L'insolito

Aveva sofferto in passato, certo che l'aveva fatto. 

Capita a tutti almeno una volta nella vita di soffrire, chi più e chi meno, per motivi disparati; anche se spesso, almeno una volta, tutti noi abbiamo sofferto per amore.

Il Cacciatore aveva provato il dolore delle botte, quelle dei suoi fratelli e una volta anche il dolore di ricevere un colpo di proiettile, sparato (e ricevuto) per sbaglio a opera di un altro cacciatore, ma era la prima volta che si innamorava ed era la prima volta che soffriva per quel motivo.

Il dolore fisico, cui era già avvezzo, dopo il forte colpo iniziale, andava di norma placandosi, con le cure e il riposo ma il dolore d'amore, ne era certo, non sarebbe passato così facilmente perché prima di fare così male, gli aveva fatto talmente bene che ora, il pensiero di averlo perduto, non faceva altro che scavare una voragine dentro il suo stomaco.

Un insolito vuoto andava facendosi strada dentro di lui, come se un pezzo di sé fosse rimasto indietro mentre lui era stato costretto ad andare avanti.

Non pianse, lo faceva raramente, ma il nodo che gli si era creato in gola gli impediva quasi di respirare.

Voleva trovarsi ovunque ma non lì, non in quel villaggio, non tra quella gente pronta a guardare dall'alto al basso e giudicare senza sapere davvero niente.

Non pensò e prese rapido la strada che era solito prendere ogni giorno per lasciarsi il mondo alle spalle e trovare un po' di pace.

In un attimo camminava nel bosco. Scelse però di abbandonare il facile sentiero e di inerpicarsi lungo i pendii sorretti dai grandi abeti, senza una meta, faticando di proposito per sfogare in quel modo la frustrazione e il rammarico che gli albergavano nel petto.

Non si accorse nemmeno di essersi addentrato nel fitto del bosco, dove di norma vanno sì i cacciatori ma armati di tutto punto. 

Il suo fucile era a casa, riposto nell'armadio in cui segregava tutte le armi che era costretto a tenere per recitare la sua parte.

Camminò senza fermarsi, senza sapere per quanto. 

Il sole doveva essere alto in cielo; filtrava attraverso i rami regalando un tappeto di coriandoli dorati al manto di terra e erba del suolo.

Vide a un tratto il tetto di una casa, spuntare da dietro l'ultima salita con cui si era messo alla prova. 

Riconobbe immediatamente il larice e il dettaglio dell'orto curato che la fiancheggiava. 

Sapeva che quel legno odorava di zenzero e cannella ancora prima di essersi avvicinato abbastanza da farselo entrare nelle narici.

La nonna di Rosso, nonché la madre di colei che gli aveva appena spezzato il cuore, non doveva essere in casa. Le persiane alle finestre erano chiuse e a quell'ora, se fosse stata in casa, sarebbero state di certo aperte per inondare di luce a giorno l'intera dimora.

Scelse comunque di avvicinarsi, senza sapere esattamente il perché. 

Ricordava canti di uccelli e suoni di vita tutt'intorno alla casa, la prima volta in cui si era fermato; ora regnava un insolito silenzio.

Si mise a ispezionare il perimetro, lo fece d'istinto, muovendosi lento come era abituato a fare durante gli appostamenti per la caccia e fu allora che le vide: orme, grandi orme, certamente di un lupo, che dalla finestra a sud della casa proseguivano fino alla porta d'ingresso.

Si chinò per toccarle: non erano fresche ma comunque non dovevano risalire a più di un paio di giorni.

Arrivò alla porta e decise di bussare. Silenzio. Insistette una seconda volta e quel punto qualcuno rispose.

"Chi è?"

Chiese una voce ovattata, come se venisse da lontano. 

Poteva essere la voce della nonna di Rosso? Si chiese il Cacciatore. Da dietro la porta gli era impossibile capirlo.

"Buongiorno signora, ci siamo conosciuti qualche giorno fa... sono il cacciatore che vi ha disturbata per avvisarvi del grosso lupo che circola nel bosco."

Silenzio.

"Ah! Il cacciatore gentile."

Sentì dire nuovamente da dietro la porta. La voce della donna questa volte gli parve decisamente strana, quasi rauca.

"Signora, state bene?" chiese avvicinando meglio l'orecchio alla superficie di legno "La vostra voce... mi date il permesso di entrare?"

"NO!" rispose la voce abbinando uno strano rantolo all'esclamazione "Non mi sento molto bene, credo di aver preso un brutto raffreddore. Se entraste rischiereste di ammalarvi e me ne rammaricherei se ciò accadesse."

"Avviserò vostra figlia del vostro stato di salute, così verrà ad accudirvi."

"NO!" esclamò di nuovo accentuando il rantolo che all'orecchio esperto del Cacciatore suonò stranamente simile a un latrato "Meglio rimanga da sola per un po', non voglio far ammalare nessuno."

Il Cacciatore, perplesso, stava per entrare, ma appena ebbe appoggiato la mano sulla maniglia, di nuovo la voce si fece sentire con vigore.

"NO! Vi ho detto di non entrare!"

"Perdonatemi..." rispose il Cacciatore imbarazzato "Non volevo mancarvi di rispetto ma... la vostra voce è talmente strana... forse vi serve un medico."

"NO! Sono certa che un po' di riposo sarà più che sufficiente."

Il Cacciatore prese le distanze dalla porta chiusa.

"C'è qualcosa che posso fare per voi? Vi servono cibo, acqua, medicine?"

Dopo un silenzio di riflessione, la voce rispose.

"Ho tutto quello che mi serve ma se vi capitasse di avanzare della carne nella prossima uscita... se non vi è di troppo disturbo, vi chiederei qualche parte di carcassa... da cucinare poi, ovviamente."

Quella richiesta al Cacciatore parte decisamente ambigua ma la nonna di Rosso, fin dall'inizio, non gli era sembrata normale nell'accezione classica del termine.

"Chiederò a vostra figlia di portarvi dello stufato di cervo, così non dovrete cucinare."

L'improvvisa salivazione bloccò per un attimo la risposta nelle fauci del Lupo. 

Anche se digerire la nonna di Rosso non sarebbe stato facile, non poté fare a meno di tornare con il ricordo al gustoso stufato che le aveva rubato, stimolando così palato e gola.

Il Cacciatore, dopo aver udito una risposta che suonò forzatamente acuta, nuovamente calmo, tornò sui suoi passi in direzione del villaggio.

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