Titolo della parte
Una luce soffusa era l'unica cosa che le fitte fronde di quegli alberi lasciavano passare. L'erba umida su cui si risvegliò rifletteva l'unica vera illuminazione di quella boscaglia che proveniva da uno strano tipo di fiore luminoso. Si portò le mani al petto come per sentire se il peso fosse realmente quello dell'armatura che indossava e sì, lo era. Si alzò lentamente da terra lasciando lì lo sporco e ormai stracciato mantello rosso, mettendo poi nel fodero sulla schiena l'enorme spadone che già teneva stretto una volta aperti gli occhi dopo la perdita di coscienza che aveva avuto. Cercò di ricordare cosa gli fosse successo, ma nulla. Vuoto. Buio totale tranne che per una scritta bianca lucente sul terreno in una lingua sconosciuta. Smise dopo poco di cercare risposta al suo quesito tramite i ricordi iniziando subito ad inoltrarsi in un sentiero illuminato da quelle strane piante, il quale continuava a percorrere quell'oscura città di legno così viva, ma allo stesso tempo totalmente morta. Ad ogni passo il ciuffo bianco rimbalzava, contrastando ancora di più davanti ai neri capelli a spazzola dell'uomo che stava mantenendo un'espressione neutra sin da qualche minuto dopo il suo risveglio, non mutando minimante la propria andatura per via del blocco di acciaio che usava come arma mentre si guardava l'avambraccio in metallo. Continuò a camminare in un silenzio tombale tranne che per il rumore di ferro contro altro ferro che facevano i pezzi dell'armatura, il tutto fino a che una luce accecante passò d'improvviso attraverso a rami e foglie investendolo in pieno, scomparendo solo dopo qualche altro passo e permettendogli così di vedere nuovamente. Era uscito da quella foresta e davanti a se trovò un edificio rassomigliante ad un'arena titanica, alta cento metri se non più, con una sola porta alla base e senza alcuna via che potesse distogliere il Cavaliere Nero dal cammino che stava percorrendo e perciò si avviò verso la porta sovrastata da un arco interamente decorato con bassorilievi che raffiguravano scontri ad arma bianca. Lo oltrepassò camminando per qualche metro in una fitta foschia che contro ogni legge della natura riempiva solo il passaggio dall'arco fino all'interno dell'arena. Uno strano e piccolo essere con una testa simile ad una zucca coperta da una miriade di occhi rossi si ergeva al centro, girandosi intorno quasi disorientato e, mentre l'uomo stava già impugnando la sua arma, da un arco più in alto piombò un altro cavaliere alto circa tre metri, il quale cadde precisamente sopra l'essere che venne impalato e tranciato in due dallo spadone impugnato da esso. La lama venne posata sulla spalla destra del guerriero, mentre l'armatura era lucente per l'oscurità con il viso scomparso nel nero dell'elmo, il quale aveva una specie di drappo blu simile ad una piuma sulla sua punta e una sorta di bandana stracciata anch'essa blu portata sul collo. I due si guardarono per non più di un secondo, scattando poi uno verso l'altro e brandendo le loro titaniche spade, facendo poi schiantare le lame una contro l'altra in un'esplosione di scintille. L'enorme spada nera del piccolo cavaliere si scontrava incessantemente contro la possente spada del corrotto, facendo sì che ogni colpo venisse parato o respinto a vicenda senza che nessuno si colpisse davvero. Il braccio sinistro penzolante del grande guerriero non gli sembrava d'intralcio, in quanto continuava a menare fendenti rapidi e letali, muovendosi con leggiadria e seguito da colui che aveva deciso di entrare in quel campo di morte. Nessuno sembrava desistere in quella frenetica lotta, quando all'improvviso le due lame colpirono i rispettivi bersagli, iniziando così una serie di attacchi mirati a ferire e non a difendere, colpendosi ripetutamente a torso, braccia, gambe e testa, fino a quando il Corrotto passò sotto un fendente dell'invincibile Ammadraghi avversaria e colpendo il Cavaliere Nero con un movimento verticale del maledetto Spadone dell'Abisso, proiettando lo sfidato per diversi metri verso l'alto, il quale nonostante tutto si riprese in aria, allungò il braccio metallico verso il grande guerriero e gli sparò una cannonata con esso che esplodendo scagliò di una decina di metri indietro il bersaglio mentre lui atterrò a terra senza subire altri danni per la caduta. Entrambi poi si rialzarono, non dissero nulla. Avevano un respiro pesante mentre il sangue che colava da giunture, fessure e squarci nelle armature per le decine di ripetuti e violenti colpi che si erano dati l'un l'altro. Si guardarono per qualche secondo, poi il Cavaliere si proiettò in avanti brandendo lo spadone mentre un elmo a forma di testa di lupo gli si formò intorno alla testa, con solo l'occhio sinistro che brillava di rosso in quanto l'unico che funzionava. Allo stesso tempo il Corrotto si diede una spinta saltando in aria e con tre capriole mentre era in aria finì per calare la propria lama contro quella avversaria mentre tutto il suo corpo veniva circondato dall'oscurità. Con un'estrema sincronia entrambi balzarono all'indietro per poi scattare fulmineamente in avanti e...
Metallo che distrugge metallo.
Acciaio che frantuma acciaio.
Ora si davano le spalle. Le lame di entrambi grondavano di sangue. Due braccia non più umane da tempo erano a terra vicine immerse in una pozza rossa. Piantarono gli spadoni nella solida pietra che formava il pavimento di quell'arena. Caddero dapprima sulle ginocchia. Infine crollarono al suolo.
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