando cadere l'argomento. "Ma naturalmente, sono consapevole che siete un guerriero esperto. Non c'è bisogno che impariate a usare anche un arco."

Jacques inclinò il capo in un inchino rispettoso. "Sempre al vostro servizio, mia signora."

Poi tornò a puntare la sua attenzione sulle reclute. Gli uomini stavano ancora fremendo di eccitazione per la dimostrazione di Alisa, ma Jacques sapeva che era tempo di focalizzarli nuovamente sul loro addestramento. Tuttavia, prima di questo voleva fare un'altra cosa.

Si girò verso Alisa. "Dato che gli uomini sono impegnati con il tiro con l'arco, andrò a fare un giro a cavallo attorno a Valdastico", le disse. "Sia per sorveglianza, sia per familiarizzare maggiormente con i dintorni."

"Molto bene", disse lei, annuendo. "Roberto e Giuliano possono occuparsi degli uomini finché non sarete di ritorno."

Jacques si inchinò per congedarsi e si allontanò, dirigendosi verso il punto dove Vaillant era legato. Montando in groppa con disinvoltura, Jacques si prese un momento per guardare il campo d'addestramento. Le reclute erano in piedi, pronte, gli occhi pieni di anticipazione. Aveva esposto il suo punto di vista a Dama Alisa, ma adesso era tempo di dimostrare a questi uomini che il loro capitano era determinato a guidarli con l'esempio, e anche di dimostrare quanto valeva.

Incitando il suo cavallo, mormorò a se stesso, "Questo è solo l'inizio."

Alisa osservò Jacques andarsene, compiaciuta che stesse palesemente prendendo i suoi doveri molto seriamente. Aveva bisogno di qualcuno su cui poter contare, e lui sembrava proprio la persona giusta.

Tornando al presente, Alisa si voltò e parlò nuovamente alle nuove truppe. "La mia dimostrazione non era intesa come semplice vanteria, ma per dimostrarvi l'efficacia del tiro con l'arco in combattimento e possibilmente incoraggiarvi ad imparare questa bella arte. La pratica è obbligatoria per tutti per imparare almeno le basi; per chi mostrerà di essere particolarmente dotato per il tiro con l'arco, ci saranno ulteriori allenamenti. Ora vi lascio nelle capaci mani del Sergente Roberto, che è il vostro istruttore."

Con questo, la contessa se ne andò e tornò ai suoi doveri come signora del feudo per il resto della giornata.

Quando la campana suonò annunciando il pasto serale, Alisa si recò nel salone come al solito; lì, trovò Jacques, in piedi accanto alla tavola alta in sua attesa. Le rivolse un lieve inchino e molto cortesemente le spostò la sedia. Con un sorriso, lei lo ringraziò e prese il suo posto alla tavola.

"Com'è andata la giornata, Messer Jacques?" Alisa gli domandò una volta accomodata.

"Abbastanza soddisfacente, mia signora", lui le rispose in tono compiaciuto. "Le nuove reclute sono promettenti, essendo impazienti di imparare. Alcune sembrano perfino davvero portate per il lavoro."

"Ottime notizie", la contessa commentò.

"E com'è andata la vostra giornata, mia signora?"

"Oh, eccitante neppure la metà della vostra..."

Ancora una volta, chiacchierarono disinvoltamente mentre si godevano l'ottima cena.

OOO

Trascorsero diversi giorni. Jacques addestrò duramente le truppe, spingendole continuamente al limite ma non risparmiando mai parole di incoraggiamento e lode ogni volta che erano meritate, guadagnandosi presto la reputazione di uomo severo ma giusto, ed in tal modo, anche il loro rispetto e la loro fiducia. Con ogni giorno trascorso, Alisa era sempre più felice della decisione di assumerlo come suo nuovo capitano della guardia. Jacques stava dimostrando le proprie capacità anche nel suo altro compito, tenendo i conti del feudo, pertanto Alisa era molto soddisfatta.

Un giorno, dopo aver terminato il pranzo, si stavano preparando a lasciare il salone per tornare ai loro compiti. Un uomo dai capelli scuri, sui quarantacinque anni, con un liuto e l'abbigliamento multicolore di un cantastorie, entrò e si inchinò profondamente ad Alisa.

Riconoscendolo, la contessa sorrise. "Che bello vederti dopo tutto questo tempo, Puccio! Che notizie porti a Valdastico?"

