La Nonna di Rosso

La nonna di Rosso aveva settantasei anni. Sì, settantasei avete capito bene: in un'epoca dove la vita media era cinquanta se eri fortunato, la nonna di Rosso era una specie di miracolo. Merito della vita a contatto con la natura e la dieta equilibrata, diceva lei. 

Infatti l'arzilla nonnina, da ormai una ventina d'anni, si era ritirata a vita privata in mezzo al bosco, in uno chalet in legno di larice che profumava di zenzero e cannella. Per i compaesani era morta da un pezzo, ignorando che invece là, tra i pini secolari e i generosi castagni, la nonna di Rosso aveva trovato una seconda vita.  

Lontano dagli occhi di tutti, poteva fare ciò che più le piaceva: poteva mangiare dolci fino a scoppiare, vestirsi con i colori più bizzarri, poteva sbadigliare senza mettere la mano davanti alla bocca, poteva stonare, ridere a squarcia gola, tutto senza che nessuno la giudicasse. 

La mattina si alzava presto, per abitudine, faceva un po' di ginnastica nel prato verde carico che cresceva lungo il lato sud della sua casetta, raccoglieva la verdura nell'orto e le uova nel pollaio, faceva colazione, cucinava per il pranzo e per la cena.  

Ogni tanto passava la polvere (non le piaceva molto), soprattutto leggeva, faceva le parole crociate per tenere la mente in esercizio e poi andava in esplorazione. Conosceva bene il bosco, aveva creato una mappa dello stesso, mettendo insieme i risultati di tutti i percorsi che negli anni aveva scelto di seguire. 

Raramente incontrava qualcuno, dato che quella parte specifica del bosco era priva di prede, risultando per nulla attraente ai cacciatori. Se invece avvistava lei per prima un altro essere umano, cambiava strada rapida come una lepre che ode uno schiocco. 

Una mattina, poco dopo la lezione di yoga a cui si era dedicata, avvertì il fruscio netto delle fronde a nord dell'ingresso di casa, chiaro segnale della presenza di qualcuno. Dato che non aspettava ospiti, si incamminò a vedere, poco entusiasta all'idea di aver visite. 

Trovò davanti alla porta, un uomo piacente sulla quarantina, decisamente un cacciatore a giudicare dal grosso fucile che portava in spalla. 

"Buongiorno signora" la salutò lui con rispetto. 

"Buongiorno a voi, vi siete forse perso?" 

Il Cacciatore parve perplesso.
"Perché pensate mi sia perso?" 

"Qui non si vedono mai quelli come voi...quelli come voi sanno che in questa zona non ci sono prede appetibili...se sono animali quelli che andate cercando" aggiunse poi sistemandosi rapida i capelli e allargandogli un caloroso sorriso. 

Il Cacciatore parve confuso, oltre che dalla risposta della donna anche e soprattutto dal suo aspetto. 

"Perché indossate i pantaloni?" chiese senza marcare troppo la domanda. 

"Potrei farti la stessa domanda giovanotto" rispose la donna diretta. 

"Cosa dovrei indossare d'altro?!" ribatté lui innocentemente. 

"Tutto ciò che ti fa sentire più comodo ad esempio." 

"Infatti, indosso dei pantaloni. Sono comodissimo." 

"Anche io. Perciò perché non dovrei avere il tuo stesso diritto a portarne un paio?" 

"Non credo sia questione di diritto ma non si è mai vista una donna con i pantaloni..." 

"Beh, hai appena avuto la fortuna di incontrarne una. Cosa ne dici? Lo trovi davvero così strano?" 

"Più che strano direi...insolito." 

"Tu lo trovi insolito o credi che lo sia solo perché inconsciamente sai che tutti la penserebbero in quel modo?" 

"Non capisco dove volete arrivare..." 

"Anche io come te, prima, ero schiava del pensiero comune. Cosa è giusto, cosa è sbagliato, cosa è bello o brutto. Se stai là fuori, in mezzo agli altri, fai fatica a pensare con la tua testa. È impossibile decidere, esprimersi senza farsi traviare dal giudizio della comunità. Dimmi, sinceramente, dato che qui ci siamo solo io e te e giuro solennemente che non farò parola ad anima viva del nostro incontro, trovi davvero che sia così strana una donna con i pantaloni?" ù

Il Cacciatore un po' confuso, squadrò la nonnina con aria perplessa, due, tre, quattro volte fece su e giù con lo sguardo dal suo viso fino alle scarpe, soffermandosi su quei pantaloni con le righe giallo e blu. 

"Sinceramente...credo le stiano molto bene." 

"Bravo!" esclamò lei alzando le mani al cielo "Questo volevo sentirti dire! Dimmi giovanotto, cosa ti porta alla mia porta?"

"Il bosco non è più un luogo sicuro. Ci sono chiare tracce della presenza di un grosso esemplare di lupo in questa zona. Potrebbe essere pericoloso per voi che vivete qui isolata." 

La vecchina inforcò meglio gli occhiali sul naso e scrutò attentamente il Cacciatore, dal basso verso l'alto. 

"Che io sappia i lupi non cacciano le persone, se mai è il contrario" disse sospettosa indicando con un cenno del capo il fucile che l'uomo portava alla spalla "E poi io non abito da sola. Di norma c'è il mio badante con me."

