L'insolito cacciatore
La mamma di Rosso aveva pensato tutto il giorno al Cacciatore e al suo gesto.
Non quello volgare di toccarla senza consenso, bensì quello gentile di distrarre il Costruttore e i suoi uomini e scortarla fino alla porta di casa; nonché a quello di portare per lei il peso del secchio ricolmo d'acqua.
Nessun uomo, nemmeno suo marito, era mai stato tanto gentile con lei, se non per avere in cambio qualcosa, per lo più attenzioni o favori, che troppo spesso avevano avuto poco di consensuale.
Quella era l'amara sorte delle donne del Reame: essere mogli e madri, alle spalle di mariti e più tardi, alle spalle dei propri figli maschi.
Era raro incontrare una donna che fosse davvero trattata come meritava o per lo meno, trattata come a una donna era chiesto di trattare il proprio marito: con amore e devozione.
L'amore per lei era una mera idea, una fantasia colorata di rosso, che nella realtà, era tinta di un grigio scialbo.
Il suo stesso marito, un anno prima, una mattina si era alzato dal letto, aveva fatto un fagotto di poche cose e si era incamminato verso il bosco.
"Ho sprecato troppo tempo qui" le aveva detto uscendo "La vita è terribilmente breve e non riesco più a non pensare a quanto possa essere terribile l'idea di concluderla qui con te e con quel bambino."
Quel bambino. Di tutta la violenza racchiusa in quella frase, era stato il disprezzo con cui aveva pronunciato quelle ultime due parole a colpirla allo stomaco come il pugno più tremendo che avesse mai ricevuto.
Perché parlare così del proprio figlio? Perché?
Forse solo lei aveva sentito la gioia, quella vera, renderle l'anima più leggera, fin dal primo giorno in cui aveva udito i vagiti del suo neonato.
Forse solo lei vedeva l'incredibile bellezza di rivedersi negli occhi di qualcun altro.
A quell'epoca, era più un dovere fare figli piuttosto che una scelta.
Forse non aveva mai del tutto amato suo marito ma aveva amato Rosso fin dal primo calcio che le aveva tirato standole in pancia.
Si era sposata perché andava fatto, con un uomo che aveva un ruolo rispettabile nel villaggio. Si conoscevano da sempre, sin da bambini. Da giovanissimi, lui le aveva chiesto la mano, senza mai un bacio o un abbraccio prima.
Forse era per quello che, tutto, dopo, le era sempre apparso come un dovere e non un piacere.
Ma se è così per tutti, se è normale, chi siamo noi per dire diversamente?
Con quest'idea in testa la mamma di Rosso si era adeguata alla vita domestica, di moglie e madre, priva di progetti o altro. Una linea piatta bruscamente interrotta dal cambio di rotta preso dal capo famiglia.
L'anno si era quasi concluso e per lei non era stato affatto facile.
Era bella, troppo invitante, in un villaggio in cui gli uomini erano tanti e pochi di loro avevano la rettitudine nella testa; uno di questi era quel cacciatore.
Lo aveva visto altre volte, di sfuggita, allontanarsi dal villaggio, come se preferisse tenere le distanze da tutto il resto. Eppure, quella mattina, si era fatto avanti e lo aveva fatto per lei.
Decise che l'avrebbe ringraziato la sera stessa quando, con il favore del buio a velare gli occhi indiscreti dei compaesani, si sarebbe potuta recare a fargli visita presso la sua dimora, senza farsi notare e mal interpretare.
Per l'occasione aveva preparato un po' di stufato di carne di cervo, da offrirgli a sottolineare la propria gratitudine.
Rosso stava dormendo da un pezzo. Gli rabboccò con cura la coperta e lo baciò sulla fronte prima di infilarsi mantello e cappuccio e scivolare silenziosamente lungo i viottoli del paesino, sino alla casetta del Cacciatore.
La luce della candela, visibile dall'esterno, le fece segno che l'uomo doveva essere ancora sveglio.
Si avvicinò alla porta, intenzionata a battere qualche leggero colpo ma un latrato sommesso la anticipò portando il Cacciatore ad aprire.
Accanto all'uomo, un vecchio bracco dal pelo argentato si mise a fissarla con aria bonaria, distraendola sul subito dallo sguardo piacevolmente sorpreso che aveva colto il viso del Cacciatore nel vederla.
"Buonasera signora" disse poi lui.