Con sorpresa di Jacques, l'uomo non ricambiò il sorriso. Molto insolitamente per un bardo, mostrava invece un'espressione preoccupata. "Notizie inquietanti, temo, Siora Contessa", disse sottovoce. "Devo parlarvi in privato."

Alisa divenne seria all'istante, accigliandosi impensierita, e si alzò. "Andiamo nella mia stanza da lavoro", disse poi a Puccio. Girandosi verso il cavaliere francese, aggiunse, "Messer Jacques, vi prego di venire con noi."

Il suo tono mortalmente serio preoccupò Jacques molto più di quello del supposto cantastorie. Si alzò in fretta dalla propria sedia e seguì Alisa a distanza ravvicinata mentre lo precedeva verso la propria stanza da lavoro, ogni senso allerta. Il tono cupo del cantastorie e l'immediata reazione della contessa lo avevano allarmato. Era chiaro che, qualsiasi fossero le notizie che Puccio portava, non erano da prendere alla leggera, e l'istinto di Jacques quale cavaliere e protettore si era attivato, pronto ad affrontare qualsiasi minaccia contro Valdastico o la sua gente.

Alisa prese il suo consueto posto dietro la grande scrivania di quercia, l'espressione ora seria e concentrata, mentre Puccio rimase in piedi, spostandosi nervosamente da piede a piede. Jacques si dispose vicino alla porta, posato contro il muro, le braccia incrociate sul petto, come una sentinella silente, gli occhi puntati sul cantastorie.

"Parla, Puccio", Alisa lo spronò, la voce calma ma con una sotterranea corrente di agitazione. "Quali notizie porti?"

Puccio esitò per un breve momento, lo sguardo che saettava tra Alisa e Jacques, prima che infine parlasse. "Siora Contessa, le voci nella regione sono preoccupanti. Ho saputo da una fonte affidabile che l'attacco alla vostra carovana – che si pensava condotto da soldati di Padova o di Verona e che è costato la vita a così tanti dei nostri uomini – non era opera loro."

Il cipiglio di Alisa si accentuò, mentre gli occhi si assottigliavano. "Se non loro, allora chi?"

Puccio gettò un'altra occhiata a Jacques, poi tornò a guardare Alisa. "È stato Iacopo Bembo, mia signora. È lui che ha orchestrato l'attacco."

Alla menzione di quel nome, Jacques vide l'espressione di Alisa indurirsi, uno sprazzo di qualcosa di oscuro e risoluto che le attraversava i lineamenti del volto. Ma per Jacques, il nome non aveva significato alcuno. Era a Valdastico solo da poco tempo, e sebbene si fosse familiarizzato in fretta con il territorio e la gente del luogo, questo nome gli era nuovo.

Si girò verso Alisa, parlando con voce bassa ma ferma. "Chi è Iacopo Bembo, mia signora?"

Alisa si voltò verso Jacques. La sua domanda era naturale, giacché non poteva sapere chi fosse quest'uomo ed aveva bisogno di informazioni per fare il proprio lavoro, ma il suo tono, sotto l'apparente calma, era stato sorprendentemente feroce. Era brama di battaglia, o senso di protezione? Nonostante fosse un eccezionale combattente, non le aveva dato l'impressione di essere un uomo assetato di sangue, al contrario, così decise che dovesse essere la seconda cosa. Forse significava che si sentiva già a casa sua a Valdastico, e fosse pertanto pronto a difenderla ferocemente; se era così, lei era molto felice di ciò.

Occorsero solo pochi istanti perché questi pensieri le attraversassero la mente prima che rispondesse: "Iacopo Bembo è il Conte di Asolo, una città a circa tre ore di cavallo da qui."

La sua voce trasudava disprezzo mentre quasi sputava fuori il nome. "È un uomo brutale e crudele, un guerrafondaio e uno stupratore. Tre anni fa, sua moglie è morta in un incidente – annegata in un piccolo fiume vicino a Asolo – ma molti sospettano che sia stato lui a organizzare la sua morte perché, in dieci anni di matrimonio, lei non era stata capace di fornirgli un erede. Quando mio padre è morto, due anni fa, Bembo ha immediatamente avanzato una proposta di matrimonio, ma io non lo vorrei per niente al mondo. Oltretutto, il suo feudo è sull'orlo della bancarotta e quindi sfrutterebbe tutta la ricchezza di Valdastico per ricostruire la propria fortuna. Poiché secondo le leggi della Repubblica non ho nessun obbligo di prendere marito, ho rifiutato categoricamente. Se morirò senza eredi, il Doge e il Gran Consiglio semplicemente affideranno Valdastico al parente maschio più vicino, o a una famiglia veneta completamente nuova, o perfino a una famiglia straniera per alleanza."