"Chi?" 

"Il mio badante, un giovane aitante dalla pelle color dell'ebano. Non è da tutti è vero ma gli anziani più fortunati possono invecchiare con un badante accanto se hanno la fortuna di superare l'età media della vita comune. Una persona insomma che si prenda cura di loro." 

"Non avete figli giù al villaggio che si possano occupare di voi?" 

"Scherzi?! Non potrei mai vivere con mia figlia! L'ho avuta tra i piedi fin da quando è nata, l'ho cresciuta, amata forse più adesso di quanto non abbia fatto prima ma non posso pretendere che adesso lei mi abbia tra i piedi fino al giorno in cui tirerò le cuoia! Sarebbe un supplizio per lei e anche per me. Ho bisogno dei miei spazi e lei dei suoi. Io ho il mio badante a tenermi compagnia e lei ha il suo bel bambino. Sarebbe perfetto se avesse anche un brav'uomo accanto ma non è stata così fortunata..." 

"È forse vedova?"

"Io sì, da trent'anni ormai. Lei spero lo sia diventata, così potrà trovarsi finalmente un uomo come si deve!" esclamò concludendo con una sonora risata "Se abitate al villaggio all'inizio del bosco, conoscete di sicuro mia figlia e mio nipote Rosso. Hanno entrambi i capelli color del grano e il fuoco della vita negli occhi. Sfortunati moglie e figlio del maniscalco del villaggio che, ormai da un anno credo, ha deciso di lasciare la famiglia per ignote mete per lui migliori" poi notando lo sguardo del Cacciatore illuminarsi aggiunse maliziosa "Certo che sapete chi è mia figlia, quale uomo non lo sa...Siete sposato giovanotto?"

"No..." rispose lui in un misto tra titubanza e ridondanza. 

"Potreste essere quello giusto! Avete un bel portamento, un bel viso, spalle larghe e..." si prese una pausa per indagare un punto inequivocabile sotto la cintura di lui "Così ad occhio, direi che nell'insieme sembrate perfetto!" 

"Non credo che vostra figlia approverebbe il modo che avete di proporla ad uomini sconosciuti" rispose il Cacciatore imbarazzato portandosi istintivamente le mani davanti alla cintura. 

"Suvvia! Ci stiamo facendo solo due chiacchiere in amicizia! Dico solo che conoscendola so che le farebbe piacere avere una seconda possibilità. È ancora giovane e bella, merita di poter essere una buona moglie come mio nipote merita di avere un vero padre accanto. Ma avete ragione, vi conosco appena, anche se per le persone ho sempre avuto un sesto senso..." disse poi toccandosi la punta del naso con l'indice e strizzandogli l'occhiolino con fare complice "Comunque...dicevate di un lupo che si aggira da queste parti..."

"Sì, dalle tracce si direbbe un esemplare veramente enorme. Con le stagioni impazzite che stiamo avendo, gli animali che potrebbero essere le sue prede hanno migrato verso temperature migliori e la fauna rimasta è vittima dei cacciatori per cui il suo cibo scarseggia..." 

"Che bizzarro...un cacciatore che parla di animali come di vittime. Ci ho visto giusto, avete il cuore tenero" commentò l'anziana sorridendo. 

"Sono un cacciatore, non posso avere il cuore tenero, altrimenti non potrei fare quello che faccio." 

"Pensa! Il becchino fa quello che fa ma sono convinta che fuori dal campo santo una risata come si deve se la faccia di tanto in tanto. Fare il cacciatore è un mestiere come un altro e una volta a casa, riposto il fucile, voi siete libero di essere l'uomo che siete. Non convenite?" 

Il Cacciatore, preso alla sprovvista, non seppe come obiettare; la donna se ne accorse e sorrise bonaria. 

"Siete gentile a preoccuparvi per me ma potete stare tranquillo. Vivo in questo bosco da ormai vent'anni e come vi dicevo, di norma, non resto mai da sola troppo a lungo." 

"Dov'è il vostro badante in questo momento?" 

"Credo in viaggio. Ogni tanto torna dai parenti per stare con loro qualche settimana. Solo che loro vivono dall'altra parte del Reame, suppergiù un mese di viaggio solo per andare e con le tempistiche odierne e le alte probabilità di incidente o agguato, posso dirmi fortunata se lo vedrò tornare nei prossimi tre mesi...Detto questo, non ho problemi a restare sola. Ho vissuto una vita in mezzo alla gente, ora non ci sono più abituata." 

"Non vi manca niente del villaggio?" 

"No, qui ho tutto quello che mi serve." 

"Non vi mancano nemmeno vostra figlia e vostro nipote?" 

"Loro li vedo ancora. Di tanto in tanto vengono qui a trovarmi. Aspetto con ansia le loro visite, specie quando mia figlia porta anche mio nipote: ha sempre tantissime cose da raccontarmi, è così entusiasta di tutto. Lo avete conosciuto?" 

"Non ho ancora avuto il piacere." 

"Si capisce che siete un tipo riservato" commentò la donna allargando un nuovo sorriso "In un villaggio di cento anime scarse, difficile non aver notato mio nipote. Vi auguro di incrociarlo presto."

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