La donna si calcò il cappuccio in testa e guardandolo dal basso in alto prese la parola:
"Volevo ringraziarvi per quello che avete fatto per me oggi."
"Ho solo portato un secchio."
"Non fate il finto modesto. Sapete a cosa mi riferisco."
L'uomo annuì.
"Vi ho portato dello stufato, in segno di gratitudine" disse poi benevola allungando la ciotola tiepida che aveva tenuto ben nascosta sotto il mantello.
"Vi ringrazio ma non lo posso accettare" ribatté lui visibilmente dispiaciuto.
"Suvvia è solo dello stufato" insistette lei graziosamente.
Il Cacciatore imbarazzato scelse di spiegare.
"È proprio per questo. Non mangio carne."
La donna mutò radicalmente espressione, passando da docile a scettica in un battito di ciglia.
"State scherzando vero?! Vi prendete gioco di me?"
"Non lo farei mai" si affrettò a puntualizzare lui "Ma è vero, non mangio carne."
"Tutti mangiano carne, specie i cacciatori che la cacciano."
"Sono un cacciatore insolito."
"E cosa mangiate di grazia?" domandò la donna seccata.
"Tutto ciò che non è carne, specialmente frutta e verdura."
"E sentiamo, come fate ad essere così grande e grosso e reggervi in piedi?!"
"Proteine"
"Che?"
"Sono una cosa particolare che sta nella carne e anche nei legumi. Mangio quelli per compensare la mancanza della carne."
"E dove avreste sentito questa eresia?!"
"Leggo molto. E ho contatti con l'Accademia del Reame."
"Un cacciatore che non mangia carne, che legge e che parla con quei sapientoni dell'Accademia! Non siete insolito, siete proprio strano!" esclamò la donna confusa.
"Io sono strano?! Potrei dire la stessa cosa di voi."
"Ah!" proseguì lei con il medesimo tono poi incrociando le braccia al petto aggiunse "E in cosa sarei strana, di grazia?"
"Siete incredibilmente cocciuta. Oggi con quel secchio, ora con il vostro stufato e da un anno a questa parte a voler far finta che la vostra vita sia rimasta come quella di prima."
"Cosa?! Che ne sapete voi della mia vita?!"
"Qui tutti sanno tutto di tutti, dimenticate?
"Se sapete tutto allora, va bene! Parlate!" lo sfidò avvicinandosi fino a stargli a pochi centimetri dal petto, gli occhi color dell'acqua piantati nei suoi.
Il Cacciatore trasalì per un istante colpito dalla sua determinazione.
"Vostro marito non farà più ritorno e se non vi metterete sotto la protezione di un altro uomo... qualcuno potrebbe approfittare della vostra... attuale condizione... "
"Perché non lo dite apertamente? Credete che non lo sappia? Qualsiasi cosa sceglierò di fare, finirò comunque sotto il giogo di qualcuno, come moglie o come puttana... non che ci sia una grande differenza tra l'una e l'altra al giorno d'oggi. Qual è il vostro suggerimento? Se aveste voluto farmi cedere alle romantiche lusinghe del Costruttore, oggi, non sareste intervenuto. Volete forse proporvi voi come carceriere?"
"Perché avete questa visione distorta?"
"Visione distorta?! Mio signore è la realtà dei fatti! Voi uomini avete i privilegi, il denaro, le donne che volete avere. Noi donne cosa abbiamo se non le briciole che cadono dal vostro tavolo?"
"Non tutti gli uomini sono uguali!"
"Bene, ditemi. Voi siete diverso e in cosa?"
Il Cacciatore fece per aprire bocca ma lei non gli lasciò il tempo di emettere alcun suono.
"Ho visto come mi guardavate oggi e come mi avete guardato quando avete aperto la porta stasera. Esattamente come mi guardano tutti gli altri. Siete diverso in apparenza, ma sotto la scorza siete identico a loro. Preferisco aspettare che uno di loro mi prenda con la forza nella notte piuttosto che dover cedere alle false attenzioni di un bugiardo della vostra specie e servirlo per il resto della mia vita! Non ho bisogno di qualcuno per sentirmi sicura, mi basto e avanzo da sola!"
Il Cacciatore fece nuovamente per aprir bocca ma lei lo bloccò con un gesto della mano.
"Non aggiungete altro" poi notando che teneva ancora nelle mani la ciotola di stufato aggiunse "Datelo al vostro cane. Sono certa che lui apprezzerà."
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