Alisa si strinse nelle spalle e scosse la testa come per accantonare l'argomento. "Ma questa è una cosa completamente diversa. Puccio, l'informazione è affidabile?"

Il bardo annuì. "Temo di sì, Siora Contessa. La fonte è vostro cugino Francesco, il Vescovo di Asolo in persona."

Alisa si appoggiò contro lo schienale della sua poltrona, visibilmente scossa. Poteva essere forte e senza paura, ma non era ingenua. "Ha le sue spie all'interno del castello di Bembo", borbottò. "Pertanto le sue informazioni sono sicuramente attendibili." Il suo sguardo si fece tagliente. "Sembra che, non riuscendo a convincermi con le buona a sposarlo, Bembo sia passato alle maniere forti, tentando di spaventarmi distruggendo i miei commerci."

Alisa guardò Jacques, gli occhi che fiammeggiavano di determinazione. "Che cosa dite, Capitano Le Gris? Lo tollereremo?"

La risposta di Jacques fu immediata e risoluta. La sua voce, ferma e sicura, tagliò la tensione nella stanza come una lama mentre si spingeva via dalla parete e disincrociava le braccia, le mani strette a pugno. "Per niente al mondo, né in cielo né in terra, tollereremo tutto ciò, mia signora. Questo Bembo non otterrà quello che vuole con la forza o la paura, non finché ci sarò qui io a difendere Valdastico."

Le sue parole portavano il peso di una ferma promessa, una che Jacques intendeva mantenere ad ogni costo. Vide il guizzo di approvazione negli occhi di Alisa, un silenzioso riconoscimento del fatto che avesse scelto bene nominandolo suo capitano. Intuendo la gravità della situazione, la mente di Jacques cambiò rapidamente registro, focalizzandosi su quali azioni immediate fossero necessarie. "Mia signora", continuò, in un tono affilato quanto la spada che portava. "Avrò bisogno di mappe dettagliate della regione, specialmente quelle che mostrano Asolo, i suoi dintorni, e le strade principali tra le nostre terre. Ho anche bisogno di capire la reale entità della forza militare di Bembo. Quanti uomini può adunare? Quali sono le difese del suo castello?"

Alisa annuì, riconoscendo l'urgenza nella sua voce. Senza perdere neanche un momento, fece cenno a Puccio, che si mosse rapidamente verso un armadietto posizionato contro il muro accanto, prelevando una serie di mappe arrotolate.

"Abbiamo cartine dettagliate dell'intera regione", spiegò Alisa mentre le srotolava sul tavolo. "Riguardo alle forze di Bembo, mantiene una truppa fissa di circa cinquanta armigeri, anche se potrebbe incrementarne il numero con dei mercenari. Il suo castello di Asolo è fortificato, ma non imprendibile."

Jacques si sporse sulle mappe, gli occhi che scrutavano ogni centimetro del territorio. Tracciò i tragitti tra Valdastico e Asolo con mano esperta, notando potenziali colli di bottiglia, siti adatti ad imboscate, e vantaggi strategici. La sua mente lavorava rapidamente, mettendo assieme un piano difensivo che potesse contrastare qualsiasi aggressione da parte di Bembo.

La pronta e concreta risposta di Jacques alla sua domanda retorica aveva compiaciuto molto Alisa. Mostrava capacità, acume e senso pratico; adesso era del tutto sicura che non avrebbe potuto fare una scelta migliore quando aveva ingaggiato Jacques Le Gris come suo capitano della guardia.

Lo assistette in ogni modo che le fosse possibile, rispondendo alle sue sempre pertinenti domande e condividendo ogni minima informazione che possedeva riguardo alla milizia e alle difese di Bembo, offrendo approfondimenti riguardo alla geografia locale e agli ultimi movimenti conosciuti del Conte di Asolo. In breve tempo, Alisa ebbe la rassicurante sensazione che Jacques avesse tutto sotto controllo, o lo avrebbe avuto presto.

