Il tradimento degli Dei
Nereis avanzò. Alzò la fascia di tessuto e si bendò. Lo faceva da sempre, da quando aveva cominciato l'addestramento.
Era una delle dieci Ombre, le allieve del Saggio.
Il loro compito era quello di percorrere la via sacra incantando gli Dei, perché la loro gente potesse sopravvivere.
Quando la stagione diventava inclemente, la sua tribù si avviava al passaggio per le pianure interne. Al riparo dei monti per l'intero inverno, tornava in primavera per la stessa via, verso il mare e la sua abbondante riserva di cibo.
Una vita semplice, che non assicurava più del minimo indispensabile.
Ma imprevedibilmente, il passaggio a volte era chiuso. Quale magia lo bloccasse non era dato loro di sapere ma, se accadeva, la sola a poterlo riaprire era un'Ombra, quella che gli spiriti avrebbero indicato.
La prescelta doveva percorrere la via sacra, ottenendo d'aprire la roccia che sbarrava il tunnel con cui raggiungevano le pianure interne.
Nereis diede un lungo respiro e intonò il canto.
Erano tutte diverse, le Ombre, ciascuna con i suoi doni. Lei era sembrata dapprincipio inadatta. Curiosa, vivacissima, stentava a restar concentrata sugli insegnamenti del Saggio.
Allora sua madre l'aveva bendata. Senza vedere le foglie che si muovevano nel vento, senza seguire con gli occhi il volo di uccelli e insetti, Nereis riusciva più facilmente a dedicarsi al suo studio.
E poi, era stata molto paurosa. Le Ombre venivano iniziate a soli cinque anni, e molte sue compagne neppure avevano coscienza di alcun pericolo.
Lei no, li riconosceva e temeva il dolore. Ma una volta bendata, imparò a fidarsi degli altri più che dei suoi sensi.
Poteva camminare rasente a un precipizio, perché non lo vedeva e si fidava di chi la dirigeva, indicandole la strada a voce alta.
Così, non aveva mai più lasciato la benda, neppure quando ormai i sacri canti erano diventati parte di lei, ogni nota scolpita in memoria con tanta fermezza che più facilmente avrebbe dimenticato il suo nome, o quello di Ronan.
Ronan aveva occhi neri come la roccia dell'alta montagna che il tunnel attraversava, e voce calda come il vento primaverile che soffiava nelle pianure. L'aveva incantata dal giorno che si era chinato a raccogliere un fiore di ibiscus e gliel'aveva infilato tra i capelli.
Era un'Ombra, e sino alla fine del suo incarico non sarebbe appartenuta ad alcun uomo, perché gli spiriti avevano il diritto di chiamarla.
Ma se non fosse stata scelta fino ai suoi venti anni, altre Ombre sarebbero subentrate e lei sarebbe tornata libera.
"Io aspetterò quel giorno", le aveva detto Ronan.
Ma il passaggio si era chiuso e lei, sul fondo della sua ciotola, sorbita la bevanda rituale, aveva trovato l'amuleto che la designava.
Concluso il saluto agli spiriti, Nereis avanzò e prese a danzare, al suono del suo stesso canto.
Nota per nota, ogni suono e parola avevano un significato.
Passò sotto l'arco della via sacra e scomparve. Bendata com'era, cantava e muoveva i passi come memorizzato.
Cinque volte avanzo, due passi sulla sinistra, tre sulla destra. Ancora cinque volte avanzo... e all'infinito, cantando la storia della donna che raggiungeva gli Dei.
Se avesse avuto gli occhi aperti, avrebbe visto solo muri di pietra inseguirsi, corridoi aprirsi ai suoi lati in infinite possibili vie. Il labirinto più buio e complesso mai edificato. Ma Nereis lo ignorava. Come ignorava che ogni strada sbagliata conduceva alla morte. Ciascun corridoio cieco aveva a metà una botola, che precipitava su lance conficcate sul fondo del pozzo, a trafiggere il profanatore. Solo alla prima generazione degli umani era stato concesso di memorizzare l'unico, complicatissimo, percorso utile.
Da allora, alla tradizione orale erano affidate le istruzioni per percorrerlo indenni fino all'uscita. Nel canto sacro erano fissate le indicazioni, la danza garantiva l'esatta misura del movimento, l'ampiezza d'ogni passo.
Cinque a destra, venti avanti, dieci a sinistra... Nereis non si concedeva paura.
Da lei dipendeva che la tribù non restasse intrappolata lungo la costa, flagellata dai terribili venti invernali e dalle mareggiate rabbiose che aggredivano quelle terre fino ai piedi dei monti, distruggendo ogni cosa. Quand'era accaduto, molti di loro non avevano superato l'inverno.
Nessuna Ombra era mai tornata a raccontare il suo incontro con le divinità, ma quel che sapevano era che sempre il tunnel era stato riaperto e, quindi, che il loro canto risultava gradito agli dei.
Se così sarà, forse mi concederanno di tornare... neppure per un Dio rinuncerei a Ronan, s'era detta la sera prima. E all'alba aveva affrontato la sua prova.
Le telecamere celate sul soffitto del labirinto la immortalavano. Le scommesse tra i Gordebis erano ormai chiuse e si seguiva con il consueto entusiasmo il procedere dell'umana.
Parte del pubblico fischiava e rumoreggiava, perché da cinque anni le candidate non arrivavano in fondo al percorso e molti avevano scommesso contro. Un'altra fazione minore invece applaudiva e si esaltava a ogni svolta indovinata.
"Questa arriva in fondo, te lo dico io", si gasava un Gordebis maturo dalla pelle violetta.
"Macché, c'è un punto molto critico all'estremità Nord che passano in poche. La successione esatta di svolte è troppo lunga per essere memorizzata correttamente fino alla fine".
"Ti dico che ce la fa. È bendata, hai visto? Concentrata su quello che deve fare!"
"Concentrata è una parola grossa, per il cervello elementare di queste bestiole umane... ma comunque aspettiamo. Se esce dal labirinto risolleva in parte le mie finanze, quindi speriamo".
"Ci siamo, ci siamo..."
Nereis intonò le ultime strofe, avanzò come il canto indicava, e tacque, infine, svuotata. Nel silenzio che l'accolse tolse la benda. Si guardò intorno. Un arco di pietra alle sue spalle, simile all'ingresso alla via sacra, le disse che l'aveva percorsa tutta. Ma nessun Dio l'accoglieva.
Nello spazio profondo, su Gordeb, parte degli spettatori si era alzato imprecando, stracciando le ricevute delle scommesse perse. Altri si avviavano soddisfatti al botteghino, mentre un organizzatore apriva il tunnel sulla Terra.
Un secondo azionò la botola oltre l'uscita del labirinto.
Non si poteva lasciare che chi l'avesse già percorso una volta tornasse a gareggiare, avrebbe ucciso le scommesse.
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