Quando le decisioni tattiche immediate furono prese, Jacques fu pervaso da un senso di determinazione. La strada davanti a loro era chiara: avrebbero fortificato le difese di Valdastico e reso assolutamente indubbio il fatto che qualsiasi ulteriore incursione sarebbe stata contrastata con forza rapida e decisiva. Non avrebbe permesso che Bembo li terrorizzasse fino alla sottomissione.

OOO

Più tardi, dopo che le mappe furono accuratamente riposte ed i loro piani predisposti, Jacques si ritrovò solo nel suo alloggio. Rivisse nella mente gli eventi della giornata, ma tra le strategie e la logistica, i suoi pensieri continuavano a tornare a quanto Alisa aveva detto prima riguardo al matrimonio. Non poteva fare a meno di chiederselo: il suo rifiuto di Bembo era dovuto soltanto alla sua natura odiosa, o era un rifiuto dell'idea stessa di matrimonio? Alisa era una donna che chiaramente teneva alla propria indipendenza, una cosa rara e preziosa per qualcuna nella sua posizione. Intendeva rimanere nubile per preservare la sua libertà?

La domanda lo rodeva, tuttavia tentò di metterla da parte. Perché avrebbe dovuto importargli? Non era affar suo mettere il naso in simili questioni private, e tuttavia, il pensiero rimaneva. La sua curiosità era dovuta a semplice, sincera amicizia? O c'era qualcosa di più dietro al suo interesse? Jacques non ne era completamente sicuro, e quella mancanza di certezza lo disturbava.

Quando venne sera, Jacques raggiunse Alisa per cenare insieme. Fu gradevole, il cibo sempre gustoso e la loro conversazione come di consueto disinvolta e leggera, sebbene entrambi fossero acutamente coscienti delle difficoltà che li attendevano; ma sotto tutto questo, quella stessa domanda sobbolliva nei recessi della mente di Jacques. Mentre parlavano, la osservava con una nuova consapevolezza, notando la sicurezza con cui si muoveva, la forza nelle sue parole, e la silenziosa risolutezza che sosteneva tutto ciò che faceva.

Quando ci fu una pausa nella conversazione, Jacques prese un respiro, decidendo di chiedere, forse per amicizia, forse per qualcosa di più. "Mia signora", cominciò in tono prudente, "oggi avete parlato di come le leggi della Repubblica vi permettano di rimanere indipendente, senza il bisogno di un matrimonio. È chiaro che la proposta di Bembo sia fuori questione, ma... se posso chiedere, intendete rimanere indipendente indefinitamente? Oppure è solo quel particolare pretendente che non vi è gradito?"

Alisa lo guardò con attenzione. La domanda era personale, ma il tuo tono e la sua espressione rendevano chiaro che la sua non si stava impicciando, ma era genuinamente interessato, con un tocco di naturale curiosità. Tuttavia, non rispose subito; il suo sguardo si fece lontano mentre si perdeva brevemente in ricordi dal passato, ricordi che non erano interamente lieti, a giudicare da quanto trasparve sul suo viso.

Proprio quando Jacques stava per aprir bocca e scusarsi per la sua domanda, temendo che Alisa potesse avere forse mal interpretato le sue intenzioni, lei iniziò a parlare. "Avevo sedici anni, e lui era il terzo figlio del Conte di Noale. Il suo nome era Riccardo Falier, ed aveva tre anni più di me. I miei genitori lo avevano in custodia da cinque anni, dato che è abitudine tra famiglie amiche affidarsi reciprocamente i loro figli maschi. Ci eravamo innamorati, e quando Riccardo chiese la mia mano, mio padre ne su molto contento, perché Riccardo era sia un valoroso cavaliere, sia un buon amministratore, così non c'era nessun altro cui mio padre sarebbe stato più felice di lasciare Valdastico dopo la propria morte. Riccardo e io dovevamo sposarci dopo sei mesi, ma..."

La sua voce si spense e Alisa sospirò per quello che era evidentemente un ricordo che la rattristava.

Jacques si sentì molto dispiaciuto per lei. "Non dovete aggiungere altro, se è troppo difficile per voi, mia signora", disse con simpatia. "Capisco."

Alisa gli rivolse un pallido sorriso. "Vi ringrazio, Jacques", disse, omettendo il titolo di cortesia per fargli capire che stava parlando ad un amico, non ad un sottoposto. "Parlare di Riccardo mi rende ancora triste, effettivamente, ma ho smesso di soffrire per la sua morte anni fa. Sono triste per la sua giovane vita perduta, per tutti i traguardi che avrebbe potuto raggiungere, i suoi sogni diventati polvere. È morto in battaglia difendendo le terre istriane della Repubblica dall'invasione degli Asburgo. Da allora, non sono più stata interessata ad alcun uomo, tantomeno a prenderne uno come marito."

Alisa fece una pausa e prese un sorso dal suo calice, come necessitando di un attimo per se stessa.

Jacques la studiò per un lungo momento, lo sguardo pensieroso mentre assorbiva le sue parole. Gli aveva rivelato qualcosa di profondamente personale, e lui poteva scorgere la vulnerabilità al di sotto della sua calma esteriore. Era un lato di lei che non aveva finora mai visto e che gli faceva provare ancor più rispetto per lei.

Alisa si girò nuovamente verso Jacques e gli fece un sorriso più ampio mentre la sua malinconia si dissipava. "Onestamente, non sono completamente contro il matrimonio, e se dovessi incontrare un uomo onorevole capace di farmi innamorare di lui, disposto a rispettare la mia indipendenza e a essere mio eguale, non il mio padrone, allora lo potrei considerare, sì", dichiarò, in tono più leggero. "E cosa mi dite di voi, Jacques?" domandò poi, nello stesso modo non intrusivo che aveva usato lui. "Considererete mai il matrimonio? O pensate che non faccia per voi?"

Jacques distolse lo sguardo, contemplando la luce tremolante delle candele e il quieto sottofondo della conversazione attorno a loro, permettendosi un momento per raccogliere i propri pensieri prima di rispondere. "Devo ammettere, mia signora", cominciò, con voce ferma ma pensosa, "che non ho mai dato molto pensiero all'idea del matrimonio. Come cavaliere, ho visto troppe battaglie, sono scampato troppe volte alla morte, per considerare seriamente di costruire una famiglia. L'idea di lasciarmi dietro qualcuno – qualcuno che dipendeva da me – è sempre stata scoraggiante." Fece una pausa, mentre con la memoria tornava alla propria infanzia, al ricordo di sua madre. "Rammento mia madre, come si preoccupava sempre quando mio padre se ne andava in guerra. Tentava di nasconderlo, ma io potevo vedere la paura nei suoi occhi, sentirla nel modo in cui camminava su e giù, in attesa di notizie. Quello dei miei genitori è stato un matrimonio combinato, più riguardante alleanze che amore, ma anche così, lei sapeva che se lui non fosse tornato, noi saremmo rimasti senza nulla. Il pensiero di lei che aspettava, giorno dopo giorno, senza sapere se lui sarebbe tornato a casa, ha sempre gravato pesantemente sulla mia anima."

Jacques lanciò un'occhiata ad Alisa, l'espressione soffusa di quieta tristezza. La comprensione che vide nei suoi occhi lo incoraggiò a continuare, sicuro che lei avrebbe capito. "Suppongo che sia parte del motivo per cui non ho mai pensato seriamente al matrimonio. L'idea di avere una moglie che attende il mio ritorno, nel costante timore di essere lasciata sola, di figli che possono crescere senza un padre... penso sia qualcosa che non riuscirei a sopportare. E con la vita che faccio, mi sembra quasi inevitabile che incorrerebbero in un simile fato. Inoltre", aggiunse, in tono più dolce, "ho sempre voluto un matrimonio basato sull'amore, non convenienza o benefici. Ma nella mia posizione, sono giunto a credere che una cosa di questo genere sia poco probabile."

Prese un sorso di vino, distogliendo nuovamente lo sguardo, come perso nel turbinio dei pensieri che accompagnavano simili riflessioni. La verità era che aveva da lungo tempo accettato che la sua vita poteva essere una di servizio solitario, la sua eredità realizzata sul campo di battaglia piuttosto che entro le mura domestiche.

Alisa lo aveva osservato attentamente mentre parlava, i suoi occhi che esprimevano simpatia. La sua stima per lui cresceva con ogni parola che pronunciava, mentre rivelava quanto fosse in realtà un uomo considerato.

"Non ci sono molte donne indipendenti", mormorò Jacques dopo un momento, continuando i propri ragionamenti, "che possono difendersi da sole se i loro mariti dovessero mancare. E penso che anche questo sia parte del motivo per cui ho evitato l'idea. Il pensiero di lasciare qualcuno indifeso, o dipendente da altro, non è qualcosa con cui potrei vivere."

A quel punto, Jacques sorrise, una pallida espressione un poco dolceamara che non raggiungeva i suoi occhi. Non voleva rovinare l'atmosfera o soffermarsi su un argomento tanto cupo. Girandosi verso Alisa, ne incontrò nuovamente lo sguardo, alleggerendo il tono nel tentativo di portare la conversazione lontano da questi pensieri pesanti. "Non importa. Se c'è una cosa che ho imparato", continuò, la voce ora ferma e calorosa, "è che una solida amicizia basata sulla fiducia reciproca è qualcosa cui dare valore sopra qualsiasi altra. È qualcosa che ho già avuto la fortuna di avere, e mantengo la speranza di trovarne ancora."

Le sue parole avevano un profondo significato, quello che deriva dall'esperienza e da una vita spesa al servizio degli altri. Jacques sapeva che i legami forgiati nell'amicizia possono essere forti quanto, se non di più, di quelli formati nel matrimonio. Erano costruiti su rispetto reciproco, fiducia e una comprensione condivisa delle dure realtà del mondo. Jacques non poteva fare a meno di ricordare i tempi quando lui e Jean De Carrouges avevano avuto questo tipo d'amicizia. Sapeva che, per parte sua, era stata genuina. In effetti, ancora gli importava di Jean, nonostante tutto.

Jacques si riscosse dai propri pensieri ed offrì ad Alisa un piccolo, ma sincero sorriso, del tipo che narra di fardelli condivisi e del conforto di sapere che c'è qualcun altro che capisce. "In tempi come questi, forse è quello che conta di più", disse piano. "La certezza che, non importa cosa accade, c'è qualcuno su cui puoi contare, qualcuno che starà al tuo fianco. Questo è qualcosa cui attribuisco grande valore, e credo che valga per entrambi noi."

Jacques prese un ultimo sorso di vino, mentre un senso di tranquillità lo pervadeva. Il futuro era incerto, ma in quel momento, trovava rifugio nel legame che Alisa e lui stavano costruendo, un legame che avrebbe resistito alle difficoltà a venire.

Alisa si appoggiò allo schienale della sua sedia, pensierosa. Apprezzava grandemente che Jacques le avesse confidato i suoi pensieri e sentimenti riguardo a un argomento delicato, svelandole un pezzo del suo cuore e della sua anima. Questa non era stata una conversazione casuale: avevano condiviso cose molto personali, sentendosi perfettamente al sicuro l'uno con l'altra come ci si può sentire soltanto con amici – veri amici. Quella consapevolezza lasciò Alisa un poco sorpresa, perché non si era aspettata di instaurare un rapporto d'amicizia profonda con Jacques Le Gris, men che meno in così poco tempo; ma era una sorpresa gradevole.

Ancora una volta, si godettero l'intrattenimento del dopocena – essendo Puccio effettivamente un bravo cantastorie – e poi si ritirarono per la notte.

OOO

Alcuni giorni dopo, Alisa mandò a chiamare Jacques, che nuovamente si trovava sul campo d'addestramento, a mostrare alle truppe alcune nuove mosse per incrementare la loro abilità di spadaccini.

"Devo andare a Aquileia", lo informò. "Sarebbe un viaggio di due giorni a cavallo, ma poiché porteremo con noi un carro con alcuni barili, avremo bisogno del doppio del tempo. Faremo una deviazione per evitare di avvicinarci a Asolo, ma sfortunatamente, non sarà tanto lontano quanto mi piacerebbe."

"Organizzerò una scorta adeguata", Jacques dichiarò.

"Eccellente", commentò Alisa. "Questo è un viaggio d'affari, ma Aquileia è una bella città e offre sistemazioni confortevoli. Il Patriarca di Aquileia è francese come voi: si chiama Filippo di Alençon. Gli ho chiesto un incontro per offrirgli il mio Prosecco, e ho appena ricevuto una risposta positiva. Questa è la ragione per cui trasportiamo quei barili."

Jacques annuì. "Quanto tempo ho per organizzare la scorta?" indagò..

"Vorrei partire domani mattina all'alba. È abbastanza tempo per voi?"

"Sì, lo è", Jacques confermò, poi prese congedo per cominciare i preparativi necessari.

Questa sarebbe stata la sua prima opportunità di mostrare pienamente il proprio valore come capitano delle guardie di Valdastico, e braccio destro della Contessa Alisa. Ed era fermamente intenzionato a riuscirci.

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